Mauro, le due cose (democrazia e pena di morte) non sono correlate. La pena di morte c’è in Giappone come negli USA. Il fatto è che la pena di morte va ripudiata in toto, non in relazione ad una forma democratica o meno.
Democrazia e pena di morte sono certamente correllate. Sarebbe meglio dire avanzamento democratico, proprio perché è facile cadere nell’equivoco delle democrazie come sistemi chiusi e finiti, come alternativa aut aut tra chi è dentro e chi è fuori. Logica che ha prevalso in questi anni con gli effetti che vediamo: gragnuola di bastonate per chi è fuori dalla lista premium e ampie deroghe e accondiscenze per chi è dentro.
Il dettaglio della pena di morte per Hussein impallidisce di fronte alle dimensioni della tragedia irachena, ma suggella simbolicamente e politicamente il disastro che si è costruito come operazione di democrazia.
Tonino, tu ti riferisci all’esportazione della democrazia, non alla democrazia in sè. Ti ripeto, democrazia e pena di morte non sono correlate, è un dato di fatto. Ci sono (state) democrazie che hanno avuto la pena di morte in uno dei loro codici; compresa l’Italia fino a qualche anno fa nel codice militare.
Il discorso dell’ “esportazione”, della Iraq, del paragone con l’esportazione fatta in Europa è molto più complesso. E, se mi permetti, è un discorso storico che può essere valutato sui decenni. Non sugli anni. Sia in positivo che in negativo.
Fabrizio mi offri una replica facile, troppo: perché la qualità della democrazia cambia se è da esportazione o meno? Un po’ come il parmigiano insomma (e la risposta non sarebbe scontata a voler approfondire).
Nessuno ha detto che la pena di morte sia una discriminante per l’inclusione o meno tra i sistemi democratici, ma le democrazie sono dei processi in corso, caratterizzate da salti in avanti e passi indietro e con mix differenti da nazioni a nazioni. In un percorso che genericamente possiamo chiamare di progresso io ce l’abolizione della pena capitale ce la metto nel mazzo se non ti dispiace, insieme a tante altre cose ovviamente.
Se mi dici che nello scenario iracheno non è tra le prime preoccupazione hai pienamente ragione. Ma sbagli a ritenere che in quel contesto l’eliminazione fisica dell’ex capo di stato, da parte di un governo sostenuto da una presenza militare straniera, in un paese non pacificato, con un procedimento penale che ha appena sfiorato l’accertamento delle responsabilità e delle circostanze in cui si è esercitato il potere dittatoriale sotto accusa, non abbia a che fare con la sostanza della democrazia, della giustizia, della tutela dei propri cittadini su cui si sta incamminando quello stato.
Poi se ritiene che ogni giudizio vada valutato nella prospettiva storica, che ti devo dire? La prospettiva storica è per definizione frutto di un allontamento dagli eventi. L’etica è un’altra cosa e si esercita sul presente, prima di tutto.
purtroppo così è ridotta la democrazia!! :-(
Giulio
“Non è utile la pena di morte per l’esempio di atrocità che dà agli uomini. Se le passioni o la necessità della guerra hanno insegnato a spargere il sangue umano, le leggi moderatrici della condotta degli uomini non dovrebbono aumentare il fiero esempio, tanto piú funesto quanto la morte legale è data con istudio e con formalità. Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio”.
Sono passati quasi 3 secoli e ancora c’è chi crede nella pena di morte…
Quella di Cesare Beccaria non mi pare la citazione più adatta all’occasione, perché la sua contrarietà alla pena di morte vale “durante il tranquillo regno delle leggi”.
Dallo stesso capitolo 28 “Della pena di morte”, da cui è tratta la citazione precedente:
“La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di qualche cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi”.
IL DADO E’ TRATTO.
(visto che di citazioni si tratta..)
L’Unità di sabato condanna la forca per Saddam in prima pagina e giustifica la forca per il Duce a pagina 25.
Un caso scolastico di nemesi storica, un esempio beffardo che ieri tre titoli del quotidiano permettevano di cogliere appieno. Prima pagina in apertura: “Saddam alla forca, fermate il boia”. Prima pagina in basso, rubrica: “Da quale pulpito”. Pagina 25 in apertura, occhiello: “I documenti degli archivi americani confermano la ricostruzione che l’Unità fece dell’uccisione del Duce”.
