Lettere di Aldo Moro dalla “Prigione del Popolo” /14

Il memoriale Aldo Moro

66) A Don Antonello Mennini

(non recapitata)

Carissimo Antonello,
temo – e mi angoscia – che siano state, senza darne notizia, sequestrate lettere di affetto tra persone care in una situazione drammatica come questa. Alcune le ho ricostruite. Altre, contenenti alcune indicazioni chissà dove e come si potranno ritrovare. Ho pensato dunque di unire il tutto, di chiamarti, di darti il pacchetto, perché lo tenga per te. Evidentemente sorpassando casa, si rischia (credo) la perquisizione. Terrai tutto per te e, a tempo debito, ne parlerai a voce con mia moglie, per vedere il da farsi. Dovrebbe esserti di consiglio il mio ex capo gabinetto S.E. Manzari ora al Ministero degli Esteri come capo ufficio legislativo, senza il cui consiglio non far niente. Anzi ti prego, a voce (abita in via Livio Andronico, non lontano da me) digli tutta questa vicenda perché la veda anche legalmente e ti aiuti a recuperare quel che fu sottratto. Del nuovo nulla fino ad accordo con mia moglie e lui. Tieni tutto. Poi si potrà vedere. Bisogna essere certi che all’entrata in casa non si sia intercettati. Non mi pare giusto che s’impedisca in queste circostanze di parlare tra persone che si vogliono bene. Il fatto che tu te ne occupi mi tranquillizza. Aggiungi la tua preghiera, sempre cara e sempre valida. Il Papa non poteva essere un po’ più penetrante? Speriamo che lo sia stato anche senza dirlo. Benedicimi e aiutanti. Ti abbraccio
Aldo Moro

le lettere fuori casa, essendo in zona, si potranno dare
allerta però a Rana e Freato salvo non le ritirino personalm […]¹

(¹)questa frase è monca e di difficile lettura


67) A Eleonora Moro

(non recapitata)

Non mi disperdere le cose da vestire […]. Fa come se fossi lì non disturbarti per la tomba

Mia dolcissima Noretta, (casa)
mi viene ora il dubbio atroce che un’infinità di mie lettere e due piccoli testamenti siano stati sequestrati, incomprensibilmente, dall’autorità. Come spiegare l’appassionata reiterata richiesta di un tuo messaggio stampa, mai pervenuto? E altre, e altre cose. Avevo scritto a tutti i nostri cari in punto di morte, con l’animo aperto in quel momento supremo. Volevo lasciare qualche certezza di amore e qualche motivo di riflessione. Ed ora temo che tutto questo sia disperso, per ricomparire, se comparirà, chissà quando e come. Allora ho deciso di scrivere alla meglio, per dire l’essenziale e di affidare tutto a Don Antonello Mennini, che lo tenga con sé, finché non abbia parlato di persona con te e sono certo di poter dare senza pericolo.
Noretta mia carissima, in questa vicenda allucinante riconosco le mie ingenuità, ma coperte dalla buona fede che si lega alle mie scelte giovanili di passare dall’Azione Cattolica alla D.C. Sono stato poco a Torrita, tenetemi […] con voi a Roma.
Mi è atroce pensare quanto questa vicenda vi toglie e soprattutto all’amatissimo Luca che avrebbe avuto diritto all’assistenza e alla gioia. Quanto mi è angosciante lasciarlo solo. Prego Iddio che gli susciti intorno volti cari, sorrisi teneri, autentico interessamento. Io pregherò per lui fino all’ultimo istante. E l’immagino con te, con Agnese, con tutti i suoi cari, con qualche ricordo del nonno che gli evocherete con qualche fotografia, con qualche richiamo. Mi sarebbe dolce sentirmi non assente. E a te, gioia amata, grazie di tutto. Nel fondo credo di averti dato tutto l’amore anche se con qualche distrazione d’ufficio. Quanto meno bisognerebbe dare all’ufficio e più alla famiglia. Sei stata la mia gioia più grande, fonte, talvolta di piccola gelosia, solo non ti vedessi magari rivolta a me. Che Iddio ci aiuti tutti. Freato e Rana dovrebbero aiutarvi. Iddio vi benedica dal profondo e mi stringa a voi in un amore eterno. Mi consola pensare che, prendendo quel che viene, lo storno da voi. Eri troppo […]¹

