I cinesi non mangiano i bambini, ma li ammazzano. E’ difficile contabilizzare gli effetti della cosiddetta “politica del figlio unico” instaurata nel 1979 da Deng Xiaoping, prassi che ha spinto milioni di contadini a sbarazzarsi della progenie femminile. L’organizzazione Human Rights, nel 1995, denunciò l’assenza statistica di circa 500mila bambine l’anno; trafiletti di giornali cinesi, intanto, menzionavano sporadiche condanne per infanticidio a uno o massimo due anni di carcere. Attenuanti di Stato? Difficile da credere, in un paese in cui il concetto giuridico di attenuante è sconosciuto: le donne che per esempio abbiano ucciso il proprio seviziatore – dopo che le abbia magari stuprate, picchiate, sposate dopo rapimento – in Cina vengono tutte ed egualmente messe a morte. Ammazzare i neonati invece non è quasi reato, diversamente dall’infrangere appunto la regola del figlio unico: in tal caso si è sottoposti anche a tortura.
Stiamo parlando di decisioni che sono nelle mani di magistrati quasi sempre privi di una minima formazione giuridica: in Cina può diventare giudice un tassista o un veterinario o chiunque abbia buoni agganci per diventarlo.
La pena di morte intanto si è modernizzata. Dalle fucilazioni si è passati alle più economiche Camere mobili di esecuzione con le iniezioni letali. La maggior parte delle condanne è pronunciata in stadi e piazze davanti a folle gigantesche. Durante i capodanni cinesi, il primo maggio e il primo ottobre, centinaia di cinesi vengono giustiziati a titolo esemplare, ma nel 2003, a partire dalla campagna “Colpire duro”, le cose sono peggiorate per via di una sorta di parola d’ordine: immediatezza giudiziaria. Di arresti, di processi, di esecuzioni. In Cina ogni anno vengono giustiziati più individui che in tutti i paesi del mondo messi insieme, e nella primavera del 2001 le condanne a morte sono state più numerose di quelle inflitte nei tre anni precedenti in tutto il resto del Pianeta: dal 2001 la pena capitale può essere applicata a un numero esteso di reati da essere paragonabile all’Iraq di Saddam Hussein. Nel 1989 i reati capitali erano 20 e nel 1997 erano diventati 68. Tra questi: frode fiscale, contrabbando, traffico d’arte, appartenenza anche indiretta a organizzazioni illegali, violazione di quarantena se malati, e uccisione di panda. Amnesty International ha censito 1060 esecuzioni sicure nel 2002, ma uno studio di Nathan & Jilley ne ha stimati almeno 15mila l’anno.
Il presidente dell’Human Rights in Cina, Liu Quing, ha raccontato questo: “Ho visto prigionieri con cui dividevo la cella trascinati nel cortile e giustiziati senza alcuna formalità. Alcuni erano stati condannati per aver avuto relazioni sessuali prima del matrimonio”. Notissimo in Cina è il caso di Ma Yanqin, una ragazza colpevole di organizzare feste danzanti: “Venne indicata – ha raccontato ancora Liu Quing – come rappresentativa di quello spirito di liberalismo borghese che Deng esecrava, perciò la sua esecuzione fu molto pubblicizzata”. Altri casi sono conclamati. Il giovane Sun Zhigang fu picchiato a morte in un centro di detenzione amministrativa – vedremo che luoghi si tratta – e la sua colpa era stata quella di essere un disoccupato privo del permesso per soggiornare a Canton. Nella primavera 2001 un ragazzo invece fu giustiziato per aver rubato 48 dollari a un diplomatico americano. Balzò all’attenzione della stampa – grazie a un giornalista cinese che lo raccontò sotto pseudonimo – anche il caso assurdo di Jin Ruchao, condannato a morte con l’accusa di aver improbabilmente organizzato un complicato attentato: avrebbe trasportato, da solo, 600 kg di dinamite poi piazzata in quattro posti diversi. Il dettaglio è che Jin Ruchao era completamente sordomuto e praticamente deficiente, tantochè dopo l’arresto o rimase muto – nel senso: non comunicò – e prima dell’esecuzione non cercò neppure di protestare o proclamarsi innocente. Molto cinese anche il caso di Chen Mengxing, condannato a morte nell’agosto 1999 per aver fatto accidentalmente cadere, e rotto, una statua di un Buddha del peso di due tonnellate. “Il pensiero torna alle migliaia di statue di Buddha – ha osservato Amnesty International – distrutte durante la Rivoluzione culturale”.
