LA BUFFA SINISTRA ITALIANA CHE APPOGGIA RUTELLI E’ PER LE MULTINAZIONALI, ORA, CHE LA CINA E’ VICINA SGALAMBRO, IL FILOSOFO CHE PARLO’ BENE DELLA MAFIA, OGGI INVITA I CATANESI AD ANDARSENE LETTERA A SILVIO BERLUSCONI
La cosa più semplice sarebbe dire che sono diventati matti tutti quanti e che, altro che congressi, qua non resta altro da fare che chiamare il manicomio. La seconda ipotesi, ovviamente, è che li paga Berlusconi. La terza, quella buona, è che semplicemente la posta in gioco s’è alzata troppo e che le buone maniere, in questo poker finale, sono diventate veramente un lusso.
La posta non è più solo politica, fare un governo. E’ determinare chi paga la sopravvivenza del paese – se sopravvive – nei prossimi vent’anni. Potrebbero pagarla Tanzi e Tronchetti, razionalizzando il sistema. Potrebbe pagarla Fantozzi, ma in questo caso bisognerebbe thatcherizzare il paese a un livello terrificante. Quel che non si può fare è continuare così. Ricordate la furberia più furba degli ultimi vent’anni, il “sommerso”? Fare un sacco di sghei lavorando in nero, abolendo gli scioperi, senza sindacato? Il mitico nordest, i padroncini? Bene. Funziona benissimo. Ma non qui. Funziona in Cina, dove però i “sommersi” sono due miliardi, con metà delle multinazionali del mondo (italiane comprese e compresi i nordestini) a dargli manforte e con noi come obiettivo finale: vendere panettoni cinesi a Milano e pizza di Shangai a Mergellina.
Sono già sulla buona strada, perché è dai tempi di Craxi che il concetto di “made in Italy” (cioè di marchio, cioè di niente) ha sostituito il concetto di produzione e non possiamo pretendere ancora a lungo che la borsetta firmata (e prodotta in Cina) valga duecento euri mentre quella identica non firmata (sempre prodotta in Cina) ne valga venti.
Ecco: il punto a cui siamo è questo e le ricette intermedie, dopo trent’anni di sogni allegri e di addormentamento industriale, sono a zero. Adesso: o si portano gli operai italiani quasi a livello cinese, con tante belle chiacchiere vaselinose ma sostanzialmente col bastone. O si portano imprenditori e manager a livello civile, senza permettergli ulteriormente il lusso di disperdere in investimenti “politici”, intrallazzi di borsa, rendite parassitarie, criminalità finanziarie, improfessionalità e tangenti le risorse che a questo punto sono vitalmente indispensabili per l’investimento e la ricerca. Il Pil, liberato da tutto ciò, *forse* sarebbe sufficiente. E forse no. Una parte della classe dirigente, comunque, ritiene che valga la pena di provare. Un’altra parte, o per egoismo o per thatcherismo convinto, ritiene che è tempo perso e che serve un governo forte che imponga i “sacrifici” verso il basso.
Il dopo Berlusconi, in tempi normali, sarebbe stato simpatico per tutti. Adesso no: noi industriali vogliamo sapere con precisione, prima di lasciar cadere Berlusconi, se potremo berlusconeggiare – educatamente – anche dopo o se per caso dovremo fare sacrifici per non farne far troppi ai cittadini comuni. Vogliamo cioè sapere se dopo i disgraziati Borboni avremo un bel governo Savoia (che potremmo anche accettare) oppure un terrificante Mazzini e Garibaldi, che invece prenderemmo a fucilate.
In tema di transizioni così la Sicilia – lasciatemelo dire – è Cambrigde, Bologna, Oxford e la Sorbona. Il “cambiamento” gestito e controllato, “cambiare tutto perche nulla cambi” qui non è una politica – è *la* politica in assoluto. A Catania, ad esempio, il gattopardo Bianco (liberale) era riuscito benissimo a comprare o a rimbambire gran parte dei locali garibaldini ed era pronto a gestire il passaggio alla fase sabauda alla Sedara.
Disgraziatamente per lui, anche fra gli avversari stavolta qualcuno ha avuto la stessa idea ed eccoti i “borbonici liberali” pronti a gattopardare anche loro – ancor più cinicamente – il passaggio dal berlusconismo assoluto all’età moderna. Con una ricetta semplice: creiamo una lobby sul modello veneto o lombardo e andiamo a contrattare tutti insieme, sudditi ma minacciosi, dal re. Se ci accontenta bene, sennò ci mettiamo all’asta al migliore offerente. Che ci frega?
