L’apostrofo è un imenottero tipografico.
Ha una capocchia pronunciata e un piccolo pungiglione posteriore. Benché non sia affatto un segno d’interpunzione, l’apostrofo frequenta le vette dell’interlinea, difatti sta in apice. Mentre la virgola striscia a pedice, poverina.
Questo prodigioso virgoliforme svolazza qua e là nel testo, s’attacca in coda alle parole o in capo ai lemmi e ne sugge via una sillaba. Poiché si stanca parecchio di quel suo gran daffare, sovente si rannicchia a guisa di punto e riposa alla fine d’una frase.
Quando due apostrofi s’incontrano, amoreggiano all’istante. Nella fase di corteggiamento, denominata “Aperte le virgolette”, l’apostrofo maschio si avvicina all’apostrofo femmina e le dichiara i suoi sentimenti. Nella fase di accoppiamento, denominata “Chiuse le virgolette”, l’esemplare femmina porge le terga all’apostrofo maschio, il quale ne approfitta di brutto.
Nei momenti di solitudine, l’apostrofo si riproduce per partenogenesi. In virtù della sua forma spermatozoide, infatti, l’apostrofo riesce ad autofecondarsi, non si sa esattamente come. Fatto sta che dopo qualche paragrafo, toh, ecco i puntini di sospensione… Sono uova di apostrofo, deposte nel numero di tre alla volta. L’apostrofo abbandona i puntini non appena si schiudono e se ne va per gli affari suoi.
È compito delle parentesi prendersi cura dei piccoli allo stato larvale – per inciso, voilà una barzelletta: Un piccolo apostrofo chiede a una parentesi: “Sei tu la mia mamma?” E lei risponde: “No, sono una tua lontana parentesi. Ah ahhahahah! – e badare che non facciano casino nel senso della frase.
In questo periodo i giovani apostrofi non hanno ancora messo le ali, perciò strisciano come virgole e compromettono lo scorrimento della circonlocuzione verbale. Capita sovente che qualche vetusto puntoevirgola venga travolto e rimpiazzato da questi teppistelli; le parentesi cercano di arginare gli slanci degli apostrofi, apostrofandoli spesso con le loro convessitudini.
Non appena il cucciolo di apostrofo comincia a bozzolare, le parentesi si squadrano da capo a piedi […] e lo proteggono mentre impara a volare. Dopodiché le parentesi s’aprono e ogni apostrofo se ne va dove gli pare e piace.
“Punto” e “Punto e virgola” si sono sentiti un po’ messi da parte.
E il “Punto di domanda” è entrato in crisi:
«Perchè non parlano mai di me? Sarà per la mia gobba?”
Questa storia è molto carina…e al mio pensiero si aggiunge un “punto esclamativo”!
Divertente, Rodari e Scialoja avrebbero apprezzato.
Unico appunto: ti sei dimenticata la grande lotta tra la famiglia degli apostrofi e quella degli accenti per il controllo dello spaccio degli stupefacenti punti esclamativi! Ha insanguinato di blu i quaderni a righe di seconda per decenni.
Molto grazioso. Achille Campanile avrebbe apprezzato.
carino davvero! lo leggerò ai miei alunni!
Di quella volta che la frase, cercando di saltar di paolo in frasca, si ruppe il capo perdendo il senso, cosicché le dettero due punti.
Di una certa relazione saffica in cui una bella voleva troncare dalla partner, una certa amica, ma fu da questa apostrofata in maniera ellittica. Bell’amica!
Ohibò, là era Paolo e Francesca, ma qui era palo e frasca.
è delizioso. Lo farò circolare perché merita! Complimenti, anche a nome di tutti i fratellini d’interpunzione non citati.
deliziosissima lettura, la trovo per caso dopo tanto che l’hai scritta … brava e grazie per il dono che ci hai fatto.
Un bacio a te gradito
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