Poi leggi gli articoli e scopri che sono davvero uno il rovescio dell’altro. Nel primo, su Saddam, si spiega che “il detenuto è stato consegnato dai militari Usa alle autorità irachene”, e in vari passaggi si condannano gli americani quali autentici fautori della condanna a morte; nel secondo, sul Duce, si spiega che “gli americani fecero di tutto per salvare Mussolini”, e tuttavia “le intimazioni dei servizi segreti statunitensi furono respinte dal Comitato di liberazione per l’alta Italia”. Il contrario. Nel primo articolo c’è un urlato garantismo antiamericano, nel secondo un compiaciuto sostanzialismo antiamericano. I documenti dell’Archivio nazionale statunitense desegretati di recente e riportati da l’Unità, infatti, riportavano parte dell inchiesta americana “per appurare le circostanze che hanno portato gli antifascisti italiani a disobbedire all’ordine degli Alleati”.
Morale, nel primo articolo su Saddam c’è tutta l’Unità che ricordiamo, nel secondo articolo su Mussolini c’è tutta l’Unità che ricordavamo. Nel primo c’è il postcomunista Furio Colombo che si scaglia contro Bush con tonalità messianiche, ed evoca il detto kennediano “un problema creato da uomini può essere risolto da altri uomini”; nel secondo c’è il protocomunista Walter Audisio che spiega come altri uomini risolsero il problema creato da un uomo solo: “Alla mia domanda se quest’ordine fosse il risultato di una deliberazione del Cln, Audisio rispose che l’ordine gli fu ufficialmente impartito da un membro del Comitato che agiva per conto dell’intero Comitato”. C’è anche una rivelazione su come Mussolini fu scoperto dai partigiani: uno di quest’ultimi, per controllare meglio una colonna di camion tedeschi, salì al secondo piano di una casa e vide un uomo in cui riconobbe il Duce, e “dopo aver represso l’istinto di porre mano alla pistola, il patriota dà l’allarme”.
Tutto poi torna poi a confondersi nella pagina dopo, dove c’è il seguito dell’articolo di prima pagina firmato da Furio Colombo e dedicato a Saddam e Bush: “L’orrore della pena di morte apre una nuova e più violenta stagione di vendetta e di scontro e chiama morti su morti”. Parla dell’Iraq, ma le stesse parole in effetti sarebbero andate benissimo per l’immediato dopoguerra italiano.
Da qui l’interrogativo. Se sia più fragile ed evoluta la giovane democrazia irachena, che formalmente condanna a morte il suo ex dittatore, o se fosse più fragile ed involuta la giovane democrazia italiana che pure, ma informalmente, condannò a morte il suo ex dittatore. Mussolini fu appeso a una pompa di benzina. E sempre a una pompa di benzina, o di petrolio, l’Unità vorrebbe appendere Bush e le sue guerre. Metaforicamente, certo.
Saddam è il capo di uno Stato Sovrano, destituito e imprigionato dall’esercito di un altro Stato, che ha illegittimamente invaso il primo distruggendolo ed instaurandovi un governo fantoccio, condannato a morte proprio da quel governo fantoccio.
Questo chiamasi “collaborazionismo” non democrazia.
Benito è un’altra storia.
Non era citarsi addosso, ma solo ironia in difesa del povero (evocato spesso a sproposito)suocero di don Lisander.
Per Fanny:
La realtà è che in Irak si è effettivamente “nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi”…
Non penso che l’esecuzione di Saddam agevolerà l’evoluzione verso un stato libero e democratico.
Penso piuttosto il contrario
siamo tutti appesi a un filo!
Non deve essere bello per quel 70% di iracheni che si sono recati alle urne a votare, sentirsi dire che sono governati da un “governo fantoccio”.
Proprio no.
Mi sa che qui l’unico fantoccio è Freccianera…
Apelle, a pelle ti dico che se il 70% degli iraqeni avesse liberamente preso parte a regolari elezioni, non sarebbe in corso nessuna guerra civile ed a 4 anni dalla destituzione del rais non si conterebbero seicentomila morti, no Apelle, qui c’è qualche fantoccio più in alto di freccianera….
Bellissima! E se il prossimo, come ho scritto nel mio blog, fosse Bush?
Per Franco.
Io penso che non cambierà granché: né in peggio né in meglio. Inutile, insomma.