E’ probabile che alla fine s’incontreranno – son della stessa stessa razza – con lo sconfitto Bianco per far lobby comune. L’importante è comunque capire che non solo ha perso il centrosinistra, ma ha perso anche la destra italiana. Hanno vinto i capibanda serbi o croati, che infine son diventati una forza politica – disgregatrice – anche qui. D’ora in poi, invece di avere un Bossi solo ne avremo due.
In questa situazione, Prodi è decisamente troppo “di sinistra”. Un programma di sia pur cauti aggiustamenti e riforme, di Europa, di sacrifici divisi e non caricati tutti sullo stesso groppone, si può non dico prendere sul serio ma almeno discutere per prender tempo quando non c’è proprio altro da fare. Ma la Sicilia ha dimostrato che un’alternativa c’è, ed è la creazione di lobbies padronali locali, la balcanizzazione. Ogni singolo pesce strappa un morso, non durerà tantissimo ma intanto si passa il momento, finché dura.
La sinistra siciliana, affidandosi totalmente – ormai da diversi anni – ai liberal-gattopardi e rinunciando alla grandissima forza dei garibaldini, ha fermato Prodi, ha dato respiro a Berlusconi e ha scatenato Rutelli e tutto ciò di cui Rutelli è, buffamente, l’espressione. Per fortna anche Berlusconi, per ragioni analoghe, ha i suoi problemi e quindi può darsi che, nonostante tutto, la sinistra le elezioni le vinca lo stesso (a proprio dispetto) e infine vada al governo. Ma già ora questo governo sarà molto meno solido e molto meno popolare di quel che sarebbe stato se gli sciocchi dirigenti siciliani avessero puntato su un Garibaldi–Vendola e non su un Gattopardo–Bianco. Quanto a noi, dobbiamo continuare a ragionare senza panico e senza mosse inconsulte. Abbiamo meno tempo di prima per fare una sinistra popolare, che non è affatto isolata e può ancora salvare questo Paese.
La fattoria degli animali. Pechino. Sempre più stretti i rapporti fra le autorità “comuniste” e i manager delle multinazionali che vengono qui a “delocalizzare”. Hu Jintao, segretario generale del partito comunista, ha accolto così centinaia di manager, industriali e banchieri occidentali: “You come, you profit, we all prosper”. Applausi e fraternizzazione generale. Esattamente l’ultima pagina del (profetico) capolavoro di Orwell.
Cuba. Assemblea, tollerata dal regime, di tutti i gruppi di opposizione all’Avana. Degli oppositori, alcuni sono democratici, altri terroristi, alcuni guardano all’Europa, altri sono pagati dall’amministrazione di Washington. Una parte di loro vorrebbe addirittura una democrazia. Il dittatore, che ha quasi cent’anni, ha avuto grandissimi meriti nel liberare il paese, che prima era sotto feroci tiranni mandati dagli Stati Uniti e dopo è diventato uno dei meglio governati dell’america Latina. Però, quanto a elezioni, ciccia. Dopo Fidel governerà suo fratello oppure, se vincono gli americani, qualche terrificante mafioso scelto da Bush, che è già presente nell’isola col fulgido esperimento democratico di Guantanamo. Non sapendo cos’altro fare per danneggiare se stessi, i dirigenti cubani si sono compiaciuti di fermare delegati, arrestare sospetti ed espellere giornalisti, fra cui anche un italiano del Corriere. Allegria.
Cile. Cinquanta reclute assassinate dai generali. Mandato in esercitazione sulle Ande e investito dopo venti chilometri da una tempesta di vento gelato, un intero reparto di 485 uomini (quasi tutti giovanissimi, arruolati da un mese) è stato disperso qua e là per la montagna. Alcuni sono riusciti a raggiungere dei rifugi, altri sono morti assiderati. Proibizione assoluta per i superstiti di parlare coi giornalisti. “Errore umano – trapela dagli alti comandi – Forse non bisognava farli uscire così in una tempesta di neve”. Una madre: “Dicevano che ne avrebbero fatto un uomo”.
Torture. Un’altra “operatrice” in Iraq (fili elettrici, posizione in croce, ecc.), tale Sabrina Harman, è stata condananta a una severissima pena (sei mesi di carcere) dal tribunale militare. Anche in questo caso l’unica colpevole era lei, generali e ufficiali non ne sapevano niente.
