Il disegno di legge sui Dico non rientra obiettivamente nelle tipologie
criticate dalla nota Cei
1. La Nota della Conferenza Episcopale non si riferisce in alcun punto a un
preciso disegno di legge, né a quello sui Dico né ad altri di origine
parlamentare. Pertanto si può ritenere che siano criticati i Dico solo se,
al di là delle intenzioni, si dimostra che essi rientrino obiettivamente
nelle tipologie criticate nella Nota.
Va peraltro rilevato in modo estremamente positivo che la Nota intervenga a
discussione del tutto aperta in Parlamento e nel Paese e non rispetto a un
voto finale imminente del Parlamento.
2. La Nota riconosce positivamente che “ci sono situazioni concrete nelle
quali possono essere utili garanzie e tutele giuridiche per la persona che
convive” e invita a perseguire tale obiettivo “nell’ambito dei diritti
individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica che sarebbe
alternativa al matrimonio e alla famiglia”.
Rispetto a tale costruttiva indicazione, che delimita la possibile
accettazione di interventi,
a) vale la pena di ricordare che il disegno di legge sui Dico si intitola
per l’appunto “Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”;
diritti e doveri si riferiscono alle persone e non alle convivenze;
b) né si può sostenere che un intervento legislativo di per sé configuri un
riconoscimento diretto delle unioni (una “legalizzazione”) giacché il
documento che indice il family day, oggetto di positivo apprezzamento da
parte della Cei, apre ad “eventuali interventi sul Codice Civile”, che si
possono realizzare solo con legge, dal momento che il Codice Civile è per
l’appunto una legge, anzi intervenire emendando tale Codice anziché con una
legge a parte sarebbe simbolicamente ancor più rilevante, trattandosi della
legge che costituisce il perno dell’intero diritto privato;
c) anche tali interventi sul Codice civile non potrebbero peraltro esimersi
dall’individuare la platea dei beneficiari e dall’escludere i non
beneficiari; a tali fini di accertamento della “persona che convive” il
metodo che il Ddl sui Dico propone, il ricorso alla normativa vigente
sull’anagrafe che già consente l’iscrizione delle persone conviventi, appare
come il meno innovativo e il più oggettivo tra i vari che si possono
legittimamente proporre.
3. Il fatto che il Ddl sui Dico, così come la normativa anagrafica vigente,
non discrimini i conviventi sulla base del sesso e consenta quindi di
riconoscere diritti a persone conviventi dello stesso sesso non configura
neanche una “legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso” e
ancor meno una legalizzazione delle “unioni omosessuali”. Il Ddl non si
occupa degli orientamenti sessuali, ma solo delle persone senza
discriminazioni.
Stefano Ceccanti
costituzionalista
Bellissima vignetta
rimandiamo il papa ad avignone! no se ne può piu’…
Direi che Avignone è troppo vicino, perchè non in un altro continente di modo che per qualche secolo non se ne senta più parlare?
mentre Bagnasco impartisce ordini ai suoi, i militari veri – quelli in Afghanistan – si sono stufati di fare le femminucce e, come scrivo oggi, insorgono contro il Parlamento.
Sarà contante la Litizzetto
contenta, volevo scrivere contenta…
E’ interessante il modo in cui i cattolici difendono l’operato della CEI.
Piove proprio sul bagnasco…
pare di essere tornati 30 anni indietro con la battaglia per il divorzio…speriamo che l’esito sia lo stesso!
ADORIAMO le vostre vignette, ma questo già lo sapete….
La nota della CEI si occupa proprio dei Di.Co., è evidente a chiunque. La CEI rappresenta la Chiesa in Italia che è composta da cittadini italiani ed è quindi ampiamente titolata a prendere posizione su questa e qualunque altra questione che riguardi la società italiana.
La Chiesa, infatti, è una forma associativa precedente lo Stato e partecipa, con altre realtà associative, a fondarlo.
Laicità dello Stato significa che il patto tra persone che, con questo patto, fondano lo Stato e ne diventano cittadini, non riguarda una eventuale opzione religiosa; non significa, invece, che lo Stato non debba riconoscere l’esistenza di società ‘religiose’ e non debba svolgere la propria attività per favorire i cittadini che ne fanno parte nel raggiungimento delle loro aspirazioni là dove queste non collidano con il patto originario che genera lo Stato stesso, così come agisce a favore di altre forme societarie, pensiamo alle organizzazioni sindacali dei lavoratori o di categoria.
In secondo luogo ogni forma associativa nasce dall’esigenza della persona di porsi insieme ad altri per raggiungere quegli obbiettivi che da sola non potrebbe cogliere. Da qui deriva la natura pattizia di ogni società per cui l’aderente gode dei benefici dell’appartenenza e partecipa con le proprie risorse al raggiungimento dello ‘scopo sociale’ della società stessa.