Saddam non era certo Padre Pio ma immagino non lo fosse neppure dall’80 all’88 quando prese valangate di $ e armi da chi in quegli anni gli stringeva la mano ufficialmente ed oggi ,ufficiosamente, gli ha aperto la botola sotto i piedi.
PEr l’idea che ho io di democrazia, un dittatore è meglio giustiziarlo subito appena catturato dal “popolo” piuttosto che fargli processi finti
Pessima scelta uccidere Saddam.
Poi non diciamo che dietro non c’è lo zampino USA.
Comunque è bello un mondo dove si uccide chi non andrebbe martirizzato e si lascia vivere che invece è stanco di soffrire tutti i giorni a causa di gravissime malattie.
Saddam Hussein, il dittatore iracheno, è stato condannato a morte dal suo Paese ed impiccato il 31 dicembre 2006 e la sua morte ha messo in discussione la legittimità del tirannicidio e, più in generale, della pena di morte. Tutti contrari?
Se non ci lasciamo trasportare dal gran carro demagogico, possiamo liberamente ricordare come il tirannicidio sia un mezzo per liberarsi “agevolmente” di governanti scomodi o impopolari. Inutile un setaccio storico, aprite un vostro libro di storia e troverete centinaia di casi (forse il più conosciuto è Luigi XVI di Francia durante la rivoluzione francese). Se, al contrario, vogliamo “controllare” i nostri dipendenti (per utilizzare il gergo del comico Beppe Grillo), beh, allora la questione cambia.
In un’intervista del 1 marzo 2004 a Alfonso Gianni, il presidente della Camera, Fausto Bertinotti (Rifondazione comunista), dichiara che «la politica è chiamata a organizzare la resistenza all’oppressore al fine di vincere e di liberarsi da esso. La legittimità è sancita dalla storia. Vorrei peraltro ricordare che storicamente anche il tirannicidio è cosa lecita.»
Commentando con disappunto l’opinione di Massimo D’Alema, che in “Vincitori e vinti” di Bruno Vespa condanna la fucilazione del Duce, Piero Fassino, DS, sottolinea come «la guerra ha le sue logiche spietate. Non si può dimenticare quanti partigiani sono stati torturati, fucilati, sono morti nei campi di sterminio. A quelli nessuno ha fatto il processo.»
Lo storico “di sinistra” Luciano Canfora afferma che «la morte di Mussolini era l’unico epilogo possibile per un traditore della patria.»
Pietro Ingrao, Rifondazione comunista, in un’intervista all’Unità del 10 ottobre 2000 ricorda: «ci precipitammo con Di Benedetto nelle strade urlando: A morte il duce».
Personalmente esporterei il modello India.
Dove le donne si possono vessare,picchiare,sfigurare con l’acido,in alcuni casi addirittura bruciare col marito morto.
Dove esiste un sistema di caste talmente chiuso che se un povero riesce a costruirsi un’abitazione dignitosa viene distrutta dai ricchi.
Poi arriva la vigilia di natale e,siccome in TV fanno i soliti film polpettone,decido di viaggiare per satelliti e su EURONEWS apprendo che l’india ha firmato accordi per il nucleare civile,niente di strano, dopotutto è una democrazia.
USA: BUSH FIRMA LEGGE SU ACCORDO NUCLEARE CON INDIA
Adnkronos – 18 dic 17:39
Purtroppo in rete è rimasto ben poco della notizia.
tutto questo non è stato scritto per andare OT,ma è solo per farvi riflettere.Non serve a nessuno discutere “dopo” la morte del dittatore.Bisognerebbe evitare che qualcuno “crei”nuovi dittatori.
Per quanto possa sembrarvi assurdo(a proposito del paragone di facci)rispetto tantissimo “tutti” i morti della nostra personale tragedia,mi fanno molta più paura quelle persone che si ammassarono per vedere Mussolini appeso per i piedi,magari per sputargli,non perchè io sia un nostalgico ma perchè in mezzo a quelle persone c’erano anche quelli che pochi mesi prima si riunivano in piazza del Duomo per ascoltarlo e fare il saluto romano.quel popolino che stà sempre dalla parte di chi vince…basta che si mangia.
Ora fate ciò che volete,commentatemi e trattatemi anche da trol,ma non utilizzate il termine “democrazia” così facilmente per un semplice motivo,anche hitler è stato eletto democraticamente e,per tornare all’Iraq;Non si può definire giovane democrazia un paese dove in media muoiono 90 persone al giorno.
