Il mio presepe

E’ curioso, anche se per me per nulla strano, come i miei mondi “pubblici” paralleli (vignette, educatore, scultore), spesso si sfiorino e con lo spirito del dio della satira, divengano l’uno condiviso dall’altro. Perché la “satira” è per me, ricerca di distanza da ogni contesto, ma non isolamento, piuttosto il tentativo di volare sopra, guardando, smontando, autoprovocando riflessioni, spesso da condividere in una divertente integrazione di contesti anche molto differenti, con linguaggi appena diversi ma con stessi intenti, con lo stesso messaggio.
E’ per l’appunto il caso della mia vignetta a tutta pagina 3 dell’ultimo (dicembre) Mucchio Selvaggio, storico (compie 30 anni nel 2007), ottimo mensile di musica, cinema, libri, performance e attualità, fieramente laico e anticlericale, e del Presepe di sculture che ho fatto per il Villaggio Litta , il Centro di riabilitazione, gestitito dai Padri Camilliani, dove lavoro come educatore professionale con ragazzi residenziali (che vivono lì) diversamente abili. L’idea di partenza è un mio antico “spunto”: un bambino in croce, la rappresentazione dell’infanzia abusata da mille violenze o uccisa dalle guerre. Il Natale è una magnifica occasione per parlarne, sul Mucchio Selvaggio e al Villaggio Litta, ad esempio. La vignetta basta a se stessa naturalmente, mentre il Presepe e la sua differente “complessità” (il codice comunicativo, il messaggio, il contesto del Litta, i visitatori/spettatori, i ragazzi) ha avuto bisogno che scrivessi una storia, da porre sul presepe stesso (quasi un fumetto, insomma). Buona lettura, buone visioni.
N.B. le architetture e le case del Presepe, sono state realizzate da Roberto, un collega.


“Nacque e vide fumo, pianto, sgomento, dolore. Il dolore lancinante di schegge di bomba e di disperazione di mamme e padri e figli, lo fece risvegliare sulla croce. La violenza, gli abusi, le sopraffazioni, avevano compiuto il più grande tra i mali: l’annullamento della spazio e del tempo tra il Natale e il Venerdì Santo. Attese lì, immobile col suo papà e la sua mamma che lo vegliavano attoniti e dolenti.
Poi, mezzi di informazione piccoli, poco conosciuti, fecero un tale “tam-tam”, che alfine anche la televisione se ne dovette occupare. Lo sponsor aveva fiutato l’affare e lo spettacolo poteva cominciare. Perciò, puntuali, arrivarono i re della terra a visitarlo.
Si avvicinò il primo re, che gridava: – non preoccuparti sono la guerra giusta, quella che sacrifica gli altrui figli per una causa nobile, per il futuro bene umano. Sono a brandelli e in miseria, ma i miei muscoli dopati, coprono la vista delle fosse comuni, degli orfani, delle madri disperate. Unisciti a me e quando tutto sarà distrutto, ricostruiremo il mondo perfetto – . Gesù ansimava immobile, e il re si allontanò imprecando e terrorizzando quelli che erano attorno.
Poi arrivò il secondo re a cavallo di un alligatore. Questo gli parlò di finanza, di sovvenzioni, di ricostruzioni. Sarebbe iniziata una nuova era di fiducia e di consumi e presentò il suo piano di mercato. Parlò molto, Gesù ansimava immobile. Il re finì la sua dotta esposizione e garantendo sul suo consiglio d’amministrazione si allontanò tra gli applausi dei suoi servi, azionisti di riferimento.
Quando arrivò il terzo re, era ormai sera inoltrata. Giustificò il ritardo, dicendo che non era colpa sua, era colpa delle congiunture, dell’iter legislativo che gli aveva imposto la tartaruga come trasporto. Promise a Gesù che in pochi mesi, o al limite in qualche anno, e dopo una serie di riunioni della sua coalizione di partiti, avrebbe trovato il modo di fornire risposte ai bisogni e alle istanze della “ggente”. Ora la cosa importante era dargli fiducia e invitò Gesù a votarlo e a farlo votare. Infine si sincerò se avesse il certificato elettorale, ma scoprendo con sconcerto che Gesù era minorenne, disabile e persino immigrato clandestino, si allontanò sdegnato tra i flash dei fotografi politici e di gossip. Anche la televisione se ne andò. Gesù ansimava immobile.
Era quasi mattino quando passarono per caso una mamma coi suoi due figli. Geo, il piccolo appena nato, reclamava affamato il seno, e la mamma si fermò ad allattarlo. Fu allora che Stella, la figlioletta maggiore, alzò gli occhi e vide quel bambino inchiodato alla croce. Dopo un primo momento di terrore e smarrimento, non disse una parola e non perse altro tempo, chiese solo a Giuseppe di prenderla sulle spalle. Si issò sempre più su fino a raggiungere Gesù. Lo liberò dai chiodi e dalle corde, deponendolo vicino a Maria. Maria ora sorrideva abbracciando il suo piccolo, baciando il marito, baciando Stella e la sua mamma che continuava ad allattare Geo. Gesù non ansimava più, si muoveva e dopo un breve pianto, volse lo sguardo verso Stella. Lei lo aveva ascoltato ansimare, piangere ed ora sorridere. Così, ora, i loro sorrisi si incrociarono. E cominciarono a ridere, interrotti solo dai forti rumori della suzione di Geo. Il piacevole rumore, provocò ancor più l’ilarità di Stella e Gesù che ripresero a ridere, ma a ridere così forte, che persone vicine e lontane, udendoli, incuriosite presero coraggio e arrivarono da ogni parte per partecipare a quella festa appena nata.
Ancora oggi, tra i pianti, le bombe, le disperazioni, e le mille parole di dotte, vuote dissertazioni, se prestate bene l’orecchio, potete ascoltare suzioni di neonato e tante risa di bimbo: uniche, vere rivoluzioni possibili”.

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2 Commenti

  1. L’ottusità dei tre re che non si accorgono nemmeno della sofferenza di Gesù in croce è evidente. E l’atto rivoluzionario di Stella consiste nel primario istinto di umanità che la spinge alla liberazione del bambino dalle sofferenze che pativa. Bellissima storia.

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