Dal momento che la situazione pare essere ciclica (si parlò degli stessi temi anche su questo blog, nel gennaio 2003), scelgo di ripetermi.
Sono spiacente: devo dare spazio ad un tipo di indignazione tutto di destra. Va detto: la collera contro chi sciopera è tipicamente di destra, ma c’è chi sciopera alla cazzo. Tipo, in questi giorni, i tassisti milanesi inalberati in seguito alla proposta del sindaco Albertini di concedere 500 nuove licenze.
Primo: già mi fa incazzare che qualcuno possa scioperare, piuttosto che contro la carenza di posti di lavoro, contro l’idea di crearne di nuovi.
Secondo: se non vivete a Milano non potete capire. A Milano, il taxi ve lo potete scordare nei seguenti casi: se piove; se nevica; se le previsioni del tempo del giorno prima han detto che pioverà o nevicherà; se è troppo tardi; se è troppo presto; se avete la necessità di percorrere un tragitto breve; se vi trovate in una zona decentrata; se provate a chiamare il numero fisso di un posteggio; se c’è traffico; se la moglie del tassista ha già buttato la pasta.
E sebbene tutti i taxi siano ormai dotati di reperimento satellitare (in grado di calcolare la prossimità delle vetture), l’attesa varia dai 10 fino ai 50 minuti e l’auto che arriva è sempre proveniente dalla parte esattamente opposta della città rispetto a quella in cui vi trovate. O, per lo meno, così vi parrà dando una fugace occhiata al tassametro quando salite sulla vettura.
Il tassista medio milanese è un’incommensurabile testa di cazzo. Uno, per intenderci, che davanti ad una donna di mezza età impellicciata e indubbiamente snob che, sotto la pioggia, chiede a gesti se è libero, è capace di commentare rivolgendosi a te, passeggero: “Eh, questa zoccola? Ma che vada a casa, che c’è brutto tempo! Vuole pure farsi scarrozzare in giro, ‘sta mignotta”. In più può capitarvi di trovarvi alla stazione della Bovisa alle 10 di sera, soli, nel buio, tra fabbriche fatiscenti, con un mirino stampato sul davanti della maglietta e, sul retro, la scritta “Si, è vero: tra cellulare, computer, palmare, orologio e portafogli ho addosso almeno 5.000 euro di roba”, chiamare cinque diversi servizi di RadioTaxi e, dopo un’attesa di venti minuti venti, sentirsi rispondere: “Mi spiace: il conducente non vuole venire fino a lì, provi a richiamare tra mezz’ora. Click”.
A me, confesso, quella sera l’idea dello stupro etnico nei confronti di tutte le centraliniste dell’8585, del 4040, dell’8383, del 5353 e del 6969 non è parsa poi così intollerabile.
Primo: già mi fa incazzare che qualcuno possa scioperare, piuttosto che contro la carenza di posti di lavoro, contro l’idea di crearne di nuovi.
Secondo: se non vivete a Milano non potete capire. A Milano, il taxi ve lo potete scordare nei seguenti casi: se piove; se nevica; se le previsioni del tempo del giorno prima han detto che pioverà o nevicherà; se è troppo tardi; se è troppo presto; se avete la necessità di percorrere un tragitto breve; se vi trovate in una zona decentrata; se provate a chiamare il numero fisso di un posteggio; se c’è traffico; se la moglie del tassista ha già buttato la pasta.
E sebbene tutti i taxi siano ormai dotati di reperimento satellitare (in grado di calcolare la prossimità delle vetture), l’attesa varia dai 10 fino ai 50 minuti e l’auto che arriva è sempre proveniente dalla parte esattamente opposta della città rispetto a quella in cui vi trovate. O, per lo meno, così vi parrà dando una fugace occhiata al tassametro quando salite sulla vettura.
Il tassista medio milanese è un’incommensurabile testa di cazzo. Uno, per intenderci, che davanti ad una donna di mezza età impellicciata e indubbiamente snob che, sotto la pioggia, chiede a gesti se è libero, è capace di commentare rivolgendosi a te, passeggero: “Eh, questa zoccola? Ma che vada a casa, che c’è brutto tempo! Vuole pure farsi scarrozzare in giro, ‘sta mignotta”. In più può capitarvi di trovarvi alla stazione della Bovisa alle 10 di sera, soli, nel buio, tra fabbriche fatiscenti, con un mirino stampato sul davanti della maglietta e, sul retro, la scritta “Si, è vero: tra cellulare, computer, palmare, orologio e portafogli ho addosso almeno 5.000 euro di roba”, chiamare cinque diversi servizi di RadioTaxi e, dopo un’attesa di venti minuti venti, sentirsi rispondere: “Mi spiace: il conducente non vuole venire fino a lì, provi a richiamare tra mezz’ora. Click”.
