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L’altra vedova di Nassiriya.
Di Michele Serra (La Repubblica, 13 novembre 2005)
Storia d’amore e di politica. Eccome se lo è. Stefano Rolla, regista, una delle due vittime civili della strage di Nassiyria, amava e divideva la sua vita con una donna, Adelina Parrillo. Ieri la signora Parrillo si è presentata, insieme agli altri familiari delle vittime, alla cerimonia di commemorazione dell’eccidio, all’altare della Patria. Ma non ha potuto entrare. Stefano e Adelina non si erano sposati. Alla luce della vita (della vita!) Adelina è una vedova. Anche alla luce della realtà e della logica Adelina è una vedova: una donna rimasta senza il suo uomo. Per il protocollo, no. E’ un’estranea.
Viveva con Stefano, dormiva con Stefano, ma non ha potuto essere con Stefano nel giorno in cui la Repubblica italiana, la comunità dei cittadini, lo salutava. La medaglia di Stefano è stata consegnata alla figlia, e dunque è finita nelle mani più degne, e più giuste. Ma l’assenza di Adelina (la cancellazione di Adelina) è uno scandalo così evidente, così duro, così inconfutabile, che questo articolo potrebbe anche finire qui. Ma c’è ancora qualcosa da aggiungere, e non per conto dell’italiana Adelina Parrillo, ma per conto di tutti. Storie della stessa grana, la grana grezza del moralismo, sono tutt’altro che rare. Conviventi (etero e omosessuali) respinti dagli ospedali perché non hanno titolo “legale” per assistere i loro compagni di vita, ammalati terminali. Vedovi e vedove di fatto che restano esclusi dalle loro case, dalle loro cose, dalle loro vite perché la legge dello Stato onora solamente ciò che è benedetto dal matrimonio. Vite vere, storie d’amore, accumuli di ricordi, di metri quadrati, di stanze, di letti, giornate condivise, che diventano nulla quando al maglio della morte si accompagna quello, incomparabilmente meno solenne, della legge degli uomini, spaventati dal cosiddetto “disordine morale” e per questo disposti al supremo disordine dell’ipocrisia: meglio cancellare la realtà piuttosto che lasciarla entrare nel Tempio delle Regole. Non credo esista una sola persona, ancorché di rigidissime convinzioni religiose, disposta ad accettare un’etica pubblica che nega, semplicemente nega,resistenza di un amore e l’esistenza di una vedova: Ogni unione di fatto, ogni separazione, ogni famiglia differente da quella monogamica rappresenta un “problema”. (Esattamente come ogni famiglia, anche la più “normale”, rappresenta un problema). Questo problema pesa sulle vite personali di genitori e di figli, faticosamente (e spesso eticamente) alla ricerca di equilibri nuovi: per quale perversa volontà punitiva, o per quale terrorizzata piccineria morale una società osa aggiungere a questa somma privata la pena ulteriore della discriminazione pubblica, della negazione legale, della persecuzione burocratica? La richiesta dei Pacs, e l’introduzione dei Pacs in molti paesi europei, non è affatto un passo avanti sulla strada della dissoluzione morale. E’ un passo indietro sulla strada dell’ostinazione ideologica che impedisce a milioni di persone di condividere legalmente una vita, e si arroga il potere di disporre di beni economici, e di beni sentimentali, come fossero patrimonio dello Stato. La storia di Adelina Parrillo e di Stefano Rolla sembra fatta apposta per dire che il diritto, e perfino l’amore, si fondano sulla persona, sulle persone, non su quell’astrazione arbitraria che è la Famiglia intesa come modello, come dogma, come precetto. Non esiste (per fortuna!) un Famiglia protocollare, ne tra i milioni di famiglie «classiche» ne tra le centinaia di migliaia di unioni di fatto. E chi pensa che il problema riguardi solo una minoranza, misuri, per cortesia, l’imbarazzo di maggioranza che ci coglie tutti quanti vedendo una vedova esclusa dalla memoria del suo morto perché non aveva la scartoffia giusta da presentare al piantone.
Sono ateo, temo sempre che mi sposerò in comune per dare un futuro sicuro alla mia compagna ed ai miei figli.
Credo non sia un caso che pacs abbia la stessa pronuncia di pax.
E’ una vergogna per l’Italia in quanto stato “laico”, ed è una vergogna per Ciampi, che poteva alle solite belle parole far seguito un gesto di reale generosità. Questo da la misura dell’amore della Chiesa per l’uomo ed il suo rispetto per il dolore, e qualifica le nostre istituzioni che si piegano alle logiche più moralistiche e piccolo borghesi in circolazione, pur di attirare gli “indecisi”. Chi si fottano, gli indecisi e i moderati.
trovo corretto la tua indignazione per quanto successo …
rimane sempre il problema e se la signora in questione e il suo compagno non si fossero peritati di fare nemmeno i pacs?
perchè anche per i pacs esisterà un registro no? un ente terzo che certifichi oppure no?
almeno la residenza comune dovrà essere certificata no?
