Un paese incivile di nome Turchia entrerà in un’Europa sempre più cieca e imbelle. Mentre il Giornale e il Foglio scrivono sonore cazzate.
La Turchia è un paese in cui il 99 per cento della popolazione è seguace di Maometto, ed è un paese che vorrebbe, ora, riversare settantun milioni di musulmani in un’Europa che ne contiene quindici milioni e ha già i suoi problemi.
La Turchia è un paese in cui a dispetto di una laicizzazione cominciata nel 1924 ha vinto infine un partito che si chiama Partito Islamico, una forza che ha preso il 34 per cento dei consensi dopo aver inneggiato al ritorno del velo per le donne: un partito il cui leader (nonché capo del governo) ha due figlie che portano il velo e una moglie che lancia fatwe contro le adùltere: la legge che punisce il tradimento del coniugi difatti è stata soppressa solo di recente e solo su forte pressione europea. Le donne in Turchia possono votare, ma sono completamente assenti dalla vita pubblica: la cultura questo vuole e questo insegna loro da quando sono bambine.
La Turchia del resto è un paese in cui cinque ragazze sedicenni che stavano facendo un bagno in mare con il chador – è cronaca recente – furono lasciate affogare perché la religione islamica proibiva ai bagnini di poterle toccare: una notizia sulla quale le autorità turche – queste autorità turche, quelle che vorrebbero aprirsi all’Europa – non hanno detto una parola, e neppure hanno formalizzato un’inchiesta per omissione di soccorso. E’ un Paese, la Turchia, in cui Amnesty International ha rilevato violazioni e torture e sevizie che in Occidente neppure ci sognamo: gente appesa per i piedi e la regola della celebre falaka – in teoria proibita – che poi sarebbe l’arte di bastonare i prigionieri sulle piante dei piedi, affinchè le terminazioni nervose irradino il dolore sino al cervello: storie come quelle raccontate da Oriana Fallaci, piaccia o meno, la quale descrisse una trentacinquenne turca stuprata e ingravidata da un bruto e infine lapidata a morte dalla sua famiglia: questo nel Paese in cui la pratica di uccidere o far passare per suicidate le figlie ribelli è straordinariamente tollerata.
La Turchia è un paese in cui i diritti umani e le libertà individuali e la libertà di libertà di culto e di critica e di informazione e di espressione e di associazione e di manifestazione sono ancora a livelli preistorici, come se le “armonizzazioni” e le aperture legislative del governo turco potessero cancellare un passato secolare in poco tempo: è un paese in cui il restringimento della libertà di linguaggio e di cultura arretra anziché progredire – nonostante le teoriche riforme di Ankara – e in cui gli scontri con la minoranza curda hanno portato a 35mila morti negli ultimi quindic’anni, nonché alla recente chiusura di una televisione e di un quotidiano.
E’ un Paese in cui solamente una speciale tutela militare sul governo e sul Parlamento, per ben tre volte, ha salvato la democrazia dal suo rovesciamento: una sorta di quarto potere che l’Unione europea ha chiesto alla Turchia di abolire ma senza il quale le istituzioni levantine si ritroveranno esposte alla tentazione del colpo di Stato come mai prima era accaduto.
Volete la Turchia in Europa? Fate pure, se volete credere alla lungimiranza politica di alcuni burocrati comunitari ben ansiosi di esportare salami e tecnologie. Potete anche crederci. E così pure potete credere che nel giro di pochi anni possa formarsi un’opinione pubblica islamica che guardi più a Londra e a Roma anziché alla propria secolare tradizione, quella che sino a pochi anni orsono faceva dire al premier turco che l’Europa fosse meramente “una cricca di cristiani che vogliono la nostra morte”. Lo stato di Ankara, oggi, assomiglia più a questo che al modello laico e costituzionale voluto da quel genio di Ataturk all’inizio del Novecento: un esperimento mai digerito e mai riuscito, invero. Naturalmente potete anche credere che una Turchia europea limiterebbe l’espansione dell’Islam fondamentalista: che farebbe questo, cioè, anziché snaturare ulteriormente le radici che l’Europa ha dannatamente bisogno di ritrovare: perché è soprattutto l’Europa, oggi, a non essere in grado di accogliere la Turchia: il ventre molle dell’Occidente è pronto a esportare ma non a importare lo shock culturale che ne deriverebbe. Nel quadro prospettato, l’Europa confinerebbe con l’Iran: e ci sono nazioni come la Siria che già si fregano le mani e aspettano il loro turno. Tutta Europa e nessuna Europa: sicchè, pensa chi scrive, un’Europa allargata alla Turchia rappresenterebbe un pericolo non grave ma gravissimo. Gli affari? Ci siamo illusi che ai burocrati di Bruxelles e ai bolsi della realpolitik potrebbe bastare una partnership commerciale tra Vecchio Continente e Turchia: niente da fare, hanno deciso di scherzare col fuoco e dunque con una nazione che dotata, per usare un’espressione di Barbara Spinelli, a un possente senso dello Stato-nazione, aggrappato con lacci saldi a un’idea etnica dell’identità.
