Le camurrie di don Totò

Tanto per abbaiareFra cui presenziare alla cerimonia per il generale dalla Chiesa. Ma che gliene frega a lui di un carabiniere morto per liberare la Sicilia dalla mafia? E nella Palermo vile di oggi, il suddito s’inginocchia…

Sicilia. Dopo la pausa estiva torna alacre al lavoro il governo regionale. Fra i primi provvedimenti uno stanziamento per ospitare a Trapani, l’anno prossimo, l’America’s Cup di vela. E poi capitolati, norme ad hoc, leggi, leggine, appalti, assessori insediati, poltrone da rigirare: c’è molto da fare, in questo nuovo anno istituzionale, sia per gli affari ordinari che per quelli nuovi. Il più laborioso è sicuramente don Totò Cuffaro. Non solo deve lavorare come un negro per fare il presidente della regione; nei ritagli di tempo gli tocca anche di fare la spia per Cosa Nostra il che, Mitrokin insegna, non è un lavoro leggero. Almeno, così pensano i magistrati, che infatti lo vedrebbero volentieri in galera.

Lui non si preoccupa e tira dritto. Telefona a questo, rassicura quello, avverti quell’altro ancora; l’altra volta, fra le tantissime cose cui metter mano, c’era pure la camurria di dover presenziare, inquantocché Capo della Regione, alla lapide di quel generale, il carabiniere ammazzato – ma come accidenti si chiamava? – perché secondo lui doveva liberare da Cosa Nostra la Sicilia. E va bene, andiamoci pure, visto che è dovere. Cravatta, scorta, autoblù e sorriso; e via alla cerimonia. Da donde, i pochi onesti che c’erano appena da lontano lo vedono si voltano, s’azzittano e sgattaiolano via, a partire dai magistrati.

Don Totò resta a stringere mani “di rappresentanti delle istituzioni e di semplici cittadini” fra cui uno che, non sapendo come meglio esprimergli la propria devozione, s’inginocchia sul marciapiede e gli bacia la mano. Don Totò, sbirciando i carabinieri vivi, sorride tutto spavaldo come un re normanno; il suddito, dal basso in alto, gli sorride timidamente dal marciapiede; brigadieri e appuntati, impassibili sull’attenti, cercano – per quanto consente la posizione – di guardare schifati dall’altra parte. Quanto a lui, quello che è morto là dove ora quel palermitano è inginocchiato, non dice nulla. Egli infatti riposa in un paese lontano, ben lungi da questa vile terra di Sicilia.


Autostrada. Tornati a casa, gli italiani si raccontano l’un l’altro le avventure delle vacanze, di cui la principale di solito è il rientro attraverso la Salerno-Reggio Calabria, l’“autostrada” che mezza Italia è condannata ad attraversare ogni estate. Altro che ponti sullo Stretto: aggiornate la Salerno-Reggio Calabria, fatene un’autostrada e create una cosa utile una volta tanto. Ma nessuno è mai passato alla storia per aver riparato una cosa che c’era prima.

Italia. Verrà spostata in Argentina la produzione dell’ultimo motore Fiat che ancora si producesse a Torino. Sedicimila posti in meno, nel giro di un anno, nella grande industria. Delle altre imprese, una su quattro lavora completamente in nero.

Cronaca. Villa San Giovanni. Si dimette dopo l’ennesima intimidazione (stavolta, cinque pallottole per posta) il sindaco Cassone, noto per le sue denuncie degli affari mafiosi sul ponte dello Stretto.

Cronaca. Palermo. E’ morto cadendo da una scala mal fissata un operaio dei cantieri navali, Vincenzo Viola di trentacinque anni. Viola faceva il sindacalista e l’ultima denuncia che aveva presentata, subito prima di andare in ferie, riguardava proprio quella scala non messa in sicurezza.

vzxc66@excite.it (via Macchianera) wrote:

“Il nostro giornalismo e il loro”. Interessante, ma credo che tu abbia fatto un po’ di confusione. Quello che Feltri (per esempio) fa non è giornalismo “vecchia maniera” è semplicemente “propaganda”. E’ un modo di usare i mezzi di comunicazione di massa e controllare l’informazione noto e codificato fin dagli anni ’20. Nella propaganda il controllo sociale si realizza con il controllo dei mezzi di informazione. Ogni fatto, anche quello apparentemente opposto, viene usato al fine di rafforzare il consenso verso una precisa idea. Esemplare come si sono risolte (cioè nel nulla) sia la vicenda delle false notizie sulle armi di distruzione di massa, che quella delle torture di Abu Grahib.

Da questo punto di vista è piuttosto interessante notare che da quando sono nati gli strumenti di comunicazione di massa, come la stampa, già nel tardo Settecento sono stati costruiti dei bavagli, dei sistemi per controllare la libera e incontrollata circolazione delle idee. Uno di questi è il copyright. Ancora oggi in Italia se qualcuno cerca di far circolare un giornale non registrato al Tribunale rischia una denuncia per “stampa sovversiva”. A prescindere dai contenuti. Purtroppo la vera libertà di stampa fa paura. Perché come insegna il caso Internet una circolazione di informazioni troppo libera e incontrollata espone, per paradosso, anche alla falsificazione dei fatti, al rischio della manipolazione della realtà, senza prove e fondamenti oggettivi.

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2 Commenti

  1. Già, in effetti Cuffaro ha da fare per tutti, viste le lunghissime vacanze di cui godono i membri del Consiglio Regionale della Sicilia…! Se non ci pensa lui, come fa la clientela a continuare?

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