Mi sento male.
Mi viene da dire solamente che schifo!
In quanto non-cattolico, considero il matrimonio come un “semplice” contratto civile in cui due persone che si amano decidono di assumersi delle responsabilità reciproche in cambio di alcuni diritti (mutua assistenza, inserimento nella linea ereditaria etc…). Ora, non mi risulta che qualcuno abbia impedito alla coppia di cui stiamo parlando di sposarsi: evidentemente avevano fatto i loro conti e non si sentivano di prendersi la responsabilità. Nulla di male, per l’amor del cielo. Scelta lecita e rispettabile. Però bisogna capire che nel momento in cui si decide di non ottemperare “ufficialmente” ai propri doveri di marito/moglie firmando un contratto (il matrimonio) non si può pretendere di avere gli stessi diritti di chi quel contratto si è impegnato a firmarlo.
Sono d’accordo che escludere la signora dalla cerimonia di commemorazione sia stato un atto insensibile e gratuito, ma ho il sospetto che tutta questa sia una montatura mediatica per arrivare là dove una “semplice convivente” non può ancora, giustamente, arrivare: ottenere i risarcimenti previsti dallo stato per i parenti delle vittime del terrorismo e delle missioni all’estero.
Il matrimonio deve fare un passo verso l’elasticita’ e abbandonare il concetto ottuso e idiota della coppia etero.
Nessuno puo’ opporsi al progresso e all’evoluzione, niente e nessuno.
In futuro, chi avra’ provato a farlo, sara’ visto come persona ridicola, come corrente, politica o religiosa, ridicola.
Un po’ come noi guardiamo oggi le tribu’ amazzoniche che adorano il dio della pioggia eccetera, con compatimento.
Trovo la vignetta qualcosa di stupendo.
Che dire, questa l’Italia è e questa l’Italia sarà: un paese con la memoria corta, con capacità di indignarsi vicina allo zero, con poca o nessuna coscienza civile.
Ed ecco che i processi di Tangentopoli diventano “persecuzioni”, Craxi un “esiliato”, la guerra “missione di pace”. Questa vicenda mi fa schifo ma, a essere sincero, comincio a perdere la speranza che freghi a qualcuno, almeno finché (ovvio) non si entri nel loro orticello.
Marco, ti risulta che il regista morto a Nasiriyah e la sua compagna fossero una coppia omossessuale? Nessuna legge ha mai impedito loro di sposarsi. Smettiamo di strumentalizzare qualsiasi cosa ed atteniamoci ai fatti (o meglio, a quanto ci dicono).
“né”!
I PACS per gli eterosessuali già esistono: sono il matrimonio civile.
Capisco perfettamente Adelina, le sono solidale. Anche a me è capitato di vivere il suo stesso ostracismo davanti alla bara del mio compagno: solo che io non ebbi neppure la possibilità di farlo seppellire dove e come voleva. Se ne arrogò il diritto la sua ex moglie (legalmente separata, in attesa di divorzio) che di lui nulla sapeva e fece un ovvio disastro. Senza cura, senza amore, senza rispetto. Solo per ribadire il concetto che ufficialmente la sola titolata a farlo era ancora lei.
Mi brucia ancora adesso, quell’offesa. E sono trascorsi ormai dieci anni. Ero annichilita e stordita dal dolore, azzerata dall’insulto alla memoria di lui, alla bellezza dell’amore che ci univa (e che se non era ancora stato sancito da un ufficiale di stato civile, lo sarebbe stato presto, comunque). Ma chi se ne sarebbe mai preoccupato? A me come sua donna, umiliata da un perbenismo ributtante quando non avevo proprio nulla di cui dovermi vergognare. Anzi.
Mi sentii in colpa verso di lui perché non potei mantenere la promessa che gli feci, ovvero di esaudire i suoi ultimi desideri: non ero stata posta nella condizione di farlo per una legge assurda, ipocrita, perbenista.
Nessun risarcimento ti consola, e non è questo il punto. E’una questione di pari dignità, di dovere etico il non umiliare pretestuosamente una persona in questi frangenti. Nemmeno la più stronza delle leggi deve autorizzare a farlo: non si fa, e basta.
Mi consolò almeno in parte vedere come dopo alcuni anni qualche sentenza della Cassazione iniziò a non considerare più le conviventi dei paria. C’è ancora una lunghissima strada da fare, ma che le autorità ostracizzino una donna quando nella nostra compagine governativa non mancano gli “irregolari”, beh, questo è davvero troppo. Spudorato, direi. Vorrei vedere se morisse Casini, convivente e separato non divorziato né risposato, ovviamente, essendo un cattolicone, cosa farebbero all’Azzurra Caltagirone.
