È difficile dire che sono passati venticinque anni. Erano finiti gli anni ’70, si usciva dall’incubo della recessione, dell’austerity, del terrorismo. E si cominciava a vedere un mondo più aperto, più bello. Erano giorni di grandi sogni, sai; erano vere anche le utopie. E lui, Gilles, quelle utopie le rappresentava tutte.
Lo aveva voluto Ferrari nel 1977 per sosituire Lauda un po’ per scommessa; e lo aveva tenuto anche l’anno dopo, quando lo costruì a forza di interminabiliti test a Fiorano. Poi uscì fuori da indomabile e sensibilissimo pilota negli anni seguenti. E si inventò delle corse assolutamente fuori dal normale. Il duello con Arnoux che potete vedere fuori, il giro su tre ruote a Zandvoort, il tripudio di Monza dietro al suo amico Jody. Poi l’avventura del turbo e della ricerca di un nuovo stile di guida. Che lui portò al trionfo nel budello di Montecarlo.
Quel tragico 1982 doveva essere il suo anno, con la macchina perfetta, il motore ormai affidabile e la squadra tutta per lui. Ma venne il giorno strano di Imola e quella voglia di dimostrare che era lui il più veloce, quello che tiene giù il piede ad ogni costo. Fino a quella curva lì giù, nel boschetto di Zolder.
Gilles
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Sciava senza saper sciare.
Non te l’ho mai detto, ma questi post sui piloti mi piacciono davvero tanto. E anche quello sugli astronauti.
Volevo solo fartelo sapere.
Non ti dimenticare allora di Damon Hill e Jacques Villeneuve.
usava l’istinto. usava la percezione della realtà illusoria. lui ne plasmava una tutta sua e lo faceva con le macchine. ricordo di aver sofferto come un cane il giorno della sua morte, e quelli successivi; era unico, forse solo nuvolari era davvero come lui ma aveva meno tecnologia tra le mani: gilles è stato il primo postumano di cui abbia ricordi. grazie per il filmato: davvero, mi sono commosso, non mi capita praticamente mai. byez…
Altro che Alonso e compagnia cantanti
No, no, un momento, va bene la commemorazione ma qui e’ un problema di memoria: Gilles era tanto carino, ma guidava come un criminale e, per giunta, non vinceva mai: non solo non ha mai vinto un mondiale ma non ci e’ neppure mai andato vicino. E anche in quel 1982 lui si era guadagnato sul campo il ruolo di secondo pilota: perdendo un memorabile duello con Pironi.Al quale sarebbe spettato legittimamente quel mondiale: ritiratosi dopo un incidente primo in classifica con 39 punti (secondo Watson con 30), fu superato alla penultima gara da Kejo Rosberg detto Keke, del quale si ricorda altro memorabile duello con uno sfortunato De Angelis.
Insomma, romatico Gilles, ma per nulla all’altezza di Senna da Silva, Rindt, Clark…
Amo la prima riga e mezzo del tuo commento, Zoon. È vero, non ha mai vinto niente, chiediti perché è ricordato in codesta maniera, John Charles.
Non c’e’ bisogno di chiederselo: perche’ era un eroe romantico. Ma era un pessimo pilota, certamente il peggiore pilota che la ferrari abbia avuto in quegli anni: per quanto fosse un vezzo ferrarico quello di esibire la capacita’ di far vincere campionati del mondo da piloti mediocri, v. l’emblematico caso Scheckter.
Il Tentativo falli’ piuttosto miseramente con Villeneuve (e anche con Reutemann, che pero’ dimostro’ il suo valore sfiorando il mondiale 1981). A parziale riscatto di Gilles bisogna dire che erano anni di fuoriclasse assoluti: Piquet, Prost, Jones…
ma, quale mondiale hai visto nell’82, charles? il duello con pironi che ha perso, quale? quello di imola?
se villeneuve fosse o meno all’altezza di senna, di clark, di rindt o di schumacher è un altro discorso: qui si parlava della sua capacità di andare sempre oltre il limite, a lui non importava vincere, doveva semplicemente sconfessare le leggi fisiche, magari uscendo dalle curve costantemente di traverso, artefice di un equilibrio che era ben oltre il gestibile: gills doveva essere la macchina stessa, che andava più veloce di ogni altro, ma limitatamente alla curva che stava affrontando. i campioni e campionati del mondo, non contavano nulla per la sua smania di abbeverarsi allla fonte della velocità parossistica.
vabbe’, io cercavo di fare un discorso sportivo serio. lo sparo della minchiata e’ invece uno sport che lascio volentieri a zoon.
(Mh, secondo me avrebbe anche voluto vincere, ma a modo suo: arduo). A volte grandezza e risultati coincidono, altre no. In ogni caso ricorderemo di più le imprese di ragionieri e professori del volante? Lo scarparo di Kerpen?
charles… dai su. cerca di rientrare nei binari del lecito. se si è civili e se riesci a comprendere, tu hai il binario dello sport “rigoroso” e io quello dell’arte della guida. validi, entrambi. senza che ci si dia del “minchiata” così, tanto perché non si apprezza il parlar corretto.