Mauro, le due cose (democrazia e pena di morte) non sono correlate. La pena di morte c’è in Giappone come negli USA. Il fatto è che la pena di morte va ripudiata in toto, non in relazione ad una forma democratica o meno.
Democrazia e pena di morte sono certamente correllate. Sarebbe meglio dire avanzamento democratico, proprio perché è facile cadere nell’equivoco delle democrazie come sistemi chiusi e finiti, come alternativa aut aut tra chi è dentro e chi è fuori. Logica che ha prevalso in questi anni con gli effetti che vediamo: gragnuola di bastonate per chi è fuori dalla lista premium e ampie deroghe e accondiscenze per chi è dentro.
Il dettaglio della pena di morte per Hussein impallidisce di fronte alle dimensioni della tragedia irachena, ma suggella simbolicamente e politicamente il disastro che si è costruito come operazione di democrazia.
Tonino, tu ti riferisci all’esportazione della democrazia, non alla democrazia in sè. Ti ripeto, democrazia e pena di morte non sono correlate, è un dato di fatto. Ci sono (state) democrazie che hanno avuto la pena di morte in uno dei loro codici; compresa l’Italia fino a qualche anno fa nel codice militare.
Il discorso dell’ “esportazione”, della Iraq, del paragone con l’esportazione fatta in Europa è molto più complesso. E, se mi permetti, è un discorso storico che può essere valutato sui decenni. Non sugli anni. Sia in positivo che in negativo.
Fabrizio mi offri una replica facile, troppo: perché la qualità della democrazia cambia se è da esportazione o meno? Un po’ come il parmigiano insomma (e la risposta non sarebbe scontata a voler approfondire).
Nessuno ha detto che la pena di morte sia una discriminante per l’inclusione o meno tra i sistemi democratici, ma le democrazie sono dei processi in corso, caratterizzate da salti in avanti e passi indietro e con mix differenti da nazioni a nazioni. In un percorso che genericamente possiamo chiamare di progresso io ce l’abolizione della pena capitale ce la metto nel mazzo se non ti dispiace, insieme a tante altre cose ovviamente.
Se mi dici che nello scenario iracheno non è tra le prime preoccupazione hai pienamente ragione. Ma sbagli a ritenere che in quel contesto l’eliminazione fisica dell’ex capo di stato, da parte di un governo sostenuto da una presenza militare straniera, in un paese non pacificato, con un procedimento penale che ha appena sfiorato l’accertamento delle responsabilità e delle circostanze in cui si è esercitato il potere dittatoriale sotto accusa, non abbia a che fare con la sostanza della democrazia, della giustizia, della tutela dei propri cittadini su cui si sta incamminando quello stato.
Poi se ritiene che ogni giudizio vada valutato nella prospettiva storica, che ti devo dire? La prospettiva storica è per definizione frutto di un allontamento dagli eventi. L’etica è un’altra cosa e si esercita sul presente, prima di tutto.
purtroppo così è ridotta la democrazia!! :-(
Giulio
“Non è utile la pena di morte per l’esempio di atrocità che dà agli uomini. Se le passioni o la necessità della guerra hanno insegnato a spargere il sangue umano, le leggi moderatrici della condotta degli uomini non dovrebbono aumentare il fiero esempio, tanto piú funesto quanto la morte legale è data con istudio e con formalità. Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio”.
Sono passati quasi 3 secoli e ancora c’è chi crede nella pena di morte…
Quella di Cesare Beccaria non mi pare la citazione più adatta all’occasione, perché la sua contrarietà alla pena di morte vale “durante il tranquillo regno delle leggi”.
Dallo stesso capitolo 28 “Della pena di morte”, da cui è tratta la citazione precedente:
“La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di qualche cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi”.
IL DADO E’ TRATTO.
(visto che di citazioni si tratta..)
L’Unità di sabato condanna la forca per Saddam in prima pagina e giustifica la forca per il Duce a pagina 25.
Un caso scolastico di nemesi storica, un esempio beffardo che ieri tre titoli del quotidiano permettevano di cogliere appieno. Prima pagina in apertura: “Saddam alla forca, fermate il boia”. Prima pagina in basso, rubrica: “Da quale pulpito”. Pagina 25 in apertura, occhiello: “I documenti degli archivi americani confermano la ricostruzione che l’Unità fece dell’uccisione del Duce”.
