La psicoterapeuta Paola Santagostino, autrice del recente volume “Guarire con una fiaba” (edizioni Urra-Apogeo), spiega sul Corriere come raccontare, ascoltare ed inventare fiabe faccia bene tanto ai bambini quanto agli adulti.
«Ormai molti psicoanalisti riconoscono l’importanza dell’uso dei simboli del mondo fiabesco nella cura di disagi e conflitti, sia per gli adulti sia per i bambini. Inserendo all’interno della terapia qualche seduta dedicata alla stesura di una fiaba, scritta dal paziente, si scopre molto più velocemente dov’è il nodo da sciogliere. Chi soffre di anomalie del ritmo cardiaco, facilmente inventa storie con cavalli, le cui sgroppate e le impennate rimandano a un cuore che fa le bizze. Gli uccelli, creature dell’aria, si ritrovano nei racconti di chi ha problemi ai polmoni; gli ipertesi che hanno una vita stressante immaginano castelli in cui divampa un incendio».
Ora mi chiedo, e chiedo soprattutto alla dottoressa Santagostino: ma quella fiaba del cavaliere che riuscì a tagliare una cosa che continuava a crescere dopo i vani tentativi di chi lo aveva preceduto; se a lui, che l’ha inventata, ha fatto ricrescere i capelli perchè, a noi, proprio i coglioni?
Se la signora che ha scritto quelle cose è davvero una psicoterapeuta, vien da pensare che ha rubato la laurea.
Dopodiché: basta parlare del nanopelato. E’ demodé e ultimamente porta pure sfiga (toccatevi se potete!).