La morsa ha preso a stringersi dala fine del 2003. Il Partito si limita a firmare da sempre ogni dichiarazione d’intenti: quella universale dei diritti umani, il Patto internazionale per i diritti civili e politici, la Convenzione contro la tortura del 1988, la Convenzione sui diritti dell’infanzia del 1992: parliamo di uno Stato che ha celebrato le feste nazionali con esecuzioni di massa cui assistevano talvolta anche le scolaresche, e che ci si immagina in quale considerazione possa dunque tenere l’eventuale “codice di condotta” che Usa ed Europa volessero imporgli. La Cina intanto cresce sino al 10 per cento annuo e si metterà in vetrina ai giochi olimpici del 2008: in ballo c’è moltissimo, e non stupisce che capi di Stato come Jacques Chirac, all’inizio del 2004, abbiano fastosamente ricevuto le massime autorità cinesi dopo aver praticamente paralizzato Parigi, così da scoraggiare probabili dimostrazioni.
Nel mentre, milioni di cinesi sono perseguitati assieme a minoranze come uyghur e falungong; i tibetani seguitano a essere arrestati per il mero possesso di libri o per aver scaricato da internet immagini del Dalai Lama, e ovviamente non si contano – non si conta niente, in Cina – i monaci incarcerati e torturati. La ricerca in internet, è notizia du due giorni fa, è stata definitivamente censurata col benestare di Bill Gates: Microsoft ha fornito portali addomesticati con un software che impedisce l’uso di parole sgradite come “libertà”, “democrazia”, “diritti umani” ma anche “Tibet”, “comunismo” e “Tienanmen”.
E’ tutto nero su bianco. Reporter senza frontiere, Amnesty International, The Laogai Research foundation, Human Rights Watch e il Centro tibetano per i diritti umani rappresentano fonti che permettono di comprendere come i peggiori totalitarismi del Novecento abbiano trovato asilo in Cina, laddove il peggio del comunismo e del capitalismo convivono nell’Inferno della Storia. La foglia di fico occidentale è costituita dalla speranza che l’evoluzione del mercato debba portare giocoforza alla democrazia, ossia che alle libertà economiche debbano equivalere quelle politiche: un’equazione contraddetta dai tempi di Adamo Smith e che in ogni caso non spiegherebbe neppure l’esistenza dell’Italia fascista o della Germania nazista, dove l’autoritarismo conviveva con la proprietà privata. In Cina il problema, secondo molti osservatori, è giusto il contrario: “Si teme, liberalizzando e democratizzando, di mettere e rischio la crescita economica”, ha osservato Piero Ostellino nell’introdurre “Il Libro nero della Cina”, Guerini e associati 2004, da leggere. I giovani sterminati a Tienanmen in fondo chiedevano anche uno sviluppo più equo e inevitabilmente più lento, ma la Cina ha una fretta dannata. Le madri delle vittime di Tienanmen sono ancor oggi perseguitate, e il 4 giugno 2004, quindicesimo anniversario della strage, a Pechino manifestavano in poche decine, mentre a Hong Kong erano in centinaia di migliaia.
Molti saranno finiti nei laogai, cosiddetti campi di rieducazione a suo tempo voluti da Mao Zedong: dalla loro istituzione hanno accolto non meno di cinquanta milioni di persone, e si calcola che non esista cinese che non conosca almeno una persona che vi sia stata soggiogata. E’ una detenzione che non prevede processo, non prevede imputazione, tantomeno esame o riesame giudiziario o possibilità di confrontarsi con un’autorità, figurarsi un avvocato. La decisione di rinchiuderti anche per cinque anni è a totale discrezione della polizia. L’associazione Laogai Research ha riferito che i milioni di cinesi rinchiusi nei campi costituiscono la popolazione di lavoratori forzati più vasta della storia.
Poi ci sono i lavoratori non forzati, e sulle condizioni degli operai cinesi è stato scritto molto. Nelle imprese private, a fronte di paghe ridicole e di ferie praticamente inesistenti, le ore straordinarie sono obbligatorie e forfetizzate: la cifra è la stessa che si tratti di venti minuti o di dieci ore. I salari sono spesso pagati in ritardo per giornate che vanno dalle 10 alle 12 ore. I regolamenti sono da pazzi. Capita che ai lavoratori sia vietato di parlare nelle ore di lavoro e anche durante i pasti, mentre in caso di negligenza è previsto licenziamento e pene corporali. Ai lavoratori spesso è vietato sposarsi ed avere figli, e sempre più frequentemente, se licenziati, non ricevono alcuna indennità e solo una minima parte della pensione. Va da sé che in Cina non si possa parlare di cure sanitarie e che i licenziati possono vedersi negare l’accesso all’educazione scolastica dei figli: da qui una maggior tolleranza per il il lavoro minorile e nondimeno per una spaventosa quantità di ragazzini morti sul lavoro. Tra le poche contabilità note c’è quella dei primi tre trimestri del 1999: i minori deceduti furono 3464.
