Era capitato durante la nevicata sulla Salerno-Reggio Calabria.
E anche in occasione dei vari assassinii perpetrati a Napoli.
E in una miriade di altre occasioni, che non sto qui ad elencare.
Il giornale radio fa un servizio, intervista la gente, e immancabilmente ci mette dentro qualcuno che parla in modo incomprensibile, o perché si esprime in dialetto strettissimo oppure perché cerca di parlare in italiano ma viene tradito dall’evidente abitudine a parlare in dialetto strettissimo.
Abbiamo l’abitudine, in famiglia, di ascoltare la radio durante i pasti e in questi casi regolarmente ci guardiamo cercando di capire se qualcuno riesce a tradurre.
Ora io mi chiedo e vi chiedo, ché la blogosfera è composta da gente di mondo, a cosa servono questi pezzi?
Quale ardita tesi giornalistica si tenta di dimostrare?
Quali implicazioni socio-antropologiche ne dovrei trarre, a parte il fatto – tutt’altro che sorprendente – che c’è gente che fatica a parlare in italiano, per una moltitudine di valide ragioni?
Certo, fa molto colore locale. La prima volta.
Alla decima fa lo stesso effetto delle immagini dei turisti coi piedi nelle fontane durante la calura estiva.
Perché ti parla direttamente
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a me chisto post me pare ‘na strunzata
ma chi minchizza ti ni futte si non capiscisti na minghia, tantu dicino sempri li stessi cosi, iè meghio si mangi senza a radio, ti fai lu sangu menu velenoso.
baci’manu a vossia
ma chi minchiazza ti ni futte si non capiscisti na minghia, tantu dicino sempri li stessi cosi, iè meghio si mangi senza a radio, ti fai lu sangu menu velenoso.
baci’manu a vossia
ghesboro
Ora io mi chiedo e vi chiedo, ché la blogosfera è composta da gente di mondo, a cosa servono questi pezzi?
Quale ardita tesi giornalistica si tenta di dimostrare?
Ammesso e non concesso che un’implicazione si tragga (magari volevi scrivere “conclusione” ma non parli tanto bene l’italiano: capita!), potresti trarne l’implicazione socio-antropologica che in Italia c’è gente che fatica a parlare l’italiano, per una moltitudine di valide ragioni.
Inoltre, mentre trai queste implicazioni, potresti illustrarci la composizione tipo della tua famiglia (durante i pasti), visto che dovrebbe esserci sempre almeno un componente in grado di tradurre da un qualsiasi dialetto all’italiano.
Si potrebbe anche dedurre che alla Rai gli articoli che finiscono talvolta al giornale radio nazionale sono gli stessi preparati per i giornali radio regionali (contesto in cui il dialetto è maggiormente accettabile e comprensibile), e che spesso gli stessi articoli sono destinati pure ai telegiornali (sia nazionali che regionali), e che non sempre c’è il tempo/la voglia/la coscienziosità/la necessità di eliminare lo spettacolo di costume che un dialetto è in grado di offrire a chi non lo comprende.
Non siete mai contenti.
Se si parla di globalizzazione tutti schifati dall’idea di uniformare il proprio tenero hamburger di Chianina con quello dei fast food.
La sagra della rana fritta è un momento di cultura e di riscoperta delle proprie tradizioni secolari che vanno valorizzate e tramadante di generazione in generazione perchè non si perda la propria identità culturale.
Il sardo proposto come materia scolastica perchè non si perda questa lingua antica.
Poi se uno fa un servizio sulla sagra della rana fritta in comasco, giù a lamentarsi perchè non si capisce bene la tecnica per spellare le rane.
Sono molto più irritata da quelli che parlano con una forte erre moscia o, come si dice a Roma, con il “cecio in bocca”. Il dialetto in fondo, fa cultura.
Devo essermi spiegato decisamente male: la mia non voleva essere una tirata contro i dialetti. Mi piacciono i dialetti, le tradizioni locali e (soprattutto) le sagre paesane. Quello che volevo segnalare è il vezzo che alcuni giornalisti hanno di costruire gli articoli “in serie”. Tutto qui.
il sardo non é uno spettacolo folkloristico per i turisti continentali,e non è equiparabile a una qualche sagra comasca della rana.Il sardo è una lingua di uguale dignità dell’italiano ed è riconosciuta come tale da qualunque studioso; non vedo dove sia l’ironia nel vederlo insegnato a scuola, tanto più che negli ultimi 140 anni ci siamo da parte nostra sobbarcati la fatica di vivere annessi a questo ridicolo paese che è l’Italia. E pensare che potevamo far parte della Spagna…
è che palle, ci mancavano solo i soliti sardisti.
Mia mamma è sarda, ho lì tutti i parenti, vado in Sardegna tutti gli anni e ci ho passato buona parte della mia infanzia.