Da questo deriva che la Chiesa ha tutte le ragioni di chiedere ai propri aderenti di prestare la propria attività in vista dello scopo comune per cui esiste, ed al quale i cattolici hanno aderito al momento dell’adesione alla Chiesa stessa, e quindi di indicare quali comportamenti, anche politici, siano coerenti o meno con l’appartenenza alla Chiesa stessa.
In realtà la questione è la natura dello Stato, ovvero se esso sia un ente originale di cui i cittadini sono una parte oppure se sia la forma organizzativa di una società preesistente cui deve ordinarsi.
Comunque questa è una occasione per pensare.
”
siamo STANCHI DEL VATICANO ed abbiamo una idea:
solo il 20% dell’ 8×1000 che diamo alla chiesa cattolica va per il terzo mondo e la carità.
il 70% dell’ 8×1000 che NON destiniamo va per la conservazione dei beni ecclesiastici (quindi praticamente torna alla chiesa) e soltanto il 2 per cento per progetti sociali o contro la fame nel mondo
A devolvere totalmente l’introito dell’8 per mille in opere di beneficenza o culturali in Italia e all’estero sono le assemblee di dio e la chiesa evangelica valdese
abbiamo iniziato a destinare il nostro 8×1000 alle ultime 2 chiese citate, non costa nulla ed è liberatorio.
potete controllare le informazioni qui, circa a metà del testo:
se anche voi ne avete le scatole piene di gente che vuole obbligarvi a regole non vostre e non vi rispetta, fateglielo capire: fate girare il messaggio e destinate il vostro 8×1000 a chiese minori ma più umili.
”
… buona giornata a tutti
L’ 8 °/°°, erede della ‘congrua’ stabilita dal 1929, è una forma di finanziamento della Chiesa reso necessario dal fatto che la stessa non dispone più dei propri beni espropriati dallo Stato in modo del tutto illecito in epoca risorgimentale.
Non volete versare l’ 8 °/°°? Benissimo, che lo Stato restituisca i beni appartenuti alla Chiesa per millenni, tra l’altro il palazzo del Quirinale, palazzo Chigi eccetera.
Il disegno di legge sui Dico non rientra obiettivamente nelle tipologie
criticate dalla nota Cei
1. La Nota della Conferenza Episcopale non si riferisce in alcun punto a un
preciso disegno di legge, né a quello sui Dico né ad altri di origine
parlamentare. Pertanto si può ritenere che siano criticati i Dico solo se,
al di là delle intenzioni, si dimostra che essi rientrino obiettivamente
nelle tipologie criticate nella Nota.
Va peraltro rilevato in modo estremamente positivo che la Nota intervenga a
discussione del tutto aperta in Parlamento e nel Paese e non rispetto a un
voto finale imminente del Parlamento.
2. La Nota riconosce positivamente che “ci sono situazioni concrete nelle
quali possono essere utili garanzie e tutele giuridiche per la persona che
convive” e invita a perseguire tale obiettivo “nell’ambito dei diritti
individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica che sarebbe
alternativa al matrimonio e alla famiglia”.
Rispetto a tale costruttiva indicazione, che delimita la possibile
accettazione di interventi,
a) vale la pena di ricordare che il disegno di legge sui Dico si intitola
per l’appunto “Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”;
diritti e doveri si riferiscono alle persone e non alle convivenze;
b) né si può sostenere che un intervento legislativo di per sé configuri un
riconoscimento diretto delle unioni (una “legalizzazione”) giacché il
documento che indice il family day, oggetto di positivo apprezzamento da
parte della Cei, apre ad “eventuali interventi sul Codice Civile”, che si
possono realizzare solo con legge, dal momento che il Codice Civile è per
l’appunto una legge, anzi intervenire emendando tale Codice anziché con una
legge a parte sarebbe simbolicamente ancor più rilevante, trattandosi della
legge che costituisce il perno dell’intero diritto privato;
c) anche tali interventi sul Codice civile non potrebbero peraltro esimersi
dall’individuare la platea dei beneficiari e dall’escludere i non
beneficiari; a tali fini di accertamento della “persona che convive” il
metodo che il Ddl sui Dico propone, il ricorso alla normativa vigente
sull’anagrafe che già consente l’iscrizione delle persone conviventi, appare
come il meno innovativo e il più oggettivo tra i vari che si possono
legittimamente proporre.
