C’è stato un uomo nella storia di questo paese e nella storia dell’umanità che ne ha viste molte, sulla sua pelle. S’è fatto tetragono ai colpi di sventura. Ché la questione, lì, era di vita o di morte, nella mera pratica. Eppure, quest’uomo, figlio del suo tempo e padre del tempo che sarebbe venuto, non s’è mai tirato indietro. Pieno di vita per quanta ne possedesse e forse ancor di più, a capo chino, scriveva – della vita – in un modo che nessun altro è mai più riuscito ad emulare. Profondamente, con acume, logica e cuore. Un giorno, chissà come, capì un concetto di rara perfezione. Sa dio quanto ci mise: se fu folgorazione o frutto di giorni o mesi di studio, di analisi interiore. Un giorno, quel giorno, scrisse: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”. Undici sillabe, perché lui è un figo e non ha mica bisogno di trecento pagine per depositarti nello stomaco un mattone di granito da 600 chili che non si scioglierà mai più. Terzina 103, quinto canto, prima cantica. Lui fa così: ve la mette lì, poi fatene quello che vi pare. Ti dice “Perdona”. Il punto è lì. Il soggetto è l’Amore che non perdona agli innamorati l’amore. Dobbiamo abbandonare le undici sillabe perché non siamo mica fighi come lui, noi. E allora la questione è che se si è oggetto d’amore, ma non d’amore, punto, ma di Amore, quello sconsiderato, quello totalizzante e così grande da non poterne fare senza anche se l’impressione è che così non sia o non debba essere, quello che ti aspetta per una vita intera, che riempie, la vita, di ogni sorriso nei propri vuoti, che ascolta il nostro silenzio e le urla, che trasforma qualunque cosa in speciale, se è quello l’Amore del quale si è oggetto, e così inondati ci si abbandona per poi vivere come lo si vuole davvero e il cuore stesso ci porterebbe magari già adesso a fare contro ogni logica, sconsideratamente e senza sovrastrutture, ebbene se è quello che ci esplode in viso ogni mattina ed ogni sera, nel mezzo del nulla o della quotidianità di un momento lasciandoci immobili, ovattati da quel che ci circonda, allora, ci dice, non è possibile tirarsi indietro e non fare altrettanto. Perdona. Cioè il “non amare in ritorno” è inammissibile, appunto: imperdonabile. Perché se è quell’amore ciò che ricevi, altro non puoi fare che amare a tua volta. Ed è per sempre, sia chiaro. Mica è una cosa che poi passa. Sapete quando ad un certo punto la vita non riesce più ad andare avanti, s’incastra tutto ma l’ingranaggio non gira più? “Amor ch’a nullo amato amar perdona”, in undici sillabe questo ci ammazza e noi lo diamo da leggere ai ragazzini del liceo.
Togliete Dante ai vostri bambini
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guarda che Amore, con la a maiuscola, è l’amore di e per Dio. la divina commedia parla di questo.
sarà, ma quando lo leggevo al liceo, lo cantava pure jovanotti quindi mi è autosputtanato in tempo reale e non mi ha fatto tutto questo effetto…
Spiegatela anche a jovanotti quella dell’A maiuscola!!
sarà il caso di dire che la “a” maiuscola l’ho usata io, se no qui non si finisce più. non c’è alcuna “a” maiuscola nel quinto canto dell’inferno. non c’è amore di né per dio nella passione di paolo e francesca.
Non e’ l’amore per dio. Il canto quinto e’ quello di Paolo e Francesca
Togliete Dante non ai vostri bambini, ma a chi vorrebbe allontanare Dante dall’unico motivo per cui scrive, l’amore per Dio. E soprattutto toglietelo ai sentimentali romantici che Dante non lo hanno studiato e vorrebbero che neanche i nostri figli lo studiassero. E soprattutto toglietelo a chi avvicina jovanotti con la cultura..
e a chi lo vuoi dare dante, se non ai ragazzini? A chi lo diamo, ai superprecari nevrotizzati dalle marchette e dalle rate del VW nuovo?