Resta inteso che i sindacati indipendenti sono proibiti e che la loro costituzione è oggetto di una repressione che li accomuna per durezza solo ai falungong, adepti religiosi già bersaglio centrale della politica cinese: “Dobbiamo sradicare questo culto eretico e cacciarli come topi”, si lesse sull’agenzia di stampa governativa Xunhua nel settembre 2003. Contro di essi – contro ogni forma di dissidenza, invero – si perfezionano metodi che si pensavano relegati al buio novecentesco. Che la tortura sia una prassi non lo negano neppure i funzionari cinesi: serve a estorcere prove contro tibetani, immigrati irregolari e padri di troppi figli. Sulle modalità delle torture cinesi è opportuno non incedere. Li Changjun, un ingegnere di 33 anni già licenziato per le sue convinzioni religiose, fu arrestato nel 16 maggio 2001 perché aveva scaricato da internet informazioni sul movimento falungong; il 27 giugno la famiglia venne informata della sua morte e la madre ha raccontato questo: “Non aveva che pelle e ossa, il viso e il collo erano coperti di ematomi, aveva i pugni chiusi, non aveva più denti, era sfigurato, la schiena sembrava fosse stata bruciata e cotta. Era spaventoso”.
Amnesty International ha rilevato anche un alto numero di cosiddetti morti accidentali: prigionieri che precipitano soavemente dai piani alti degli edifici detentivi e che solo il racconto di pochi scampati ha potuto testimoniare.
Ma i languori occidentali rimarranno ancor più impressionati dalla notizia che in Cina non sia mai stata interrotta, anzi ripresa e ampliata, l’abitudine sovietica di rinchiudere i dissidenti negli ospedali psichiatrici. Gli specialisti cinesi hanno inventato patologie quali la “schizofrenia politica”, la “sindrome da oppositore” e la “malattia politico-mentale”. Dall’inizio degli anni Novanta cresciuta è la tendenza a rinchiudere e imbottire di psicofarmaci i malcapitati senza che le ragioni dell’internamento siano state stabilite. Xue Jifenf, ritenuto colpevole di aver organizzato una riunione sindacale non autorizzata, ha potuto raccontare d’esser stato internato nell’ospedale psichiatrico di Xinxiang assieme con dei malati mentali gravi che lo tormentavano giorno e notte. Tra i pochi casi noti anche quello di Su Gang, un ingegnere informatico di 32 anni che si era rifiutato di rinnegare la sua fede falugong: fu internato il 23 maggio 2000, in perfetta salute, dopodichè gli vennero iniettate ogni giorno delle sostanze sconosciute e una settimana dopo era incapace di mangiare e di muovere gli arti; il 10 giugnò morì per una crisi cardiaca.
L’associazione Human Rights Watch non nasconde che il massiccio e rinnovato ricorso di abusi psichiatrici, in Cina, fa impallidire il primato che fu dei dirigenti sovietici: resta la difficoltà di stimare gli internati e i morti in un contesto, va ricordato, che riuscì e celare l’esistenza della devastante epidemia di Sars per un anno e mezzo, e che solo il coraggio di un medico dapprima perseguitato, Jiang Yanyong, permise di smascherare. I dirigenti cinesi temevano che l’epidemia potesse scoraggiare gli investimenti occidentali. Ma quelli, forse, neanche il colera.
Il Partito comunista pensa che il miracolo cinese sia possibile solo grazie a un totale controllo sociale e politico, una morsa che possa fermare quel miserrimo sottoproletariato urbano creatosi attorno alle città e che peraltro costituisce la base sociale di ogni rivoluzione. Questo spiega perché dal 2003 i diritti civili sianostati drasticamente ridotti e come le misure restrittive siano divenute spaventose. E spiega come la Cina, dopo mille anni di autocrazia, nelle sue fabbriche disumane, abbia copiato ogni nostro prodotto fuorchè il più importante.
Caro Facci, impressionante tutto quello che riporti. Copio e conservo il tutto, cosi’ mi potro’ documentare con calma (certo che due tre fonti in piu’ si potevano anche mettere eh..).