E che scrivono i giornali di centrodestra, che sostengono gli alfieri dell’iper-stra-real-politik?
Ecco che Franco Frattini e il giornalista Carlo Panella, rispettivamente sul Giornale e sul Foglio, hanno scritto due articoli sulla questione turca e sono incappati in errori materiali vergognosi. I due articoli, nonostante Frattini e Panella di recente abbiano scritto un libro insieme, differiscono nel linguaggio ma non nella comune asserzione secondo la quale il genocidio turco degli armeni sia una materia di cui l’Unione europea non dovrebbe più di tanto occuparsi, questo perché i due popoli starebbero già risolvendola traverso una commissione congiunta. Ciò hanno scritto. Il contenzioso, ricordiamolo ancora una volta, sarebbe la mera ammissione che i turchi nel 1915 deportarono e affamarono e violentarono e decapitarono e impalarono un milione e mezzo di cristiani armeni, ciò che la storiografia turca nega a tutt’oggi.
Scrive Frattini: “Il Parlamento europeo ignora la decisione del premier turco di affidare coraggiosamente ad una commissione, cui gli armeni hanno tra l’altro aderito, il compito di far luce su questa pagina sanguinosa”. Sentenzia Panella: “La Vecchia Europa entra a gambe giunte nel dramma storico che turchi e armeni stanno risolvendo con la trattativa, boicottando così la reciproca volontà di pacificazione”. Commissione? Trattativa? Pacificazione? Frattini e Panella forse ignorano che la commissione, in realtà, non esiste più, anzi in un certo senso non è mai esistita: nacque in segreto su finanziamento del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ma i quattro esponenti armeni che vi presero parte (i turchi erano sei) più volte furono invitati a dimettersi dal governo armeno che non vi aderì mai. La Commissione fece tuttavia il tempo a rivolgersi ad un neo-nato organismo, l’Istituto di Giustizia Transizionale, affinché il medesimo si esprimesse sull’applicabilità o meno del termine genocidio, ma poi successe che i sei membri turchi intimarono l’Istituto di annullare la richiesta: da qui le dimissioni dei membri armeni nonchè l’esaurimento di una commissione peraltro mai riconosciuta. Non solo: venne fuori che la premesse della Commissione stessa era che non si occupasse del genocidio – non fu chiaro di che cosa doveva occuparsi – e la conferma giunse da un’incauta intervista rilasciata dal membro turco Ozdem Sanberk: “Lo scopo principale della commissione”, disse, “è di impedire le iniziative a favore del genocidio del Congresso degli Usa e dei parlamenti occidentali “.
Lasciando poi da parte il vergognoso negazionismo di Carlo Panella, che scrive l’espressione “genocidio degli armeni” tra virgolette e ammette solo una “pulizia etnica” che avrebbe ucciso 300mila persone e non un milione e mezzo, resta notevole che persino Frattini abbia scritto di “improvvisa preoccupazione europea” per la questione armena, con Panella a chiosare che “L’Ue accampa scuse, alibi e pretesti” nonché “miopi interessi di bottega elettorale”: come se l’Europarlamento si fosse svegliato ieri mattina e non nel 1987, anno della prima mozione che chiedeva alla Turchia di riconoscere il genocidio come condizione per entrare in Europa; e come se in questi anni, soprattutto, il genocidio non fosse già stato riconosciuto da Argentina, Russia, Grecia, Libano, Belgio, Cipro, Svezia, Bulgaria, Francia (addirittura con una legge) e soprattutto Vaticano (l’attivismo di Giovanni Paolo II fu straordinario) e infine dall’Italia: il Parlamento italiano, all’unanimità e su proposta di un membro di questo governo, allora all’opposizione, riconobbe il genocidio armeno il 17 novembre 2000. A non riconoscere il genocidio armeno, dato il loro eccellente rapporto coi turchi, sono rimasti giusto Inghilterra, Germania, Israele e Stati Uniti: l’opportunità politica in questo caso consiste nel non ammettere, formalmente, qualcosa che è però inopinatamente esistita.
La Turchia, frattanto, consolidava un negazionismo davvero poco europeo. L’estate scorsa, nello stesso periodo in cui la stampa italiana raccontava della commissione inesistente, entrava in vigore il nuovo articolo 306 del codice penale di Ankara che punisce con dieci anni di carcere chiunque affermi che gli armeni hanno subìto un genocidio; pochi mesi prima, l’8 marzo, come ho saputo grazie a un commentatore di Macchiera, la Bbc rendeva invece noto che sarebbero stati cambiati tutti i nomi di animali che facessero riferimento all’Armenia o al Kurdistan: il ministero dell’ambiente spiegò che la pecora chiamata Ovis Armeniana sarebbe stata ribattezzata Ovis Orientalis Anatolicus, il cervo chiamato Capreolus Armenus sarebbe divenuto Capreolus Cuprelus, la Volpe Kurdistanica sarebbe diventata Vulpes. E via così. Questo, ammisero, per salvaguardare la purezza turca.