“Tout passe, tout lasse, tout casse, tout se remplace”.
…la poesia quella vera entra,sconvolge e fa male. Ma lascia dentro anche una terra feconda e degli occhi più vivi…sarà masochismo ma vorrei poter bruciare a queste parole e a ogni incontro.
…la poesia quella vera entra,sconvolge e fa male. Ma lascia dentro anche una terra feconda e degli occhi più vivi…sarà masochismo ma vorrei poter bruciare a queste parole e a ogni incontro.
…credo che la poesia debba necessariamente fare male. Dentro di me,sarò masochista ma vorrei bruciare per quelle parole e per ogni incontro visto con quegli occhi.
…credo che la poesia debba necessariamente fare male. Dentro di me,sarò masochista ma vorrei bruciare per quelle parole e per ogni incontro visto con quegli occhi.
Con Sasaki condivido il fatto che la potenza della poetica di Dante – e non solo nel quinto canto – sia davvero tanto da far digerire a dei ragazzini del liceo.
Sono anche sicura che molti lo leggono e lo studiano quando non sono pronti a capirlo.
Ma sono tutti i sentimenti, anche l’odio, ad essere potenti in Dante.
E prima o poi è giusto che i ragazzi si confrontino con questi sentimenti.
Altrimenti rischiano di pensare che l’amore vero si quello che vedono in tv in Dawson’s Creek.
Credo che bambino del liceo sia stato anche tu, e mi chiedo cosa avresti scelto da leggere per te stesso in luogo di quei versi. E’ a quell’età, secondo me, che possiamo ancora salvarci; se queste parole sono in grado di smuovere qualcosa, è quello il momento giusto. Appena dopo, rischia di esser tardi.
Mai avvicinati al concetto: “Dissacrare mantenendo il senso del sacro?”
…non sarà il caso di jovanotti, però….
Con Sasaki condivido il fatto che la potenza della poetica di Dante – e non solo nel quinto canto – sia davvero tanto da far digerire a dei ragazzini del liceo.
Sono anche sicura che molti lo leggono e lo studiano quando non sono pronti a capirlo.
Ma sono tutti i sentimenti, anche l’odio, ad essere potenti in Dante.
E prima o poi è giusto che i ragazzi si confrontino con questi sentimenti.
Altrimenti rischiano di pensare che l’amore vero si quello che vedono in tv in Dawson’s Creek.
Grande Sasaki.
E: dell’endecasillabo un giorno bisognerebbe parlare. Ne esistono a bizzeffe, pieni di irregolarità, saltellanti come greci, ma la forma di ende più regolare (piano) ha sbaragliato le altre. E’ un normalizzatore stilistico pauroso. Gli editori lo adorano. Non riesci a leggere un autore straniero senza trovarti in mezzo a un lago di endecasillabi. Poi trovi il libro in lingua originale, e di endecasillabi non c’è quasi traccia. L’alessandrino, il verso lungo, ignorati. Ti dicono che la tua metrica zoppica. Vabbeh.
giorgio e michele:
non fate come una mia insegnante di italiano che sostenne che io non potessi capire i promessi sposi dato che ero (e sono) ateo.
che la monaca di monza era una zoccola lo sapeva anche Manzoni, che Paolo e Francesca si amassero lo capiva anche Dante, e lui stesso una trombatina con Beatrice se la sara` sognata non poche volte.
Non scherziamo. Va bene anche l’amore per Dio, la religione ai tempi suoi era qualcosa di molto diverso da quello che e` ora.
Rileggitevi quel brano, e parla di tutto fuorche` di Dio, altrimenti sarebbe un grande e grossa contraddizione tutto il resto.
Per il resto lasciamo Dante, Boccaccio, Petrarca e tutti loro ai bambini, anche se io li odiavo, dovrebbero iniziare a studiarli dalle elementari. Altroche`. Qualsiasi bambino li odia, qualsiasi bambino a quella frase pensa a tutte le sue sfighe, e magari, quella frase proprio lo fa avvicinare a Dante e gli fa dire “minchia, questo Dante e` proprio cool”.