Sarebbe interessante anche chiedere qualcosa -magari con “delicatezza”- ai miei due coinquilini Cinesi…
In ogni caso sono questioni che ci dovrebbero interessare parecchio, non solo perche’ i principali Capi di Stato e politici occidentali visitano spesso la Cina per gli interessi economici e fanno orecchi da mercante ai problemi dei diritti civili, ma soprattutto perche’ e’ praticamente quasi da quando siamo nati (o almeno dai primi anni 80) che indossiamo e usiamo roba Made in China.
Tutto vero o verosimile, purtroppo.
Sta di fatto che è proprio grazie a tutto questo, che riusciamo a vestirci con 10 euro, cosa impensabile, altrimenti, con i prezzi dei vestiti made in Italy.
E sta di fatto che è grazie a tutto questo che le economie occidentali hanno ancora qualche speranza di sopravvivere – 1,3 mld di cinesi sono un mercato potenziale che apre enormi prospettive.
Il capitalismo, caro facci, è cinico, mica da oggi.
Secondo me il regime cinese si sta sedendo su una enorme pentola a pressione. Quanto credete che possa durare così? Più di altri 5-10 anni? Per uscire dalla miseria la gente fa di tutto, ma una volta uscita dalla miseria? A proposito del consenso del fascismo e del nazismo, vi ricordo che la massa bruta della popolazione era con la dittatura. Possiamo dire la stessa cosa in Cina? O forse è solo gente che sta semplicemente pensando a come combinare il pranzo con la cena. Risolto questa problema, dubito che le cose potranno continuare così.
Quello che dice FF è probabilmente tutto vero e abbastanza conosciuto, come il fatto che l’emigrazione non autorizzata da una regione ad un altra della Cina sia un reato punito con la condanna a morte, ma si sa benissimo che la Cina è un paese che vive in una dittatura, e penso che al tempo di Mao o della banda dei 4 le cose andassero anche molto peggio, ma l’argomento interessava meno i politicanti demagoghi e i loro zerbini imbrattacarte, dato che allora la Cina era solo un lontano paese che non aveva conseguenze sul portafoglio di nessuno.
Alcuni miei colleghi che sono stati in Cina per lavoro sostengono che, dato che la vita del contadino in Cina è comunque sempre piu dura e povera di quella del l’operaio in fabbrica, quelli che lavorano in fabbrica nelle condizioni attuali si ritengono fortunati e privilegiati.
Cio non toglie che ogni tanto bisognerebbe guardare anche a casa propria, in base a quel che dicono quegli sporchi comunisti di Amnesty International l’Eni è coinvolta nelle violazioni dei diritti umani in Nigeria, con l’uso di bande di mercenari per soffocare nel sangue eventuali lamentele delle popolazioni locali nei confronti di impianti petroliferi che distruggono l’ambiente rendendo impossibile la vita degli abitanti dei villaggi vicini ( cosa credete che sia solo la Cina a fregarsene della sicurezza e dell’inquinamento? ), c’è anche il problema del trattamento dei clandestini espulsi dall’Italia affidati a quel brav’uomo amico di Berlusconi che è Gheddafi, ma di questo non ne frega niente a nessuno.
Sul tema scrive da tempo, in maniera documentata, chiara ed efficace, Federico Rampini, inviato di Repubblica in Cina. Consiglio la lettura del suo blog, e/o del suo recente libro “Il secolo cinese”. Parlando di filtri giornalistici, lui mi pare decisamente tra i più attendibili e apprezzabili.
benvenuto tra noi nogglobbbal, Facci.
Qualcuno scopre solo ora che la Cina è un paese COMUNISTA.
un appunto sull’ operato di microsoft, non è da biasimare che abbiano accettato di filtrare i contenuti del proprio portale in versione cinese, goggle e tutti i motori di ricerca fanno lo stesso, in quanto senza filtri semplicimente non sarebbe stato possibile publicarlo. meglio quindi un portale in più filtrato o nulla? non capisco tutti gli articolisti, commentatori ecc che se la prendono adirittura con bill gates, come se questo decida deliberatamente di schierarsi con il governo cinese.
Un giorno ci vergogneremo come cani della censura sui siti web: sarà una cosa tipo le banche svizzere con l’olocausto. Come abbiamo potuto stare a guardare? Come speriamo di portare avanti un modello sostenibile di sviluppo? Dov’è la morale? Possibile che un mercato valga qualsiasi compromesso? Ma vi rendete conto di quei poveri cinesi che si connettono e cercano, chiedono, libertà, democrazia, e cosa si vedono uscire? Una schermata blu di windows?