Alcuni sono più eguali degli altri, evidentemente. So long.
Mi permetto di dire a Marco che LUI guarda con compatimento le tribù amazzoniche, che hanno una cultura (non solo religiosa) rispettabile e meno cretina di quanto lui pensi. Io guardo con compatimento l’ignoranza, non le usanze e i costumi di altri popoli.
Quanto alla signora Parrillo, ho visto ieri un servizio al TG3 e ho pianto per lei, ma solo per una questione di scarsa sensibilità delle istituzioni. Spero che Ciampi e le guardie che l’hanno respinta le facciano delle scuse formali.
Il matrimonio o il pacs comunque servono per cose più serie che una presenza ad una cerimonia e vedo troppa leggerezza quando se ne parla.
E’ una grande vergogna. Uno schifo. Una merda. Non c’è da indignarsi, c’è da entrare nelle chiese e sputare sui crocifissi. I preti hanno rotto il cazzo, la gente bigotta e conformista pure. Che crepino tutti quanti, vergogna. Viviamo in un paese vergognoso.
Un dettaglio: i due avevano già le carte pronte per sposarsi (quando lui fosse tornato dall’IRAQ)…ma non ci sono riusciti.
Quanta ipocrisia
Medo, da vergognarsi è questo tuo intervento.
Credere in qualcosa è ora da vergognarsi e invece insultare la fede altrui con gesti simpatici come il tuo è essere civili e rispettosi?
Complimenti per l’opera di civiltà e l’esempio di rispetto che proponi.
Vorrei ricordare che non è stato il prete o chi per lui a dire a quella donna di star fuori dalla chiesa, ma le guardie dello Stato Italiano.
Quindi, per una volta tanto, smettiamola di sparare a zero sul clero che tanto fa “intellettuale libero e civile”.
Questo senza dimenticare le contraddizioni all’interno della stessa chiesa cattolica.
“Simo” ha vinto il Premio del Rispetto del Buon Pensiero. Ovvio che preti e guardie alla fine sono sulla stessa nave… E avere una fede religiosa è una colpa.
E’ per episodi come questi che io e mio marito ci siamo sposati.
Siamo giovani eppure io non volevo fare quella che “tanto c’è tempo” proprio perché ci era capitato – e per delle banalità – che non lo lasciassero venire con me all’interno del reparto di ospedale in cui dovevo andare per un piccolo problema.
E’ stato allora che ho deciso di sposarmi, perché avevo il terrore che una disgrazia, una di quelle cose che accadono in un istante e ti cambiano l’esistenza, potesse strapparmi via tutto in un batter d’occhio.
Questo episodio però va oltre la decenza: nessuno credo, indipendentemente dalle proprie idee religiose e non, può considerare accettabile un gesto come quello di allontanare una vedova dal suo uomo per l’ultimo saluto solo perchè mancava una carta. No, non è ammissibile.
E’ una notizia orrenda.Non so che altro dire.
Ha semplicemente ragione Cyrnano. Anche con i pacs ci sarà qualcuno che reputerà pacsarchi troppo impegnativo. Salvo poi pentirsi in occasioni come questa.
Si tratta di un problema giuridico e culturale, in cui la religione c’entra poco. C’entra invece la volontà di non sottoscrivere impegni giuridici (giuridici, non religiosi). Volontà che si paga.
Non vedo cosa ci sia di così scandaloso in quello che è successo: c’è il matrimonio, civile o religioso concordatario, che dà certi diritti e certi doveri.
La convivenza non li dà, anche se recenti sentenze di Corte di Cassazione hanno stabilito che dopo 3 anni di convivenza in caso di rottura si hanno certe garanzie economiche per la parte più debole, uguali a quelle dello sposo/a.
Se uno non accetta questi dati di fatto o si sposa, oppure convive andando incontro alle conseguenze.
I Pacs, se mai saranno approvati, danno delle garanzie, ma non i due obblighi fondamentali del matrimonio: fedeltà reciproca e reciproco aiuto.
Tutto questo, ovvio, è solo per legge. La realtà può essere ben diversa.
Però la legge ci vuole e va rispettata (o magari cambiata, certo!) perché altrimenti sarebbe il Far West…
Quindi cari amici, niente scandali…
BOH: ma che stai a di’? Vivere in un Paese flagellato dalla burocrazia ti fa diventare miope di fronte alla realtà?
Se io sto insieme alla mia fidanzata, dovrebbe essere sufficiente che noi due si dichiari di stare insieme, senza dover dimostrare a nessuno proprio un bel cazzo. E per questo, e questo soltanto, le dovrebbe essere consentito di assistermi all’ospedale, di presenziare al mio funerale ufficiale e persino partecipare in misura equa all’eredità.
Altro che matrimoni religiosi, civili e persino PACS.
