• Breakfast in America 1 [link] — Le confezioni di cereali da colazione che gli americani consumano in un anno? 2.7 miliardi. Sarebbe a dire: 160 tazze per persona.
• Breakfast in America 2 [link] — Malgrado lo studio condotto dalla rivista inglese “Which?”. Su 100 marchi di cereali: 85 hanno troppo zucchero, 40 hanno troppo sale, 9 hanno troppi grassi saturi rispetto alle indicazioni della Food Standards Agency. Altri 13 contengono oli e grassi idrogenati o parzialmente idrogenati. I peggiori? Nestlé Lion, Kellog’s Frosties, Nestlé Cookie Crisp (grassi idrogenati, grassi saturi, troppi zuccheri, troppo sale).
• That’s entertainment? [link] — Due donne si sono lasciate riprendere da una trasmissione giapponese mentre allattavano al seno. Un gatto, però!
• Famelica la SIAE accampa diritti d’autore sulle ricette [link] — eMule o Bit Torrent?
• Nuove discipline olimpiche [link] — Bar, ristoranti e trattorie del centro di Torino praticano L’ASCESA LIBERA dei prezzi.
• In tour con i Van Halen [link] — Confetti M&Ms come se piovesse, si però: NON QUELLI MARRONI!
• Separati alla nascita [link] — Il video di Touch the Sky del rapper Kanye West e una performance di Vanessa Beecroft, artista(?!?) ossessionata da cibo e donne nude.
Peperosso Weekly
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Volevo aggiungere con discrezione che la signora Nestlè da sempre è amante del rischio e noncurante dei proprii omicidi, leggete queste 10 righe del giornalista Franco Rampini (Repubblica): venerdì, 25 novembre 2005
Etica Nestlé, una tradizione antica
“Fu negli anni Settanta una delle prime battaglie che mobilitarono contro una multinazionale le associazioni dei consumatori, i terzomondisti, le organizzazioni umanitarie: la campagna “Nestlé uccide i bebé”. Si era scoperto che la multinazionale svizzera promuoveva in molti paesi sottosviluppati pubblicità per incentivare lo svezzamento precoce dei neonati, incoraggiando l’uso del suo latte artificiale in sostituzione del latte materno. In paesi dove mancava l’acqua potabile, le condizioni igieniche erano disastrose, e il latte in polvere costava caro, le conseguenze erano tragiche. In Africa e in Asia delle mamme, convinte dalla pubblicità Nestlé che il latte in polvere era migliore per i loro figli, interrompevano l’allattamento al seno per sostituirlo con un latte artificiale spesso mescolato ad acqua non adeguatamente bollita e disinfettata. Inoltre per risparmiare sui costi le dosi di latte in polvere venivano tagliate. Molti medici del Terzo mondo denunciavano i casi di denutrizione o avvelenamento dei neonati. La Nestlé lanciò una operazione mondiale di relazioni pubbliche per riparare il danno alla propria immagine.”
PUBBLICITA’ PROGRESSO: fatevi un grosso piacere. Leggete l’articolo di Judith Revel “In banlieu con Pascal” su L’Espresso di questa settimana. Giuro che non sono sul libro paga di De Benedetti. (anche se, pensandoci, la cosa di per sé non mi dispiacerebbe)