Ora, se non vogliamo che i nostri bambini leggano e commentino “Melissa P. Cento colpi di menchia prima di andare a battere” lasciamogli Dante per favore e parliamo di Dio in Dante quando c’e` _veramente_ da parlare di Dio.
Bravo Sasaki, bel post.
Io il quinto canto me lo porto sempre appresso come una cosa cara, sarà forse perché mi chiamo Malatesta, come il povero Paolo e il poverissimo Gianciotto, per tacer di Francesca.
Eppoi essere travolti dal vento della passione per sempre a chi non piacerebbe?
giusto munkypot, hai ragione. Dante è grande e può essere capito da tutti, atei o religiosi, perchè si fa domande vere e sincere sulla vita, e infatti non esclude proprio che Paolo e Francesca si amino, o che Beatrice abbia la sua bella cosina da “conoscere”. E sono contento per te che l’abbia potuto capire nonostante una insegnante bigotta. La religione, purtroppo, non rende immuni dalla deficienza. Quello che ammazza è il sentimentalismo, cioè l’amore secondo l’unica prospettiva dei cento e passa colpi
bravo sasaki,
hai scritto un bel post.
a.
Veramente, quella tezina, e quell’altre due che iniziano con “Amor”, sono pronunciate da Francesca, e sono quasi a giustificazione dell’azione che poche terzine dopo verrà spiegata, il “la bocca mi baciò, tutto tremante”.
Dante sapeva bene quanto non fosse vero che “amor ch’ha nulla amato amar perdona”, un po’ per quello che alla fine della fiera era stato con Beatrice, un po’ per quel suo naso troppo aquilino, e i suoi capelli rossifuoco. E quel verso contiene quindi l’evidente errore psicologico, evidente per Dante, meno per Francesca, che sarà il caso di dirlo, è pur sempre un’anima dannata.
E non mi sembra neppure adeguato dire che si tratta di Amore con l’A maiuscolo, quello di e per Dio, in quanto proprio nel quinto canto, TUTTO il quinto canto, è pieno di rimandi all’amore terreno (siamo, d’altra parte, non ancora troppo lontani alle porte dell’Inferno, e Dite è parecchio lontana).
Non a caso Dante poi sviene, e forse un po’ se la fa sotto, perchè si rende conto d’aver corso un rischio mica da ridere, e le parole di Francesca, e i suoi errori, lo fanno appunto “tristo”, ma anche e soprattutto, “pio”.
il mio canto preferito non e’ il quinto, e’ quello di Ulisse; il settimo, forse?
che a dante piacevano le donne non lo mette in dubbio nessuno (nemmeno benigni). Solo mi è capitato di vedere come, soprattutto in università, si tende a proporre un nuovo dante “laico”, esaltandone i valori e dimenticandosi del senso del suo viaggio. non sto parlando direttamente del post naturalmente
anche perché il pezzo è solo un libero ragionare partendo da quanto quel punto esatto che ho citato mi abbia dato da pensare. niente di più.
la monaca di monza non era una zoccola
è l’esempio più alto e dimostrato di come l’ambiente condizioni le scelte delle persone
per me è una vittima innocente
già da bambina, quando era solo gertrude, le regalavano delle suorine di pezza al posto delle bambole
la monaca di monza non era una zoccola
è l’esempio più alto e dimostrato di come l’ambiente condizioni le scelte delle persone
per me è una vittima innocente
già da bambina, quando era solo gertrude, le regalavano delle suorine di pezza al posto delle bambole
Sicuramente è vittima, almeno finchè non dà il suo assenso al delitto, e non ci sono attenuanti, e diventa complice.
Forse non zoccola, ma “potenzialmente competente in zoccolaggine”.
;)
Se è per quello, Dante lo cantò anche Venditti. In “Ci vorrebbe un amico”, mi pare…
Amore, amore illogico, amore disperato
lo vedi sto piangendo/ ma io ti ho perdonato
e se amor che nullo amato, amore, amore mio perdona/ in questa notte fredda mi basta una parola…
(Chissà se gli ha pagato i diritti?)