Casomai qualcuno se lo fosse perso
L’altra vedova di Nassiriya – di Michele Serra (La Repubblica, 13 novembre 2005)
Storia d’amore e di politica. Eccome se lo è. Stefano Rolla, regista, una delle due vittime civili della strage di Nassiyria, amava e divideva la sua …
E’ una vergogna, uno schifo, non ci sono altre parole, ormai essere italiani è una infamia.
E ieri quegli ipocriti del Vaticano hanno raggiunto il massimo: lo stregone bianco, diceva di rispettare lo stato laico; e quello rosso(ruini), intanto, lo prendeva a pugnalate alle spalle.
Medo, a differenza tua, io non ho mai detto che bisogna venire a casa tua a prenderti a calci nel sedere e a sputarti in faccia.
Dopo la tua ultima frase “E avere una fede religiosa è una colpa.” ero tentato di non risponderti, ma mi sento buono e per educazione lo faccio.
W la libertà, purchè sia la mia e quella che dico io, giusto Medo?
Pedro Almaviva,dopo sei anni di convivenza anch’io mi sono sposato e pure in chiesa, per lo stesso motivo. Ho subìto una frattura e la mia compagna non poteva avere permessi sul lavoro per venire in ospedale, difficoltà col mutuo e tanti piccoli disagi che ci hanno indotto a formalizzare nel modo più bigotto con buona pace della fede. Quello volevano e quello hanno ottenuto. È vero che Adelina ha dichiarato che le pubblicazioni erano pronte, ciò non toglie che le hanno fatto una porcata credo per una questione di risarcimento. Quello che pure fa schifo è il silenzio delle altre vedove e quello di Ciampi.
Thestral,
non si capisce: chi ti avrebbe costretto a sposarti in chiesa invece che con rito civile? Da quando i problemi con il mutuo e le fratture “inducono” a sposarsi in chiesa invece che in Comune? Please explain.
La necessita’ dei PACS
L’altra vedova di Nassiriya.
Di Michele Serra (La Repubblica, 13 novembre 2005)
Storia d’amore e di politica. Eccome se lo è. Stefano Rolla, regista, una delle due vittime civili della strage di Nassiyria, amava e divideva la sua vita con una d…
Certamente l’ostracismo nei confronti della “vedova di fatto” denota parecchia insensibilità; d’altronde, è noto che fra i pregi di burocrati e militari non rientra l’elasticità mentale. Da un punto di vista umano, non posso che solidarizzare con la signora.
Alcune circostanze, però, mi spingono a fare l’avvocato del diavolo.
1) La figlia (della precedente moglie) di Rolla è stata regolarmente invitata; perché questa figlia non ha rilasciato dichiarazioni, non ha perorato (prima o dopo) la causa della donna che stava accanto al padre? Non sarà che viene montata una speculazione politica (con l’evidente obiettivo di creare un consenso meramente emotivo e irrazionale attorno ai discutibilissimi PACS) attorno a una semplice questione di incompatibilità familiari?
2) Perchè questa donna, non invitata (e questo, è bene ribadirlo, è un atto ineducato, ma non irregolare) si è ugualmente presentata al Quirinale? Cosa pensava, che ci fosse libero accesso? Che intenzioni aveva? Chi l’ha consigliata in questa direzione?
3) Sposo (passatemi il termine) la posizione di Giorgio Baresi. Due conviventi che vogliono avere quelle garanzie di cui tanto si parla non hanno nessun bisogno di una legge ad hoc, c’è già il matrimonio civile. Chi non lo mette in atto, lo fa per suo interesse (o per suo disinteresse); ed è davvero contraddittorio pretendere, poi, gli stessi diritti di chi si è anche caricato gli obblighi del matrimonio. Una convivente si, e una fidanzata no? E allora, perchè non anche le ex fidanzate?
E’ sorprendente vedere che proprio i “laici”, che dovrebbero avere dello “Stato di Diritto”, ovvero quello basato su regole e responsabilità reciproche, un concetto altissimo, siano pronti a dimenticarlo appena qualcosa stride con le loro convenienze o opinioni.
Il matrimonio è stata per secoli un’istituzione religiosa; oggi è un’istituzione sociale, utile allo Stato per le garanzie che comporta. Si è liberi di sposarsi o no, ma non si possono confondere le cose relegando il matrimonio a un mero atto dichiarativo e formale, privo di qualsiasi conseguenza nei confronti del coniuge e della collettività.
4) Non c’entra niente con il resto, ma è sempre piacevole constatare che in questo blog c’è chi comunque parla degli omosessuali, e dà comunque la colpa ai preti, anche quando nè gli uni nè gli altri c’entrano un cazzo. Altro che disco rotto che ripete il refrain, evidentemente in Italia per tanti anni si è praticata la lobotomia.
x Giorgio Baresi
Il mio commento non si riferisce, naturalmente, solo alle coppie homo, io poi sono etero…
Quello che voglio dire e’ che l’AFFETTO per una persona, e’ visto oggi con dei vincoli preconcetti, vincoli religiosi, vincoli sociali.