Ora le trattative sono iniziate ufficialmente e la si è fatta ancor più burbanzosa e arrogante. Per quanto mi riguarda, la battaglia è appena incominciata. C’è da difendere un’Europa che affondi le proprie radici anche nella viva memoria dei propri errori e dei propri genocidi, e nella salvaguardia delle istituzioni dello Stato liberale, e nei valori fondamentali quali per esempio lo stato di diritto e il rispetto delle minoranze etniche e politiche. Altrimenti saremo ufficialmente Eurasia con gli Usa ad applaudire.
I negoziati avviati sono una via formale all’adesione all’Unione Europea? In caso affermativo concordo con te. In caso negativo non potrebbero essere proprio tali negoziati la chiave per forzare uno svolta nella Turchia che al contrario, restando fuori, potrebbe “permettersi” di restare com’è?
Anche te che non credi alla possibile trasformazione di un paese!
Senti, c’è molta differenza tra l’Italia democristiana di De Gasperi e la Turchia di Erdogan?
Certo che vivono la loro religiosità in modo animoso e non laico. Certo che c’è un influenza fortissima dei dettami religiosi nella vita morale, pubblica e politica. Certo che le donne non possono ancora esprimersi appieno nella socialità. Ma l’Italia bigotta del ’48 era proprio così diversa? Noi poi, coi nostri cardinali e papi che ci dicono se e quando metterci il goldone..
PS: il paragone tra i 15 milioni di turchi in Europa e i 61 in Turchia non regge ed è un errore madornale da parte tua. I 15 milioni, fattelo dire da uno che vive in un paese dove ce ne sono 8 milioni, sono fermi culturalmente al momento in cui sono emigrati. Questo vale sia per i Turchi che per tutti gli emigrati delle ondate pre-tv satellitare e pre-Internet. Gli Italiani all’estero oggi nel 2005 sono persone degli anni ’50 e ’60. Non paragonabili per sviluppo civile con gli Italiani del 2005. Lo stesso vale per i Turchi. I 61 milioni sono molto più “moderni” dei 15…
Vatti a fare un giro in Turchia – io l’ho fatto più volte – e poi mi dici.
Leggi cosa ha detto il 3 ottobre il patriarca di Venezia Angelo Scola. È pienamente d’accordo con te. Attento però a farti le pugnette che poi ti fa recitare 24 pater noster e dodici Ave Maria. Sei divorziato. Cazzi tuoi, niente comunione. Sei povero? Restaci. Sei ricco? Goditela! Lavoratoriiii! Tiè!
PS Ho fatto la figura del fesso? Bene!
Ti perdono perchè hai Mac.
filippo, ma la vuoi finire o no… ?!
se tutti ragionassimo come te non ci sarebbe dialogo con nessun paese, neanche con gli stati uniti che hanno ancora la pena di morte.
ci sono molti paesi che sbagliano, compreso turchia e a volte anche l’italia e gli stati uniti. ci vuole dialogo, magari un paese come la turchia potrebbe cambiare qualche legge sbagliata.
Ancora c’è gentaccia che paragona il passato di un paese al presente di un altro e che non ha capito nulla ma proprop nulla della vita. De Gasperi, Erdogan, Metternich, Erode e Reagan… Commentatori facili che giocano al professore di storia. Ma su andiamo, questa Europa è fallita tanto tempo fa, si annette la Turchia perchè consuma come una pazza, perfettamente integrata al sistema vetero-capitalista europeo. E basta; tutto il resto, chador e torture vengono dopo, sempre dopo.
Tanto di cappello al signor Facci e inculo ai professori di Bruxelles.
Io invece devo lodare l’ottimo Facci che dice le cose che pensa fottendosene altamente del resto. Lo fa sia quando noi siamo d’accordo, sia quando non lo siamo.
Comunque Filippo, io non credo che alla fine la Turchia entrerà davvero nell’UE. A Bruxelles sanno benissimo che i no franco-olandesi erano soprattutto contro questa idea elefantiaca di Europa, un’Europa con tutti e nessuno dentro.
