Io, in realtà, non volevo. Ha insistito lui:
la prossima volta che l’orrido sito dice che qui si scrivono “cazzate”, faccia degli esempi. Dove? Come? Quando?
E va bene. Hai scritto una cazzata, Camillo.
Quando?
Ieri, 26 gennaio.
Dove?
Ma sul Foglio, naturalmente; la prestigiosa joint venture tra Veronica Lario e noi umili contribuenti.
Come?
Diciamo che ti sei lasciato un po’ trasportare. Succede agli ideologi, e tu, volente o nolente, quello sei. Quando la realtà ti delude, te ne fai un’altra su misura.
Per esempio, in questo pezzo hai scritto che i palestinesi hanno votato a Gaza. Proprio così. L’ho letto e l’ho riletto, e mi sembra proprio che di Cisgiordania non parli. Se abitassi in cima al mondo, e il mio unico contatto con i miei simili fosse il quotidiano mio e di Veronica (e se fossi uno che si fida di quel che scrivi), dovrei dedurne che l’altro ieri i palestinesi hanno votato solo a Gaza.
Ora, io non sottovaluto affatto l’importanza di Gaza: in quella strisciolina di costa un tempo ridente vive più di un milione di palestinesi. Però la maggioranza sta altrove: in Cisgiordania. E a Gerusalemme est. E hanno votato pure loro. L’hanno detto tutti i telegiornali, e tu li guardi i telegiornali, sì? No? L’avrà detto anche la Gazzetta di Los Angeles e il Corriere di Tulsa, Oklahoma. Insomma, è una notizia di dominio pubblico. Ma tu nel tuo articolo parli solo di Gaza. E io mi sono chiesto il perché. Cos’ha Gaza che, per dire, Hebron non ha? O Gerico ? O Gerusalemme est?
L’unica differenza che mi è venuta in mente è che Gaza è stata sgomberata dai coloni, e il resto dei Territori no. Come se tu volessi istituire un rapporto di causa-effetto tra le due cose – ah, furbetto!
L’ultimo rifugio di quelli che dall’11 settembre 2001 a oggi non-ne-hanno-azzeccata-una è un nostalgico “si stava meglio quando si stava peggio”. I palestinesi votano a Gaza? Un disastro, signora mia. La democrazia per gli arabi? Una pia illusione di quei pasticcioni degli americani. Trattandosi di ex territorio occupato da Israele, i nostalgici che scrivono sui giornali non arrivano a rimpiangere i carri armati con la stella di David. Restano però più che scettici sul futuro democratico dei popoli arabi, quasi fossero “unfit”, incapaci di vivere senza un bel dittatorone coi baffi che li educhi e li bastoni per benino.
Chissà chi saranno poi questi signori “non-ne-azzecco-una”. Di sicuro è gente poco informata. Visto che i palestinesi stanno facendo elezioni democratiche da dieci anni. Dieci, esatto. Le prime elezioni presidenziali e legislative dell’autorità palestinese ebbero luogo il 20 gennaio 1996. È vero che furono boicottate da Hamas, dalla Jihad e da gruppi meno importanti ma storici, come il FPLP e il FDLP. Ma è anche vero che la partecipazione fu massiccia per gli standard medio-orientali: il 73% in Cisgiordania e l’86% nella Striscia di Gaza. Ci furono brogli? No, secondo i 650 osservatori internazionali sotto la responsabilità dell’Unione europea (c’era anche Jimmy Carter). È probabile che Camillo non si fidi di loro.
È probabile che si trovi più d’accordo con Joel Mowbray del National Review, secondo cui Arafat vinse le elezioni presidenziali del 1996 troncando il dibattito interno nella sua coalizione (rifiutò i risultati delle primarie dell’OLP), e occupando massicciamente i media. Ma è davvero il caso di fare così gli schizzinosi? Dobbiamo escludere dal mondo democratico tutti i paesi in cui un leader di coalizione blocca il dibattito interno e occupa massicciamente i media? Meglio di no, per ora, eh? Se ne riparla in aprile.