Sono stronzate.
C’e’ gente che ama di piu’ il proprio cane che la moglie.
Ora, non dico di rendere legale un matrimonio con un animale, ma fra esseri umani, che sia una tripletta lui+2lei o 3lei o lui+lei, agli altri non deve interessare minimamente.
E tanto meno, ovviamente, deve interessare se una coppia COMPLETAMENTE E NATURALMENTE ETERO decide di non ufficializzare burocraticamente il loro affetto reciproco.
;)
x Patty
Cara Patty, non guardo le tribu’ amazzoniche con un compatimento INSULTANTE, ma con un compatimento diciamo “storico”.
Loro sono dove sono, per forza di cose, e noi siamo dove siamo.
Probabilmente sono piu’ felici loro di noi, lo penso spesso.
Tuttavia credere in vari dei mi ha fatto sorridere, e limitare le nostre liberta’ individuali basandosi sulle religioni, SECONDO ME, verra’ visto dalle generazioni che ci succederanno, come roba estremamente ridicola.
Naturalmente, posso sbagliarmi.
digital_pug, ti rispondo con grande tranquillità. “Ci saremmo” (dimentichiamo sempre che siamo in due) semplicemente sposati civilmente se dalle mie parti non venissi additato come ateo, miscredente, stregone, etc. Purtroppo in certe circostanze devi tener conto dei parenti anziani che vogliono la figlia, la nipote col vestito bianco davanti a un messale.
Non ci ha costretto nessuno, lo abbiamo fatto con serenità per metterci a posto con le regole che questa società impone. Abbiamo preso la decisione quando si è capito che le coppie di fatto puzzano, non contano niente e allora ci siamo sposati e anche in chiesa così tutti sono più contenti. Quello che ho nel mio cuore lo so io e Lui che ho preso cordialmente in giro e mi perdonerà perché sa quello che faccio nel volontariato per gli anziani malati. Io frequento molto gli ospedali e so quanto è dura per un infermo non avere vicino nessuno. Scusami, il mio non vuole essere un pippone e ti saluto con viva cordialità
O perplesso Boh, sull’obbligo di fedeltà reciproca e reciproco aiuto come sorti esclusivamente dal matrimonio consentimi una grassa e sonora risata. Io, che ho convissuto con un assai noto fumettista separato in attesa di divorzio, sono stata molto + fedele, “supportive” e devota (e lui verso di me, naturalmente) di tanti coniugi reiteratamente fedifraghi a me noti e amici. Ero io, in tutto e per tutto, la sua “vera” moglie, se proprio vogliamo dirla per intero. Qualsiasi suo amico e persino la sua ex consorte potrebbero testimoniartelo: lo ero sotto ogni profilo, fuorché ovviamente per lo stato civile. Ma nessuno avrebbe mai e poi mai pensato che eravamo una coppia di serie B. O C1.
Lo scandalo autentico risiede invece nel formalismo di quanti, magari, pensano che riconoscere realtà di fatto conseguenti alla sacrosanta evoluzione del costume e della società (solo quarant’anni fa, parlare di separazione dei beni nel matrimonio e di divorzio, equivaleva a farsi scomunicare. Non solo dai cattolici) possa “sottrarre” dei diritti acquisiti a chi già coppia sposata è, svilendo l’istituzione matrimoniale. La quale, intendiamoci, nel nostro ordinamento nacque come mezzo per tutelare la moglie incapace di autosostentarsi e la prole legittima… e solo MOLTO tempo dopo fu riformata.
La nostra stessa carta costituzionale, del resto, (quella del 1948, non il pateracchio orrendo che la cdl sta raffazzonando ora) pone un discrimine implicito parlando di “famiglia naturale fondata sul matrimonio”, e non ritenendo naturali tutte le altre… il che crea problemi di non facile risoluzione.
C’è chi pontifica, difendendo la sacralità (laica o meno) delle nozze. E non mi stupirebbe affatto se magari fossero proprio quelli che si strafottono degli obblighi di fedeltà e assistenza, violandoli continuamente col loro peggiore egoismo, ma che sono convinti basti un cerchietto d’oro al dito a renderti virtuoso e a farti sentirti migliore o eticamente superiore rispetto ad una coppia non sposata. E ti renda titolare di diritti, obblighi e ruoli all’interno d’un rapporto a due che in virtù d’una non avvenuta ufficializzazione, siano invece sviliti. Ritenuti meno vincolanti, validi e non imponibili agli occhi del mondo. Quando ormai tutti sappiamo che la vita di coppia NON dipende assolutamente dalle formule di rito, ma dall’impegno che ciascuno dei due sente verso l’altro, e non si esaurisce certo nel portare il cognome del tuo uomo.