Se la nostra scuola pubblica funzionasse e avanzasse tempo, insegnare il sardo ai sardi potrebbe essere un piacevole (quanto inutile) passatempo ma, non vorrei sbagliarmi, nella nostra scuola delle tre I non si riesce ad insegnare ai ragazzi neanche l’inglese, i dialetti, francamente, mi sembrano l’ultimo dei nostri problemi.
E comunque la sagra comasca della rana fritta (che non conosco perchè vivo a Firenze e qui va per la maggiore la sagra di’ cignale e del tortello di patate) non vedo perchè dovrebbe avere un valore culturale inferiore alle usanze sarde che come tutte le usanze utilizzate a fini economici più che culturali, non ha niente nè da invidiare nè da insegnare alle altre regioni d’Italia.
mi duole ricalcare che il sardo non é un dialetto, ma una lingua. pensate a quanto siete pallosi voi a insistere a difendere la purezza di una lingua che non esiste di un paese che non esiste. Cara vis, a proposito di esercizi inutili, perchè non risparmiamo altro tempo e eliminiamo direttamente anche l’insegnamento dell’italiano, per far spazio all’inglese? così potremo entrare ancora più in fretta nel fantastico mondo globale, risaputo com’é che le lingue straniere si imparano magnificamente a scuola (specie nelle scuole italiane), e che il cervello umano ha una ram come i computer e non può contenere più di un certo numero di informazioni.
l’unica cosa che mi consola è che l’italiano nelle prossime decadi andrà incontro alla stessa fine del sardo, schiacciato inesorabilmente dall’inglese. sarà carino quando vi troverete a essere ridicolizzati solo per la pretesa di esprimervi nella vostra lingua e nella vostra cultura. sull’affermazione poi che le nostre usanze siano utilizzate “più per fini economici”, risparmio ogni commento. forse è il caso che tu faccia un viaggio in sardegna, magari uscendo dalla costa smeralda.
Una dignitosa via di mezzo è sempre da preferirisi all’ottusità con cui ci si arrocca sul proprio passato o ci si getta entusiastici su ogni novità.
L’inglese, purtroppo, è la lingua che ci consente persino di venir qui a discutere amenamente sulla purezza della lingua italiana, però, per rimaner fedele alle tue tradizioni, puoi sempre invitare Renato Soru ad inventare un nuovo sistema operativo in sardo che ci levi finalmente di torno quel mezzo nano di Bill Gate.
Per la cronaca: mai stata in Costa Smeralda, anzi si ci sono stata una volta in moto quando ero molto giovane poi più niente.
Brutta cosa i pregiudizi….
mai detto di rifiutare l’inglese. anzi sarebbe una buona maniera di sganciarsi dall’italia. continuo a non capire tuttavia perchè poter scrivere e parlare nella propria lingua voglia dire “essere ottusi e arroccarsi nel proprio passato”, perchè mai dovrebbe suonare ridicolo scrivere un programma informatico nella propria lingua, e in quale maniera questo nuocerebbe all’apertura all’esterno. o forse credi che associare il sardo a qualunque cosa non sia cantare canzoni tradizionali, debba suscitare immediatamente una reazione comica ?
sono convinto di no, poichè non avendo pregiudizi ti sarà facile metterti nei nostri panni e provare a pensare cosa vuol dire vedere la tua lingua venire lentamente soffocata.
Si parla e si scrive soprattutto per comunicare con gli altri e quindi è ovvio che perchè il proprio sistema di comunicazione sia efficace, dev’essere compreso dal nostro interlocutore.
Un sistema operativo in sardo, non è ridicolo, ma inutile perchè a poterlo usare saresti tu forse un pochino anche io e pochi altri.
Le lingue, che ci piaccia o meno, non soffocano ma si evolvono, si modificano, si arricchiscono e si inpoveriscono perchè rappresentano l’epoca in cui viviamo e il modo per esprimere il nostro presente e la nostra quotidianità.
quindi se ne deduce che siccome l’italiano è capito, a stento peraltro in molti casi,da soli 50 milioni di persone su una popolazione di 5 miliardi di persone, sarà il caso di cominciare a evitare di parlare in italiano fra di noi altrimenti gli altri non capiscono. hai ragione vis, le lingue sono il riflesso del mondo: e anche tra le lingue ci sono gli stessi rapporti di forza fra le nazioni: i deboli vengono sopraffatti e schiacciati dai più forti, e in seguito si cerca qualche eufemismo per giustificare l’accaduto. tutto qua. ciò non toglie che obiettivamente non lo si possa riconoscere e nei limiti del possibile rimediare.
