Sarà finita? Chissà.
Per intanto, riassunto:
Cap. 1 – Vietato Puzzare Cap. 3 – Vietato Fumare (parte I) Cap. 4 – Vietato Append. – Ottoemezzo sul fumo (puntata trascritta) |
Cap. 2 – Vietato Mangiare Cap. 3 – Vietato Fumare (parte II) Cap. 5 – Requisitoria |
In effetti è assurdo strillare al proibizionismo sinchè ci sono le tabaccherie. Fumare non è proibito.
Per molti, da quando il tabacco fu scoperto e provato, si stava peggio quando si stava peggio. Lo scopritore della Virginia, Walter Raleigh, venne decapitato a Londra per avere portato un carico di tabacco e pipe. Nel Seicento per i fumatori russi c’erano frustate sulla schiena, a quelli indiani si tagliavano le labbra, a quelli cinesi la testa, agli iraniani – sempre all’avanguardia – si tagliavano naso e orecchie o gli si versava piombo fuso in gola. Nel 1642 il Papa scomunicò tutti i fumatori. La sigaretta fu inventata e fabbricata in serie solo verso la fine dell’Ottocento, ma immediatamente quindici stati americani misero il tabacco fuorilegge. Di che ci lamentiamo?
Qualche esempio già compare nel capitolo precedente, ma non sono certo finiti. Nel maggio 2001 la California ha varato un programma antifumo che prevedeva annunci radiofonici su tutte le stazioni di Stato, trasmessi ogni mezz’ora: s’invitava la gente a rimproverare qualsiasi fumatore si avesse incontrato. Due mesi dopo, a Ottawa, in Canada, il fumo veniva proibito ufficialmente ovunque fuorchè in strada e in casa propria, inaugurando un trend non solo occidentale: in Nigeria nel marzo 2002 hanno varato una legge che prevede cinque anni di carcere duro per chiunque fumi in pubblico. Cinque. Tre mesi dopo il partito democratico giapponese proponeva un mese di carcere per chiunque fumasse in strada. La fobia prendeva forma. Del resto è dal 1998 che prosegue il concorso internazionale Smetti e vinci inventato dal governo finlandese con l’appoggio dell’Organizzazione mondiale della sanità: primo premio diecimila dollari. Ma niente di male, in fondo. Anzi.
Poi, però. uno sceriffo impose come regola per gli aspiranti poliziotti americani non solo che non fumassero, e non solo che avessero smesso: che avessero smesso da almeno un anno. La cosiddetta tolleranza zero per i fumatori del resto è dell’agosto 2002: il sindaco di New York Michael Bloomberg, noto per intolleranze forse più benemerite, vietò completamente il fumo in tredicimila ristoranti della città e inaugurò delle squadre che potevano irrompere senza mandato in qualsiasi locale sinchè non avessero trovi il corpo del reato: per esempio un portacenere, anche se pulito e imboscato in qualche cassetto. La cosa ovviamente suscitò reazioni e disobbedienze anche clamorose e una successiva inchiesta della Nightlife Association dimostrò che il proibizionismo stava causato danni per miliardi di dollari alla vita notturna, tanto che Bloomberg dovette promuovere delle esenzioni per i locali che potevano dimostrare d’aver perso più del 15 per cento dei profitti.
Un caso isolato? Basti che il governo norvegese frattanto proponeva di estendere il divieto a tutto il territorio nazionale, e che in tutto l’Occidente fioccarono i primi telefoni verdi antifumo. Se non era fobia, doveva assomigliarle: nel settembre successivo, in una scuola dell’Ontario, un’insegnante costrinse un tredicenne a mangiare la sigaretta che stava fumando. A New Smyrna Beach, in Florida, un altro tredicenne veniva ucciso a bastonate da un compagno convinto che avesse regalato sigarette al fratellino. A Picayune, in Luisiana, una fumatrice incinta – perciò ritenuta due volte assassina – fu dapprima insultata e poi le spararono al termine di un litigio. Episodi pretestuosi, forse. Come quello del 38enne australiano che nel gennaio 2003 disse alla moglie che non sopportava più il suo fumo (passivo) sicchè la strangolò per poi seppellirla nel giardino di casa sua, sotto una gittata di cemento che poi trasformò in un patio: vi installò sopra un barbecue e invitò gli amici a mangiare bistecche. Notare che secondo svariate ricerche il fumo dei barbecue è assai più dannoso di quello da sigaretta. Sul patio di casa propria, un mese dopo, a Palm Springs, c’era anche un tizio che voleva fumarsi un sigaro prima di andare a dormire come faceva ogni sera: ma il vicino prese a protestare perché il fumo passivo lo stava uccidendo, disse; il fumatore si avviò verso la porta di casa per andare a fumare dentro, e fu qui che il vicino lo assalì quasi ammazzamdolo di botte. La cosa finì in tribunale: fu sporta denuncia per avvelenamento da fumo passivo. Finì in tribunale anche un’altra storiella: nella New York della tolleranza zero, nell’aprile 1993, un buttafuori di un bar chiese a due tizi di spegnere le sigarette in ossequio alle norme volute da Mike Bloomberg; i due però rifiutarono e insomma fu rissa, sinchè il buttafuori si accasciò in una pozza di sangue. Morto.
In alcuni condomini di Manhattan è già proibito fumare dentro casa propria, altrimenti scatta l’obbligo di vendere l’appartamento. Anche in Svizzera l’inquilino può chiedere la riduzione dell’affitto se nei dintorni ci sono dei fumatori. A Victoria, in Australia, mandare i fumatori in strada non è bastato: le autorità sanitarie hanno valutato se confinarli in appositi locali denominati safe ingesting rooms, camere sicure per ingestione.
Un vago sospetto che la fobia stesse tramutandosi in crudeltà si affacciò nel gennaio 2003, quando in California fu votata una norma per vietare il tabacco dalle carceri: dunque, ufficialmente, per contribuire a tagliare la spesa sanitaria e per migliorare la salute dei detenuti. Non occorre improvvisarsi sociologi per comprendere o sapere che il fumo è abitudine più diffusa tra i socio-economicamente svantaggiati (insomma i poveri) e che spesso, e non a caso, viviene un pilastro esistenziale nelle abitudini di chi non può averne più di tante. Tuttavia non basta essere dei non fumatori: forse occorre anche essere profondamente ottusi per non riuscire a immaginare minimamente quanto una sigaretta, per un fumatore abituale, sia una fonte di autocontrollo e comunque una preziosa e intima sensazione che un non fumatore non potrà mai capire. In Italia, per fortuna, una norma analoga è stata fermata dall’approvazione di un emendamento di Rifondazione Comunista. Il fanatismo cattivo allo stato puro, in compenso, è stato raggiunto negli Usa quando a un condannato a morte è stata rifiutata la tradizionale ultima sigaretta: ritenendo, forse, che potesse accorciargli la vita. Tutto a questo, in sostanza, a fronte di un’escalation mondiale della legislazione anti-fumo semplicemente impressionante.
