L’ultimo pacco di Bonolis

Preambolo: Questa puntata di “Senza Cuore” avrebbe dovuto essere in edicola con “il Riformista” di sabato scorso (quindi a gara ancora aperta e a vincitori non ancora decretati). Inutile specificare, dal momento che è presente questo preambolo, che sul numero di sabato non c’era. Ebbene è successo questo: la rubrica è stata inviata regolarmente alle 18 di venerdì. Poco più tardi è stata liberata Giuliana Sgrena. Poi gli americani hanno sparato alle rotative.

Senza Cuore - di Gianluca Neri55° Festival di SanremoIn mancanza di pippobaudeschi aspiranti suicidi, la miccia delle polemiche sanremesi di quest’anno è stata accesa da un articolo del Riformista nel quale si ventilava l’ipotesi di una notte di sfrenata follia tra Antonella Clerici e Mike Tyson. La conduttrice ha valutato in cinque milioni di euro la richiesta di risarcimento danni per avere raccolto e diffuso il falso gossip.
Qui si fa satira, e pertanto ci si distacca dalla linea del giornale serio tutto attorno alla presente rubrica: per quanto la satira sia per sua natura portata a presentare una visione distorta della realtà, nessuno potrebbe credere che quel personaggio – pur raccapricciante, pur macchiatosi di nefandezze intollerabili, pure ingrassato, a fine carriera e ormai alla frutta – abbia potuto approfittarsi a questo modo del pugile inerme.

Su Paolo Bonolis le fatiche della conduzione del Festival non sembrano lasciare traccia: «È grazie alle bustine di papaya liofilizzata che mi ha consigliato Antonella Clerici – ha confessato il presentatore –, anche se fanno schifo». La Clerici ha tenuto a precisare di averle soltanto trovate in camerino, aggiungendo: «Sono onorata: è lo stesso che occupava Simona Ventura lo scorso anno».

Tra le gaffes degne di nota quella dell’opinionista Ambra: «Vorrei rinascere uomo per tuffarmi e perdermi nel seno della Clerici». La dichiarazione è stata universalmente ritenuta non opportuna e comunque poco rispettosa del microfonista che si è avventurato da quelle parti nella serata di martedì e risulta ancora ufficialmente nella lista dei dispersi.

Nuove polemiche ieri nel corso della conferenza stampa, quando le agenzie hanno diramato la dichiarazione di Padre Giulio Albanese, missionario in Sudan, che ha definito le iniziative sanremesi a favore del Darfur “carità pelosa”.
Bonolis, oltre ad invitare il missionario sul palco, ha tentato di minimizzare spiegando di essere rimasto in effetti anche lui sconcertato da una delle pillole “Il senso della vita” nella quale un bambino di colore diceva: «Vorrei da mangiare. E un vestito. Ogni giorno dell’anno». Gran parte della gente in sala ha pensato «Cazzo, ma così fanno 365 vestiti!» ¹.

In sala stampa, pur sommergendo gli astanti sotto un cumulo di “qualora lo vogliate” e di “laddove vi sembri”, Paolo Bonolis non è riuscito a soddisfare la richiesta più semplice, ovvero rispondere alla domanda: “descriva il suo festival in tre parole”. Non uno che gli sia andato in soccorso suggerendo: “Di vecchio conio”.

Il tripudio dovuto agli ascolti record ha in qualche modo messo in ombra le pur numerose pecche di questa edizione della manifestazione. Tra queste, la scelta di far confluire in una categoria denominata “Classic” gente dalla faccia ormai impresentabile che ha oggettivamente fatto il suo tempo e da anni non riesce a piazzare uno straccio di idea. In pratica, una differita di un mese dell’ultimo congresso dei DS.


[¹] Per questa avrei dovuto ringraziare Sasaki (che era comunque stato debitamente avvertito). La mancata pubblicazione mi permette di farlo qui sul blog.
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4 Commenti

  1. Io fossi Umberto Broccoli della trasmissione radiofonica “Con Parole Mie”, andrei da Bonolis a farmi pagare i diritti per la frase “qualora lo vogliate”.

  2. Marco Bellavia si candida per i Liberaldemocratici, Bonolis fa il paraculo nazionale, impersonando il “servo perfetto” che riesce solo ad umiliare i diseredati regionali di Affari Tuoi. Chiediamoci quanto danno ha fatto Bim Bum Bam e cosa ci fosse dietro… Oh, sig. Neri, quanto mi piace il suo dissacrare, che è detto meglio del mio, ma si sa.

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