Troppo tranquilla questa estate blogger, lo dicevo io.
Succede così che, come già altre volte, Macchianera vi racconta una storia. Una brutta storia.
Voce narrante è Lello Voce, con il destino scritto nel nome, Emcee di Poetry Slam, nonché colui che ha diffuso lo Slam in Italia. Il vero slam.
Mettetevi comodi, e leggete.
“Io sono contrario al copyright. Lo aborro. Ciò non toglie che pensi che chiunque copi le idee altrui, o si impossessi degli scritti degli altri, delle loro iniziative, in modo fraudolento, distorcendole e infangandole, sia un pessimo soggetto. E’ falso ed ipocrita, per dirla con evangelica litote.
Per questo, dopo molti mesi di pazienza, ho deciso che era arrivato il momento di dire basta.
Signori di Interrete giù le zampe dal Poetry Slam! E giù le zampe da ciò che scrivo!
Ma vi faccio un sunto dell’intera faccenda, prima di proseguire…
Qualche tempo fa, a maggio, nei giorni dell’ultima Fiera del Libro di Torino, mi giunge una telefonata allarmata dagli amici di Sparajurij: «Lello, guarda che c’è un tizio, qua al Lingotto, che delira e dice di essere stato lui a introdurre il Poetry Slam in Italia!» Sono cascato dalle nuvole. A chi poteva venire in mente di dire castronerie del genere in pubblico, e per giunta alla Fiera del Libro di Torino?
La storia della nascita dello Slam in Italia è ampiamente notiziata, ne hanno parlato quotidiani, settimanali, riviste, siti Internet, trasmissioni radio e televisive. Su una cosa non c’è dubbio alcuno: che ad aver organizzato il primo Poetry Slam italiano è stato il sottoscritto, con Nanni Balestrini e Luigi Cinque, nel marzo del 2001, vincitrice Sara Ventroni, ospite Edoardo Sanguineti, e che al sottoscritto si deve la sua diffusione in Italia. Potrei fare un elenco lunghissimo di pezzi giornalistici, trasmissioni, interviste, che confermano quello che dico. Lo sanno anche le pietre in Italia e – posso dirlo senza ibris – anche qualcuno fuori d’Italia (potrei citare Marc Kelly Smith ad esempio, o Rayl Patzack, o gli amici del Poetry Festival di Rotterdam). Sul mio stesso sito c’è materiale in abbondanza. Dunque inutile tediarvi ancora. Chi vorrà controllare, ne avrà agio.
Ma allora perché un tale signor Rossano Trentin, che era lì con il signor Andrea Giannasi e che con l’ulteriore signor Massimiliano Zantedeschi mi risulta che diriga l’inclita associazione culturale Interrete, da me mai conosciuto, invitato nientemeno che alla Fiera del Libro di Torino per organizzare uno Slam, invece di slammare, stava lì a dire bugie in pubblico e a farsi bello con le iniziative altrui?
Era mai possibile che chi dirigeva una manifestazione prestigiosa fosse stato tanto malaccorto da mettersi nelle mani di un tizio del genere? Ma era proprio così. Una vera vergogna, ma le cose stavano proprio in questo modo!
Gli amici di Sparajurj, ovviamente, alla fine della dotta prolusione del Trentin, si sono alzati e hanno detto a tutti come stavano le cose. Lui pare che abbia biascicato qualche scusa, né mi risulta che poi chi dirige tanto prestigiosa manifestazione libraria si sia curato di cacciarlo via a calcioni nel sedere per le figure grame che procurava. Morta lì. E morta lì pure per me, anche se molti amici mi dicevano: fa’ qualcosa, questi qui procurano danni a tutti! Intervieni!
Ho lasciato perdere: in fondo erano fatti loro, loro problemi, se per sopravvivere nella giungla letteraria avevano bisogno di fare cose del genere. Da allora mi sono arrivate varie notizie (e proteste) su Slam male organizzati, con regole inventate lì per lì, e, di dritto o di storto, Interrete c’entrava sempre, ma continuavo a dirmi: lascia perdere, lo Slam non è proprietà di nessuno, ognuno si organizza gli Slam che si merita, ecc.
La pazienza l’ho persa qualche giorno fa, andando per caso visitare il loro sito. Non solo Gatto Trentin e Volpe Zantedeschi andavano in giro a dire frescacce, ma avevano pure deciso di cambiare il regolamento dello Slam – facendosene uno a uso, consumo e interesse proprio; non solo copiavano frasi intere dei miei scritti, senza il pudore di citare almeno una volta la fonte (un esempio tra tanti, dal loro Manifesto dello slam: «Lo Slam Poetry è un modo nuovo di proporre la poesia al grande pubblico, una modalità inedita e rivoluzionaria di ristrutturazione del rapporto poeta – lettore. Lo Slam è sport e arte della performance, è poesia sonora, vocale. Lungi dall’essere un salto oltre la critica, il Poetry Slam è un invito pressante al pubblico a farsi esso stesso critica viva e dinamica.» Belle frasi, peccato che siano copiate in modo pressoché integrale da miei scritti ampiamente pubblicati, ad esempio qui), ma a piè pagina ci avevano pure messo il simboletto del Copy. Per carità: proprietà letteraria riservata e privatissima!