Poi leggi gli articoli e scopri che sono davvero uno il rovescio dell’altro. Nel primo, su Saddam, si spiega che “il detenuto è stato consegnato dai militari Usa alle autorità irachene”, e in vari passaggi si condannano gli americani quali autentici fautori della condanna a morte; nel secondo, sul Duce, si spiega che “gli americani fecero di tutto per salvare Mussolini”, e tuttavia “le intimazioni dei servizi segreti statunitensi furono respinte dal Comitato di liberazione per l’alta Italia”. Il contrario. Nel primo articolo c’è un urlato garantismo antiamericano, nel secondo un compiaciuto sostanzialismo antiamericano. I documenti dell’Archivio nazionale statunitense desegretati di recente e riportati da l’Unità, infatti, riportavano parte dell inchiesta americana “per appurare le circostanze che hanno portato gli antifascisti italiani a disobbedire all’ordine degli Alleati”.
Morale, nel primo articolo su Saddam c’è tutta l’Unità che ricordiamo, nel secondo articolo su Mussolini c’è tutta l’Unità che ricordavamo. Nel primo c’è il postcomunista Furio Colombo che si scaglia contro Bush con tonalità messianiche, ed evoca il detto kennediano “un problema creato da uomini può essere risolto da altri uomini”; nel secondo c’è il protocomunista Walter Audisio che spiega come altri uomini risolsero il problema creato da un uomo solo: “Alla mia domanda se quest’ordine fosse il risultato di una deliberazione del Cln, Audisio rispose che l’ordine gli fu ufficialmente impartito da un membro del Comitato che agiva per conto dell’intero Comitato”. C’è anche una rivelazione su come Mussolini fu scoperto dai partigiani: uno di quest’ultimi, per controllare meglio una colonna di camion tedeschi, salì al secondo piano di una casa e vide un uomo in cui riconobbe il Duce, e “dopo aver represso l’istinto di porre mano alla pistola, il patriota dà l’allarme”.
Tutto poi torna poi a confondersi nella pagina dopo, dove c’è il seguito dell’articolo di prima pagina firmato da Furio Colombo e dedicato a Saddam e Bush: “L’orrore della pena di morte apre una nuova e più violenta stagione di vendetta e di scontro e chiama morti su morti”. Parla dell’Iraq, ma le stesse parole in effetti sarebbero andate benissimo per l’immediato dopoguerra italiano.
Da qui l’interrogativo. Se sia più fragile ed evoluta la giovane democrazia irachena, che formalmente condanna a morte il suo ex dittatore, o se fosse più fragile ed involuta la giovane democrazia italiana che pure, ma informalmente, condannò a morte il suo ex dittatore. Mussolini fu appeso a una pompa di benzina. E sempre a una pompa di benzina, o di petrolio, l’Unità vorrebbe appendere Bush e le sue guerre. Metaforicamente, certo.
Saddam è il capo di uno Stato Sovrano, destituito e imprigionato dall’esercito di un altro Stato, che ha illegittimamente invaso il primo distruggendolo ed instaurandovi un governo fantoccio, condannato a morte proprio da quel governo fantoccio.
Questo chiamasi “collaborazionismo” non democrazia.
Benito è un’altra storia.
Non era citarsi addosso, ma solo ironia in difesa del povero (evocato spesso a sproposito)suocero di don Lisander.
Per Fanny:
La realtà è che in Irak si è effettivamente “nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi”…
Non penso che l’esecuzione di Saddam agevolerà l’evoluzione verso un stato libero e democratico.
Penso piuttosto il contrario
siamo tutti appesi a un filo!
Non deve essere bello per quel 70% di iracheni che si sono recati alle urne a votare, sentirsi dire che sono governati da un “governo fantoccio”.
Proprio no.
Mi sa che qui l’unico fantoccio è Freccianera…
Apelle, a pelle ti dico che se il 70% degli iraqeni avesse liberamente preso parte a regolari elezioni, non sarebbe in corso nessuna guerra civile ed a 4 anni dalla destituzione del rais non si conterebbero seicentomila morti, no Apelle, qui c’è qualche fantoccio più in alto di freccianera….
Bellissima! E se il prossimo, come ho scritto nel mio blog, fosse Bush?
Per Franco.
Io penso che non cambierà granché: né in peggio né in meglio. Inutile, insomma.
Saddam non era certo Padre Pio ma immagino non lo fosse neppure dall’80 all’88 quando prese valangate di $ e armi da chi in quegli anni gli stringeva la mano ufficialmente ed oggi ,ufficiosamente, gli ha aperto la botola sotto i piedi.