E in Italia? In Italia abbiamo il ministro della Sanità Girolamo Sirchia. Appena insediato, propose la chiusura dei distributori automatici di sigarette perché disse che erano una tentazione per i minori: tuttavia dovette fronteggiare la rivolta dei tantissimi tabaccai che in ossequio a un’altra e recente legge – i distributori le macchinette erano appena tornati legali – avevano investito denaro in un’attività lecita. Sirchia ha ottenuto una vittoria parziale: le macchinette ora funzionano solo dopo una certa ora della sera.
Un’altra trovata di Sirchia, poi abbandonata perché oggettivamente ridicola, fu la proposta di mettere delle scritte dissuasive sotto le vecchie scene dei film in cui sono inquadrati fumatori: dal solito Humprey Bogart a James Bond con le sue Morland Special, ma nondimeno Marcello Mastroianni con le sue Nazionali esportazione.
Il capolavoro di Girolamo Sirchia comunque resta la normativa antifumo approvata al Senato il 21 dicembre 2002. In soldoni la legge prevede il divieto di fumare nei locali aperti al pubblico (se chiusi) con la possibilità di creare delle salette per fumatori che però siano di dimensione inferiore; la legge, inoltre, prevede delle multe sino a 2000 euro che sono raddoppiate se nei paraggi ci sono donne incinte o bambini; la legge prevede, infine, l’istituzione dello “sceriffo” antifumo un po’ come negli Usa. In una seconda fase si è aggiunto il divieto totale di fumo sui treni nazionali (sui regionali era già vietato) e l’eliminazione di zone fumatori negli aeroporti.
Dov’è il problema? Ovunque. Se la legge fosse correttamente applicata – ma non sarà correttamente applicata, come capita con tutte le leggi eccessive e improbabili, in Italia soprattutto – vediamo che la maggioranza dei ristoranti e dei locali in teoria chiuderà la porta ai fumatori: solo una minoranza degli esercizi ha spazi fisicamente separabili al suo interno. Il proprietario di un esercizio, fosse pure fumatore, dovrebbe ritrovarsi quindi costretto a una scelta forzata che non corrisponde alle proporzioni del mercato, giacchè i fumatori sono molti ma pur sempre in minoranza.
Come vedremo più avanti, in ogni caso, uno studio piuttosto noto ha calcolato che una persona che vada al ristorante tutti i giorni, e sieda per un’ora e mezzo nella sezione fumatori, si espone a una quantità di fumo che corrisponde allo 0,146 di una sigaretta nell’arco dell’intero anno. Ma, a parte questo, a rimanere oscura è la ragione per cui debbano essere definiti pubblici dei luoghi che non sono pubblici per niente, ma nei quali il proprietario non è libero di fare ciò che ritenga. Nei cinema è comprensibile per motivi di sicurezza: ora, però, alla fine del primo tempo, non puoi neppure più fumare in un angolo dell’atrio. Ti mandano in strada.
E’ plausibile che non si fumi in uffici e amministrazioni e scuole e soprattutto ospedali: essendo spazi pubblici, vince la maggioranza e il buon senso. Ma i medici che fumano negli ospedali andrebbero anzitutto multati e nel caso, in privato, presi a calci: non radiati dall’albo e licenziati come proposto dal direttore dell’Istituto Negri Silvio Garattini. Il buon senso dovrebbe valere anche per trasporti pubblici a breve percorrenza: vietare le carrozze fumatori sui treni tuttavia appalesa non solo un accanimento di principio – i fumatori, per ore e ore, non devono fumare neppure tra di loro – ma inquadra tutto il velleitarismo etico di questa legge: certe campagne neosalutistiche seguiteranno a trionfare nei paesi protestanti ma sono destinate a fallire qui nel suk latino, laddove si troverà sempre una mediazione affinchè si possa seguitare a peccare senza infastidire troppo, se possibile. E dopo un periodo di breve isteria – gente che non entrava nei ristoranti o che scendeva alle stazioni per fumare – tutti difatti si sono arrangiati in qualche modo. Nei ristoranti la zona fumatori è spesso separata da un bel niente. Sui treni o si fuma lo stesso – soprattutto al Sud – o ci si chiude al cesso col capotreno che fa spallucce.
Poi c’è la faccenda delle scritte terrorizzanti, sulle quali è già stata fatta abbastanza ironia. Il ricco assortimento di ventilate sciagure (impotenza, cancro, infarto, bambini deformi) è solo la versione italiana: in Canada scrivono “Non avvelenarci” e “Il fumo provoca malattie alla bocca”. Anche in Francia non scherzano, per quanto il record l’abbiano battuto in televisione: la rete Tfl nel luglio 2002 ha mandato in onda uno spot con un uomo in agonia per tumore ai polmoni (non un attore: un uomo davvero in agonia) filmato dalla moglie prima che morisse.
In Italia è andata cone doveva, ossia col fiorire di un businnes delle copertine copri-pacchetto: da San Gennaro a Marx, dalle scritte “Basta aprire la finestra” al demenziale “Attenti al cane”. Ma non interessa questo: interessa che a un paio d’anni dall’introduzione di queste scritte il bilancio è controproducente. Uno studio della Comunità Europea, reso noto nel febbraio 2004, ha evidenziato che intanto i fumatori sono aumentati. In Italia i fumatori restano 14 milioni (dati Istat) e sono 230 milioni nel resto d’Europa e 1 miliardo e 300 milioni in tutto il mondo. Non solo: il 72 per cento degli europei appare consapevole dei danni provocati dal fumo ma sceglie ugualmente di fumare, dunque ecco la classifica dei Paesi in cui si fuma di più: 1) Regno Unito con il 45 per cento della popolazione; 2) Francia con il 44; 3) Danimarca con il 43; Grecia col 42; Italia col 35 per cento.
Non solo: esattamente come negli Usa, aumentano i giovani fumatori anche in Italia (23) e dunque in Europa. I tassi più alti si registrano nella fascia d’età 15-24 anni. Dal 2001, in Europa, le donne fumatrici hanno superato gli uomini. Non soddisfatta, la Commissione europea ha fatto sapere che al posto delle scritte antifumo forse sarebbero più efficaci le cosiddette immagini-choc: tumori, bambini morti, polmoni incatramati. Ma la decisione di inserire le immagini luttuose è stata lasciata ai singoli Stati.
Che altro è cambiato, allora? E’ cambiato che le sigarette erano un pretesto per socializzare e ora lo sono diventate per litigare. Quando non sono la dinamite, sono la miccia. Nel Belpaese pur notoriamente tollerante, e insofferente alle restrizioni, fece impressione la vicenda dei tre italiani che nella primavera 2004 dissero a un ucraino di spegnere la sigaretta – erano nella sala d’aspetto della stazione di Bologna – col risultato che l’uomo prima uscì a fumarsela ma poi tornò indietro e li accoltellò tutti e tre.