A me, confesso, quella sera l’idea dello stupro etnico nei confronti di tutte le centraliniste dell’8585, del 4040, dell’8383, del 5353 e del 6969 non è parsa poi così intollerabile.
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Sapete qual’è la cosa triste?
Che per la parte riguardante i tassisti il decreto, magari con qualche accorgimento, alla fine passerà (il che è un bene, intendiamoci).
E invece, purtroppo, sarà molto ma molto ma molto dura che possano passare le parti di decreto che vanno a colpire i notai e gli avvocati…
Vorrei ricordare che i costi delle licenze taxi, al momento dell’emissione da parte dei comuni, non sono così esorbitanti come le cifre di cui si parla sui mezzi di informazioni, in passato in alcuni casi sono state emesse gratuitamente. Il prezzo elevato si forma, in maniera assolutamente illegale, nei successivi passaggi tra gli operatori e proprio a causa del numero di licenze circolanti e della natura corporativa del settore. La compravendita delle licenze, come accadeva a molti commercianti prima della liberalizzazione di alcuni settori, avviene su un mercato parallelo attraverso il quale la maggior parte delle somme circolano in nero. All’atto della vendita viene dichiarata solo una piccola percentuale della somma effettivamente corrisposta e questo è un fatto grave a prescindere da ogni dinamica di mercato.
Oggi le vere vittime di questo sistema, oltre agli utenti, sono proprio giovani tassisti, che debbono indebitarsi per corrispondere una “tassa” di ingresso a chi ha deciso di lasciare il lavoro.
Il governo, seppur di fronte ad una illegalità, ha comunque previsto delle misure di compensazione, prevedendo che l’80 per cento dei proventi dalla vendita delle licenze, venga destinato ai tassisti che rimangano titolari di una sola licenza. Questo nel condivisibile intento di trovare una soluzione a questo circolo vizioso senza mettere in difficoltà economica chi già si fosse indebitato.
Non corrisponde al vero l’affermazione della categoria che la licenza è la pensione dei tassisti. A loro la pensione viene corrisposta come a tutti gli artigiani. La licenza rappresenta solo un metodo per lo sfruttamento di rendita da parte di chi ha acquisito un potere nei confronti di chi è più debole.
Se davvero vogliamo aiutare i giovani, aiutiamo i futuri tassisti a liberasi da questo ricatto, permettendo loro di iniziare a lavorare senza che il loro spirito imprenditoriale venga limitato dal sistema delle licenze.
questo devreto bersani in sè e per sè sarebbe una buona cosa in quanto diretto contro le lobbyes, tuttavia presenta un neo piuttosto enorme, quello di eliminare le tariffe minime degli ordini professionali (infatti la questione taxi mi sembra una specie di specchietto per le allodole)
eliminando le tariffe “minime” che in realtà sono spesso spropositate, si garantisce ai professionisti (vero obbiettivo del decreto) di sparare cifre esagerate e quegli ingenui delle associazioni dei consumatori ci sono cascati come pere cotte.
altro che difesa dei cittadini: ogni governo tira l’acqua al suo mulino e prodi non è da meno degli altri.
bertoli giuseppe con 78 anni di esperienza sulle spalle
NON MI ERA MAI CAPITATO DI LEGGERE COSI’ TANTE CAXX. IN UN SITO,TUTTE INSIEME E TUTTE COSI’ BEN MANOVRATE,O SOLO 2 PAROLE PER VOI MA NON VI FATE PENA?LA VOSTRA IGNORANZA SU I CAMPI DI CUI DISCUTETE E’ALLUCINATE,IL VOSTRO ACCANIRVI SUL NULLA E’PENOSO E FA CAPIRE CHE TIPO DI VITA FATE.
LA SECONDA PENSATE A I VERI LADRI E A LE VERE LOBBY CHE DIFENDETE FATE I CONTI IN TASCA A CHI CI RUBA I MILIARDI DA QUANDO SIAMO AL MONDO….
come ti capisco. se a te spiace essere costretto a indignazione di destra a noi spiace essere costretti ad analisi (da economisti) di destra. le trovi a http://www.noisefromamerika.org/index.php/keywords/liberalizzazione?fb=tagcloud
come ti capisco. se a te spiace essere costretto a indignazione di destra a noi spiace essere costretti ad analisi (da economisti) di destra. le trovi a http://www.noisefromamerika.org/index.php/keywords/liberalizzazione?fb=tagcloud