Elogio della fuga

SevenoaksIo non so se anche a voi internet ispira il tipo di suggestioni che vado a raccontare. A me sì, a volte.
Tipo l’altro giorno: stavo vagando a caso per Flickr (Flickr, diciamolo, è perfetto per perdersi con la fantasia: ci arrivi per pubblicare la foto del tuo gatto, poi dai uno sguardo alle foto dei tuoi amici, passi a quelle dei conoscenti, finisci nell’album delle vacanze di un perfetto sconosciuto e come niente ti ritrovi ad ammirare un’alba in Tibet o la skyline di una metropoli giapponese) e mi sono impuntato su una foto.
Una foto normale, come tante. Scattata da un vecchio amico durante un suo viaggio negli Stati Uniti.
E insomma in questa foto c’era la sua ragazza seduta al tavolino di un locale. Non è importante la ragazza, quanto quello che c’era tutto attorno. E tutto attorno c’erano una tavola apparecchiata per la colazione; due uova e del bacon; una tovaglia a quadri; poche sedie, tutte di legno; la vetrina che dava sulla strada; ma, soprattutto, l’atmosfera di un luogo piccolo, senza troppe pretese, probabilmente a gestione familiare, caldo abbastanza da difendersi dal freddo cane fuori.
Non metto il link alla foto, no. Nelle belle foto, così come nei quadri, ognuno può vederci quel che vuole.
A voi potrebbe non dire nulla, per dire, ma io vi ho visto un posto in cui non avrei fatto alcuna fatica a sentirmi a casa.

La stessa cosa è successa un mese fa, circa. In giro per blog, senza una vera e propria meta, alla ricerca di non mi ricordo più cosa, leggo il post di un tizio che dice, più o meno: “Ehi, un mio amico che fa l’autore televisivo a Londra vende la sua casa a Sevenoaks, se vi interessa sul suo blog ci sono tutte le foto”. Finisce che clicco sul link, come se me ne importasse qualcosa, come se davvero l’assurda idea di un trasferimento fosse diventata meno assurda. E per qualche minuto lo è stata, tanto da cercarla sulla cartina, Sevenoaks, e apprendere che è un bel posto in campagna non molto lontano da Londra, che ci sono un sacco di prati, molto inglesi, un sacco di casette con i tetti spioventi e le tegole in terracotta, anche quelle molto inglesi e davvero poco adatte un milanese. Leggo la presentazione delle scuole, come se avessi dei figli, e mi compiaccio del fatto che tutti le descrivano come ottime. Scopro che si sprecano manifestazioni culturali, mostre ed eventi. Che c’è un superstore chiamato Tesco, fornito di tutto. Che la gente è ospitale. Che piove spesso.

Per qualche minuto, insomma, o forse più di qualche minuto, è come fossi già lì, in un posto in cui potenzialmente riuscirei a tirare al massimo un mese prima di trasformarmi in Jack Torrance, lontano da quel che mi piace, lontano da quello che sono. Eppure ancora troppo poco lontano per essere quello perfetto in cui sparire, lasciare che il telefono squilli e le e-mail si accomulino.

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26 Commenti

  1. Post bellissimo.
    Solo una cosa Gianlu’, detto da uno che l’ha fatto. Non sottovalutare che quel posto in cui potenzialmente riuscirei a tirare al massimo un mese prima di trasformarmi in Jack Torrance potrebbe piacerti. Potrebbe succedere che di colpo capisci che non sei un milanese, ma uno del Kent che da anni soffre a vivere a Milano.
    Non sottovalutarti…

  2. M’è venuto lo stesso trip l’altro giorno.
    Mi appassiona l’etnologia, conosco un etnologo che insegna a Parigi (Univ. Paris X Nanterre) e allora ho detto: mollo tutto, mi laureo là e faccio il ricercatore antropologo.
    Ho preso google maps e flickr insieme e ho guardato per un’ora l’università dall’alto.

    Col web, se non stai attento, finisce che il sogno diventa volontà.

  3. L’uomo che guardava passare i treni.
    Si comincia così e si finisce con il mattino ha l’oro in bocca, il mattino ha l’oro in bocca, il mattino ha l’oro in bocca….
    Io vorrei fare il veterinario di campagna come James Harriot.
    O l’impiegato fuggiasco come Popinga…
    O lo scrittore pazzo come Jack….

  4. Io ho capito che si parlasse di cambiare vita. Ed è un qualcosa da provare.
    È un po’ morire e un po’ rinascere!

  5. Penso la sensazione sia comune a tutti.
    È la coda della sensazione che probabilmente è differente, ed impedisce ai più di scrivervi un post ad hoc: probabile che la mente degli altri ripiombi presto nei limiti del lavoratore precario, situazione piuttosto diffusa tra i piuchetrentenni liberi di sognare dei nostri tempi.
    Pochi hanno il coraggio e/o il masochismo di farsi male, e cercare Fighettisburg su Maporama.
    Questo mi ricorda un altro post, nel quale…

  6. Danny: Do you really want to go and live in that hotel for the winter?
    Wendy: Sure I do. It’ll be lots of fun.
    Danny: Yeah, I guess so. Anyway, there’s hardly anybody to play with around here.
    Wendy: Yeah, I know. It always takes a little time to make new friends.
    Danny: Yeah, I guess so.
    Wendy: What about Tony? He’s lookin’ forward to the hotel, I bet.
    (“Shining”)

    Siamo tutti come Tony?