Badate bene: non è che Camillo contesti le elezioni del 1996; non ne parla proprio. Sembra che non siano mai esistite. Del resto Israele è “l’unica democrazia del Medio Oriente”, no? La Palestina non conta, la Palestina non è neanche uno Stato.
Scorriamo il suo pezzo ancora un poco.
Quando, mannaggia a Bush e a Sharon, si è formata una nuova leadership palestinese, Israele si è ritirata dai territori, si è cominciato a parlare concretamente di Stato palestinese e a Kabul, Baghdad e Gaza si è votato veramente, gli editorialisti accigliati hanno convenuto che nella regione si sarebbero aperti foschi scenari teocratici.
Così giovane, e già così revisionista. La “nuova leadership palestinese” si sarebbe formata grazie a Bush e a Sharon. Camillo probabilmente allude a quella fase farsesca della roadmap in cui Bush decretò che Arafat era corrotto e che quindi doveva nominare un Primo Ministro, e che quel primo ministro doveva essere Abu Mazen. Forse che chiese d’indire le elezioni, Bush? No. Non c’era bisogno di elezioni, era sufficiente che il corrotto Arafat nominasse l’immacolato Abu Mazen. Si esporta così, la democrazia: a colpi di diktat. Funzionò?
Funzionò quattro mesi: isolato da Hamas, Jihad e dallo stesso Arafat, si dimise in ottobre (si era insediato in marzo), accusando Israele e gli USA di non avergli dato quel sostegno che si aspettava almeno da loro. Questo fu il concreto contributo di Sharon e Bush alla creazione della “nuova leadership palestinese” (tra parentesi, Abu Mazen è una degnissima persona, ma di “nuovo” non ha poi molto: è del ’35 ed è stato uno dei padri fondatori di Al Fatah nel ’57).
Però alla fine è chiaro quel che Camillo intende, no? La democrazia in Medio Oriente si può fare, a patto che lo voglia Bush. A patto che lo sottoscriva Sharon. Insomma, purché sia d’esportazione! La democrazia fatta in casa non ci piace. Al punto che se i palestinesi votano, per la terza volta in dieci anni (l’anno scorso ci sono state le presidenziali e le ha vinte proprio Abu Mazen), lui si trova a dover fingere che la vera novità siano le elezioni a Gaza. E perché solo a Gaza? Ma perché è l’unica strisciolina di terra da cui Sharon ha avuto la buona creanza di ritirarsi. Un ritiro unilaterale, senza nessun progetto comprensibile dietro. Ma per Camillo tutto ha un senso: muore Arafat, Sharon si ritira, e i palestinesi possono finalmente votare. Tutto sta andando per il meglio, nel migliore dei mondi eccetera.
Ma ora le forze democratiche mediorientali hanno l’opportunità di avere un impatto reale nel futuro dei loro paesi, un’eventualità che non avrebbero mai avuto se Saddam, Arafat e il mullah Omar fossero rimasti al potere.
In definitiva sì, credo sia il caso di dirlo: stai scrivendo cazzate, Camillo. Io non ho mai nutrito eccessiva simpatia per Arafat; ma infilarlo in un elenco tra Saddam Hussein e il mullah Omar è fare violenza alla complessità delle cose. Non era Arafat a impedire lo sviluppo democratico della Palestina. Era una cosa che si chiama occupazione. Militare. Dei territori occupati. Dura da quarant’anni, ormai, e rende oggettivamente difficile qualsiasi transizione verso la democrazia. Ieri spingeva i palestinesi tra le braccia di un rais corrotto. Oggi li porta ad abbracciare il credo di Hamas. Quella che poteva essere la culla del laicismo arabo è diventata la prima regione del Medio Oriente dove i Fratelli Musulmani vanno al potere con elezioni regolari. Che bel risultato, per Bush.
Secondo solo a quanto avvenuto in Iraq: tre anni di guerra e guerriglia per mandare al potere gli ayatollah. Ora, in franchezza, sei assolutamente sicuro che Bush stia esportando la democrazia, Camillo? Non è che stia piuttosto contribuendo a seminare un bel po’ di fondamentalismo religioso? Una cosa di cui si sentiva il bisogno.
