Non sempre l’Europa è civile

Tanto per abbaiareAdesso, per esempio, se la sta pigliando con la ricerca informatica, e con i libri. Tasse sulle biblioteche, brevetti sulle idee creative. Ma tutto ciò è “europeo”?

Europa. Non sempre l’Europa è civile. Quasi contemporaneamente, dal consiglio dell’Unione sono arrivate due direttive il cui effetto sarà – se disgraziatamente le seguiremo – di renderci tutti un po’ meno europei.
Una è “moderna”, e riguarda i programmi per i computer. Questi nascono sempre da idee elementari, analoghe a quelle – ruota, vela, alfabeto, torchio da stampa, vapore – che da sempre sono stati i gradini della civiltà. A partire da queste idee, vengono scritte i milioni di righe di codice che concretizzano questo o quel software; ma le idee sono semplici e collettive. Noi europei abbiamo sempre distinto fra idee e applicazioni: la ricetta della pasta con le sarde può anche appartenere a qualcuno, ma il concetto di pasta in sè, e del fuoco per cuocerla, e della necessità di un condimento, è libero, patrimonio di tutti e
universale.

Sulla ricetta, se le nonne ci avessero pensato, avrebbero potuto mettere il copyright; ma mai avrebbero potuto brevettare l’idea di pasta. Diversamente, la cucina mediterranea non esisterebbe e noi oggi saremmo tutti qui a mangiare chips e hamburger, come alcuni sciagurati purtroppo fanno. In America no: là avrebbero messo un brevetto proprio a monte, alla radice. Sarebbe nata la Pasta Corporation, l’unica autorizzata.

Ecco, sta succedendo proprio questo. La scrivania del computer, il menù, cestino, non sono delle applicazioni specifiche: sono idee. E dal momento che nascono appartengono a tutti. Questo è il sano buonsenso europeo: dall’idea viene idea, non si può imbrigliarla. Per questo noi ci siamo sviluppati come civiltà, e l’America come tecnologia. Adesso, per colpa principalmente della presidenza irlandese (l’Irlanda inventa pochissimo, ma ospita le colonie europeee dei monopoli americani), i ministri europei propongono di abbandonare il copyright europeo e adottare il brevetto americano. E’ un’idea terrificante, che significherebbe asfissiare la ricerca informatica nel giro di pochi anni. Avremmo costosi giocattoli, ognuno più stupido e inutile del precedente, ma non più capolavori come Linux o come il primo internet, quello del Cern. Sarebbe vietato sviluppare le idee, poiché ciascuna di esse apparterrebbe a una multinazionale.


Nell’indifferenza dell’opinione pubblica europea, le lobbies americane si sono mosse bene. Da un paio d’anni in qua sempre più stati adottano il software open source per le proprie amministrazioni (in Germania, per esempio, o in Brasile) e per le multinazionali è un obbligo fermare questa tendenza prima che sia troppo tardi, e che la massa dei consumatori si renda conto – ad esempio – di quanto Linux sia più efficente di Windows, oltre a costare molto meno. Nella campagna elettorale europea, una delle cose che distinguerà i candidati di destra da quelli realmente progressisti sarà che questi ultimi s’impegneranno a votare contro il brevetto all’americana e per la libertà della ricerca.
Attenzione: all’ultimo scontro parlamentare sulle tecnologie in Italia, quello sul decreto Urbani (arbitrario divieto di scaricare dall’internet senza fine di lucro), buona parte dell’“opposizione” non ha votato contro ma si è astenuta. Anche su questo si misura l’inadeguatezza della sinistra ufficiale, e la necessità di crearne una nuova.

La seconda direttiva “europea” è ancora più semplice e rozza, e punta al cuore della civiltà europea: proprio al libro. Il libro, il lettore dei libri, la biblioteca: nel fitto del medioevo, quando tutto era barbaro e peggio che americano, i monaci fondarono l’Europa non pregando un dio, ma organizzando biblioteche. Il rinascimento fu un affare di biblioteche. Non ci sarebbe stata Riforma senza Gutemberg e i torchi, e libri e biblioteche. Bologna, Sorbona, Cambridge, Padova – le vere capitali europee – furono città di biblioteche. L’Illuminismo, la legge uguale per tutti, i diritti; il socialismo umanitario, la scienza, la locomotiva; la democrazia: nulla di tutto ciò sarebbe potuto sorgere con la televisione o i pokemon o le guerre stellari. Ci volevano i libri, e le biblioteche.