(¹) parole incomprensibili

68) A Eleonora Moro

(non recapitata)

per Noretta
Dammi la felicità di un messaggio tramite Guerzoni per sabato mattina forse si fa ancora in tempo e dimmi se hai ricevuto lettere ai figli e nipoti e due piccoli testamenti.


69) A Riccardo Misasi

(non recapitata)

Caro Riccardo,

avendoti prescelto, solo per l’antica amicizia e stima quale mio portavoce, si tratti poi del Consiglio nazionale, o della Direzione del Partito, invio a te alcune considerazioni utili per il dibattito, le quali però, a differenza delle altre, hanno carattere confidenziale e non sono destinate alla pubblicazione. Ciò vuol dire che tu richiamerai discretamente su di esse, a mio nome, l’attenzione degli ascoltatori, ovviamente insieme alle altre argomentazioni sulle quali, per essere state esse già pubblicate si potrà essere più netti e chiari. Mi pare però ci sia qualche cosa che, nel foro interno, non è possibile ignorare. Oltre ad essere parte in causa, quale Presidente pro-tempore del Consiglio Nazionale, adempio con questi miei scritti la mia funzione di stimolo alla riflessione non senza rilevare con disappunto che del mio primo scritto si è profilata una specie di blocco o censura, che reputo inammissibili.
Scorrendo rapidamente qualche giornale in questi giorni, fra alcune cose false, assurde e francamente ignobili, ho rilevato che andava riaffiorando la tesi (la più comoda) della mia non autenticità e non credibilità. Moro insomma non è Moro, tesi nella quale si sono lasciati irretire, come ho documentato, amici carissimi, ignari di prestarsi ad una vera speculazione. Per qualcuno la ragione di dubbio è nella calligrafia, incerta, tremolante, con un’oscillante tenuta delle righe. Il rilievo è ridicolo, se non provocatorio. Pensa qualcuno che io mi trovi in un comodo e attrezzato ufficio ministeriale o di partito? Io sono, sia ben chiaro un prigioniero politico ed accetto senza la minima riserva, senza né pensiero né un gesto di impazienza la mia condizione. Pretendere però in queste circostanze grafie cristalline e ordinate e magari lo sforzo di una copiatura, significa essere fuori della realtà delle cose.
Quello che io chiedo al partito è uno sforzo di riflessione in spirito di verità. Perché la verità, cari amici, è più grande di qualsiasi tornaconto. Datemi da una parte milioni di voti e toglietemi dall’altra parte un atomo di verità, ed io sarò comunque perdente. Lo so che le elezioni pesano in relazione alla limpidità ed obiettività dei giudizi che il politico è chiamato a formulare. Ma la verità è la verità. E’ per questo che ho ascoltato (dirò poco) con sommo rammarico la reazione dell’On. Zucconi alla nota proposta dell’On. Craxi. Si tratterebbe, cito a memoria, di una vana caccia di voti delle sinistre democristiane. Del resto il dialogo di altri esponenti politici con l’On. Craxi non è di maggior delicatezza.
Ecco cosa resta, in Parlamento, di un’iniziativa e politica insieme: la raccolta di qualche centinaia di voti.
Vogliamo, colleghi democristiani, alzarci un po’ al di sopra di queste cose? Vogliamo occuparci un po’ meno di voti e più di umanità e di politica?
In un tema come questo gli argomenti sono quelli che sono, non si possono moltiplicare. Ma quel che importa è che su di essi cada una seria riflessione. C’è un punto di partenza politico, sul quale mi soffermerò un momento con delicatezza. Perché non mi interessano le persone, ma la concatenazione degli avvenimenti. Io non so che cosa sia avvenuto, come non so tante altre cose, nei minuti tra il mio rapimento e la presentazione del Governo alle Camere con l’enunciazione della c.d. linea rigida di difesa della Costituzione (ma in che senso, poi?).