L’Italia attende al varco una reale applicazione della legge anti-fumo, ma così pure attende tutta Europa: e piacerebbe sapere, per esempio, che cosa rischia di succedere in Irlanda laddove il governo ha vietato il fumo nei pub. E’ come se vietassero la grappa nelle osterie venete, la polenta taragna in Valtellina, il caffè nei ministeri: con la complicazione di dover fronteggiare un branco di irlandesi imbufaliti – come magari hanno già tracannato alcune pinte di birra scura- ai quali spiegare, cortesemente, che il fumo uccide: c’è il rischio che ve lo dimostrino.
Il mondo anglosassone – dove le sigarette costano anche 17 euro a pacchetto contro i 2 della Spagna – rimane il miglior specchio di un possibile futuro. In Inghilterra non mancano medici che rifiutano di curare pazienti fumatori: ad alcuni di essi sono stati rifiutati degli interventi chirurgici e almeno uno è morto per questo. Sul Daily Telegraph si è letta l’intervista a un tizio che si era rotto il pollice: “Sono andato in ospedale e la prima cosa che mi è stata chiesta è quanto avevo bevuto e se ero un fumatore”. Non mancano testimonianze secondo le quali il rifiuto di un’operazione a un fumatore è stato usato come ricatto per farlo smettere: questo nonostante sia provato che in molti casi i fumatori hanno un miglior decorso operatorio.
Fumatori che tuttavia – è il precetto fondante – muoiono come mosche. Quanti? Dovrebbero mettersi d’accordo. In Italia, sino al 1999, si diceva genericamente che ogni anno ne morissero 70mila. La maggioranza dei giornali, dal 2000 in poi, ha continuato a dire che fossero 90mila. Secondo l’Istituto Superiore della Sanità, nel tardo 2002, erano 81mila mentre 90mila – spiegavano – era stato il numero di morti sino al 1990: di lì in poi c’era stato un calo di quasi dieci punti percentuali. Bene. Poi il ministro della Sanità Girolamo Sirchia, il primo giugno 2003, durante la presentazione del Rapporto annuale sul fumo all’Istituto Superiore di Sanità, disse che in Italia i morti erano 53 mila. Benissimo. Ventisei giorni dopo, Sul Corriere della Sera, Sirchia però tornò a dire che in Italia il tabagismo fa 90mila morti l’anno.
E nel mondo? L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2002, disse ufficialmente che i morti da tabagismo erano quattro milioni e novecentomila l’anno, e che peraltro stavano aumentando. L’anno dopo però la stessa Organizzazione disse che i morti erano diventati quattro milioni e che ad aumentare erano stati i fumatori. Alcune fonti riportano che l’Oms per il 2004 ha parlato di tre milioni. Non fosse chiaro, qui ballano cifre con scarti di 40mila morti (in Italia) e di un paio di milioni nel mondo. Andrebbe inoltre spiegato, prendendo per buoni i dati dell’Istituto superiore della sanità, per qual ragione il numero dei morti sarebbe diminuito ma il numero dei fumatori, frattanto, no.
Stesso discorso per gli Stati Uniti: la maggioranza dei dati converge su 390mila morti nel 1995, 400mila nel 1998, 420mila del 2000 e 440mila del 2002. Non è chiaro, anche qui, per quale ragione i morti sarebbero aumentati mentre il numero dei fumatori era ufficialmente in drastico calo. Volessimo incaponirci, dovremmo anche comprendere – sono tutte statistiche note – perché gli indiani americani fumano più dei bianchi ma hanno a metà dei tumori, perché le donne cinesi hanno la più alta incidenza mondiale di tumori benchè fumi solo il 2 per cento di esse, perché i giapponesi sono i secondi maggiori fumatori del mondo ma la minor percentuale di tumori del mondo e l’aspettativa di vita più lunga: aggiungendo che gli asiatici che vivono negli Stati Uniti, tutti forti fumatori con punte che giungono al 90 per cento, hanno un’aspettativa di vita di sette anni maggiore di quella degli americani bianchi.
Ma non vogliamo dimostrare niente, nel dire questo. Il punto è se altri, viceversa, coi loro studi allarmistici, siano effettivamente in grado di dimostrare qualcosa: ma rimandiamo la questione di qualche pagina.
Preferiamo soffermarci su una domanda che ciascuno si è posto almeno una volta nella vita: perché non lo mettono fuori legge, se fa così male? Perché non lo proibiscono? Domanda non peregrina. La tentazione tirare in ballo i soliti interessi economici è stucchevole, sì, ma ha un fondamento: oltre agli interessi delle multinazionali del tabacco – viste come una sorta di Spectre – andrebbe ricordato che il Monopolio dei tabacchi italiani si avvia al tramonto, ma al contrario della sua produzione: la Comunità europea investe milioni di euro in campagne anti-tabaccoma così pure elargisce all’Italia (in particolare a Veneto e Umbria e Campania) altissimi sovvenzionamenti per una coltivazione che è classificata come attività di particolare interesse. Il nostro Paese ne è il primo produttore europeo.
Ma le ragioni economiche, come detto, non reggono anche perché sono economiche le ragioni per cui il tabacco viene combattuto: è il discorso, già fatto, della lotta a tutti gli stili di vita rimuovibili che possono gravare sulla spesa sanitaria. Va detto, considerati gli attuali concetti di salubrità, che se le sigarette fossero inventate domattina non sarebbero assolutamente messe in circolazioneperchè non otterrebbero i vari placet: questo al pari della stragrande maggioranza delle bevande alcoliche e probabilmente di alcuni cibi. Su questo non vi è il minimo dubbio.
Piuttosto che alla proibizione è più probabile che per il tabacco si giunga a un vero e proprio vaccino. Le sperimentazioni sono piuttosto avanzate e dovrebbero riguardare in primis la cocaina e poi appunto il tabacco: una volta iniettato, il vaccino dovrebbe avvisare il sistema immunitario che nel sangue vi sono molecole incriminate e quindi stimolare la produzione di particolari anticorpi. Ciò che appare spaventoso, col dovuto permesso, non è tanto che il principio sia stato associato anche a possibili vaccini contro alcune cosiddette droghe alimentari: il caffè o il cioccolato o i formaggi, come vedremo più avanti; inquietante è che si parli espressamente di iniettare questi vaccini dalla nascita.
Non si pensi, in ogni caso, che la proposta di vietare completamente il tabacco non sia stata comunque avanzata: l’ha fatta propria l’autorevole rivista medica Lancet nel dicembre 2003. Questa la visione dall’alto. Tornando in basso, al fanatismo, vediamo che nella cittadina di Wintroph, vicino a Boston, l’amministrazione comunale ha votato una delibera per vietare il consumo e la vendita di sigarette su tutto il territorio cittadino. Si è già detto della Nigeria e dei suoi cinque anni di carcere per i fumatori stradali. Aggiungiamo un altro paese d’avanguardia: il Buthan, che dal gennaio 2003 aspira a diventare il primo paese del mondo dove fumare sia vietato a chiunque e dovunque.