E tu ti congratuli. Si congratula anche Mahmoud Ahmadinejad. Avrete qualcosa in comune.
Sì, ma cosa? Beh, una certa impostazione ideologica, forse. Quando la realtà non vi piace, la cambiate. Certo, è peggio lui che pasticcia con l’uranio. Tu in fondo le spari solo grosse su un giornale. Che però è anche il mio giornale, ricorda (e di Veronica).
Forse dovresti trattarci con più rispetto.
(E a tal proposito: ma i permalink, ci fanno proprio così schifo?)
io non ritengo affatto che la vittoria di Hamas sia una cosa positiva, né mi sembra che lo faccia Rocca, la sua argomentazione mi sembra piuttosto (semplifico) “è democrazia proprio perché anche Hamas può vincere” che mi sembra diverso da “che bella la democrazia, ha fatto si che quei simpaticoni di Hamas spodestassero i pericolosi criminali di Fatah”. La mia opinione è che Hamas è certamente peggio ma Fatah (e gruppi collegati) hanno portato alla rovina politica e sociale i palestinesi molto più di quello che ha fatto l’odiato nemico Israele (o ebreo, a seconda) e lo ha fatto durante decine di anni in cui avrebbe potuto fare cose veramente importanti. Sinceramente per la “democratizzazione” credo sia stato molto più importante la morte di Arafat che il ritiro dalla striscia di Gaza, osannato come martire della libertà ma a mia opinione solo il solito dittatore.
Forse sarebbe utile ricordare che improvvise “democratizzazioni” in periodi di forte instabilità sociale sono state in passato la porta di ingresso per folli progetti dittatoriali…
Sarà comunque interessante vedere come si comporta Hamas. Soprattutto nella speranza che la posizione della comunità internazionale sia chiaramente e fattivamente avversa.
Quanto agli esiti della “democrazia esportata” credo che, positivi o negativi, ci vorranno ancora anni per poterli valutare. Per ora a me gli effetti sembrano più positivi e, soprattutto, non mi è chiara affatto l’alternativa (non facciamoli sentire accerchiati, così diventano laici, libertari e democratici da soli o con laiuto di qualche ONG?), forse se l’avessi più chiara potrei giudicare meglio.
Leona’, interessante il discorso dell’Iran. Ora, non so come tu la vedi la questione dell’esportazione della democrazia.
Io non la vedo come “democrazia e subito partiti anglosassoni”, ma colgo in medio oriente una maggiore attenzione per le elezioni (sia locale che esterna; e quella esterna ad influenzare quella interna, come accade d’altra parte in Italia). Questo porta in acuni casi anche a far vincere movimenti estremisti; ma poi, e qui mi sembra il discorso del Rocca filava, li costringe a confrontarsi col governo del paese.
Io, se la questione rimane nei termini democratici, mi preoccuperei fino ad un certo punto. Se in Iran l’attuale governo sarà capace di politiche interne ed internazionali valide, sarà rieletto. E guarda, l’avidità di potere c’è dappertutto. Per cui per rimanere al potere faranno anche lì sotterfugi e corruzioni. Insomma, diverranno uno stato “tranquillo”.
Leonardo, la semplificazione potevi risparmiartela, non era in discussione la storia di Al Fatah, che sono certo tu conosci meglio di chiunque altro. Rimane il fatto che gli articoli che ti ho segnalato fanno ancora parte dello statuto e non sono logicamente congruenti con la dichiarazione di anti-razzismo da te evidenziata.
Pietro: l’antisionismo è un elemento condiviso da tutto l’opinione pubblica araba: Israele viene considerato il simbolo di un’aggressione e di un’ingiustizia che si perpetua. Tu pensi che l’organizzazione nata per rappresentare chi direttamente è stato interessato dalle conseguenze della fondazione del nuovo stato non contenga nelle sue ragioni fondative un’indicazione di quel tipo?
Non nascondiamoci dietro un dito.