Il punto è: dove va la Turchia? Sto facendo una buona esperienza di vita internazionale questo periodo e ieri mi sono allenato con un simpaticissimo ragazzo turco. Tra l’altro le sue compatriote non portava nè chador nè ste altre menate. Certo, non sono mai stato in Turchia, però cosa ne facciamo della Turchia? Rischia di diventare geopoliticamente terra di nessuno, un oriente occidente senza legami saldi. Tanto vale ancorarla all’Unione Europea, anzichè lasciarla andare in balìa dei venti. Ancorarla, però non inglobarla. Inglobare a tutta birra la Turchia sarebbe un torto contro le sue specificità culturali più ancora che contro le nostre.
L’ultimo commento è disarmante per mancanza di dialettica, spirito critico e padronanza ortografico / grammaticale.
L’ultimo commento è disarmante per mancanza di commento.
solo 25 anni fa i le mogli degli emigrati italiani in Svizzera venivano chiuse a chiave dentro casa quando i consorti erano in fabbrica.Le donne scavalcavano regolarmente le finestre e andavano a divertirsi.Forse ha ragione Fini(Massimo)
C’entra molto.
Dopo aver letto l’orazione solenne di Fini sul Corsera di qualche giorno fa, adesso, perplesso, mi gratto il capo.
Ma va bene così. Bel pezzo.
P.S.= Ma si possono divulgare online, in anteprima, i pezzi scritti per un quotidiano? Eh? E Belpietro che dirà?
Voglio una vita spericolata.
Adesso fottersene di tutto il resto è diventata una qualità: bravo Facci cantacele che ce lo meritiamo. Io invece mi sono chiesto perchè un articolo che per tono e taglio si adatta benissimo , appunto, al Giornale ce lo dobbiamo sorbire pure quà. Che abbiamo fatto di male? E come se già non abbondassero gli spazi che ospitano opinioni su questa lunghezza d’onda.
Comunque avendo viaggiato e visto la Turchia in lungo e in largo dovresti renderti conto che è irragionevole pensare che questa realtà possa essere semplicemente ignorata. Certo si discuterà dell’adesione, del se e del come, ed è precisamente quello che dovrebbero fare nei colloqui che da quì a perlomeno dieci anni si occuperanno della cosa. Non che comunque mi aspetti che questo possano essere sufficienti a dirimere le questioni sul piatto. Però ripeto, si può decidere di affrontare una situazione anticipandola fintantochè è governabile, o si può decidere di non occuparsene e subirla in ogni caso. Il peso e l’importanza della Turchia, comprese le contraddizioni e i punti irrisolti, andranno a crescere. E’ già una potenza militare e demografica, in pieno fermento economico e sociale, con una classe istruita che cresce e un sistema educativo di tutto rispetto (contate un po’ il numero di università di Istanbul), un rapporto forza lavoro/popolazione che non ha confronti in Europa, un’area di paesi turcofoni alle spalle che è grande quanto la Turchia stessa.
Non è che se gli lanci una damnatio memoriae o chiudi gli occhi questi spariscono. Adesione o non adesione come si affronta la questione Turca?
Idem per il punto delle frontiere: Iran, Iraq, Siria e medio oriente stanno lì a un tiro di schioppo sia che si sposti il confine dell’Unione, che no. Aggiustamenti cosmetici non cambiano la sostanza della cosa. Non si sono già fatti abbastanza danni a far finta che pure quelli risiedessero in un’altra e remota dimensione?
Per il resto dire con nonchalance che il disegno di Ataturk sia un esperimento non riuscito mi sembra un giudizio senza alcun fondamento storico, altresì nota come sonora stronzata. Cosiccome il vedere una Turchia kemalista e laica e una Turchia islamica e autoritaria come due poli separati e contrapposti: non è così, non vedo riscontro per questa lettura semplicistica.
p.s. e Tansu Ciller? A quando una donna primo ministro in Italia? In Germania forse ci arrivano ora.
p.p.s. “Christian club” non è a quanto ne so una definizione turca, che l’hanno ripresa per replicare ad alcune posizioni europee
Facci, dove sei stato? Istanbul, oppure ad Ankara, oppure ad Antalya, città moderne ed occidentali? Oppure nel profondo est, dove l’arretratezza è enorme? Quante persone hai incontrato? Hai incontrato vecchi o gggiovani? Io, solo per inciso, ho esperienza sia dei Turchi in Turchi che dei Turchi in Europa.
Avevo provato a spiegarti che l’Italia del dopoguerra era un paese strutturalmente simile. Al quale è stata data la possibilità di integrarsi e di togliersi (alcune dei) retaggi della cultura cattolica. Anche in Italia c’era un enorme differenza tra città e campagne. E abbiamo avuto bisogno di decenni per destrutturare alcune istituzioni (i.e. il matrimonio) tra la parte civile e la parte religiosa.
Facci, lo sai che ti vogliamo bene. Ma il tuo articolo non ha argomenti; se non quello (latente) caro alla Fallaci, e cioè che la religione Musulmana è il motivo dell’arretratezza culturale degli arabi. Che, con tutto il rispetto per l’Oriana nazionale, è una caxxata.