Così come ci sono un’infinità di ragioni più o meno fondate che possono indurti a unirti in matrimonio con qualcuno (e non sempre si tratta d’amore, intendiamoci), possono essercene altrettante per NON farlo. Il che NON significa che la coppia convivente non senta come forte e profondo il vincolo che li lega. E che proprio perché tale, merita rispetto e riconoscimento.
Joe (col quale mi sono in altri post scazzata, ma sempre rispettosamente. Ciao, Joe!;o))) ha perfettamente ragione. Trovo allucinante che ad una convivente non sia permesso stare al capezzale del compagno malato (io non potei impedire che l’ex moglie del mio, investito da un’auto pirata, facesse staccare la spina del respiratore artificiale: bello, eh?), ma questo ti può succedere anche con chi convivi e non è il tuo innamorato. Ricordo che una volta una cara amica mi chiese di assisterla per una piccola operazione: beh, dovetti fingermi sua cugina, altrimenti non mi avrebbero mai autorizzato!
:o((((( A tanto arriva l’ipocrisia…
Io sarei molto più radicale: non solo proporrei diverse forme di regolamentazione della convivenza, ma riformerei anche l’attuale legge sul matrimonio, accorciandone ulteriormente tempi e modalità di scioglimento (non vedo perché in Inghilterra e Francia si debba aspettare un anno, e qui tre. Quando ti presenti davanti al giudice, è ovvio che la tua unione ha già problemi molto seri di sopravvivenza…). Mi piacerebbe fosse a termine, rinnovabile concordemente su comune intento di entrambi gli sposi, qualora lo vogliano, ogni certo numero di anni. Oppure, in caso contrario, da sciogliere senza troppe complicazioni, nel caso l’unione abbia palesemente dimostrato di non funzionare affatto. Così si risparmierebbero tempo, sofferenza e denaro. E si guadagnerebbe in civiltà e pace sociale.
Ma v’immaginate i commenti di Ruini?:o((((((
In Francia, la donna non sposata può persino assumere legittimamente il cognome del convivente (mi pare dopo tre anni, o due, di convivenza continuativa) e trasmetterlo ai propri figli, senza alcun bisogno della nostra procedura di riconoscimento per i figli naturali nati al di fuori del matrimonio. Si dà quindi per implicito e logico quello che il nostro ordinamento non dà, ovvero che un figlio di una coppia convivente sia frutto effettivo di QUEL padre e QUELLA madre.
A proposito d’ipocrisia… A volte rileggo il nostro codice civile e non posso fare a meno di notare come una delle principali ossessioni del legislatore, soprattutto per le normative relative ai figli, fosse garantire al marito di non ritrovarsi cornuto. E scusate la cattiveria.
Quello francese è un esempio di civiltà che temo mai potrà essere esportato in un paese cattocodino come il nostro, comunque. E per ogni considerazione del caso, rimando a ciò che scrissi un po’ di tempo fa, su un vecchio post relativo alla sacra rota…
Certo, questo non restituisce ad Adelina nulla. E non gioca a favore di quanti, finora, hanno taciuto di fronte all’indegno trattamento riservatole. Non ha accampato pretese economiche, mi pare, ma solo di pari dignità. Ed essendoci passata, la comprendo bene: “… Quando sei così stordita dal dolore, hai bisogno di sentire la gente vicino. Di sentirla solidale, di condividere quello che hai vissuto con chi è vittima dello stesso dolore. Non mi è stato permesso di farlo”.
Tutto qui.
Io spero che almeno qualche autorità si muova a suo favore, e mi auguro che la considerazione di quanto le è successo conti più della preoccupazione d’esporsi su un tema spinoso in periodo pre-elettorale…
Per Joe Tempesta: e se tu fossi inconsciente e incapace di intendere e volere all’ospedale e uan signorina andasse, si spacciasse per la tua fidanzata e dicesse ai medici “fermate le macchine per la respirazione artificiale” e poi magari pretendesse pure l’eredità o il premio d’assicurazione sulla vita?
Dico che la legge esiste e DEVE esistere per evitare tutto questo. Per evitare soprusi.
E va applicata sempre.
Che poi, umanamente, la signora del post, Adelina Parrillo, avrebbe forse dovuto essere ammessa, nons to io a giudicare. Ma sto dicendo che o si accetta la legge e si procede secondo legge, o si pagano le conseguenze. Ed è il Far West! (Cioè, prima si spara poi si chiede il nome)
Per Joe Tempesta: e se tu fossi inconsciente e incapace di intendere e volere all’ospedale e uan signorina andasse, si spacciasse per la tua fidanzata e dicesse ai medici “fermate le macchine per la respirazione artificiale” e poi magari pretendesse pure l’eredità o il premio d’assicurazione sulla vita?