Questo senza considerare che da allora, 1964, ad oggi ci sono quarant’anni di storia e di rivolgimenti che non basta una pagina a riportare. L’OLP è diventato un soggetto riconosciuto, cosa che non lo era, né lo erano i palestinesi. Si è imposto ai paesi arabi, quindi alla comunità internazionale e infine a Israele. Ma è stato un percorso lunghissimo. Da lì alla rinuncia alla lotta armata, l’accettazione dello stato occupante e l’inizio delle trattative.
Volendo sostenere una tesi onerosa come un’equivalenza tra Hamas e Al Fatah uno avrebbe da remare contro l’intera storia di un popolo. Meglio allora, se si può contare su lettori di bocca buona, buttare lì un link a casaccio.
Golpista: il quesito sulla discriminazione razziale e religiosa è praticamente accademico. Il progetto di stato unico non si è mai realizzato, nè a questo punto si realizzerà. Allo stato attuale l’Autorità palestinese ha una sovranità molto parziale su un’area interamente occupata da arabi. Dal punto di vista del culto hanno una minoranza cristiana, ma visto che mi pare tu alluda al rispetto nei confronti di cittadini ebraici possiamo passare oltre: non ce ne sono sotto giurisdizione palestinese.
Visto che invece si verifica la situazione opposta sarebbe più ragionevole domandarsi come si comporta Israele nei confronti da un lato degli arabi che vivono all’interno dei confini dello stato e dall’altro degli arabi nei territori occupati. Ma anche in questo caso risposte semplici ricavate da un link non servono a molto.
Dove è finito il commento che avevo mandato?
E insomma, Golpista, se tu hai scritto questa cosa…
“Forse sarebbe utile ricordare che improvvise “democratizzazioni” in periodi di forte instabilità sociale sono state in passato la porta di ingresso per folli progetti dittatoriali…”
…è inutile che stiamo a discutere, perché siamo d’accordo: la strategia neocon è molto pericolosa. Perché prima di “democratizzare” crea una forte instabilità sociale, bombardando e azzerando le strutture politiche di un paese. Prima invado, lascio che si formi un movimento di opposizione violenta, e poi nel bel mezzo di una guerra civile li faccio votare.
Io credo che la questione non sia tanto la democrazia (una forma ‘sporca’ di democrazia in Palestina c’è) ma l’escalation dell’odio. Al Fatah odiava Israele? Sì, perché lo considerava un nemico occupante. Ma l’odio di Hamas per Israele è qualcosa di radicalmente diverso: è un odio religioso e razziale. Hamas si addolcirà, stando al governo? Hamas governerà con la stessa “doppiezza” che Rocca e compagnucci rimproveravano ad Al Fatah e all’OLP. Sarei molto felice se i fatti mi dessero torto.
Leonardo, no, non lo penso, ma sarai d’accordo con me che ciò rende la dichiarazione di anti-razzismo contenuta nello statuto di Al Fatah priva di significato intrinseco e quindi non utilizzabile a supporto del tuo discorso. Questo è quanto volevo segnalarti, niente di più e niente di meno.
Chi lo sa Leo, forse non siamo così in disaccordo. Ma pensare che i periodi di forte instabilità sociale in Iraq e in Afghanistan siano conseguenza esclusivamente delle bombe americane è come pensare che gli americani favorirono le vendette della volante rossa nelle regioni dell’Italia centrale cacciando i nazifascisti. Si, va bene, è tutto differente ma questi posti prima dell’arrivo delle bombe americane si sa, erano paradisi terrestri nella cui stabilità sociale la democrazia avrebbe attecchito molto meglio. Un po’ come la stabilità sociale che ci donò il buon Benito per così tanti anni insomma…
Pensare che la maggior parte dei guai del popolo palestinese derivino dai cattivi israeliani un’ingenuità su cui non potrei certo essere d’accordo. Del resto comprendo che è facile scambiare la mano che usa violenza con la volontà che ha voluto sia così.
Pietro, per un approccio serio alla questione palestinese, occorre capira la differenza tra antisionismo e antisemitismo. Mettendosi (provvisoriamente, per carità) dalla parte dei palestinesi che si considerano parte lesa.