Si mette il copy su idee, su frasi intere, copiate dagli altri… Robe da pazzi!
Ho sempre passato i compiti a scuola, ma ho sempre odiato chi provava a copiare alle mie spalle. Normalmente erano quelli, che non solo erano asini, ma anche viscidamente serpentini.
Infatti, il Regolamento di gara, i Signori di Interrete – tra un plagio e un altro dei miei scritti – se lo erano cambiato proprio bene: 4 giurati popolari e un Presidente (proprio così: un PPPPPRRRRResidente, ovviamente deciso da loro) in modo da tenere tutto sotto controllo… Bella roba davvero. Direi una vera truffa!
E chi non ci crede può andare a controllare qui, avendo la pazienza di andare all’art.6 di detto (anzi cosiddetto) Regolamento.
Ovviamente ognuno può organizzarsi le gare di poesia che gli pare e come gli pare, ma un Poetry Slam è un Poetry Slam e questa roba di Interrete con gli Slam non ha niente a che fare.
Tanto per chiarezza: lo Slam non tollera presidenze!
E taccio sulle altre incongruenze presenti nell’interessantissimo scritto, ma che chiunque potrà notare confrontandolo con l’originale e comunemente accettato regolamento ufficiale della Potery Slam Association e che è visibile qui.
Tuteliamo l’interesse dei consumatori (il pubblico) e dei lavoratori/produttori (i poeti) che fanno la meravigliosa realtà dello Slam italiano. Che mi prescinde e ormai (fortunatamente) mi sommerge. Ma che non ha niente a che fare con quanto organizzato da certi personaggi i quali, pur millantando meriti pionieristici, non hanno ancora capito che la dicitura giusta dell’evento è Poetry Slam e non Slam Poetry, essendo Poetry attributo del sostantivo Slam ed essendo la lingua in questione il buon vecchio inglese…
Personaggi che, con la presente, diffido dal continuare a copiare pezzi interi dei miei scritti senza citarne la fonte, poiché essi, pur non essendo tutelati da copyright, lo sono da Creative Common License (vulgaris: copyleft) che impedisce il riutilizzo di alcunché, se a fini di lucro e senza citarne la fonte. Altrimenti credo che ne parlerò al mio amico avvocato, che è nervoso e comunista. Ho bisogno di qualche soldo, il mio bambino cresce…
Invio copia della presente – of course – a Interrete, all’Ufficio stampa della Fiera del Libro di Torino e a qualche quotidiano, su e giù per l’Italia. Ovviamente non mi mancherà occasione per ripeterlo dal palco nel corso dei miei Slam…
Sarò grato a tutti gli amici blogger che vorranno – per amore della verità e per lo sfizio di fare uno sgarbo a chi mariuoleggia – riprodurlo nella loro column.
Se non ci diamo una mano tra noi, che non siamo favorevoli alla proprietà privata delle idee, finirà che certi paladini del copy ci ruberanno pure il sito su cui scriviamo!
No more, please, I’m staying tuned: buona fine di agosto a tutti!
Lello Voce
Un poeta che scrive “mi prescinde” e “notiziata” merita tutto fuorchè la solidarietà dei blogger. Al massimo si potrebbe organizzare una colletta per offrirgli un corso serale di italiano.
Dici di essere contrario al copyright, tuttavia ho visto che usi la creative common license e non tolleri che qualcuno ti copi senza citare la fonte. Non la trovi una contaddizione? Il copiright tutela la paternità dell’opera.
Non c’è alcuna contraddizione tra l’essere contrari al copyright e non tollerare l’appropriazione indebita di un proprio testo.
La Creative Commons Licence ideata da Lawrence Lessig è l’applicazione del concetto di copyleft originariamente ideato da Richard Stallman per il software alle opere letterarie.
L’unica cosa che il copyright tutela, nella formulazione che leggi sempre più restrittive gli han dato, è il diritto delle aziende che lucrano sulle opera d’ingegno, ovvero case editrici, discografiche e cinematografiche, di ricavare ingenti profitti dalla distribuzione controllata delle stesse e devolverne una piccola parte agli autori, tenendosi la fetta più grossa, per periodi sempre più lunghi di tempo.
Originariamente il copyright sulle “opere d’ingegno”, come anche i brevetti sulle invenzioni e le scoperte, è stato concepito per tutelare non tanto l’autore o l’inventore, quanto il diritto del pubblico di fruire delle stesse.
In rete esistono parecchi scritti interessanti sull’argomento.
Consiglio la lettura a chiunque sia interessato all’argomento, ma in particolare a chi esprime giudizi approssimativi e pressapochisti.
Massima solidarietà a Lello Voce, biasimo per i plagiari, grazie a Pros per aver diffuso la notizia.
Non mi piace granché Voce come poeta, anche il poetry slam non più di tanto, ma ha ragione.
Ah, pare che il manifesto sul sito di questa “agenzia letteraria” sia sparito (ma c’è scritto che organizzano il poetry slam numero uno in Italia…)