3. Il fatto che il Ddl sui Dico, così come la normativa anagrafica vigente,
non discrimini i conviventi sulla base del sesso e consenta quindi di
riconoscere diritti a persone conviventi dello stesso sesso non configura
neanche una “legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso” e
ancor meno una legalizzazione delle “unioni omosessuali”. Il Ddl non si
occupa degli orientamenti sessuali, ma solo delle persone senza
discriminazioni.
Stefano Ceccanti
costituzionalista
Bellissima vignetta
rimandiamo il papa ad avignone! no se ne può piu’…
Direi che Avignone è troppo vicino, perchè non in un altro continente di modo che per qualche secolo non se ne senta più parlare?
mentre Bagnasco impartisce ordini ai suoi, i militari veri – quelli in Afghanistan – si sono stufati di fare le femminucce e, come scrivo oggi, insorgono contro il Parlamento.
Sarà contante la Litizzetto
contenta, volevo scrivere contenta…
E’ interessante il modo in cui i cattolici difendono l’operato della CEI.
Piove proprio sul bagnasco…
http://d4rkcloud.splinder.com/post/11524185/Papa+don%27t+preach
dio c’ei.
http://tinyurl.com/2ekqy5
pare di essere tornati 30 anni indietro con la battaglia per il divorzio…speriamo che l’esito sia lo stesso!
ADORIAMO le vostre vignette, ma questo già lo sapete….
La nota della CEI si occupa proprio dei Di.Co., è evidente a chiunque. La CEI rappresenta la Chiesa in Italia che è composta da cittadini italiani ed è quindi ampiamente titolata a prendere posizione su questa e qualunque altra questione che riguardi la società italiana.
La Chiesa, infatti, è una forma associativa precedente lo Stato e partecipa, con altre realtà associative, a fondarlo.
Laicità dello Stato significa che il patto tra persone che, con questo patto, fondano lo Stato e ne diventano cittadini, non riguarda una eventuale opzione religiosa; non significa, invece, che lo Stato non debba riconoscere l’esistenza di società ‘religiose’ e non debba svolgere la propria attività per favorire i cittadini che ne fanno parte nel raggiungimento delle loro aspirazioni là dove queste non collidano con il patto originario che genera lo Stato stesso, così come agisce a favore di altre forme societarie, pensiamo alle organizzazioni sindacali dei lavoratori o di categoria.
In secondo luogo ogni forma associativa nasce dall’esigenza della persona di porsi insieme ad altri per raggiungere quegli obbiettivi che da sola non potrebbe cogliere. Da qui deriva la natura pattizia di ogni società per cui l’aderente gode dei benefici dell’appartenenza e partecipa con le proprie risorse al raggiungimento dello ‘scopo sociale’ della società stessa.
Da questo deriva che la Chiesa ha tutte le ragioni di chiedere ai propri aderenti di prestare la propria attività in vista dello scopo comune per cui esiste, ed al quale i cattolici hanno aderito al momento dell’adesione alla Chiesa stessa, e quindi di indicare quali comportamenti, anche politici, siano coerenti o meno con l’appartenenza alla Chiesa stessa.
In realtà la questione è la natura dello Stato, ovvero se esso sia un ente originale di cui i cittadini sono una parte oppure se sia la forma organizzativa di una società preesistente cui deve ordinarsi.
Comunque questa è una occasione per pensare.
”
siamo STANCHI DEL VATICANO ed abbiamo una idea:
solo il 20% dell’ 8×1000 che diamo alla chiesa cattolica va per il terzo mondo e la carità.
il 70% dell’ 8×1000 che NON destiniamo va per la conservazione dei beni ecclesiastici (quindi praticamente torna alla chiesa) e soltanto il 2 per cento per progetti sociali o contro la fame nel mondo
A devolvere totalmente l’introito dell’8 per mille in opere di beneficenza o culturali in Italia e all’estero sono le assemblee di dio e la chiesa evangelica valdese
abbiamo iniziato a destinare il nostro 8×1000 alle ultime 2 chiese citate, non costa nulla ed è liberatorio.
potete controllare le informazioni qui, circa a metà del testo:
http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%255E90215,00.html
se anche voi ne avete le scatole piene di gente che vuole obbligarvi a regole non vostre e non vi rispetta, fateglielo capire: fate girare il messaggio e destinate il vostro 8×1000 a chiese minori ma più umili.
”
… buona giornata a tutti
L’ 8 °/°°, erede della ‘congrua’ stabilita dal 1929, è una forma di finanziamento della Chiesa reso necessario dal fatto che la stessa non dispone più dei propri beni espropriati dallo Stato in modo del tutto illecito in epoca risorgimentale.
Non volete versare l’ 8 °/°°? Benissimo, che lo Stato restituisca i beni appartenuti alla Chiesa per millenni, tra l’altro il palazzo del Quirinale, palazzo Chigi eccetera.