L’Europa è fatta per allargarsi, almeno sono fatti per allargarsi i suoi ideali di diritti universali. L’Europa non è una nazione stato, ma una rete senza prerogative di controllo del territorio, ma una libera associazione sovranazionale di minoranze con valori condivisi. L’Europa è un’idea, è un network, è un modello, un processo. La missione dell’Europa è la pace, è la tolleranza, è la convivenza civile. Come potrebbe L’Europa rifiutarsi di trattare pregiuduzialmente l’adesione della Turchia? Condizione posta, ovviamente, la condivisione dei suoi principi basilari. Non ci possono essere vincoli al di fuori di quelli fondamentali, non trattabili. L’Europa è la sede privilegiata delle lealtà trasversali: religiose, politiche. E’ il laboratorio della convivenza civile, dello sviluppo sostenibile, della comunione delle conquiste di protezione sociale, della competizione regolata e della cooperazione positiva, della tolleranza. Si potrà essere musulmani e democratici, scienziati e cristiani, buddisti e conservatori, ognuno come gli pare, rispettando i valori della vita, di giustizia e libertà. Quello di trattare con la Turchia, come con tutti quelli che chiedono l’adesione, non è solo un dovere, è la missione dell’Europa.
L’unico rimedio alle guerre sono i network, magari partono con motivazioni commerciali o di necessità e poi diventano politici, come l’Europa stessa, e le altre sparse per il mondo: l’Asean ed il Nafta, la lega africana e la lega araba. La rete, il concetto di interazione è il futuro, l’integrazione, la coopetition. E’ evidente che tutto questo deve essere portato avanti con saggezza politica, con l’acume di chi sa che i passi avanti passano attraverso progressivi consolidamenti dell’acquisito.
Ma chi spara a zero contro ogni possibilità di convergenza non ha capito tutto ciò, ed è fuori dalla storia che si incammina verso questo futuro. Ha paura del nuovo e rimane abbarbicato, come la Fallaci ad un’idea rancorosa, conflittuale e nostalgica del passato.
Se c’è da obiettare sui diritti delle donne si faccia e se ne controllino i progressi reali, se ci sono dubbi sul rispetto dei diritti delle minoranze si insista e se ne controlli l’applicazione. Se c’è da chiarire la questione della verità storica del genocidio armeno si faccia, come bene hanno fatto da Bruxelles a porre il problema, ma smettiamola con i discorsi di “società alla pera” ostile al meticciato e ad ogni contaminazione delle radici religiose. Bene ha ha fatto D’Alema a sottolineare come dalla mescolanza delle genti è sempre venuto un rinnovamento vitale e la chiusura delle etnie ha sempre portato guai e guasti.
Sottoscrivo in pieno Ventoma’.
Se vogliamo dirla tutta ci sarebbe da aggiungere anche qualcosa sui rapporti tra Turchia e un paese che europeo lo è già, la Grecia. Senza dimenticare Cipro.
Credo che l’Italia non dovrebbe permettersi di dare a nessuno lezioni di democrazia, avendo essa (e quindi tutti noi) dei ministri che recitano testualmente che col tricolore ci si puliscono il deretano.
scusate….abbiamo aperto alla cina,abbiam persino dato loro l’occcasione di ospitare le olimpiadi..e nn diamo la possibilità alla turchia?
io penso che,1possibilità bisogna darla,tuttavia non ritengo ci sia tutta questa fretta di far entrare tutti nell’unione europea…capisco che chi trarrebbe giovamento sarebbero le nostre industrie(ma se si trasferiscono in altri paesi..sono ancora nostre???)ma al momento mi pare che l’europa abbia ben altri problemi da risolvere che quello di far entrare o meno la turchia!
Sono di nuovo d’accordo con Facci. Mi sarò preso qualche brutta malattia?
Siccome qui nessuno alza la palla, la alzo io. Questi articoli fumanti, e quello di Facci è uno dei più leggeri, vanno in una direzione sola: razzismo. Per chi non ha fantasia mentale, la lettura delle leggi razziali che sta proponendo il Neri è d’uopo.
Razzismo un cazzo.
Cos’è l’Europa? Noi siamo europei?
Io, italiano, napoletano, posso trovare nella mia regione 100 e più motivi (culturali, politici, sociali) che dovrebbero condurre all’inizio di negoziati per l’uscita della Campania dall’UE (in dieci anni?).
Quindi non vedo dove sia il problema:
1. I motivi dell’adesione di qualsiasi stato all’Ue, fino ad oggi, sono stati prettamente economici;
2. L’adesione della Turchia porterà finalmente ad un confronto filtrato, quindi sereno e costruttivo, con la cultura musulmana, senza rimandarlo ulteriormente (e senza affidarlo alla Fallaci);
3. La Turchia avrà il tempo, in dieci anni, di darsi una struttura sociale e politica il più possibile democratica ed occidentale, degna dell’ammissione nell’Ue. Sono profondamente consapevoli di quanto sia importante entrare in Europa.