Oggi, l’Europa burocrate pretende che i libri debbano essere non un diritto, ma un lusso: ogni cittadino europeo che voglia prendere un libro in una biblioteca europea dovrà pagare una tassa per questo lusso. La tassa è una monetina, un cinquanta cents: ma è una monetina simbolica e vergognosa. “Per ogni monetina che salta nella cassetta un’anima balza in paradiso…”: Lutero s’incazzò, e quel che successe s’è visto. “Per ogni cassa di tè, una moneta per il re…” : l’America si ribellò e fece i Tredici Stati. Adesso, è qualcosa del genere. La tassa dell’ignoranza non va pagata. Il ragazzo che entra nella bibliotechina di Racalmuto, e chiede in lettura un libro, è un ragazzo europeo; l’Europa che gli risponde “Prima dammi un soldo” invece non è europea.

Scritta sui muri. “Abbasso chi dico io”.

Elezioni. C’è un Partito della Bellezza. Dovrebbe evitare di mettere le foto dei candidati sui manifesti. Quelle viste finora sembrano del partito opposto.

Crisi. “Se noi prendiamo il 36 e Forza Italia il 19, c’è la crisi di governo”. D’Alema per una volta ha ragione. Dal governo rispondono: “manco a parlarne”. Le Camere saranno dunque sciolte da Ciampi. Da quel momento in poi, può succedere tutto.

Palermo. Sono 6060, secondo un’indagine del sindacato, i bambini fra i sette e i quattordici anni costretti a lavorare come ambulanti, fiorai, baristi o altro. Di loro, 684 hanno meno di undici anni.

Milano. Giovanissimi rumeni, dai dieci ai quindici anni, costretti a prostituirsi in piazza Trento. Denunciati a piede libero due stimabili professionisti locali sorpresi fra i “clienti”.

giovapuglisi@libero.it wrote:

Cari amici, ogni tanto scrivo dei messaggi sul sito catanese “Il Dito” sono anche registrato con nome e dati anagrafici per assumermi la responsabilità di ciò che scrivo. L’altro ieri ho riportato, in una mail al Dito, una notizia, senza commenti, apparsa sul sito di Repubblica che parlava della posizione contraria di Enzo Bianco, e di altri cinque o sei deputati di centrosinistra, sulla mozione unitaria delle opposizioni per il ritiro del contingente militare italiano dall’Iraq. Ebbene il messaggio è stato censurato! La censura così come accade alla Rai, a Mediaset, sulla Sicilia e così via. Sappiamo tutti che Il Dito è l’organo di informazione di Enzo Bianco, il politico che vuole governare Catania, ma se i metodi sono uguali a quelli di “Silvio & Sciampagnini”, di Vespa e Mentana, e non si ha il coraggio delle scelte che si compiono, dove sta la differenza e che cambiamo a fare?

Corrado Stajano (ormai dimenticato) wrote:

Caro direttore, la parola d’ordine nelle stanze alte del Corriere è sopire, troncare, minimizzare, allontanare il fuoco dalla paglia, fare in fretta, soprattutto, a collocare il nuovo direttore sulla poltrona con l’Enciclopedia Treccani di spalle. Io mi sono dimesso perché non credo per nulla nella versione ufficiale delle dimissioni di Ferruccio De Bortoli. Mi dimetto per protesta.
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4 Commenti

  1. Tanto per gradire, sulla questione brevetti: Microsoft ha da poco brevettato il doppio-click.

    Depression. :-(

  2. “Se io do’ una mela a te e tu dai una mela a me, abbiamo una mela a testa. Se tu mi dai un’idea e io ti do’ un’idea abbiamo due idee a testa.” È il principio base del Creative Commons, l’opposto dell’etica protestante che è alla base del concetto stesso di “proprietà intellettuale”. Congratulazioni per la scelta dell’argomento e per la chiarezza dell’esposizione.

  3. A proposito dell’elezione europee, il governo dice “manco a parlarne” ma poi la “lettera” con brochure :) allegata parlano dei risultati politici (ah ah ah) ottenuti dal governo, soprattutto in italia, oltre che nel mondo (di nuovo ah ah ah).
    Quindi, il governo si smentisce e dà ragione a D’alema. Non trovi?

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