  7. Henri Laborit. Elogio della fuga. Un ottimo libro come ormai se ne fanno raramente. Se non l’avete letto, fatelo. Flickr è il tesoro meglio nascosto del web (nel senso che tutti lo conoscono ma pochi lo sanno usare al 100%). Speriamo non cambi.

  8. Post estramamente bello che riassume una sensazione molto intima e diffusa. Una sensazione che periodicamente passa a far visita a molti di noi.
    La domanda sottointesa, nell’immaginarsi immersi in una realtà profondamente diversa ed idealmente migliore. Quella domanda che conoscete e vi siete posti mille volte.
    Magari scherzando alla macchinetta del caffè, all’idea di aprire un bar in Nuova Guinea o semplicemente farsi un anno di Erasmus a Madrid. Quanti l’hanno pensato ed idealmente progettato questo viaggio con biglietto di sola andata? Quanti l’hanno poi fatto? Quanti l’hanno rimandato e poi se ne sono dimenticati?

    Quando sono usciti i risultati degli elettori all’estero (divisi per consolato), non vi siete chiesti cosa ci faccessero quei 37 (sparo a caso) elettori della lega a Boston o a Maui?

    sì, ci vorrebbe un bell’aggregatore su questo tema, giusto per darsi una mano a vicenda.

  9. Wolly, io mi ci sono perso nei voti del Viminale divisi per città estera. Una cosa fantastica, perchè erano tutti numeri “umani”, “visualizzabili”.
    Quell’elettore di FI ad Haiti, i 4 dell’UDC in Lituania, i due leghisti in Quatar, i 5 dipietristi ucraini.
    Un viaggio extrasensoriale…

  10. Sì, effettivamente anche io ho un gran bisogno di una vacanza.
    Sia benvenuta l’evasione fantastica, aiuta a sopportare meglio il reale.

  11. le sensazioni del sentirsi a casa in un posto di passaggio o addirittura soltanto intravisto in fotografia è dovuta, secondo me, al fatto che abbiamo immagazzinato nella mente, soprattutto a causa del cinema e della tv, una serie di luoghi dove non abbiamo mai vissuto ma dove abbiamo assisitito a storie che ci sono piaciute

    penso che abbiamo tutti, dalla seconda meta del XX secolo, l’immaginario colonizzato dalle immagini portate dal cine e dalla tv

    e infatti non a caso si sente familiarità in certi luoghi che abbiamo già vissuto da spettatori

    non so perchè ma mi sembra di aver scritto un cumulo di ovvietà

  12. Il post è veramente un bel pezzo di scrittura, mi ha lasciato così, un pò malinconica e vogliosa d’autunno.

  13. Kafka in lettera al padre scrive che “chi costruisce non può fuggire e chi fugge non può costruire”.Internet può risolvere il dilemma e l’equazione a due incognite,forse(restano i dubbi su come una persona che denota sensibilità come il Neri anche nella stesura di questo post possa avere posato per quella famosa fotografia di rampanti della new economy)

  14. Henri Laborit; “Elogio della fuga”. Sottoscrivo il consiglio di Vedicam di leggerlo.
    Avverto però che non tratta, perlomeno non nello specifico nonostante il titolo, il tema del post:
    “Espone il pensiero di Laborit nella forma più limpida, pronunciandosi su argomenti precisi e di universale interesse.”

  15. Su quella foto credo si trattasse di un grosso pesce d’aprile, una specie di copertina alla “il Male” o “frigidaire”. Nel senso che non ci credevano loro stessi; il loro naturale narcisismo* sì però.
    *Lo dico con simpatia.

  16. Giusto Medo.E poi chi è che non fa qualcosa che vorrebbe che la mamma non sapesse(io stesso mi ritrovai come uno stronzo non qualunque alla fiera di Genova per la riunione nazionale dei “giovani emergenti” organizzato da Millionaire.Era il 92,mea grandissima culpa)

  17. il superstore fornito di tutto chiamato Tesco te lo ritroveresti attaccato al culo in qualsiasi buco di villaggetto inglese abitabile.

  18. “…le tegole in terracotta, anche quelle molto inglesi e davvero poco adatte un milanese”.

    Se c’è una cosa davvero molto milanese sono le tegole in cotto, da almeno ottocento anni.

  19. Perchè fuga? Magari la fuga è continuare a stare dove stiamo adesso, a farci del male sognando altri luoghi meno grigi in cui, se non felici, probabilmente si potrebbe essere meno malinconici.

  20. Tu fuori dalla cerchia dei bastioni di Milano?
    Oltre i confini lombardi?
    All’estero?
    In campagna?
    Nel Kent?
    Dove arriva a mala pena la corrente elettrica?
    Magari neanche il gas…
    Senza linea telefonica?
    Niente Fastweb… Telecom…
    Magari in assenza totale di campo per il cellulare…?
    Dove per ricaricare le pile del telecomando della tv si utilizzano le ruote con i criceti?
    In un luogo dove non consegnano neanche un panino vuoto a domicilio?
    Dove anche Google Maps si rifiuta di passare…?
    Dove se chiedi un Plasma ti danno una sacca di sangue?
    E dove il tabacco molto probabilmente non è ancora arrivato..?

    Ma.
    A occhio e croce,
    Gianluca,
    Non mi sembra l’habitat ideale per te ….
    Ma magari mi sbaglio :-)

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