Vogliamo parlare della qualità dell’informazione in Italia, uno dei grandi membri dell’Ue?
Il livello è drammaticamente basso, anche grazie a questi giornalisti (mestieranti a caccia di sorprese) che fanno delle letture dei fenomeni così superficiali e miopi.
Lasciamo la Turchia in pace.
Salam Aleikum.
Filippo, ma davvero pensi che il meridione italiano abbia piu’ punti di contatto con Oslo o Helsinki di quanti ne abbia Istanbul con Berlino? Tutte le cose che hai detto sono vere, in questi paesi ci vivo da parecchi anni ormai, ma questo non significa che si possa cancellare la forte interazione gia’ in atto fra la Turchia e l’UE. La politica dell’UE e’ la presa d’atto di un fenomeno reale, quello della globalizzazione che non si limita ai capitali ed alle merci ma si estende, entro certi limiti geografici, anche al mercato del lavoro. Non ti facevo cosi’ no-global. E confermo, come altri gia’ hanno fatto, che c’e’ una Turchia moderna e filo-occidentale, che non guarda alle tradizioni religiose piu’ di quanto non facciano i nostri opus dei e ciellini vari.
Cara talpa (ho idea di sapere chi tu sia, in realtà). In genere prima scrivo e poi correggo, anche perchè ho una scrittura molto veloce. Qui non posso correggere perchè non ho postato io la entry.
Comunque, se vuoi ti spedisco il mio romanzo (BNG, bianconerogrigio, Bastogi Edizioni 1999), così vedi quanto sono sgrammaticato e analfabeta. Ho vinto una selezione per inediti per pubblicarlo, quindi non puoi neanche dire che ho pagato per pubblicare.
(chiedo scusa ai presenti per questa cialtronata, però veramente non ne posso più).
Francesco, sei un ragazzo intelligente (almeno a giudicare da quanto scrivi). Non finire a fare lo scemo del villaggio: s’e’ capito che sei permaloso su questo punto e che t’incazzi tutte le volte che ti si dice che hai sbagliato questo o quell’accento. Possibile tu non capisca che piu’ fai cosi’ piu’ ci romperanno i maroni scrivendoti “Francesco, impara a scrivere in italiano! Francesco, sei uno sgrammaticato!” etc etc. E finiscila di tirartela che non ne hai bisogno. Sinceramente, con affetto.
Il rapporto con la Grecia si va normalizzando e la percentuale di greci favorevoli all’ingresso è inferiore alla media europea ma superiore a quella riscontrabile in Francia e Germania. I veri problemi su quel fronte lì hanno coi greco-ciprioti, loro sono le vere bestie nere per la Turchia.
Ma in generale mi sembrano aspetti secondari rispetto alla questione Curda ed altri punti aperti di rilievo.
Ha ragione Giovanni, il nostro paese pur essendo naturalmente tollerante ha coltivato nel suo seno le serpi della prepotenza, dell’inciviltà giuridica, della reazione. L’Italia è una contraddizione vivente tra la culla delle arti e delle scienze e la sede dell’oscurantismo religioso, la tolleranza del bel paese, del sole e del vivere bene, con i fenomeni di mafia, di criminalità organizzata, con il malcostume degli interessi privati in atti d’ufficio. Il paese amato e visitato dal mondo intero, sempre minacciato da fenomeni di deriva autoritaria, dal fascismo, ai tentativi di golpe, fino allo pseudo regime dei media che stiamo vivendo. Le abbiamo vissute tutte: dalle strutture parallele dello stato allo stragismo, dal terrorismo alla p2, da tangentopoli alla riforma in chiave illiberale della costituzione. Oggi, e non capita così, tutte le classifiche basate su concetti liberali ci vedono arretrare paurosamente. E non è un caso che da lì dove si nega, anzi si spinge verso lidi pregiudiziali, (a parte l’ultimo Fini, devo dire) ci sia una sconfessione più o meno larvata dell’idea dell’Europa, alla Tremonti, alla Bossi. Il perché è semplice: l’Europa non ti permetti di farti i cazzi tuoi e questo non piace a chi se ne fotte delle regole. Tutti quelli che hanno interesse a perseverare e a profittare dello status quo vedono di cattivo occhio l’idea di integrazione, preferiscono l’autarchia, un’idea che il popolo italiano ha già sperimentata fatalmente anni fa. Non è un caso che la ricchezza di Berlusconi nasce, cresce, si gonfia a dismisura, ma allo stesso tempo, si esaurisce all’interno dei confini nazionali. Perché in qualunque altro stato d’Europa a Berlusconi lo prenderebbero a calci nel culo, in paesi dove essere furbi non è lo sport nazionale. E’ questa la verità, altro che prestigio internazionale riguadagnato all’Italia. E proprio da quelle parti, dove, un giorno sì e l’altro pure, vengono falsamente addossate all’Europa responsabilità della nostra crisi, poi si finge la difesa di una presunta compattezza economica, etnica e religiosa della comunità, minacciata. In un’oscillazione tra l’isolamento, per motivi opposti, dell’Italia dall’Europa e della Turchia dall’Europa. Ma non è una cosa seria. DIGIAMOLO!