… Ma non è mica mai morto nessuno… ;o)))
Come siete polemici… Sasaki ha messo il dito nella piaga: l’importante è leggerlo, Dante. Amarlo, e chi meglio d’un bambino o un ragazzino? (Possibilmente, senza la spada di Damocle della parafrasi…) La scuola è specialista nel farti odiare anche i libri o gli autori migliori, si sa: sta a noi farglielo amare e scoprire. Leggergliene un brano la sera prima di dormire (o anche l’Odissea… why not?), magari alternandoglielo con Harry Potter…
La prima volta che vidi citare la Divina Commedia fu alle elementari, in terza: la mia mitica maestra, l’impareggiabile Signora Teodoro, ci lesse molti brani dalla sua splendida edizione illustrata dal Dorè che poi faceva girare fra i banchi. Ricordo l’Inferno, i nostri occhioni sgranati nel vedere i dannati alle bolge (seminudi o nudi, ohibò!;o) e leggerci di Paolo e Francesca, o del “mar che fu sopra noi richiuso”. Di Virgilio, del tricefalo Cerbero e di Lucifero. Di come si dannò (chissà perché, mi è sempre piaciuto: credo sia nata lì la mia predilezione per gli uomini difficili… ;o)))
E lei, che giocava con la nostra immaginazione, guidandola giù a capofitto verso quella fantasmagorica discesa nell’abisso, avvincente più di Jules Verne. Grandiosa…
Fu il mio primo contatto con l’idea di peccato, di avventura e catarsi. Il viaggio nel profondo e ritorno: avevo sette anni e fu una folgorazione. Esattamente come quando, a tredici, lessi l’Amleto e Shakespeare (in una pessima traduzione) per la prima volta. A diciassette, “Le Bateau Ivre” di Rimbaud (motivo che mi spinse a imparare il francese) E a undici, “Il Maestro e Margherita”. Quattro opere che mi cambiarono la vita. In meglio, credo.
E ci se sono riusciti con me… beh, a maggior ragione potranno farlo con i giovani virgulti di adesso!;o) Mica tutti guardano the O.C. o Camera Cafè (o SOLO quelli, ecco)…
E ricordo, poi, romantiche compagne liceali che piansero leggendo il canto succitato… perché si sentivano tanto Francesca. E il loro sbarbato di turno, Paolo (chissà perché, è sempre un nome così sfigato). Mentre io, mi sentivo tanto Ulisse (… vuoi mettere la superbia intellettuale rispetto alla lussuria?;o). E non dico piansi, ma insomma…
Anvediche,
il problema vero con Dante sta proprio li’. Non e’ cio’ che si insegna, ma come lo si insegna. Per scrollarmi di dosso la sensazione di muffa e umidita’ che la Divina Commedia mi metteva addosso ogni volta che la prendevo in mano c’e’ voluta la lettura di Gassman (che fra l’altro dice: spiegare Dante non sta a me, ma in generale e’ stupido perche’ non si puo’ spiegare l’emozione). Sono gli insegnanti il problema, che non conoscono e non amano Dante per primi (Dante come solo uno dei nomi). Tu hai avuto fortuna.
Sasaki, grazie di questo post, l’avevo sempre (erroneamente mi avvedo oggi) interpretato diversamente, probabilmente sviato dalle mie sfighe amorose adolescenziali. Amavo disperatamente senza essere ricambiato, ed almeno mi consolavo della benevolenza di Amor (di cui, comunque, avrei volentieri fatto a meno). Chissa’ che Amor non m’abbia ricambiato sul lungo periodo?