Vien da chiedersi se la Nigeria e il Buthan non abbiano altri problemi, ma neppure questo è un buon argomentare. Sarebbe facile cadere nella tentazione del facile comparazionismo, nel vizio retorico di far intendere che i problemi da affrontare siano altri: classico espediente discorsivo di chi non ha mai mosso un dito in nessuno dei casi. E’ facile dire che ci sono cause di morte ben più gravi delle sigarette, e che prima dovremmo occuparci di quelle. Non si tratta infatti di fare questo discorso: si tratta di restituire un senso delle proporzioni a tutto ciò che è causa di morte perché inevitabilmente fa parte della vita.
E allora procediamo. Con un esempio. Il Sunday Times, l’8 giugno 1997, scrisse che il governo Britannico aveva approvato un rapporto secondo il quale una percentuale dal trenta al settanta per cento di tutti i tumori (l’intervallo di rischio è po’ vago, ma le statistiche sono così) era attribuibile al tipo di alimentazione, e più in generale che l’alimentazione aveva una causalità di morte dieci volte maggiore del fumo. Questo mentre, nello stesso periodo, il 90 per cento dei tumori al polmone era comunque attribuito al fumo. Questo mentre, nello stesso periodo, una ricerca dell’Environmental Protection Agency spiegava che il gas radon era responsabile del 30 per cento delle morti per tumore ai polmoni. Questo mentre, nello stesso periodo, un altro studio attribuiva alla professione del deceduto il 40 per cento delle morti per tumore ai polmoni. Questo mentre altre percentuali, ricavate da altri studi, legavano i morti per tumore ai polmoni nondimeno a cause tra le più varie e disparate: i motori diesel, il caffè, gli uccellini da voliera. Ora: sommando il 30-70 per cento del primo studio al 90 per cento del secondo al 40 per cento del terzo, più le percentuali delle altre cazzate tipo il caffè e gli uccellini, se ne evince che in Inghilterra la gente muore almeno due volte.
Facciamo gli spiritosi? Non tanto. Forse a farlo sono i giornalisti. Questo ha scritto nel febbraio 1998 il redattore responsabile della pagina della medicina del Daily Telegraph: “La percentuale dei tumori non diminuisce di quanto dovrebbe, le persone continuano a fumare e i giovani fumatori rimpiazzano quelli che muoiono”. Quattro giorni dopo scriveva il suo corrispettivo del Times: “Negli ultimi 30 anni l’incidenza di cancro ai polmoni è diminuita annualmente del 2-3 per cento, più di quanto ci si potesse aspettare dalla diminuzione del numero di persone che fumano”.
E noi che dovremmo capire? Niente, se non che è il caso di riavvicinarsi al senso delle proporzioni. Col giochetto delle comparazioni potremmo ricordare che una giornata nel centro di una metropoli corrisponde all’aspirazione di tredici sigarette, che una morte su un milione può essere ricondotta al consumo di carne, una su 500mila a incidenti ferroviari, una su 250mila al soffocamento da cibo, una su 26mila a incidenti domestici, una su ottomila a incidenti stradali. Oppure potremmo mettere a paragone l’incidenza dell’abbronzatura sui melanomi rispetto a qualsivoglia rischio da tabacco, o meglio: potremmo citare uno dei più famosi e controversi studi sul fumo e ricordare che le possibilità di un non-fumatore di contrarre un tumore polmonare dal consorte, dopo un’intera vita di esposizione in sua conpagnia, sono una su 16.393. In confronto, secondo un altro studio sui rischi della vita moderna, vediamo che le probabilità di farsi male sotto la doccia sono una su millecinquecento, e le probabilità di essere seriamente danneggiati da cuscini e materassi sono una su seicentocinquanta.
Una vita d’inferno? Mettiamo le scritte sul cuscino? E’ poca roba, in confronto all’annichilimento che dovremmo far nostro se volessimo considerare la spaventosa caterva di studi-spazzatura che i giornali regolarmente amplificano secondo metriche che andremo a spiegare tra breve.
Per intanto qualche altro esempio:
- Per i possessori di uccellini da compagnia, la possibilità di contrarre tumori polmonari è sette volte maggiore.
- Le pillole anticoncezionali aumentano il rischio di tumore alla cervice del seno.
- I profilattici possono provocare tumori alle ovaie o al seno.
- La fertilizzazione in vitro o le terapie di sostituzione ormonale possono provocare tumori alle ovaie o al seno.
- Gli uomini con madri che abbiano utilizzato ormoni sono portati a sviluppare il tumore alla prostata.
- I raggi x possono provocare tumori.
- Il fluoro dell’acqua può provocare tumori.
- Vivere vicino a campi elettromagnetici può provocare tumori.
- Il forno elettrico, il forno a microonde, persino l’aspirapolvere: possono provocare tumori.
- Tra i farmaci e gli interventi che possono provocare tumori: quelli per abbassare il colestereolo, per aumentare la fertilità, i diuretici, quelli per abbassare la pressione sanguigna, le operazioni chirurgiche al seno, le vasectomie, i trapianti, la vitamina k per i neonati.
Mancano le percentuali di rischio, ma adesso ci arriviamo.
Intanto, per le malattie al cuore, oltre al fumo, sono stati identificati circa trecento 300 fattori di rischio. Tra questi:
- essere uomo
- essere vedovo
- essere italiano
- essere mormone
- bere molto
- bere poco
- bere molto latte
- bere poco latte
- essere astemi
- essere povero
- essere ricco
- russare
- non mangiare carne di sgombro
filippo: TI AMO.
oh, raga, ma quanto e’ figo sto facci?? mii, che fotina.
Il libro rischia di nascere vecchio, perché nel frattempo il Bhutan è già diventato il primo paese nel mondo dove è vietato fumare per legge e lo stato australiano del Queensland vedrà dal primo gennaio norme più rigide che imporranno il divieto di fumare sulle spiagge sorvegliate da bagnini, in tutti gli stadi e impianti sportivi, entro quattro metri dagli ingressi degli edifici ed entro dieci da scuole e campi di giochi per bambini. E intanto gli sceriffi antifumo circolano nelle nostre Università a controllare i fumatori, ma forse non sono abbastanza John Wayne e chi fuma continua a fumare. Cominciando dal professore che fuma in faccia alla studentessa che lo sta consultando per la tesi.
Inoltre, va bene, sarà pure carina la storia del “38enne australiano che nel gennaio 2003 disse alla moglie che non sopportava più il suo fumo (passivo) sicchè la strangolò per poi seppellirla nel giardino di casa sua, sotto una gittata di cemento che poi trasformò in un patio: vi installò sopra un barbecue e invitò gli amici a mangiare bistecche”. Però era un pazzo, quindi forse escluso da ogni statistica. Sarebbe come citare le vecchiette di Arsenico e vecchi merletti, parlando di liquori.
PS: che cosa è la cervice del seno?
Io suppongo il lapsus di qualcuno che vorrebbe non avere molta familiarità con il genere femminile.
“…odontotecnico wagneriano bello e intelligente e drogato…” : sull’odontotecnico wagneriano e drogato siamo tutti d’ accordo.
Anch’io ho una storia dove c’entrano il vicino di casa e mia moglie.