Dico che la legge esiste e DEVE esistere per evitare tutto questo. Per evitare soprusi.
E va applicata sempre.
Che poi, umanamente, la signora del post, Adelina Parrillo, avrebbe forse dovuto essere ammessa, non sto io a giudicare, figurati.
Ma sto dicendo che o si accetta la legge e si procede secondo legge, o si pagano le conseguenze. Ed è il Far West! (Cioè, prima si spara poi si chiede il nome)
BOH, mi devo ripetere: ma che stai a dì? In che nazione un terzo può decidere di staccare le macchine che mi tengono in vita? Di certo non in Italia. L’unica questione che *era* demandata ai parenti riguardava la donazione degli organi, ma con la legge nuova (posso cercare i riferimenti se necessario – a mente non li ricordo) siamo tutti donatori, quindi il problema non si pone. E la morte cerebrale è regolata a sua volta per legge, esistono dei parametri arbitrari ma precisi per stabilirlo.
Ma se anche tutto ciò fosse ammesso, e non lo è, io non ho parlato di “spacciarsi per fidanzata” ma di dichiarare *entrambi* di esserlo. Tu ci *devi* credere a prescindere dal tipo di contratto che abbiamo o no firmato, così come io sono tenuto a credere quando in via ufficiale tu dichiari di essere nata nel tal luogo e nel tal giorno, ed ha pure valore legale. Si chiama autocertificazione.
Anvedichejedi: non erano mica scazzi quelli ;-) (che fatica però i tuoi lunghissimi commenti…)
Boh, infatti, nessuno qui dice che NON debba esserci una legge. E’proprio la mancanza di una tutela normativa decente che ha creato situazioni come la mia e come quella di Adelina. Al contrario: io vorrei una regolamentazione decente e chiara, più norme diverse in grado di tutelare anche tutte quelle situazioni di convivenza non strettamente regolamentate dal matrimonio. Che non sono poche, oggigiorno. I tempi cambiano e non si può pensare che le norme restino al palo. E soprattutto, che esista la sola possibilità “sposati o non sposati”. Non mi soddisfano i pacs, sia chiaro.
Quanto al caso Adelina, proprio secondo la legge italiana appare ancor più paradossale: se è vero che le loro pubblicazioni erano già state esposte in Comune, allora provavano che nulla impediva di realizzare la loro volontà di sposarsi. Ed erano una promessa di matrimonio a tutti gli effetti, che rende titolare i futuri coniugi di diritti, secondo l’art.81 del CC. (Volendo, le nozze si possono celebrare anche solo dopo 4 giorni la loro avvenuta esposizione…) Quindi, non era affatto una semplice convivente.
Le pubblicazioni testimoniano una volontà pubblicamente espressa (ma non ancora perfezionatasi nell’atto vero e proprio) di cui sarebbe stato quantomeno umanamente opportuno tener conto. Forse se Adelina le impugnasse, non escludo potrebbe trovare un giudice lungimirante che le riconosca qualche titolarità. S’intende, sempre come promessa moglie: lo status di moglie è ovviamente diverso.
Il codice civile, infatti, riconosce il risarcimento dei danni a chi è vittima di rottura della promessa di matrimonio. Il problema apparentemente insormontabile, è che ne incolpa solo l’altra parte inadempiente (sempre l’art. 81). E se a farlo, invece, fosse stata la bomba di un kamikaze? Il destino avverso? Potrebbe essere un caso giuridicamente interessante, che crea un precedente. Chissà…
Sempre il CC, del resto, appare tassativo e decisamente assurdo persino verso i coniugi: all’art. 130, infatti, recita “Nessuno può reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del matrimonio, se non presenta l’atto di celebrazione estratto dai registri dello stato civile. Il possesso di stato, quantunque allegato da ambedue i coniugi, non dispensa dal presentare l’atto di celebrazione”.
Quindi, in teoria, ai fini legali NON basta proclamare “questo è mio marito, questa è mia moglie”. E’logico che se ogni volta chi è sposato dovesse esibire l’atto che lo comprova, la vita diventerebbe un vero inferno kafkiano. Ed è qui che, fortunatamente, subentra il buonsenso: l’atto va esibito solo quando serve, quando si richiede il suo valore probante. Se vai dal notaio per reclamare un’eredità contesa. O se devi far riconoscere un figlio, o che so, dimostrare la bigamia del tuo coniuge (ahr, ahr!;o))))).
Forse il legislatore con quell’articolo intendeva proprio evitare il rischio che qualcuno si spacciasse per coniuge di x o y, senza averne il titolo. Rovescio la tua domanda, allora, Boh: se è vero che il criterio d’identificazione attraverso la legge vale per tutti, allora anche quando uno si presenta al capezzale di sua moglie proclamando di esserne il marito, dovrebbe esibire una prova dell’avvenuto matrimonio… forse che gli richiedono di esibire la carta d’identità e lo stato di famiglia? Non ha senso… E quello stesso buonsenso, il tatto e la sensibilità sono mancati a chi lasciò fuori Adelina, purtroppo.