P.s.: e i finlandesi? sono appena 5 milioni, eppure mi risulta siano tra i paesi più aperti all’esterno del mondo, e non mi pare abbiano intenzione di rinunciare alla loro lingua: scommetto che ci sono anche programmi in finlandese.
Se ne deduce, direi, che non ci possiamo più permettere di parlare una lingua a discapito di un’altra.
Da che mondo è mondo, la storia la fanno i forti. Triste, avvilente, ingiusto ma è così e l’unico modo di dissentire è quello di esprimersi in maniera tale che tante più persone siano in grado di comprenderci.
P.s Tutti i finlandesi parlano correttamente anche l’inglese oltre che alla loro lingua, cosa che nel nostro paese non avviene.
Ho un’amica danese che ovviamente parla correttamente inglese e tedesco oltre che l’italiano e ovviamente il danese.
Dove vuoi che vada solo con il danese? – mi ha detto una volta – noi siamo un paese così piccolo che per noi imparare l’ingelse è essenziale come imparare la nostra lingua.
@Laura2: Irritata con chi parla con la erre moscia??
Io ci sono nata, ad esempio..mica lo faccio apposta.Non sapevo di poter far irritare qualcuno solo dicendo: “BuongioRno!!”
Vedi alle volte..si capiscono tante cose… :D
il prossimo che ripete a pappagallo “il sardo non è un dialetto ma una lingua” lo insulto. la distinzione tra lingue e dialetti è solo una convenzione, soprattutto in italia
il prossimo che ripete a pappagallo “il sardo non è un dialetto ma una lingua” lo insulto. la distinzione tra lingue e dialetti è solo una convenzione, soprattutto in italia
tutti i “dialetti” italiani sono lingue
Lo insulti in dialetto naturalmente :-)))
Ho vissuto magnificamente tre mesi in Finlandia senza sapere una parola di finlandese, perchè tutti, ma proprio tutti i finlandesi parlano correttamente inglese, oltre che lo svedese, che è lingua obbligatoria ( ogni scritta pubblica è sia in finlandese che in svedese e a volte anche l russo).
Ma il punto è questo: i giornalisti credono forse che utilizzare una persona che parla uno stretto dialetto renda il servizio più “vero” e “spontaneo”: e poi facciamoci caso, è molto più facile che questo succeda col napoletano che fa tanto simpatia rispetto, ad esempio, al bergamasco.
già che siamo arrivati agli insulti: io insulto questo paese insulso e inventato dal nulla, che è l’Italia, senza nessuna ragione per restare in piedi, e che ciononostante ha disboscato completamente la mia isola e ha mandato al morire al fronte durante in particolare la prima guerra mondiale (per non parlare delle altre) migliaia di sardi (che per inciso nella stragrande maggioranza non sapevano parlare italiano) in proporzione ben maggiore delle altre regioni italiane, utilizzandoli come carne da cannone. per non parlare dei maleducati e degli arroganti che ogni estate popolano le nostre coste (e per prevenire prevedibili obiezioni, portano soldi a ben pochi sardi).
se poi non abbiate mai preso in mano nella vostra vita un libro di filologia romanza o un atlante linguistico, è una cosa che mi interessa veramente poco. per il resto chiunque potrà constatare quanto noi abbiamo in comune con un milanese piuttosto che invece con un corso, un catalano o anche un castigliano, ma non pretendo che nelle vostre larghe vedute che abbracciano addirittura un’intera penisola e non possono certo andare oltre, siate in grado di intenderlo.
infine, e questa è una risposta a te, vis, non ti viene in mente che è proprio perchè sono piccoli che paesi come la danimarca, la finlandia, e, per rimanere più vicini alla nostra cultura, il portogallo, hanno un’apertura maggiore all’esterno e si parla con molta più facilità le lingue straniere (per inciso: sapere il sardo rende molto più facile l’apprendimento per esempio dello spagnolo). e non ti viene in mente che invece sono quei paesi come l’italia , la spagna e la francia (che guardacaso hanno sempre avuto politiche ostili alle loro lingue interne) ad essere quelli in europa dove meno si parlano le lingue? e prova ad esempio ad andare nella, a tua maniera di vedere, “ottusa” catalogna che difende e formalizza la sua lingua (o dialetto, ma prova a dirlo a loro) e poi fatti un viaggio in qualunque parte della castiglia che non sia madrid. vedrai dove saranno più aperti, più colti, più coscienti del valore dell’apertura al mondo. solo chi appoggia la ricchezza culturale si ritroverà con un paese veramente sviluppato, l’italia ovviamente rimarrà indietro, con i suoi film doppiati e con la pretesa tirannia interna della cultura italiana.
e, prima o poi, auspico, cambierà profondamente o si sfascierà. non necessariamente politicamente: semplicemente i migliori cominceranno ad andarsene, come sta già succedendo.