Zoon, hai ragione e mi scuso per la stecca. Voleva essere piu’ sorridente, ma mi e’ uscita proprio male.
25 anni oggi. Mi manchi Gilles
John Charles: se ti riferisci al famoso “duello” di Imola, lo sanno anche i sassi come andò: te lo ricordi il famoso cartello “slow”? I due fino a lì erano più o meno pari: Pironi aveva un punto, Villeneuve 0, ma ne avrebbe avuti 4 se non fosse stato squalificato per un alettone irregolare dopo il GP Usa Ovest. Poi, Imola, con l’episodio del “duello” e infine Zolder, dopo di ché è banale (oltre che un po’ macabro) dire che Pironi sorpassa di brutto Villeneuve fino a quando anche lui esce di scena. L’anno precedente (1981) Villeneuve era riuscito però nell’impresa di portare a casa due vittorie con quel semi-catorcio della 126CK. Il 1980 fa poco testo visto che la 312T5 era quello che era, ma nel 1979 Villeneuve era arrivato secondo nel mondiale a soli 4 punti da Scheckter, quindi anche qui il “non essere mai andato vicino a vincere un mondiale” non sta molto in piedi.
Quello che invece io trovo non stia in piedi e’ giustificare i poco gloriosi risultati di Villeneuve con il complotto cosmico. Se e’ vero che lui era interessato al beau geste piu’ che alle vittorie, gli si fa anche torto, caro M.R. Ma al di la’ delle interpretazioni, commetti qualche strafalcione:
1. Mondiale 1979. Vero: Scheckter (discreto brocco) vince il mondiale con 4 punti su Gilles. Ci sarebbe da dire che 9 punti furono tolti al sudafricano per via del regolamento che impediva di accumulare punti in piu’ di nove gare, 6 al canadese, quindi il distacco reale era di 7 punti, che non sono pochi. Ma lasciamo perdere. La questione e’ un’ altra, ossia che non ha nessun senso guardare la classifica finale: Scheckter aveva gia’ vinto il mondiale al terzultimo gran premio, quando si ritrovava con 19 punti di distacco su Villeneuve, al quale lascio’ il GP di Watkins Glen, il 7 ottobre. Ma tornando ancora indietro, vediamo che il penultimo GP, corso a Montreal il 30 settembre, e vinto da Jones, vide Villeneuve secondo e Scheckter quarto: il che significa, appunto, che a due gran premi dal termine Scheckter aveva 19 punti di vantaggio su Gilles: insomma, stava stradominando il mondiale.
Mondiale peraltro tra i piu’ mediocri degli ultimi trent’anni, non fosse che rivelo’ il genio di Alan Jones, protagonista e vincitore di uno splendido duello con Villeneuve proprio a Montreal. L’australiano inanello’ tre vittorie consecutive alla meta’ circa del mondiale: Hockenheim, Zeltweg e Zandvoort. Se ricordi quelle gare non ti sara’ sfuggito il copione imbarazzante per gli avversari di Jones: sminchiati in rapida successione, e quella Williams sempre piu’ lontana. Gli appassionati sperarono nella vittoria dell’uomo migliore (Jones) nei confronti della macchina migliore (Ferrari).
Ando’ diversamente, ma Jones si prese la sua rivincita l’anno successivo, dopo un appassionante duello con l’astro nascente che avrebbe segnato gli anni 80, Nelson Souto Maior detto Piquet, dal cognome di ragazza di sua madre.
2. Imola, 82. Il cartello rallentare fu ignorato a piu’ riprese sia da Didier che da Gilles. La gara fu spettacolare, una sfida tra piloti agguerritissimi. E anche li’, non fu Villeneuve che la vinse. E forse proprio per questo piaceva cosi’ tanto.
C’è un equivoco, io non penso a nessun complotto cosmico, ma l’episodio è ampiamente risaputo: a quei tempi la politica di casa Ferrari dettava che, se si occupavano le prime due posizioni, il pilota all’inizio in testa doveva conservare la prima posizione fino all’arrivo, evitando pericolosi giochetti. Era una politica dettata dal team e accettata dai piloti. Pironi, molto semplicemente, dopo un po’ di schermaglie per far divertire il pubblico (il cartello lo misero fuori perché ai box si erano rotti i coglioni) infranse quest’accordo e sorpassò Villeneuve all’ultimo giro. Poi possiamo discutere se un accordo sel genere avesse senso o meno, ed è anche vero che essendo Villeneuve il favorito del pubblico, il buon Didier avrà voluto prendersi una (meritatissima, per carità) soddisfazione, ma la cosa resta. Poi sul resto non hai torto, ma quello che volevo sottolineare (ed evidentemente non ci sono riuscito) è che quando si parla di Villeneuve si esagera sempre, in un senso o nell’altro
tanti anni fa, ero ancora ragazzino, passeggiavo per una città di cui non ricordo il nome, per un motivo che non mi è rimasto impresso.
fui attratto da una enorme scritta su di un muro, semplice, in stampatello, senza fronzoli.
essenziale.