Fra qualche anno entreremo in guerra con l’Oceania, immagino. O con l’Estasia? Stronzate a parte, d’accordissimo con Facci.
Ma Filippo Facci non era quello che fumava come un turco???
Ok ok, me ne vado….
Se’, non ti vergognare a chiamare le cose col proprio nome. Non riconoscere ad altri popoli i diritti che si riconoscoon al proprio.
Qualcuno ha pensato che magari Facci potrebbe essere contrario anche alla presenza dell’Italia nella UE?
;-)
Tremo all’idea della protesta degli agricoltori turchi per le quote latte.
D’accordissimo su tutto: analisi, considerazioni e riflessioni finali del post. E questa volta anche sulla partecipazione emotiva. Guarda un po’.
Chiaro che non replico alle varie obiezioni (alcune anche serie) perchè dovrei scriverci un libro; l’articolo che ho scritto mi sembra già abbastanza copioso.
MI pregio tuttavia di segnalare uno scemo totale di nome Antonio – commento numero 15 – che ha scritto:
“Perchè un articolo che per tono e taglio si adatta benissimo , appunto, al Giornale ce lo dobbiamo sorbire pure quà (con l’accento, ndr). Che abbiamo fatto di male? E come se già non abbondassero gli spazi che ospitano opinioni su questa lunghezza d’onda”.
Spiegate allo scemo che Il Giornale (e il governo) è stra-stra-stra-favorevole all’ingresso della Turchia, che Berlusconi è amico personale del premier turco, e che Fini praticamente anche, come dimostra, tra l’altro, un suo recente intervento sul Corriere della Sera. La questione armena, in particolare, è censuratissima.
L’ignoranza è lecita, ma il suo sbandieramento insopportabile.
approfitto della presenza di economisti per avere una risposta su un dubbio che mi colse dopo l’ultima infornata di paesi nell’Unione Europea:Ma il valore dell’euro non era stato stabilito in base al peso delle singole economie dei paesi che entrarono nell’accordo per lo stesso?(mi sembra di essere quel mio amico,attualmente dirigente Alleanza,che non capiva perchè visto che il dollaro valeva duemila lire non fossimo invasi dagli americani)
Coglionazzo,
il Giornale avrà tutte le sue ragioni per appoggiare la Turchia e francamente mi interessano poco, specie se sono appunto di piccolo cabotaggio. Il punto è proprio questo, se la cornice entro la quale avviene il discorso, quali che siano le posizioni espresse, è quella data da giornalisti e lettori di Giornale e Foglio, con tutto il bene possibile, penso che sia una questione che vi potete sbrigare altrove. Se invece decidi comunque di proporla qua tarati sull’interlocutore che qua ti trovi di fronte, cioè un pubblico più largo: non dare per scontato l’infoiamento xenofobo, meno grand-guignol, meno concessioni agli umori di pancia, meno toni apocalittici e più argomentazioni persuasive.
Niente di diverso da quello che diceva Fabrizio: puoi esporre uno scetticismo più che lecito, senza scadere nel razzismo facile e nella claustrofobia aprioristica. Che poi a sua volta porta sempre e inevitabilmente a distorcere i fatti.
Ma poi scusa seriamente: com’è che all’estero riescono a trattare gli argomenti nella loro interezza, aspetti spinosi e poco confortevoli inclusi, mentre da noi per avere un po’ di attenzione bisogna sempre abbondare coi condimenti di bile, colla cosiddetta provocazione intelligente e via dicendo?
p.s. e strigne co’ sti spataffioni! sempre troppo svolazzante e prolisso. troppo nozionismo enumerativo: ci si nuota dentro
Diamonds, quella era la versione ufficiale. In realtà per quanto riguarda i rapporti col dollaro e lo yen, l’euro è pesato su marco e franco francese (con l’aggiunta delle monete del benelux). Se guardi l’andamento dei tassi di interesse della coppia franco-marco non vedi nessun cambiamento di pattern negli ultimi 25 anni (con o senza euro). Tutti gli altri stati si sono accodati.
Per questo ci sono stati i vincoli dell’unione monetaria (debito, inflazione, etc). Che si applicano, come avrai visto, solo agli stati non parte dell’asse franco-tedesco.