Informazione. Ancora sotto censura Mare Nostrum, documentario sulle traversie – spesso mortali degli emigranti nei nostri mari, mai trasmesso dalle nostre tv. Raccolta di firme di PeaceLink, Articolo 21 e Melting Pot per chiedere alla Rai di togliere la censura.
Per aderire: marenostrum@articolo21.com
Bookmark: www.stefanomencherini.org
Bologna. Per avere occupato un’aula, tre studenti sono stati arrestati e incriminati in base alle leggi speciali antiterrorismo. Niente libertà provvisoria, restano in galera. Dove non c’è Tanzi, non c’è Dell’Utri e non ci sono nemmeno i sedicenti “poliziotti” che torturarono i fermati a Bolzaneto. Manifestazione pacifica di protesta (il ’77 è lontano, se non per magistrati e politici almeno per gli studenti) con slogan anche contro il sindaco Cofferati, accusato di essere repressivo. Non so: certo è che la legge *dovrebbe* essere uguale per tutti.
I milioni a Bonolis. Vero è che c’è la crisi, ma su tutto si può risparmiare meno che su quel momentino d’evasione.
Il ventiquattro maggio. Sessant’anni fa di questi tempi Ferrara, Sgarbi, Fini e poche migliaia di altri politici e “intellettuali” riuscirono a mandare in guerra alcuni milioni di giovani italiani, dei quali seicentomila non tornarono mai più. E’ bene ricordarselo, ogni tanto.
“So few…”. Epigrafe del blairismo (non solo in Inghilterra): “Mai così tanti sono stati impoveriti tanto da così pochi”.
Sud. Scampia, periferia nord di Napoli, centro diurno di salute mentale “Jerry Masslo”. Ogni giorno una quarantina di persone di tutte le età frequentano i laboratori di ceramica, di pittura, di musica o di alfabetizzazione, per poi tornarsene a casa alle cinque del pomeriggio. “Se uno viene qua vuol dire che sta meglio di chi invece non esce proprio di casa. Gli assistenti sociali ci parlano di famiglie con due, tre soggetti psicotici sotto lo stesso tetto”, dice un’operatrice. Nel cortile del centro c’è anche un piccolo bar, messo su grazie a un infermiere che ha raccolto in giro il bancone e una vecchia macchina per il caffè. Ad ogni paziente nuovo insegna come preparare il caffè, di modo che tutti possano alternarsi dietro il bancone.
Il bar è diventato negli anni, il cuore del centro, punto di ritrovo di pazienti, operatori e psichiatri, che non portano il camice e quindi si confondono con gli altri.
[Francesco Feola]
Falcone. Manifestazioni in diverse città d’Italia, e persino in Sicilia. A Catania, l’Associazione Città Insieme manifesterà in silenzio davanti al palazzo di Giustizia. A Palermo, convegno e corteo di giovani da ogni parte d’Italia. Partecipano anche i giovani di “Io sto con Falcone“, che quest’anno hanno organizzato più di trenta incontri nelle scuole di Roma.
Info: info@iostoconfalcone.it
Spot. La segreteria nazionale di Libera ora è in via Quattro Novembre 98 a Roma. Telefono 06.69770301/2/3, fax 06.6783559.
Bookmark: www.libera.it
Cronaca. Palermo. Pressante campagna della polizia contro i lavavetri extracomunitari del centro storico. Alla fine la battaglia è stata vinta. Il questore ha ricevuto numerose lettere di ringraziamento da decine di commercianti e del centro, nessuno dei quali ha mai preso carta e penna per denunciare una richiesta di estorsione. Ah, se la mafia lavasse i vetri ai semafori, come saremmo bravi a spazzarla via!
Spot. Frati minori di Sicilia. Giustizia pace e integrità del creato. Marcia notturna della pace Trapani-Erice 28-29 maggio. Programma: ore 22.00, parrocchia San Giovanni, preghiera e riflessione sull’accoglienza dello straniero e del diverso a cura del pastore valdese Giuseppe Ficara. Inizia la Marcia e passeremo affianco al Centro di Permanenza Temporanea “Serraino Vulpitta”. Ore 24, al’Annunziata, riflessione su “Maria, Regina della Pace” a cura di padre Enrico Pinci carmelitano. Ore 4, a Sant’Anna, riflessione sulle Beatitudini a cura di Augusto Cavadi. Ore 6, a San Giovanni a Erice, Celebrazione Eucaristica animata dalla Comunità delle Beatitudini.