A mia moglie è venuto l’esaurimento nervoso e poi la depressione.
Sapete, non riusciamo ad avere figli in modo naturale; presso il Dipartimento per le Coppie Subfertili nella nostra A.S.L. (che tra l’altro vantava un’invidiabile percentuale di successi) ci hanno confessato che – con i termini della legge attuale – è praticamente impossibile riuscire ad impostare una campagna di procreazione assistita seria e così ci hanno consigliato un posto, a Barcellona.
Così a mia moglie è venuto l’esaurimento nervoso, etc…
Il mio vicino di casa, quest’estate, è sbucato da dietro il divisorio del balcone e mi ha chiamato: stavo leggendo e sì, mi stavo fumando una sigaretta (in casa non fumo, perché a mia moglie, che non è fumatrice, dà fastidio). Il vento tirava verso di me, perché sentivo perfettamente l’odore del cavolfiore che sua moglie aveva cucinato per cena.
Mi ha detto, il vicino, che preferiva se non fumavo. Perché, scusi? Ah, perché ad una puntata di “Elisir” dell’inverno precedente, c’era tipo Giada De Blank che raccontava che ad un suo cugino che non aveva mai toccato una sigaretta in vita sua era venuto il cancro ai polmoni, perché lavorava alla B.N.L. (alla B.N.L. – è noto – fumano tutti).
Ben presto, se le cose andranno avanti su questa linea politica, il mio vicino potrà impormi di non fumare sul mio balcone e, qualora io non ottemperassi alla sua richiesta, potrà chiamare i vigili (sì, vabbè, la Polizia Municipale: è la stessa roba, è inutile che cerchiamo di attribuire a certe cose, tramite le parole, una dignità che non meritano e che quindi non avranno mai. Leggete Wittgenstein, zucconi. Quello vero.) e farmi multare, persino arrestare, financo condannare.
Il mio vicino, che non lavora alla B.N.L., avrà comunque la stessa identica possibilità di ammalarsi di tumore polmonare che aveva quando io potevo fumare le mie 3 sigarette serali sul balcone.
Perché il mio vicino lavora a Torino ed ogni santo giorno – aspettando il tram, spostandosi da un posto all’altro, mangiando nei dehor dei bar, etc… – interagisce in un ambiente nel quale le polveri sottili e tutti gli altri indicatori dell’inquinamento atmosferico sono costantemente al di sopra di qualsiasi parametro limite, nazionale ed europeo. E la domenica, quando fermano il traffico e quei valori scendono, lui non è a Torino.
E dato che l’art. 32 della Costituzione, quello del diritto alla salute dell’individuo, avrà esaurito la sua funzione difendendo il mio vicino dalle mie sigarette, alla salute (mentale) di mia moglie dovrò pensarci io (e meno male che c’è Capezzone).
Sono ben felice di farlo, intendiamoci, però mi intristisce un po’ pensare che c’è comunque una discriminazione, rispetto a questo argomento; discriminazione che, nello specifico, è indirizzata verso mia moglie.
Avete presente quelli che mentre parli non ti ascoltano veramente perchè mentalmente stanno solo preparando una replica a quello che stai dicendo ma non hai neppire interamente detto? Rina Scita.
su, filippo, non te la prendere. pensa, io ho letto tutto il post/stralcio del libro, soono d’accordo con quello che scrivi e nemmeno fumo…
Illuminante quello che scrive Tommaso. L’insofferenza e la volontà di prevaricazione dei non fumatori stanno raggiungendo il limite.
Peggio per loro.
Aspetto il seguito.
Esistono indagini poco attendibili e anche studi scientifici poco attendibili. E’ per questo che esistono infinite incongruenze.
Era quello che cercavo di dire, spiegando che forse bisogna capire almeno qualcosina di scienza per poter selezionare gli studi effettuati.
Secondo poi : citare giornalisti che scrivono di salute come fonti attendibili è altrettanto pericoloso. Se ti cito Mirabella che dice ad Elisir, ti sto dicendo la verità?
Terzo : in Medicina esiste un procedimento statistico chiamato “stratificazione del rischio”. Esempio : i lavoratori che sono a contatto con le fibre di asbesto (tralascio poi le specifiche sul tipo di fibre, ecc.) sono più esposti al rischio di carcinoma broncogeno (oltre che di mesotelioma pleurico). Questo rischio che è diciamo X, diventa 400X se questi personaggi FUMANO.
QUesto per dire che il fumo non è solamente un fattore assoluto, ma anche (e a volte soprattutto) un cofattore precipitante.
E’ anche per questo che sembra francamente ridicolo sottolineare l’incongruenza tra aumento dei tumori e calo dei fumatori. Perché non c’è una sola causa di tumore broncogeno (ritorno alla somma dei fattori di rischio e componente genetica) e soprattutto perché il processo di carcinogenesi spesso si verifica a distanza di molti anni, quindi dopo una VITA di abuso. Fare una relazione lineare così a breve termine fa sorridere per la sua ingenuità.
Magari però verrà tutto risolto nella seconda parte. Speriamo (per i lettori).
Sì, Filippo, non te la prendere.In fondo quando andrò in libreria cercherò il tuo libro. E comunque grazie per la citazione. Fa sempre curriculum.
Ma un libro in cui è scritto che “il Buthan … dal gennaio 2003 aspira a diventare il primo paese del mondo dove fumare sia vietato a chiunque e dovunque”, alla fine del 2004 è già un po’ superato, poiché è dal 17 Dicembre 2004 che il Buthan applicherà norme che vietano la vendita e il consumo di tabacco. A meno che questo testo non venga corretto prima di essere dato alle stampe.
Perché mai, Federico, tralasciare le specifiche sul tipo di fibre? Guarda che anche noi abbiamo fatto i compiti, sai? Abbiamo passato Mineralogia con 30 e lode e Petrografia con 30, dunque sulle fibre dell’amianto possiamo dire la nostra: con orgoglio ed a testa alta, che son cose. E poi era la parte più interessante del post….
caro giordanobruno, i non fumatori sono solo stufi di intossicarsi anche x colpa di chi fuma. Basta già il traffico, ma se volete fumare è giusto che lo facciate dove non date fastidio, è una questione di R-I-S-P-E-T-T-O non so se conosci il termine.
Sai qual è la sottile differenza tra chi non fuma e chi lo fa? Semplicemente il non fumatore quando ti sta vicino NON fumando non ti dà fastidio in tal senso e non rischia di rovinarti la salute.
Pensaci. Poi a casa vostra potete fumarvi anche 2 stecche al giorno, ma nei luoghi pubblici proprio no.
yuhuuu, un’altra automarchetta!
http://www.epicentro.iss.it/cong_leb/deangelis.htm
poi ognuno faccia come gli pare ma sapendo i reali rischi.
io fumo ma non mi metto a posto la coscienza leggendo cazzate che mi tranquillizzano e chi ci vuole fare i soldi su questo mi sta pure un pò sul cazzo.
ciò non vuol dire che i salutisti non rompano eccessivamente le palle, ma non esageriamo.
noel – appunto. io, ripeto, non fumo. per fortuna conosco gente educata che quando fuma non lo fa direttamente verso la mia faccia, né in ambienti chiusi, dove, suppongo, darebbe fastidio pure a loro. e, onestamente, tanto mi basta. se sono a casa mia, gli faccio presente che mi dà fastidio, e, se proprio vogliono fumare lo stesso, apro la finestra.