Vi fu un fatto di rilevante gravità. La circostanza che il Governo fosse appena formato, non senza qualche riserva, autorizza a passare sopra al discorso dei fatti accaduti e delle conseguenti responsabilità? Il servizio di scorta era di gran lunga al di sotto delle sue esigenze operative. Il rapito, del resto trattato con rispetto, si trovava ad essere il Presidente del Consiglio Naz. del Partito, carica, a mio avviso, onorifica e ambigua, ma che, come i fatti dimostrano, aveva ingenerato in altri l’impressione che si trattasse del personaggio chiave della politica italiana e, per giunta, presunto candidato alla Presidenza della Repubblica (candidatura mai accettata).
Possibile che per questo personaggio il metodo tradizionale di scorta palesemente insufficiente, non sia stato almeno ritoccato data la particolarità delle circostanze? Possibile che questa strategia dipendesse da un modesto funzionario? Possibile che tutti i personaggi che si consultarono sul fatto del giorno, non abbiano almeno tenuto conto del fatto che la persona sequestrata fosse persona di un certo rilievo nella vita del Partito e dello Stato?
In proposito vi fu, nel mio primo messaggio, qualche cauto accenno, il quale per altro non fu né valutato né raccolto dai saggi che si avvicendarono ad esprimere il loro consenso alla tesi intransigente. Insomma: poco fu fatto prima, nulla fu fatto dopo. E questa è la base, francamente incredibile, del rigore manifestatosi successivamente. Leggevo ieri una cosa ben chiara e netta dell’on. Riccardo Lombardi. In sostanza così all’incirca ragiona l’anziano e saggio parlamentare socialista, se i prigionieri in questa vicenda fossero numerosi, e si ponesse per essi un problema di scambio, non v’è dubbio che lo Stato tutelerebbe meglio i propri interessi (a parte i problemi umanitari) accedendo allo scambio e non li tutelerebbe negandolo. Che cosa cambia in linea di principio se il prigioniero è uno? Il che vuol dire che la persecuzione ad ogni costo, in quella forma, dell’atto illecito, non risponderebbe ad una ragione sostanziale. Nella sostanza, nel merito delle cose cioè sono le circostanze che debbono indurre a valutare che cosa sia conveniente fare nel rispetto della vita, nel rapporto tra detenzione ed uccisione, nella tutela dei giusti interessi dello Stato, nel riconoscimento delle ragioni umanitarie. Ecco perché queste cose sono e non possono essere disciplinate nel segno dello Stato di necessità, salvo le ipotesi più semplici alle quali fa riferimento saggiamente l’On. Craxi. La casistica, sulla quale più volte mi sono soffermato è al riguardo altamente indicativa, dagli innumerevoli casi di salvezza di ostaggi fino ai casi dei palestinesi di cui si è parlato.
Del resto, senza soffermarsi troppo su casi assai delicati e bisognosi di approfondimento, non si può negare che taluni fenomeni, a differenza di altri, hanno carattere di guerriglia con una propria fisionomia politica e giuridica, ponendo problemi che proprio le attuali circostanze mettono in evidenza ed alla cui soluzione (e ci si muove in questa direzione) non può essere estraneo il Comitato per la Croce Rossa Internazionale ed il cosiddetto diritto umanitario che è in elaborazione. E quanto alla natura dei fatti basterà ricordare le vicende dell’Alto Adige.
E nella casistica cui accennavo si aggiunga il caso Lorenz nella stessa Germania.
I fatti sono dunque tanto chiari che il categorico rifiuto di prenderli in considerazione in questo momento non può apparire che un partito preso, un allineamento su posizioni esterne, una deformazione del volto umano dell’Italia. Questa rigidezza non corrisponde alla linea politica della D.C., giunta all’assurdo rifiuto della proposta Craxi.
A questa deformazione la direzione D.C. deve dire basta prima che il danno diventi ancor più grave e irreparabile.¹