Info: fra Antonino 340.8694017, frantonino@ofmsicilia.it
Miles gloriosus. Aveva dichiarato: “Se vinco, l’anno prossimo avremo Romano a Palazzo Chigi, Luca a Palazzo delle Aquile a Palermo e Ferdinando a Palazzo d’Orleans”: cioè Prodi capo del governo, Orlando sindaco di Palermo, Latteri (un ex forzitalista da poco passato al centrosinistra) presidente della Sicilia. Ma scusi, Bianco, allora perché non s’è candidato direttamente alla presidenza della Regione? Perché in tal caso – ha spiegato – era certo che la mafia l’avrebbe ucciso. Invece lo tollererebbe a Catania e, se a Palermo uccidesse il povero Latteri, in fondo non ci sarebbe niente di male.
Un uomo così è stato candidato, dopo meditabonda riflessione, a rappresentare la sinistra in una città italiana, e l’Etna è rimasta zitta e Berlinguer non è sceso a fulminare a pedate quelli che l’hanno proposto. Non potevano che trombarlo, e così ovviamente è stato. Adesso però, da Storace in poi, s’è affermata l’usanza che i politici trombati diventano ministri. E lui s’è affrettato a precisare: “Il sindaco non lo faccio più. Adesso, mi spenderò per l’intero paese”. E tu Etna taci e tu Enrico non dici niente.
Chilone Chilonide. “Che palle, questa mafia! La mafia dà lavoro. La mafia è l’unica economia reale di quest’isola. Ci sono fenomeni della storia, ricchezze che non si possono fare con le mani pulite. A Catania, nel 1994, i famosi Cavalieri furono eliminati moralisticamente. Ma erano l’unica economia possibile e portavano benessere, nonostante quel che diceva in giro quel piagnone di Claudio Fava“. Il “filosofo” Sgalambro diceva queste cose al Corriere appena tre mesi fa. Amico della mafia, amico dei cavalieri, e tuttavia non nemico dei soldi pubblici che gli venivano (per conferenze, dibattiti, presenze, dotte presentazioni) dall’amministrazione “antimafiosa” di Bianco, del quale purtroppo è stato uno degli intellettuali di punta. Adesso “Ha vinto la plebaglia! – sbraita – Fanno bene quelli che lasciano la città!”.
Filosofo, strilla di meno. Sei stato tu, fra i primi, a dare questa città alla destra (non alla “plebaglia”: il popolo è Popolo anche quando fa cazzate) sputtanando la sinistra e sporcandola con la tua – vostra – avidità di denaro. Adesso che il danno l’hai fatto vattene pure da Catania, sbratta – almeno tu – la città. Ma prima restituisci i soldi che ti sei preso per le tue chiacchierate “filosofiche” pagate senza saperlo dai cittadini antimafiosi.
Maurizio Parisi wrote:
Sarebbe ora di farla finita con dirigenti che l’unico posto che conoscono sono i salotti bene, o i vari gruppi di potere locale, non per niente a Catania siamo arrivati al 5 per cento ed andrà sempre peggio fin quando non si ritornerà a vedere i veri mali del sud e della nostra città e le modalità di fare politica a Catania.
Gli intellettuali che non capiscono un cavolo del territorio ritornino a far parte di quella schiera di ben pensatori dei salotti bene, noi vogliamo fatti e non le solite parole che non servono a un cazzo come sempre fanno da vent’anni a questa parte tutti i dirigenti che in questa città hanno avuto a che fare con il Pci ed adesso con i Ds. Non dimentico quante volte la Federazione catanese è stata commissariata proprio per l’incapacità dei propri dirigenti e principalmente per le faide che esistevano all’interno della federazione, per cui mai un lavoro serio sul territorio che ci potesse permettere di radicarci (a qualcosa servivano le vecchie sezioni e i circoli nei quartieri popolari). Ancora oggi penso a quando Braghero, allora commissario-segretario, si rifiutò di prendere in gestione la Sezione Rinascita di Picanello (quartiere popolare a densità mafiosa) e farne la federazione, con tutte le possibilità che avremmo potuto avere sul territorio, nel dimostrare la nostra diversità.