Che schifo, che schifo, che schifo. Qualcuno se ne esca con un’idea forte, un modello di sviluppo sostenibile, un qualcosa di sensato. Dicono che abbiamo bisogno della cina per comprarci i pantaloni a cinque euro. Ma chi li vuole i pantaloni a cinque euro? Cosa me ne faccio dei pantaloni a cinque euro se sono costati i miei principi fondamentali….
ma non ci sono le macchine? Non dovrebbero lavorare le macchine per noi?
ammazza come so’ cattivi sti cinesi. speriamo che nessuno ci faccia affari. mi chiedevo: ma il denaro odora?
gli ebrei mangiavano i bambini
Marx era ebreo
i comunisti mangiano i bambini
sei i cinesi non mangiano i bambini
ergo sono cattivi comunisti
(inoltre sono ebrei)
gli ebrei mangiavano i bambini
Marx era ebreo
i comunisti mangiano i bambini
i cinesi non mangiano i bambini
ergo sono cattivi comunisti
(inoltre sono ebrei)
La Cina dantesca
Non si può passare dal paradiso del capitalismo all’inferno dei diritti umani senza fare almeno un po’ di purgatorio
…
Delle reali tristezze cinesi si parla da 20 anni (che io ricordi) ogni volta che abbiamo paura. Quando ci comoda all’economia invece la Cina diventa un giardino di rose.
Questa altalena fa poco i conti con la realtà, la nostra realtà di paese che con la Cina non riesce a contar nulla. Se chiedi a un diplomatico cinese il nome di un grande politico italiano, risponderà Andreotti.
Infine, avrei apprezzato una maggiore selezione delle fonti, riportandole per chiarezza.
E ci volevi tu, Angelo, a ricordarcelo.
la paura fa 90
questo articolo mi sembra un po’ uguale a quello apparso sul Giornale di oggi
questo articolo è un po’ uguale a quello apparso sul Giornale di oggi
Federico – questo articolo *è* quello apparso su Il Giornale oggi.
Dov’è il problema? Se i due articoli fossero firmati con due nomi diversi, allora sì sarebbe bizzarro.
p.s.: la musica in sottofondo è orrenda e veramente fastidiosa.
Tra le parole “proibite” che i Cinesi non potranno riscontrare nelle loro ricerche nell’internet, la stampa ha dato maggior risalto a “libertà”. Mi stupisco dello stupore, visto che si sta parlando di un paese che la libertà non l’ha mai avuta. Piuttosto mi colpisce il fatto che tra le parole tabù ci sia “comunismo”. Mi sembra più rilevante questa presenza nell’elenco delle parolacce stilate da Pechino. Se i giornali non notano la stravaganza avranno i loro motivi.
p.s.: non so se è già stato detto, ma la programmazione di Radio Nation fa veramente cagare. Mi auguro venga comprata al più presto da imprenditori censori cinesi.
Avete rotto i coglioni con ‘ste fonti. Sono scritte nell’articolo:
Reporter senza frontiere, Amnesty International, The Laogai Research foundation, Human Rights Watch e il Centro tibetano per i diritti umani, “Il Libro nero della Cina”, Guerini e associati 2004.
In Italia c’è anche l’organizzazione nessuno tocchi caino (www.nessunotocchicaino.it) che pubblica costantemente i dati delle esecuzioni nel mondo. Perchè queste cosuccie non le fanno purtroppo solo i cinesi. Ci sono una trentina di stati che si contendono la pole. Tra cui sei democrazie.
la cina è un orrore che nasce dall’orrendo abbraccio di due orrori: comunismo poliziesco e capitalismo selvaggio. è figlia di queste due schifezze, la cina.
piediperterra
La Cina è vicina.
Ecco cos’era quella puzza di fritto…
Filippo – è inutile che ti alteri con quelli che cercano “le fonti”. Non che ‘ste cose te le debba insegnare io, ma, qui sui blog, quando uno ti rimprovera di non trovare “le fonti” è perché in una cospigua quantità di righe scritte non trova nemmeno “un link”. Ecco: nel post che hai scritto tu non c’è nemmeno un link. E sì, lo so che quello che hai scritto tu non è un post ma un articolo, e sugli articoli non ci sono i link da cliccare, ma questo posto qui, Macchianera, continua a essere un blog (o, almeno, così si dice in giro), e sui blog la gente cerca i link (e via così, cane che si morde la coda, ad libitum.)…
«Dov’è il problema? Se i due articoli fossero firmati con due nomi diversi, allora sì sarebbe bizzarro.»