Slow, a me risulta che invece lei sia stata invitata. Non che si sia autoinvitata… E anche se fosse, non era pur sempre una che aveva perduto una persona cara nelle stesse circostanze degli altri? Quanto ai militari, onestamente, spezzo una lancia a loro favore: non è sempre vero che sono dei bacchettoni rigidi. Non successe così a me, almeno, quando mancò il mio compagno – che lavorò anche per lo Stato Maggiore dell’Esercito- : fui trattata da loro in modo squisito, davvero. Molto meglio che da altri insospettabili…;o)))
Jedi cara, scusa, ma se fosse stata invitata, il casino non sarebbe successo, no? La questione, se non ho capito male, nasce proprio da qui.
Quanto all’autoinvitarsi, beh, (mi ripeto) umanamente sono solidale con lei, ma non posso biasimare se non l’hanno fatta entrare: oltre al (discutibile, ma esistente)protocollo, c’è la questione della sicurezza, vorrei vedere che chiunque potesse entrare a suo piacimento, (o “autocertificandosi”) in un sala dove sono presenti il Capo dello Stato, le massime gerarchie militari, una serie di ministri e sottosegretari e altre autorità di vario ordine, genere e specie.
E’ vero che a volte i militari possono essere delle piacevoli sorprese. Ma il caso è abbastanza raro, e il fatto che siano (appunto) sorprese suggerisce che la “normalità” sia un po’ più “formalista” (diciamo così, va).
La legge riserva il conferimento della croce d’onore (di ciò si parla) ai familiari, precisamente al coniuge o, in mancanza, ai figli, ai genitori, ai fratelli e sorelle ovvero, in assenza dei parenti sopraindicati, al Comune di residenza dell’insignito.
La signora Perrillo avrebbe potuto comunque partecipare alla cerimonia se fosse stata “indicata” da uno dei parenti invitati ufficialmente. Ciascun gruppo familiare, infatti, poteva portare con sè un numero ristretto di persone, pur se non invitate ufficialmente.
Tuttavia la signora Perrillo – che ha potuto partecipare comunque alla funzione religiosa tenutasi nel corso della stessa mattinata – non è stata invitata dai parenti di Rolla alla cerimonia per l’attribuzione della croce d’onore che è stata poi conferita alla figlia del giornalista.
Insomma, trionfante la disinformazione, si pretende di squarciare il velo dei conflitti familiari ad usum delphini.
Questo, non altro, lo schifo.
Dove sarebbe la disinformazione?
Con i Pacs la signora avrebbe avuto diritto a partecipare , e il suo diritto non sarebbe dipeso dalla concessione dei parenti .
Forse qualche commento va fuori rotta, ma il senso del post mi pare giusto.
Dice che la signora non ha potuto partecipare alla cerimonia e non in Chiesa.In più, venivano indicate altre situazioni in cui un convivente non ha diritti.
Cosa cambia?
Sì, insomma, i Pacs o qualunque altro strumento di legalizzazione della convivenza si volesse utilizzare.
Beh, cambia il fatto che se la legge indica “il coniuge”, a meno che il PACS non equipari la convivenza al matrimonio, il “pacsato” al “coniuge”, per la signora non sarebbe cambiato nulla, salvo forse avere “diritto” all’invito.
Se poi l’idea di fondo è che fra PACS e matrimonio non debba esserci distinzione, beh, io la trovo innaturale, incivile e antigiuridica. Resto sempre dell’idea che chi si vuole sposare si sposa, e chi non vuole farlo non lo fa: la scelta è libera, entrambe le vie comportano onori ed oneri, che non possono essere sbilanciati secondo le convienienze (olotretutto, a mia opinione, con pregiudizio della collettività).
Beh, cambia il fatto che se la legge indica “il coniuge”, a meno che il PACS non equipari la convivenza al matrimonio, il “pacsato” al “coniuge”, per la signora non sarebbe cambiato nulla, salvo forse avere “diritto” all’invito.
Esattamente quello il punto, slow.
Che i Pacs darebbero alcuni diritti che adesso non ci sono.
Cmq, non mi pare che il problema della signora fosse di vedersi riconosciuto il diritto alla croce d’onore, nè il post diceva che la signora aveva diritto alla croce d’onore.
Ma , precisamente, che non le è stato dato modo di partecipare alla cerimonia.
O c’è bisogno di uno status particolare anche solo per partecipare ad una cerimonia ?
Poi, io non sono d’accordo con te quando dici che sarebbe incivile, innaturale, etcc..
Ma non è questo il punto, il punto è che a un convivente non vengono riconosciuti alcuni diritti.
Alcuni davvero elementari, come partecipare ad una commemorazione.