Nel frattempo gli anni son passati per cui visto che da giovane ho dato il culo al Pci, e come me ce ne sono stati tanti al sud, oggi penso a portar da mangiare a casa quando mi riesce, visto che non sono stato tanto furbo come i compagni che mi circondavano nei vari direttivi, congressi e via dicendo. Molti dei dirigenti e dei politici che rappresentano questa città in verità non la conoscono per niente visto che l’hanno vissuta nei posti buoni e col culo pieno: così dice uno di quartiere
Maurizio Parisi, segretario di una sezione della Fgci di Catania, fu fra i primissimi giovani a impegnarsi coi Siciliani nel 1984. Ha organizzato manifestazioni e movimenti antimafia non solo a Catania ma in varie altre città della Sicilia. Ha dimostrato qualità di dirigente e organizzatore (a parte il coraggio, perché si parlava di mafia) di primissimo piano, proprio vincenti. Eppure ora fra i dirigenti della “sinistra” catanese lui non c’è: ci sono invece fighetti (come il capetto della Fgci di ora) attratti da improbabili carriere, imprenditori del ficodindia, “intellettuali” domenicali e politici di professione talmente professionali da aver regalato il loro partito a un estraneo totale come Bianco. La storia di Maurizio non è isolata, ed è esattamente la radice della sconfitta della sinistra siciliana. Che tornerà a vincere solo quando riavrà fra i propri dirigenti gente come Maurizio e gli altri militanti antimafiosi discriminati in questi anni, invece dei notabili che l’hanno condotta dov’è ora.
gandini@wema.it wrote:
Aria di Weimar, sì. Ma anche allora, se socialdemocratici, democratici e comunisti fossero rimasti uniti, col cavolo che Hitler ce la faceva.
Elo wrote:
Notizie di oggi? No: sono prese dall’Avanti dell’11 gennaio 1909. Oggi invece, a Messina…
tizy_731@hotmail.com wrote:
latta@free.fr wrote:
“La politica dell’Unione a norma del presente articolo non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi derivanti dal trattato del Nored-Atlantico per alcuni Stati membri che ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite la Nato, ed è compatibile con la politica comune di sicurezza e di difesa adottata in tale contesto…”
(Sudditi?)
“Gli impegni e la cooperazione in questo settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito della Nato che resta, per gli Stati che ne sono membri, il fondamento della loro difesa collettiva e l’istanza di attuazione della stessa”.
(A-risudditi?)
Nel protocollo relativo poi le “parti contraenti” si dichiarano “convinte” che “un ruolo più forte dell’Unione in materia di sicurezza e di difesa contribuirà alla vitalità di un’Alleanza atlantica rinnovata…”
(A-ri-risudditi?)
Grazie. Quanto all’Europa, credo che tu abbia ragione e torto. Ragione perché la costituzione europea è proprio una merda, e anche al di là della forma l’aspetto liberista è pesantissimo e feroce. Non credo che sia questione di costituzione, però. E’ questione di movimento sindacale (sindacale, non solo politico o peggio ancora politico radicale) europeo. Penso che i grandi filoni dovrebbero essere: boicottaggi esemplari di un paio di ditte particolarmente stronze, nella maniera più “apolitica” ma più larga possibile; e organizzazione di scioperi anche limitati ma transnazionali all’interno di aziende europee. Non so se questo passerà attraverso i sindacati o attraverso qualcosa del genere San Precario. Una specie di Erasmus dei lavoratori, insomma, con basso profilo ideologico ma aggressivo e concreto. La verita è che finora l’Europa l’hanno fatta i padroni (buoni o cattivi, ma padroni) e noi siamo rimasti colpevolmente indietro. Lottare “dentro” l’Europa sì, e prima è meglio è; lottare “contro” l’Europa no, neanche in nome di un’Europa migliore ma ancora da venire.
La cosa in cui non hai ragione credo sia esattamente questa: l’Europa, qualunque Europa e persino quella dei padroni, qui e ora è vitale – non solo per noi, ma proprio per l’umanità intera – per cercar di fermare in qualsiasi modo l’impero. Che ormai non è solo americano, ma transnazionale, e ambisce a mettere insieme *tutta* la destra capitalistica del pianeta, un po’ come facevano i romani (i Celti venivano sterminati, ma i capitribù che accettavano veniivano nominati cittadini romani). Io temo che fra i compagni non ci sia la percezione della drammaticità di questa cosa. Non è più la vecchia America “imperialista” ma proprio un’altra cosa.