Non è mai troppo tardi, Cannon!:o)
Io debbo ancora imparare a farmi piacere i Promessi Sposi, te lo confesso: a parte la vigna di Renzo e la descrizione della sventurata che rispose (bianco/nero/bianco/nero: optical, bellissimo…), non riesco proprio a digerirli
:o((( E sì che di mattoni…
La tv non mi ha certo aiutato a riavvicinarli: ricordo una pessima versione Rai dei primi anni Ottanta, megaproduzione costosa e cialtrona con uno dei tanti figli di Anthony Queen come Renzo, una tale Delphine Forrest come Lucia (?!?) e un Sordi come Don Abbondio, che non riuscì a risollevarne la sorte grama. Meglio quella Pitagora-Castelnuovo, ma ero troppo piccola per apprezzare (avevo tre anni, credo).
Idem per Pirandello, che mi mette sempre addosso una tristezza indicibile (… adoro Verga).
Se ti piace il Dante recitato (Benigni a parte) ti consiglio caldamente David Riondino: quest’estate, a Ravenna, ha tenuto delle serate splendide di letture dalla D.C.. Se lo ribecchi, non fartelo sfuggire! (O cerca il dvd, se c’è).
P.S.: sì, sono stata fortunata, hai ragione. La Signora Teodoro fu molto più di una maestra, sai? Un’educatrice civica. Un paradigma. Ricordo che c’insegnò la convivenza con un compagno handicappato in modo stupendo: senza falsi pietismi, con responsabilità, sensibilità, allegria e un fantastico spirito di squadra. Lui arrivò che non sapeva neppure parlare, in quinta leggeva e si esprimeva come noi. Ed ora è un adulto felice, arrivato lontano… ;o))))
La monaca di Monza era un personaggio terribile, se vi interessa conoscere la sua vera storia in un testo basato sugli atti del processo a Marianna De Leyva cercate “la Monaca di Monza” di Testori, l’ho visto a teatro nell’interpretazione di Lucilla Morlacchi ed era qualcosa di veramente impressionante.
Per Dante e per ogni grande della letteratura il problema sta nella enorme quantità di emozioni che riescono a concentrare in poche parole.
Per persone abituate alla comunicazione televisiva, fatta di iterazioni ossessive, tormentoni comici e telefilm, l’idea stessa che si possa nascondere in una riga un intero universo è inconcepibile.
I ragazzini del Liceo forse non sono pronti per capire appieno certe cose, qui si dice. Come di certo non sono pronti per capire una marea di altre cose che si insegnano a scuola (vedi tanti capitoli di storia, di filosofia, eccetera). Quindi, vogliamo forse invertire le cose e andare a lavorare a 14 anni e andare al liceo verso i 30, o perchè no i 60anni quando si è più maturi per certi concetti?
qui si parlava d’amore. quella era una chiusa come un’altra. forse è questo il problema, non solo i ragazzini del liceo.
Sì scusi, io mi riferivo a qualche commentatore. Lei sasaki, mi sembra facesse un particolare elogio a Dante e all’amore, appunto. E come tale ho letto anche l’ultimo periodo.
Viaggi nei blog, sempre le stesse parole.. offese.. ‘comunicazione moderna’ insomma..
Poi ti capita Dante e scopri che l’eredità di un mondo racchiuso in una riga continua a rendere più vivi i cervelli. Purtroppo non si può parlare di emozioni, le parole ancora non sono state inventate per quello.. ma un pò di luce fa sempre bene..
ho amato Dante proprio ai tempi del liceo… imparavo i versi a memoria perché così recitandoli è più facile comprenderli… mai come ora credo sia importate studiare i classici nell’età più giusta, l’adolescenza… perché è allora che si forma il nostro carattere e il nostro sapere… leggendo del dibattito sulla “A” maiuscola o minuscola… che dire? il “modo ancor mi offende”!…^_^ senza contare che i versi immediatamente successivi chiariscono definitivamente di che amore si tratta:”mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.”
Sasaki!”Apri la mente a quel ch’io ti paleso…” ^_^ adesso abbiamo l’età per leggere e comprendere i canti politici di Dante! Attendo un tuo nuovo post sull’argomento!
“Il Papa: ‘L’amor che move il sole…’
Dante per spiegare la nuova enciclica” (da http://www.repubblica.it).
Ecco, appunto, Sasaki ha dato il la. Il solito trend-setter ;-)