PEr l’idea che ho io di democrazia, un dittatore è meglio giustiziarlo subito appena catturato dal “popolo” piuttosto che fargli processi finti
Pessima scelta uccidere Saddam.
Poi non diciamo che dietro non c’è lo zampino USA.
Comunque è bello un mondo dove si uccide chi non andrebbe martirizzato e si lascia vivere che invece è stanco di soffrire tutti i giorni a causa di gravissime malattie.
Saddam Hussein, il dittatore iracheno, è stato condannato a morte dal suo Paese ed impiccato il 31 dicembre 2006 e la sua morte ha messo in discussione la legittimità del tirannicidio e, più in generale, della pena di morte. Tutti contrari?
Se non ci lasciamo trasportare dal gran carro demagogico, possiamo liberamente ricordare come il tirannicidio sia un mezzo per liberarsi “agevolmente” di governanti scomodi o impopolari. Inutile un setaccio storico, aprite un vostro libro di storia e troverete centinaia di casi (forse il più conosciuto è Luigi XVI di Francia durante la rivoluzione francese). Se, al contrario, vogliamo “controllare” i nostri dipendenti (per utilizzare il gergo del comico Beppe Grillo), beh, allora la questione cambia.
In un’intervista del 1 marzo 2004 a Alfonso Gianni, il presidente della Camera, Fausto Bertinotti (Rifondazione comunista), dichiara che «la politica è chiamata a organizzare la resistenza all’oppressore al fine di vincere e di liberarsi da esso. La legittimità è sancita dalla storia. Vorrei peraltro ricordare che storicamente anche il tirannicidio è cosa lecita.»
Commentando con disappunto l’opinione di Massimo D’Alema, che in “Vincitori e vinti” di Bruno Vespa condanna la fucilazione del Duce, Piero Fassino, DS, sottolinea come «la guerra ha le sue logiche spietate. Non si può dimenticare quanti partigiani sono stati torturati, fucilati, sono morti nei campi di sterminio. A quelli nessuno ha fatto il processo.»
Lo storico “di sinistra” Luciano Canfora afferma che «la morte di Mussolini era l’unico epilogo possibile per un traditore della patria.»
Pietro Ingrao, Rifondazione comunista, in un’intervista all’Unità del 10 ottobre 2000 ricorda: «ci precipitammo con Di Benedetto nelle strade urlando: A morte il duce».
Quanti pacifisti dell’ultima ora!
http://fabiosacco.blogspot.com/
Un sacco
Personalmente esporterei il modello India.
Dove le donne si possono vessare,picchiare,sfigurare con l’acido,in alcuni casi addirittura bruciare col marito morto.
Dove esiste un sistema di caste talmente chiuso che se un povero riesce a costruirsi un’abitazione dignitosa viene distrutta dai ricchi.
Poi arriva la vigilia di natale e,siccome in TV fanno i soliti film polpettone,decido di viaggiare per satelliti e su EURONEWS apprendo che l’india ha firmato accordi per il nucleare civile,niente di strano, dopotutto è una democrazia.
USA: BUSH FIRMA LEGGE SU ACCORDO NUCLEARE CON INDIA
Adnkronos – 18 dic 17:39
Purtroppo in rete è rimasto ben poco della notizia.
tutto questo non è stato scritto per andare OT,ma è solo per farvi riflettere.Non serve a nessuno discutere “dopo” la morte del dittatore.Bisognerebbe evitare che qualcuno “crei”nuovi dittatori.
Per quanto possa sembrarvi assurdo(a proposito del paragone di facci)rispetto tantissimo “tutti” i morti della nostra personale tragedia,mi fanno molta più paura quelle persone che si ammassarono per vedere Mussolini appeso per i piedi,magari per sputargli,non perchè io sia un nostalgico ma perchè in mezzo a quelle persone c’erano anche quelli che pochi mesi prima si riunivano in piazza del Duomo per ascoltarlo e fare il saluto romano.quel popolino che stà sempre dalla parte di chi vince…basta che si mangia.
Ora fate ciò che volete,commentatemi e trattatemi anche da trol,ma non utilizzate il termine “democrazia” così facilmente per un semplice motivo,anche hitler è stato eletto democraticamente e,per tornare all’Iraq;Non si può definire giovane democrazia un paese dove in media muoiono 90 persone al giorno.