Lexi – infatti, il problema (se lo vogliamo chiamare così) non sussiste.
a ottobre son stato in cina e non mi è piaciuta…la”cina” ormai è difficile trovarla tra i 5000grattacieli di shangai…
il problema di 1sovrappopolamento mondiale è 1problema attuale che non si può ignorare…tuttavia ammazzare la gente non è lòa soluzione e la storia lo insegna perchè questo tipo di pratiche(la guerra) o la repressione(le leggi sul figlio unico) portano solo all’effetto contrario..l’unica strada e far capire alla gente che è bene darsi 1freno con le nascite…nel loro interesse!
detto questo alla CINA abbiamo aperto l’economia E SPERO VE NE RICORDERETE ALLE ELEZIONI…
alla CINA abbiamo dato le olimpiadi…x aiutarli..non sò a far cosa…
vi linko 1foto fatta a shangai
http://sp2.fotologs.net/?u=acromion&i=2004/11/07/1099808273.jpg&c=f
dimenticavo questo articolo molto interessante…
il falun hong è 1pratica di meditazione molto diffusa in oriente specialemnte a taipei…
ai cinesi nn piace quindi ammazzano chi la pratica…AMMAZZANO!!!!
ho seguito anche 1servizio in tv con video e foto documentate…pare ci siano passati anche i bambini!
l’articolo…
http://it.clearharmony.net/articles/200502/750.html
qualcuno chiedeva ironicamente se i soldi hanno odore…
Beh, mi sembra il caso di ricordare che la frase “Pecunia non olet” (il denaro non puzza) fu un imperatore romano a usarla per la prima volta, se non vado errato per rispondere alle critiche sulla tassa sui cessi da lui istituita.
Da quando si è prospettata la possibilità di avere accesso a news via internet anche all’interno della Cina, Pechino ha investito milioni di dollari in tecnologia per bloccare questo flusso di informazioni: tecnologia acquistata da compagnie americane come Sun Microsystem, Cisco System, Microsoft, Nortel Networks, Bay Networks, Inc. e Websense. A metà degli anni ’90, alcuni gruppi asiatici per i diritti umani hanno suggerito agli USA di creare un “Codice di Condotta per le Corporazioni” per la Cina, invitando le multinazionali americane a non vendere tecnologia che potesse limitare la libertà di parola e di informazione nel paese. Questo modello avrebbe dovuto seguire la carta dei “Princìpi Sullivan” del 1970 sulla responsabilità sociale, firmata dalle compagnie statunitensi all’epoca dell’Apartheid in Sud Africa.
Tristemente nessun “Codice comportamentale” è mai stato istituito per la Cina, e adesso Pechino è così tecnologicamente sofisticata che regolarmente blocca sia websites stranieri come la CNN, la BBC e la CBS, sia i siti di gruppi religiosi o quelli delle NGO.
A livello nazionale vengono bloccati il 10% di tutti i siti internet mondiali, secondo i dati del Berkman Center for Internet and Society ad Harvard. Shanghai recentemente ha adottato un sistema di monitoraggio che manda un allarme alle autorità ufficiali se qualcuno da un internet caffè prova a connettersi a un sito vietato; questo sistema probabilmente potrebbe essere adottato a livello nazionale.
A questo si aggiunge il fatto che il governo blocca anche siti personali, come ad esempio Geocities nel 2001 e Blogspot nel 2003. Nel 2004 due servizi di blog cinesi, Blogbus e Blogcn, sono stati chiusi completamente dopo che un blog cinese aveva pubblicato una lettere del dissidente Jiang Yanyong, che chiedeva al governo di riconsiderare la sua posizione sui provvedimenti sui fatti di Tiananmen. Stessa sorte ha subito Typepad due settimane più tardi. Contemporaneamente, in circostanze diverse, Ma Yalian è stato arrestato e condannato senza processo a 18 mesi di duro lavoro in un campo di rieducazione perché aveva pubblicato articoli piuttosto critici sul governo su due diversi siti internet.
* * *
Quello di Facci è un ottimo articolo, in quanto buon punto di partenza per successivi approfondimenti. I dati ci sono, basta aver voglia di cercarli senza aspettare sempre la pappa pronta. Io suggerirei di partire da qui: http://glutter.typepad.com/ (il blog di Yan Sham-Shackleton da cui sono stati tratti i dati di cui sopra)
C’è una generazione di pigri imbelli che pensa che le informazioni, ai tempi di internet, esistano di per sè e germoglino dalla terra: dopodichè basta avere i link per accedervi.
Ma io non fornisco chiavi d’accesso per l’informazione. Io la creo.
L’articolo che avete letto, anzi, l’articolo che molti di voi hanno commentato senza neppure aver letto (lo si capisce chiaramente quando nel commento di ripetono cose già dette nell’articolo) è stato tirato, grazie allo sciopero dei giornalisti cui il Giornale non ha aderito, in un milione e 200mila copie.