Caro Noel, io mi riferivo a quello che ha scritto Tommaso. Rispetto sì, ma da entrambe le parti. Se fumo sul balcone, all’aperto quindi, e il vicino mi dice di non farlo, lo subisso di pernacchie.
O Rina, che palle. Ma riposati. Il libro è stato consegnato a fine agosto 2004. Non è alle stampe: è in libreria. Ho scritto che è dal gennaio 2003 il Buthan ‘aspira a diventare’ eccetera: il che è vero e resta vero. Poi, che dal 17 dicembre succedera quel che hai detto, lo so e l’ho pure scritto sul Giornale. Ma i libri sono così. Potrete trovare magari anche delle altre cose relativamente superate, ma superate dalla cronaca: non dal loro significato. Nel libro per esempio scrivo che in California da anni vogliono vietare il fumo dalle carceri: il che è stato definitivamente deciso, successivamente, quando il libro era quasi in stampa: sicchè ho fatto solamente in tempo a precisarlo nelle note. Cambia qualcosa? Ripeto: evidenziate delle critiche serie – se ne avete, anche privatamente – e piantatela di accampare le critiche come scusa per evidenziare voi stessi.
“accampare le critiche come scusa per evidenziare voi stessi”.
ma senti chi parla!
filì, tu stai criticando la comunità medica e scientifica di tutto il mondo per vendere un libro.
Grazie, Silvestro. Così mi evito di rispondere a questo creatore di cervici del seno.
Tommaso, il fatto che io parli prettamente di Medicina riguardo ad un argomento a lei strettamente correlato ti dà tanto fastidio?
Ho fatto quella precisazione tra parentesi perché fibre di asbesto diverse si correlano diversamente con il rischio di carcinoma polmonare e mesotelioma. La precisazione è d’obbligo, perché su questi argomenti BISOGNA essere precisi e non approssimativi.
Contento se hai superato mineralogia con una buona votazione. Significa che conosci già l’importanza della precisazione (Sì?).
Giorgia, secondo me rispetto vuol dire anche evitare di chiedere di fumare a casa di non fumatori. Io a casa mia non faccio fumare nessuno, chi vuole può farlo sul balcone che si a agosto o gennaio con 10 gradi sottozero.
Giordanobruno il tuo vicino è esagerato, concordo col fatto che non debba romperti le palle se fumi a casa tua.
Mi piacerebbe che tutti i fumatori ragionassero così…
Walter Raleigh, veniva maledetto anche da John Lennon… mi ha fatto strano rileggere questo nome, mi sono messo a cantare « I’m so tired » .
Io non sto criticando la comunità medica e scientifica di tutto il mondo per vendere un libro. Io vendo un libro – che voi leggete gratis – per criticare la comunità medica e scientifica di tutto il mondo.
non c’è nulla da dire allora filì, nel migliore dei casi sei un coraggioso
…e magari per insegnare pure qualcosa a questa comunità medica e scientifica di tutto il mondo.
ok, vorrei sapere, dopo tutte queste parole, tra post e commenti : a quanto state? dov’è la classifica? e poi : dopo tutte queste parole, chi ha cambiato l’idea con la quale era partito?
un acquario e i suoi pesci.
Filippo Facci, sulla critica alla comunità medica e scientifica lavoro anche io (dall’interno) nel mio piccolo. Quello che dico è che purtroppo mi sembra (almeno da quello che ho letto) che il discorso risulti credibile e anche godibile solamente per chi non ha gli strumenti (non intellettivi, chiariamo per Tommaso) per capire l’ingenuità di certe dimostrazioni. Se il tutto è una grande provocazione, allora passi. Ma se aspira ad attendibilità scientifica, allora dico che purtroppo c’è da rimpiangere Elisir.
federico, ciao. Voglio dirti che leggo solo i tuoi commenti, già da un paio di giorni: da quando hai colto la mia citazione (firmata ambrogio). Perchè è così che funziona : uno ti sta simpatico e trovi interessante quello che scrive. Se ti è antipatico, scrive stronzate.
Funziona anche che uno ti piace ma a volte pensi che scriva stronzate.
Gente, date retta al Dr. Federico, ascoltatelo: qualora ciò che avete letto e ancora leggerete abbia destato o desterà il vostro interesse, sappiate che è perchè non avete gli strumenti. E’ perchè siete ingenui. Dopodichè, da dilettante, non spenderò più una parola per commentare i commenti (?) dei rosiconi professionisti.
ha ragione facci.
secondo me la terra è piatta ed è il sole che ci gira attorno.
c’è percaso in giro un fisico astronomo rosicone che gli devo fare il culo?
ah, dimenticavo, troverete i miei dotti pensieri a 9.90 euri in tutte le librerie
Forse c’è un misunderstanding di fondo, da chiarire: uno dei grossi pregi di Facci, in questo libro, è quello di aver evidenziato come una campagna di “informazione” orchestrata con astuzia ed abilità riesca ad orientare in maniera particolarmente sensibile le posizioni dell’opinione pubblica. E’ vero, dare troppe informazioni al popolino rischia di confonderlo: meglio dargliene poche e scelte con cura, in modo che poi su quelle poche si sviluppi il dibattito. Ergo, il fumo passivo uccide quanto il fumo attivo.
E’ una stronzata, è scienza-spazzatura (è scientificamente dimostrato essere una stronzata, non è una cazzata perché lo dico io). Però questa posizione – guarda un po’ – è diventata prevalente. Talmente prevalente da essere assunta come base per condurre una campagna violentissima contro i fumatori: continuando a dire che il fumo ti uccide, potevi sentirti rispondere che sono cazzi miei; dire che uccide anche quelli intorno a te lo ha reso un problema sociale, al quale non puoi più rispondere in quel modo.
E dato che, se io bevo fino a sfinirmi ma poi torno a casa in taxi, nessuno dovrebbe aver nulla da dire in proposito, ecco che me la si mette in culo trasformando il mio vizio solitario in un potenziale peso per il S.S.N.
Idem per quanto e cosa mangio, idem per il casco, idem per le cinture di sicurezza, etc…
Allora il problema di fondo rimane: lo Stato che diritto ha di rinfacciare a me (che, tra l’altro, pago le tasse e da 15 anni non faccio un giorno di malattia) il fatto che, se continuo con questi comportamenti, dovrà spendere dei soldi per curarmi e di non farlo, per esempio, nei confronti dello sciatore della domenica che si sfonda il ginocchio uscendo di pista? Eppure, a rigore, sarebbero entrambe cause “rimovibili”.