Un antisemita combatte gli israeliani perché ebrei. Un antisionista combatte Israele (la cosiddetta “entità sionista”) perché è una nazione occupante. Di conseguenza l’obiettivo di Al Fatah (fino agli anni Novanta) era l’abbattimento di Israele e la creazione di una nazione dove gli ebrei avrebbero avuto gli stessi diritti degli arabi. Era realistico? No. Non lo è mai stato. Ma gli ideali sono importanti.
Per contro, il simbolo di Hamas è un triangolino verde, che va dal Mare al Giordano. Il verde sta per Islam.
Quanto al golpista, certo: è un’ingenuità dare la colpa dei problemi palestinesi a quarant’anni di occupazione militare. Se fossero liberi probabilmente passerebbero il tempo a farsi esplodere per divertimento.
Leonardo bastava che dicessi: “forse non ho fatto una gran mossa citando l’art.13 della costituzione di Al Fatah quale prova della purezza, anche in chiave anti-razzista, degli ideali che l’hanno ispirata, dal momento che la stessa propone “(the)complete eradication of Zionist economic, political, military and cultural existence””.
A leggere le tue dotte parole, fino agli anni ’90, Al Fatah voleva distruggere Israele per creare uno Stato in cui, non gli israeliani, no, no, non loro, ma gli ebrei avrebbero avuto gli stessi diritti, non dei seguaci dell’islam, ma degli arabi: di conseguenza un anti-sionista combatte Israele affinchè gli ebrei possano vivere in pace con le popolazioni arabe a patto che (gli ebrei) non siano israeliani.
Forse fai confusione tu, questa volta, tra seguaci di una religione e cittadini di uno Stato, sia detto mettendosi (provvisoriamente, per carità) dalla parte dei israeliani che non si considerano occupatori.
A me non sembra che la cosa sia molto difficile.
Per Al Fatah Israele – “l’entità sionista” – fino agli anni ’90 andava sradicata. Ma questo non significa che i cittadini israeliani sarebbero stati buttati a mare.
Semplicemente, con lo sradicamento di “Israele” avrebbero smesso di essere “israeliani”, e avrebbero vissuto in uno Stato palestinese multireligioso e multietnico.
Stiamo parlando di un’utopia irrealizzabile? Certamente.
Stiamo parlando di un’idea condivisa da tutto il popolo palestinese, da Arafat al fedayn al ragazzino col sasso? Non credo. Ma era il manifesto di Al Fatah.
Al Fatah ha perso (perché era corrotta, eccetera), e al governo ci andrà Hamas, che persegue utopie molto più pericolose.
NOTA: A. non e’ aa dei *spam eliminato*.splinder.com.
Camillo si marca da solo, quindi non ho bisogno di venire su questo ambiguo sito a smentire le sue affermazioni. Tanto meno mi abbandonerei mai a ricostruzioni della storia piu’ simili a quelle dei cartoni animati che della mia Oxford Encyclopedia of Islam.
Giusto per evitare equivoci inutili e altri post di Camillo su di me pieni di insulti e rancori vari: lascio che questi pregevoli scambi avvengano tra individui simili, appunto Camillo e Macchianera. Io mi occupo di questioni piu’ serie. (aussie) aa [*spam eliminato*.splinder.com]
“Tanto meno mi abbandonerei mai a ricostruzioni della storia piu’ simili a quelle dei cartoni animati che della mia Oxford Encyclopedia of Islam”.
bravo. ora dicci anche in che cosa assomigliavano ad un cartoon.
Chiedo scusa ad AA: a generare l’equivono sono stato io.
Avevo letto un commento di tale A. ma lo avevo scambiato per (aussie) aa di [spam eliminato.splinder.com]
Chiedo scusa a entrambi.
P.S. Mannaggia ai nick corti, e alla mia arteriosclerosi.
figurati, sono cose che succedono.
anche perché io stesso non lo considero un nick,
è solo che non mi va di non “firmare”.