Quindi non rompetemi il cazzo, che qui si lavora. I link cercateveli da soli.
Filippo – sempre fine, eh?
Quando fai così (cioè quasi sempre, qui sopra, poi, per il resto, non so.), vien voglia di darti torto pure quando hai ragione.
Detto ciò, io i link ad Amnesty eccetera me li so cercare da sola, ci mancherebbe, stavo solo puntualizzando l’ovvio, ovvero che questo è un blog e non un giornale, e i blog esistono in funzione dei link. Ma tu, che accusi gli altri di non leggere l’articolo, evidentemente non hai letto nemmeno il mio commento per intero. Vabbè.
Caro facci, quelle che tu fornisci sono informazioni fastidiose, fastidiosissime perchè certe cose si sanno, si sanno più o meno ma approfondirle significa mettere gli altri nella condizione di sapere cosa stanno facendo quando acquistano un paio di scarpe cinesi a 10 euro.
Chi come Facci fa l’arrogante perche’ in qualche modo “se lo puo’ permettere” secondo me e’ ancora piu’ stronzo di chi e’ arrogante in generale.
Cmq in effetti come dice Girogia questo e’ un Blog, e nei BLog i link sono il mezzo piu’ diffuso d’informazione.
Io Facci come ti ho gia’ detto mi son copiato il tutto e mi documento con calma, non e’ che aspetto necessariamente la tua pappa scodellata.
Ma lavora va’, te che c’hai da fare, te che sei in gamba, te che apri gli occhi alla gente come noi che non fa un cazzo e sta solo a criticare.
_per tutti: ma Facci colalbora col Giornale? Cioe’ IL GIORNALE?? Non lo sapevo. Si spiegano meglio molte cose adesso.
Si spiega che cosa, idiota senza nome?
@F.F.Scusa se esco dal seminato dell’articolo, ma per caso il tuo libro note di note è ancora in qualche libreria?
Non ti perdonerò mai per avermi citata nell’articolo del Giornale “un caloroso benvenuto” , facendomi passare per una di questi qua. ;)
Il libro ormai è introvabile. Lo vendono in qualche libreria di Roma o via internet. Oppure posso mandartelo in elettronico.
Ok, se me lo spedisci in elettronico mi fai un piacere, poi provvedo a ordinarlo via internet. grazie mille.
Gentile Facci,
noto che il suo linguaggio nei commenti e’ in generale molto piu’ coerente con quello che evidentemente dev’essere il suo carattere (tra parentesi, mi permetta di tornare a darle del lei).
Il mio nome, essendo io un generico utente della Rete, non le direbbe proprio nulla, e in ogni caso io ho SEMPRE commentato mettendo il link alla mia pagina Web, dove chiunque puo’ tornare ad insultarmi o a replicare, se volesse o se lo ritenesse opportuno. E la’ si trova anche la mia email.
In passato leggendo (devo dire spesso con estremo piacere viste le sue doti scrittorie) dei suoi pezzi, mi ero domandato il perche’ i commenti fossero pieni di offese a lei rivolte, che mi parevano immotivate. Adesso mi e’ molto piu’ chiaro.
Lei almeno sulla Rete (non credo di averla mai vista in televisione ne’ letta sui giornali, ma magari semplicemente non la conoscevo) si comporta in modo estremamente arrogante.
Quanto detto, per esempio, e’ una delle cose che si spiegano, per rispondere in parte alla sua domanda.
Cordialita’,
FABIO
Ma se invece di bei siti internet da linkare le fonti del Facci fossero libri? Pubblicazioni cartacee? Documenti? Un viaggio nelle campagne cinesi?
Questa idolatria nei confronti di internet e dei blog in particolare assume talvolta dei toni grotteschi.
Facci, suvvìa, così garbato e ben documentato nell’articolo, non mi pare il caso di trascendere in insulti nei confronti di chi non aveva insultato.
Credo che, accantonando i toni forti, si possa rimanere al tono ironico [ma non scevro da complimenti] che Fabio-Aboriggeno aveva utilizzato nel primo post.
Leggendo prima l’articolo e poi quel commento ho pensato subito alle fonti in termini librari: non mi attendo così un comodo link, come è pigro costume di molti internettiani, ma citazioni coi titoli dei Libri (Ok: ho segnato in agenda “Il libro nero della Cina”), dei rapporti (“Amnesty Intl.” senza date, o titoli è a mio modesto avviso un po’ vago).