(¹) La lettera si interrompe così ed è priva di firma e di seguito

70) A Elio Rosati

(non recapitata)

Mio carissimo Elio,
non solo per l’antica e cara amicizia che ti porto, ma per istintiva intuizione ho pensato a te, mano a mano che andavo considerando, giorno per giorno, la situazione ed, in essa, da un lato la mia, dall’altro quella della D.C. Del poco che so, so almeno questo, che fedele al tuo costume, non hai avuto incertezze e paure hai rifiutato il conformismo ed il quieto vivere, ti sei impegnato con una posizione autonoma, quando altri si andavano imbrancando acriticamente sotto il pretesto dell’interesse di partito e di una unità malintesa, della D.C. Oggi quello che si nota è la mancanza di coraggio e questo fa sì che il nostro appaia un partito acritico, tutto arroccato su una medesima posizione. E tu sai che questo non è invece mai avvenuto e che la dialettica è stata aperta tra noi. Ebbene, oggi tu rimani pressoché solo ad adempiere questo compito essenziale, tu rimani solo a rompere il ghiaccio. Ma sai pure, che sotto la scorza dell’indifferenza e del conformismo, una parte notevole della base democristiana ripugna profondamente alla mia attuale condizione ed al grosso rischio che essa comporta. Nessuno parla, ma molti temono. Ed io credo che se uno alzasse la sua voce, una voce limpida, come la tua, proprio in questi giorni che coincidono con una grossa riunione della Direzione D.C., le voci di consenso, sensibili, anche se forse non maggioritarie, non mancherebbero. Io non vedo altri che te che possa dire questa parola e guidare, al massimo possibile insieme con Misasi, un movimento di opinione pubblica che bilanci le ferree esigenze di regime che si esprimono sulla stampa. Bisogna parlare subito, alto, forte, con chiarezza, utilizzando la stampa anche settimanale e, ovviamente, tenendo d’occhio l’andamento della Direzione sulla quale non mi faccio però soverchie illusioni. Poiché si tratta di problemi di coscienza (e nessuna è più limpida della tua), desidero dirti, per così dire, solennemente che la proposta di scambio od altra simile, specie se attuata immediatamente, sarebbe stata la meno onerosa per la D.C. Aggiungo che tutte le altre saranno forzatamente più onerose e sarebbero perciò da evitare, se prevalesse, come dovrebbe prevalere, il buon senso. Tutto quello che farai nei prossimi giorni, con la forza della disperazione, (e cerca di farlo capire agli altri) è il meglio per la D.C., è un salto di salvezza su di un abisso.
Non ti dico altro, perché so che tu capisci per immediata intuizione. Mi auguro tanto che tu riesca, associando tutte le altre forze disponibili. Perché tanti amici sono diventati così timidi: se fossero insieme quelli sui quali abbiamo sempre contato, la partita sarebbe vinta. Il silenzio è un delitto. Che c’è di male chiedere la salvezza di un amico quando, oltretutto, altrimenti, si corre un rischio mortale? Datti da fare dunque come avrai già fatto. Non si parli di elezioni. Nelle condizioni presenti, pagheremmo un prezzo estremamente alto.
Grazie per quanto farai, parlando in giro e nei corridoi delle camere, raccogliendo firme, rilasciando interviste.
Ricordami ai tuoi ed abbiti il più cordiale abbraccio
Tuo
Aldo

P.S. Anche gli amici di Bari hanno attenuato la loro voce per presunte ragioni elettorali. Dì loro che rischiano di essere puniti ben più gravemente, che se avessero detto che intendevano salvare un vecchio amico per ragioni umanitarie.

On. Elio Rosati

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