Ho talmente apprezzato il libro di Facci che credo ne comprerò un centinaio di copie per regalarlo a Natale agli amici non fumatori.
tommà, facci mette pure in dubbio che il fumo attivo faccia male, questa è una grandissima balla.
sulle “libertà” individuali trovo differente l’esempio del casco da quello del fumo.
entrambi hanno un costo per la comunità, ma io, essendo un seguace della teoria evoluzionistica, il casco lo lascerei facoltativo. se uno va in giro senza non mi rompe le palle, cazzi suoi. se uno fuma al ristorante mentre mangio mi urta perchè mi dà fastidio. io fumatore sono il primo ad uscire se voglio fumare, ma allo stesso tempo pretenderei sale per i fumatori, è questione di civiltà da entrambe le parti.
ma se voglio informarmi sui danni che può provocare il fumo vado da qualcuno che studia la cosa da almeno 11 anni (università+specializzazione) e che mi sa rispondere in base a nozioni serie, non vado certo dal primo giornalista che si sveglia la mattina e che decide che la sua opinione è rivoluzionaria e che corrisponde alla verità (ammessa la buonafede).
se ti si rompe il rubinetto ti rivolgi ad un idraulico o ad un ausiliare del traffico?
ognuno fuma a casa sua, in un club di fumatori o per strada. Da altre parti no, poche balle!
Si comincia bene… Sir Walter Raleigh non fu condannato a morte per aver portato un carico di tabacco e pipe ma per aver cospirato contro il re.
Poi il discorso sull’aumento dei tumori al polmone in controtendenza con quello dei fumatori, negli Stati Uniti, fa semplicemente ridere perchè nessuno ha mai detto che il fumo sia la sola causa di tumore al polmone, né che lo causi istantaneamente.
Uh! Scritto inutile.
Voto 3!
Torno a ripetere, zucconi, che il nocciolo del discorso non è Facci e/o quello che sostiene. IMHO il fulcro è nel modo in cui viene gestita l’informazione, la controinformazione e la disinformazione.
Federico fa ironia su ”Elisir”. Io ci farei attenzione, perché siamo in pochi a leggere riviste scientifiche (e la maggioranza di noi, ci scommetterei, legge solo quelle inerenti il proprio campo): pertanto è proprio attraverso Gargiulo, Mirabella e compagnia bella che l’homo sapiens del terzo millennio si forma le proprie opinioni in materia scientifica; un uomo che, dopo un pranzo domenicale di 3 ore e ½ (con i suoceri), ha passato tutto il pomeriggio sul divano del “salotto”, prima in compagnia di Guido Meda, poi alle falde del Kilimangiaro ed alla fine con Emilio Fede che aggrotta il sopracciglio; quest’uomo, il cui sangue ha la stessa densità del mercurio; quest’uomo, che se si alzasse in piedi di scatto gli girerebbe la testa; quest’uomo, che ha sulle pareti interne delle arterie delle placche di grasso da impermeabilizzarci il tetto del condominio: ebbene è proprio quest’uomo che poi mi vede sul balcone che fumo (sottovento) e mi rompe i coglioni.
Perché dalla sua c’è Garattini, che ha un’opinione autorevole per qualsiasi argomento (purchè sia trattabile a Porta–a-porta: dalla droga al cha-cha-cha); io, come controparte e come “chiusura” del panino telegiornalistico, al limite posso proporre Sirchia (!), oltre naturalmente alla classica puttanona, ex fumatrice pentita.
Bell’affare, non c’è che dire.
sig. Facci, lei mi somiglia al Filippo conte Nardi del GF 2 o 3. Figo insomma! Il libro non lo commento, perchè lei non ha un mio libro da ri-commentare in caso di stroncatura per rifarsi. Io non scrivo libri. Credo che il mondo abbia abbastanza libri (quasi) inutili.
ff, una sera. facendo zapping con un solo occhio aperto, ti ho intravisto ospite di un programma idiota, stavi litignado con il davanzale di mascia lesbo chic. Da quel momento ti ho ricoperto di pregiudizi..
perchè? perchè CRONACHE MARZIANE??
tommà, sai cosa non ha senso?
la campagna antifumo da chi sarebbe stata orchestrata, dal servizio sanitario nazionale?
perchè garattini quando parla è a quello che fa riferimento.
non ci sarebbe nessun motivo economico per fare una campagna del genere, lo stato ci fa anche i soldi con la vendita dei tabacchi.
invece hai ragione sulle eccessive preoccupazioni dei salutisti sul fumo passivo, ma quello è una goccia rispetto a quanto afferma il buon filippo.
guardala anche dall’altra parte, secondo te chi ci guadagnerebbe invece da una campagna pro-fumo?
a parte i giornalisti che cercano sponda per vendere libri intendo.
Ma la gigantesca marchetta continua ancora o finisce qui? Con i 9.90 euro (anzi dollari) si fa prima a comprarsi il gioco in cui bisogna far fuori kennedy.
Sono straordinariamente curioso di poter avere tra le mani questo sfruculiante libello ma purtroppo le librerie di Verona e Padova pare non siano a conoscenza delle edizioni “Biblioteca di via del Senato”. Facci, chieda un miglior distribuzione delle sue opere.
Sono straordinariamente desideroso di poter avere tra le mani questo sfruculiante libello ma purtroppo le librerie di Verona e Padova pare non siano a conoscenza delle edizioni “Biblioteca di via del Senato”. Facci, chieda un miglior distribuzione delle sue opere.
@ Silvestro: non credo che questo sia un libro pro-multinazionali del tabacco. L’hai letto? Se Facci avesse voluto fare un libro-cadeaux del tipo “con i migliori auguri da Phillip Morris” credo che non avrebbe avuto tanti problemi a scriverlo.
Piuttosto, da questo punto di vista, penso che sia un libro scomodo: converrebbe stare allineati e coperti con le dritte del Ministero della Salute, se uno volesse una carriera da giornalista “istituzionale”.
Oltre al controllo dell’informazione, rimane poi l’altro argomento: quello di uno Stato guidato da un Governo che – a parole – ha fatto del liberalismo il proprio cavallo di battaglia ma che poi, nei fatti, si sta dimostrando molto più “impiccione”, nei cazzi del singolo, di un qualsiasi regime politico di stampo sovietico.
Ma questa è un’altra storia. Forse è meglio piantarla, perché Calvin si sta annoiando perché non può sparare a Kennedy, finchè noi discutiamo.
Informazione tecnica: la casa editrice per ora è sconosciuta perchè è nuovissima. Per la distribuzione no problems, perchè è curata da Mondadori.
tommà, a parte che la maggior parte di quello che ha scritto facci è fuffa, non ho detto che aiuterebbe la philip morris, ho detto che aiuterebbe facci e il suo ultimo commento qui sopra ne è la dimostrazione.
questo ti dovrebbe chiarire un pò le idee.
sulla “scomodità” di un libro del genere ti ho espresso i miei dubbi prima.
la finisco anch’io, solo per calvin però
“se uno volesse una carriera da giornalista “istituzionale”” detta a proposito di uno che lavora per Il Giornale mi lascia un po’ stranito… anche se Facci ne è sicuramente un esempio atipico.