Perciò vorrei una potenza europea, una marina europea, un esercito europeo e una politica europea. Li vorrei presto, perché dall’altra parte stanno andando molto in fretta (ora tocca alla Russia) e la guerra in Iraq, in realtà, era contro l’Europa. La voglio tanto che se sarà un’Europa di sinistra bene, se no mi accontento di quella gollista e chiracchiana. Certo, quest’ultima sarà sempre più debole perche’ l’Europa delle banche in realtà è destinata ad essere per sua natura impopolare, e dunque relativamente debole, e spesso incerta, di fronte all’impero. Ma questo passa il convento. Grazie, anche, ai nostri errori passati: se fossimo stati europei trent’anni fa, quando invece giocavamo ad essere cinesi!
mimmolombezzi@fastwebnet.it wrote:
Il rapporto della Freedom House, l’agenzia statunitense che si occupa della libertà di stampa nel mondo colloca l’Italia al 79mo posto della classifica, dietro il Benin (71), Capo Verde (76) e Timor Est (73). La Freedom House, fondata da Eleanor Roosvelt è nota per essere moderata: in un solo anno l’Italia ha perso ha perso cinque punti. Era 74ma, ora è tra la Bulgaria (78) e la Mongolia (80), ma più in basso di Namibia (66) e Botswana (72).
Il rapporto insinua inoltre che Lei conservi un’influenza diretta su tre reti di Sua proprietà e su tre canali Rai, godendo del 42 per cento del tempo offerto a tutti gli altri politici. Una situazione che compromette la democrazia nel nostro Paese e rischia di pregiudicare l’immagine dell’Italia Oltreoceano, dopo averla già danneggiata agli occhi dell’opinione pubblica europea.
Le chiediamo dunque uno scatto di orgoglio, come quello che ha ispirato la Sua incursione a “Ballarò“, un gesto che segni una coraggiosa “discontinuità” con il Suo precedente governo. Ripristini, signor Presidente del Consiglio, la libertà di stampa. Cominci, se accetta il nostro consiglio, proprio dalla tv, affidando la presidenza Rai e, soprattutto, la direzione generale a professionisti dell’informazione di fama europea. Restituisca inoltre ai loro programmi e ai loro ruoli i cosiddetti “desaparecidos del video”: cioè tutti quei professionisti, esterni e interni alla televisione pubblica o privata che per ragioni misteriose in questi quattro anni sono stati banditi dallo schermo o emarginati, dai giornalisti come Massimo Fini, ai dirigenti come Carlo Freccero, ai comici come Daniele Luttazzi, per citare solo i più noti fra dozzine di casi meno famosi ma altrettanto importanti.
Certi della Sua attenzione, Le porgiamo rispettosi saluti in attesa di un Suo positivo riscontro
Aderisco volentieri. A me veramente m’hanno desparecido prima ancora di Berlusconi. Non che abbia importanza.
Martin Niemöller, 1942, wrote:
a prelevare i comunisti,
non ho detto niente,
non ero comunista.
Quando sono venuti
a prelevare i sindacalisti,
non ho detto niente,
non ero sindacalista.
Quando sono venuti
a prelevare gli ebrei,
non ho detto niente,
non ero ebreo.
Quando sono venuti
a prelevare i cattolici,
non ho detto niente,
non ero cattolico.
Poi sono venuti a prelevare me.
Ma non rimaneva più nessuno
per dire qualche cosa
“Il ventiquattro maggio. Sessant’anni fa di questi tempi Ferrara, Sgarbi, Fini e poche migliaia di altri politici e “intellettuali” riuscirono a mandare in guerra alcuni milioni di giovani italiani, dei quali seicentomila non tornarono mai più. E’ bene ricordarselo, ogni tanto.” Bello il post, complimenti. Ma il 24 maggio della guerra fu quello del 1915, quindi un attimo di più di 60 anni… Se invece parlavi della seconda, cazzata immane l’accenno ai Ferrara Fini eccetera, che per quanto leccaculo non sarebbero cmq stati responsabili della politica guerrafondaia di Mussolini (Per i più giovani: Mussolini è il padre di Edda, quello pacioccone padre di famiglia che sembra il cattivo che diventa buono delle soap…)
Il post di Orioles è molto interessante, ma quello che non capisco è come mai non sia stato frammentato in più post al fine di permettere che sia commentato (a meno che ciò non fosse nelle intenzioni dell’autore). Come si fa a commentare così tanta carne al fuoco??? Ottima analisi, ma manca il marketing…
Come dice Beppe,delocaliziamo la classe dirigente in cina,e teniamoci la produzione in Italia(costa di più la classe dirigente,ola classe operaia?).