Inoltre, Diamonds, i nuovi 10 paesi non hanno adottato l’euro. Nel trattato di adesione è previsto come obbligatorio il passaggio, ma non sono state previste scadenze. L’unica data fissata è il gennaio 2007 prima della quale non sarà possibile nessuna nuova transizione di monete. Il passaggio è però condizionato al raggiungimento di alcuni parametri economici. Eurolandia, per il momento, rimane a 12. Infatti, dei 15 vecchi paesi, 3 ancora non hanno adottato la nuova valuta: Inghilterra, Svezia e Danimarca. Qui http://it.wikipedia.org/wiki/Euro puoi trovare molte informazioni utili.
filippo, tutte cose giuste per me. un pò meno quelle simil-fallaci ma nel complesso sono d’accordo specie per la questione del rispetto dei diritto umanitari, delle donne e di alcune minoranze. ma non credi, però, che se venisse isolata sarebbe come regalarla alla sharia, con il rischio d’un nuovo Iran alle nostre porte?
grazie Fabrizio(non ho intuito tutto perchè a suo tempoho studiato macroeconomia solo per superare l’esame,ma sei sicuramente stato esaustivo).Riguardo all’argomento generale invece mi viene in mente che forse si è in dovere di concedere un po di credito anche a chi ha sbagliato,visto che la Germania solo sessanta anni fa era un mostro distruttore di ogni civiltà mentre oggi è all’avanguardia per ciò che concerne i diritti civili.L’unica soluzione è responsabilizzare(un po come quando i miei compagni di squadra si ostinavano a passarmi la palla in amichevoli importantissime nonostante facessi di tutto per confermargli che non sarei mai potuto essere bravo a calcio)
grazie anche a te Ventodimare(anche se l’economia monetaria,il baseball,il footbaal americano e il vento da regata sono argomenti che non arriverò mai a comprendere appieno)
Incredibile questo Antonio. E’ un archètipo.
Lasciando da parte le sue lezioni di giornalismo, egli confonde la vita reale con la sua. Cioè: a lui “interessano poco” fatti reali tipo che il Giornale (il Governo del suo Paese) appoggino l’entrata della Turchia, perchè quelle le giudica “ragioni di piccolo cabotaggio” benchè vere, reali, importanti e determinanti il suo e nostro futuro. A lui interessa “la cornice entro la quale avviene il discorso”, il suo forum di amici e conoscenti sotto pseudonimo. Per lui i “giornalisti e lettori di Giornale e Foglio” sono una categoria come un’altra, come se fossero degli altri blog rispetto a Macchianera ma con un pubblico che peraltro giudica più stretto, irrilevante, perchè il pubbico di Macchianera “è un pubblico più largo” e non, semmai, un pubblico che è variegato ma al tempo stesso il più targettizzato del mondo. Giornalisti e lettori del Foglio e del Giornale le loro faccende “se le possono sbrigare altrove”: per esempio nel mondo che esiste e che purtroppo conta ancora qualcosa, dove le opinioni circolano nel senso che vengono lette anche da politici e opinion maker e non per esempio dal fondamentale Antonio, un mondo fatto di rassegne stampa che magari circolano sulle scrivanie che contano, circolano magari anche all’estero, in Turchia, alla Ue, insomma laddove per un miliardesimo magari possono influenzare qualcosa. Cioè: secondo Antonio – che ribadisco, è un vero scemo – io mi dovrei “tarare sull’interlocutore che qua mi trovo di fronte”, e cioè? Chi sarebbe? Lui? Equivale e dire, se ci pensate bene, che io qui non ci dovrei scrivere che dovrei scrivere come piace a lui. Ma che scemo. Dio che scemo.
Per un attimo (durato 48 minuti) avevo sperato che il facci avesse avuto la classe di evitare la baruffa con uno che inizia un post con l’epiteto “Coglionazzo”, roba che neanche in fantozzi… Evidentemente non sa che a discutere con un idiota si rischia che gli altri non capiscano qual e’ la differenza…
Sai, ho il vizio di sopravvalutare la comprensione altrui.
io non condivido le conclusioni del tuo articolo, ma mi fa piacere leggerlo. E’ un’analisi seria.
Io non so tanto bene che cosa pensare in merito e quindi anche a me ha fatto piacere leggerlo (> :D).
Facci,
noto che ti preoccupi sempre che il tuo articolo non venga pubblicato sul Giornale:
chi ti credi di essere per venire censurato? ;-)
A parte gli scherzi, mi sembra che comunque quel quotidiano dia sempre un certo spazio alle critiche al processo di Unificazione.
Secondo me la storia dell’adesione della Turchia nella UE si può riassumere così: o l’Europa si mangia la Turchia o la Turchia si mangia l’Europa.
Mi fanno orrore entrambe le prospettive.