Lodevole l’iniziativa di combattere i luoghi comuni (il fumo passivo fa male punto e basta), peccato si corra il rischio di ricaderci dall’altro lato (il fumo passivo non fa male punto e basta).
Splendido, non so perchè ma della Mondadori mi fido.
Eh già Roger, perchè il Giornale è realmente una rampa di lancio. Verso Libero, forse. O verso una commissione parlamentare inutile.
Però – adesso che mi ci fai pensare – potremmo approfittarne per farci raccontare da Facci che fine ha fatto il Conte, quello lì del cicogna, della mortadella e della tartaruga.
Informo che: 1) Silvestro è un cretino; 2) Sono sotto contratto da Mondadori dal 1997, e aspettano tre miei libri; 3) Sono io che ho esplicitamente voluto fare questo libro con un’altra casa editrice, cosa che Mondadori non ha gradito; 4) io la carriera l’ho già fatta da un pezzo, e il mio obiettivo è il presente; chi vuole, s’informi sul mio curriculum; 5) aspettate che Neri si decida a pubblicare il seguito del libro, cazzo: vi risparmierete un sacco di cazzate. Ecco uno stralcio del Filippo Facci pagato dalle multinazionali: “Come già detto, a nostro dire, il vizio del fumo non vale la candela se non in proporzioni che siano moderate quanto sostanzialmente innocue per sé e per gli altri: e tuttavia assai difficili a ottenersi. Tutto sommato, calcolando le probabilità che il tabacco divenga un vizio e non solo un piacere, forse non varrebbe la pena neppure di iniziare: quindi niente di male nel scoraggiare i giovani dal farlo – senza terrorizzarli: si è visto come sia controproducente – e così pure niente di male nel vietare la pubblicità del tabacco: è stato dimostrato che il 30 per cento dei ragazzi ha iniziato a fumare perché attirato da messaggi pubblicitari (60).
Le compagnie di tabacco da quest’ultimo punto di vista hanno un atteggiamento insopportabile: da una parte promuovono altri prodotti col marchio bellamente in evidenza – vestiti, viaggi, safari, tutto quanto sia riconducibile a una vita avventurosa – e dall’altra, ufficialmente, “non vogliono che i minori fumino” e giungono a mettere per iscritto:
“La nostra risposta è semplice: la prevenzione del fumo tra i giovani ha un intrinseco valore commerciale… Non si può gestire un’impresa di successo senza tenere conto delle aspettative della società. E allora sì, la prevenzione del fumo tra i giovani fa parte dei nostri interessi commerciali. Ma va ben al di là di questo. In realtà, visti i gravi danni alla salute causati dai nostri prodotti, crediamo che impedire ai minori di fumare sia un nostro dovere. Prendiamo sul serio la nostra responsabilità sociale. E il fumo tra i giovani è un problema sociale. È improbabile che delle misure a breve termine e delle campagne antifumo una tantum possano risolverlo.Quello che occorre è un impegno costante e diffuso, e il nostro intento è quello di collaborare con tutta la società per elaborare una soluzione a lungo termine… Attualmente sosteniamo circa 100 programmi antifumo rivolti ai giovani in quasi 90 paesi, con l’obiettivo principale di insegnare ai ragazzi a dire di no al fumo e di stabilire delle leggi che impediscano loro di acquistare sigarette” (61).
Bene, occorre essere dei deficienti per credere davvero che una multinazionale conduca una campagna seria per non vendere i propri prodotti. La loro è chiaramente una politica, e pure abile. Da una parte sanno che il tabacco difficilmente verrà affatto proibito, dalla’altra confidano – e con ragione, per ora – sul fallimento delle campagne mondiali contro il fumo così come sono condotte ora. Non meno stucchevoli paiono le miriade di iniziative “sociali” sostenute da varie fondazioni legate alle multinazionali, le quali, ancora, giungono a elaborare strategie di marketing all’apparenza suicide:
“Supportiamo le leggi che richiedono ai produttori di sigarette di apporre avvertenze sanitarie sui pacchetti di sigarette e nelle pubblicità. Nei paesi in cui non esistono tali leggi apponiamo volontariamente avvertenze sui pacchetti, sulle stecche e nelle pubblicità… Sosteniamo le organizzazioni che lottano contro la fame nel mondo, forniscono soccorso in caso di calamità, assistono le vittime della violenza domestica… Si prega di consultare la sezione «Smettere di fumare» del nostro sito web” (61).
Insopportabili. E ipocriti due volte: nel 1994, negli Stati Uniti, vennero alla luce dei documenti che sino ad allora erano stati scrupolosamente custoditi: dimostravano come il potere della nicotina di dare dipendenza fosse noto sin dagli anni Sessanta, cosa che le multinazionali avevano sempre negato. Invece non solo gli era noto, ma nel segreto del loro laboratori trovarono il modo di sfruttare e ampliare le dipendenze: aggiunsero dei composti a base di ammoniaca per accelerare il rilascio della nicotina e ne aggiunsero altri a base di cacao per produrre teobromina, una sostanza che dilata i bronchi agevolando l’aspirazione e l’afflusso del fumo. Solo per questo le multinazionali meriterebbero i miliardi di dollari che sinora hanno dovuto pagare per cause penali e civili che, viceversa, appaiono quasi sempre improbabili perché legate al fumo passivo.
Le multinazionali su questo seguitano genericamente a negare (63) ma l’evidenza (64) è concreta e, come detto, i produttori non negano perlomeno la dipendenza da nicotina, che è molto più subdola di quanto non pensino soprattutto i non-fumatori. La sigarette è una droga (65) a tutti gli effetti. La Food and Drug Administration negli Stati Uniti ha rilevato dati impressionanti:
– L’87 per cento dei fumatori fuma ogni giorno.
– Quasi due terzi dei fumatori accendono la prima sigaretta entro mezz’ora dal risveglio.
– L’84,3 per cento di coloro che fumano 20 o più sigarette al giorno hanno tentato senza successo di ridurne il numero.
– Un fumatore che fa un serio tentativo di smettere ha meno del 5 per cento di probabilità di esserci realmente riuscito un anno più tardi.
–
– Il 70 per cento dei fumatori sostiene di voler smettere completamente di fumare.
– L’83-87 per cento delle persone che fumano più di 26 sigarette al giorno ritiene di aver sviluppato una dipendenza.- Quasi la metà dei fumatori che si sottopongono a intervento chirurgico per cancro al polmone riprende a fumare.
– Anche dopo l’asportazione della laringe, il 40 per cento ha tentato di riprendere a fumare.
– Tra coloro che appaiono fortemente determinati a smettere, e ricevono un’assistenza medica ottimale, la metà è in grado di smettere solo per una settimana, mentre a lungo termine la percentuale di fallimento è pari a oltre l’80 per cento.
(in nota: vedrete quando Neri si decide a pubblicare) vado espressamente a parlare dei ridicoli della Philip Morris).