Inserire delle note, pratica comune in tutti i saggi e nelle tesi di laurea [d’accordo che non è né l’uno né l’altro] è solo un modo corretto di rapportarsi col lettore, mettendolo in grado di reperire – e approfondire – da sé le informazioni fornite.
ah, ma è fantastico il capitailsmo.
Improvvisamente gli industrialotti lettori del “Giornale” si interessano dei diritti civili in Cina.
Ah sì? E a te chi ha detto che sia interessato loro?
MIca l’hanno chiesto loro, l’ho scritto io. E ti dirò di più, inbecille: ho aspettato apposta che ci fosse lo sciopero dei giornalisti così che il Giornale avesse una distribuzione altissima.
E lo dici tu che i cinesi non mangiano bambini, dai una occhiata a questo post di Lia di Haramlik:
http://www.ilcircolo.net/lia/000727.php
Ciao
Vi era noto che la prima forma di organizzazione mafiosa della storia sono proprio le Triadi cinesi?
E dopo secoli di storia cinese (per chi l’ha studiata), soprattutto dopo l’epopea di Mao, ci si sorprende dei fasti del mafio-comunismo, del capitalismo brutale e da mattatoio cinese?
Lo sapevamo, lo si sapeva.
E’ veramente scioccante quanto riportato da FF, è ancora più scioccante che in nome del “denaro sterco del demonio” come definito da Massimo Fini, si instaurino rapporti di natura commerciale con quel paese.
Eppoi ci rompono i coglioni con ‘sto embargo a Cuba.
I rapporti commerciali con la Cina non s’interromperanno né per questo articolo né per quello di oggi né per una serie di. Perché qualcuno non va dalle aziende italiane che con la Cina ci lavorano a chiedere se sono al corrente delle violazioni dei diritti civili commesse dai loro partner commerciali? No, eh? Allora leggiamoci i dati, i dossier, le inchieste.
Io distinguerei il piano degli scambi economici da quello della democrazia in Cina.
Ricordiamoci che le aziende che portano la produzione nel terzo mondo lo fanno per motivi economici, ma portano anche delle opportunità di lavoro in paesi dove non ce ne sono poi molte. Questo comporta spesso che le famiglie riescano a mettere insieme almeno un pasto al giorno. Quindi non si tratta di sfruttamento, ma si porta anche un minimo di benessere in posti dove non ce n’è. Il benessere porta anche lo stimolo a ribellarsi a condizioni di vita tristissime.
Secondo punto: la Cina è un concorrente temutissimo, ovviamente per i bassi costi di produzione che comportano bassi prezzi. La qualità è bassa, di conseguenza, ma quanti di noi hanno comprato magliette magari a 20 euro se non di più che fanno schifo tanto quanto quelle cinesi? Non sarebbe meglio che gli imprenditori del tessile cominciassero a produrre indumenti di qualità tale da giustificare il prezzo elevato? A quel punto non avrei alcun problema a non acquistare più prodotti di scarsa qualità dai cinesi; ma ora come ora se la scelta si pone fra prodotti di cacca a 3 euro e prodotti di cacca a 20, beh, se permettete scelgo quello che costa meno.
Terzo punto: anche se le aziende non portassero più la produzione in Cina o venisse imposto un dazio sulle merci cinesi, non credo che si aiuterebbe poi così molto lo sviluppo della democrazia e l’affermazione della libertà in Cina, anzi probabilmente si contribuirebbe al contrario. Proprio per questo non condivido la conclusione di F.F. sull’articolo del Giornale di oggi.
Anna, Facci parla della realtà.
L’organizzazione “Human Rights” citata è Human Rights Watch o un’altra?
Per quanto Facci faccia di tutto per rendersi antipatico, dando dell’iNbecille a chiunque interloquisca con una sfumatura differente, ben vengano pezzi come questo. Su Macchianera ed il Giornale. Ché mettere in fila in maniera organica i fatti, leggersi i rapporti (non tutti su intenrnet, almeno in italiano) e buttar giù tutto in un articolo che si fa ben leggere dalla prima all’ultima riga, non è certo un lavoro facile. Ed infatti son pochi a farlo.
Ce ne fossero, di pezzi così!
Aggiungo una segnalazione, visto che sta emergendo pure questo: l’industria delle escuzioni sarebbe fiorente per via del commercio degli organi
http://www.radicali.it/view.php?id=36900
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/06_Giugno/09/trapianti.shtml
Potrà durare ancora a lungo: forse si. La Cina non è l’Unione Sovietica (con una storia strettamente legata all’Europa), è un continente, un mondo, in cui il potere ha millenni d’esperienza sui metodi efficaci (in parte diversi da quelli occidentali) per controllare in ogni modo una popolazione sterminata (doppio senso involontario).