Quel grido senza parole recitava, a perenne monito: ” GILES VIVE “.
Gilles era un uomo di vecchio stampo, con il Drake fece un contratto verbale in pochi minuti, un accordo che valeva più di uno scritto. Contratto che Gilles ha onorato e quando era il momento di dare una mano a Scheckter, l’ha data, senza rischiare, senza danneggiare la squadra, senza danneggiare il primo pilota, senza lamentarsi. In breve un uomo di parola. Ad Imola con Didier si sorpassarono più volte e Gilles disse che se voleva ripassare di nuovo all’ultimo giro ce la faceva, ma doveva infrangere una regola che chiedeva di non correre rischi quando entrambe le macchine sono in testa. La rabbia repressa era tanta, non le polemiche dovevano prevalere ma i risultati in pista e l’effetto suolo ha mostrato tutta la sua pericolosità nell’incomprensione fatale di Zolder. Pochi onori a Pironi, che trovandosi a fianco di un pilota che era seconda guida nella passata stagione ma con mirabilie funambolesche, ha infranto una regola non scritta, non ha saputo aspettare, peccato che la passione per la velocità abbia tolto anche lui anzitempo da questo mondo.
Per quanto riguarda il pilota, non si può certo dire che in caso di necessità non sapesse essere un regolarista di classe, ricordate quella gara in cui pur avendo un mezzo inferiore tenne dietro 6 macchine per più di metà gara senza commettere errori e molto più importante senza fare ostruzionismo?
Ferrari diceva che quando Lauda terminava una gara la sua auto se veniva smontata era ancora nuova, quando è arrivato Gilles hanno imparato a progettare auto durevoli, perché al mezzo chiedeva più di quello che poteva dare.
Gilles aveva preso il brevetto di pilota d’elicottero e i suoi istruttori avevano paura quando prendeva lui i comandi, non perché fosse una schiappa … ovvio … no? E la gara offshore dove ha tagliato di brutto lo scafo di Piquet? E la gara di accelerazione della F1 contro un aereo militare? Una volta a Maranello nel recarsi al Ristorante Cavallino con una 127 infranse la vetrina perché la frenata si allungò? In Canada l’ultima curva prima d’arrivare a casa aveva uno spettatore fisso, il quale quando sentiva un motore arrivare su di giri, usciva per vedere Gilles fare quella curva in controsterzo.
Scusate ma con un ruolino di marcia simile, tutti gli altri piloti sembra corrano dietro più al vil denaro che allo sport. Gilles è stato un gran pilota, per quello che è riuscito a fare con un mezzo spesso inferiore a quello della concorrenza.
Io l’ho amato. Forse perché sono del 70 e quando correva lui la formula 1 era, per me, un mondo magico, che poi ho capito essere altra cosa. Oggi penso che nella mia vita ho conosciuto altre persone come Gilles, ragazzi che passavano 6 mesi all’anno con il gesso, capaci di tirar fuori dai motori cavalli che non stavano nei pistoni, ma nel cuore. Credo che nella formula 1 di oggi nessuno avrebbe il coraggio di Ferrari di far guidare una macchina da milioni di dollari ad un pilota come era Gilles all’esordio (non intendo l’esordio come prima volta in F1, che non fu su Ferrari). Tutto quello che abbiamo scoperto poi di lui, il suo modo di intendere la vita – fra i pochi piloti a vivere in motorhome… – ed i suoi valori, resta unico e irripetibile.
“Erano finiti gli anni ’70, si usciva dall’incubo della recessione, dell’austerity, del terrorismo. E si cominciava a vedere un mondo più aperto, più bello.”
Magari farò un rilievo merginale, e provenendo da un residente a Imola forse anche un po’ inatteso, rispetto alle considerazioni tecniche di cui non mi intendo (football crazy, oh yeah), ma l’icubo è cominciato con la fine degli anni ’70.
Ferrari era soprattutto un conoscitore di uomini, oltre che di automobili, capiva chi aveva davanti, era un ex pilota e riconosceva la buona stoffa. Quando sbagliava si prendeva le sue responsabilità. Sotto di lui i piloti hanno sempre potuto tirare fuori se stessi ed essere conosciuti dal grande pubblico per come sono. Gilles era abilissimo a controllare in condizioni limite qualsiasi mezzo di trasporto motorizzato, tra tanti con un passato simile al suo, Ferrari ha riconosciuto in lui la stoffa giusta.
Villeneuve, quando la velocità non è un limite…