Una normale storia industriale: gli operai fanno i picchetti, la proprietà chiama i capireparto a fare i crumiri, succedono i tafferugli, la polizia interviene. Una storia vecchissima. Deve durare ancora?
Fiat. I manganelli che si alzano e si abbassano, i celerini col casco, le tute degli operai. Storia antica. Questa volta, però, appare a tutti retrò, un vecchio documentario di RaiSat. A differenza di Avola o Genova, i celerini si sono comportartati – dicono – abbastanza umanamente: manganellate leggere (dicono i giornalisti) e con rincrescimento. Insomma, ci siamo civilizzati un po’ tutti. Quelli che non si sono civilizzati affatto sono i dirigenti di fabbrica, quelli che anticamente si chiamavano “i servi del padrone”. Leggendo attentamente le cronache, infatti, si evince che dei pullmann di crumiri che hanno cercato di rompere i picchetti la maggior parte erano semivuoti: uno solo era pieno, ed era esattamente quello in cui erano stati imbarcati tutti i capireparto. Ora, questa è una cosa vecchia come il cucco: la direzione, in via ufficiosa, fa sapere che chi vuol conservare i gradi deve dimostrare coi fatti il proprio attaccamento all’azienda. Non c’è un ordine scritto ma una di quelle proposte, come diceva quel tale, che non si possono rifiutare.
E’ esattamente la tecnica adottata in tutti gli stabilimenti Fiat negli ultimi sessant’anni: mobilitare i capetti, portarli al tafferuglio con gli operai, e poi scatenare la celere per “calmare la massa”. Io personalmente l’avrò vista una trentina di volte. E’ il modo con cui la famiglia Agnelli ha gestito generazione dopo generazione la principale azienda italiana, tecnologicamente così così, managerialmente medievale, e protetta con tutti i mezzi dallo stato italiano. Altro che communismo! Non c’è mai stata una fabbrica più communista della Fiat, nel senso di grande azienda di stato, finanziata coi soldi pubblici per produrre Trabant e ville per la nomenklatura.
Adesso la famiglia allargata Agnelli, le cui centinaia di membri possiedono la Fiat pur non avendo mai fatto un cazzo in vita loro (unico caso al mondo a parte la famiglia saudita) torna a battere cassa dallo stato: per salvare la Fiat, difendere l’industria nazionale e altre menate. Bene: stavolta gli Agnelli se vogliono i soldi nostri imparino un po’ l’educazione. Comincino a licenziare i dirigenti che hanno organizzato i pullmann di crumiri. Oppure nazionalizziamo la Fiat, come diceva Cossiga, pagandola esattamente un euro: con tutte le migliaia di miliardi che gli abbiamo regalati, il conto fra lo stato italiano e la famiglia Agnelli è esattamente questo.
Muri di Roma. Il solito megamanifesto “1.558.000 pensioni aumentate ai pensionati più poveri!”, e accanto il signor B. sorridente. Commento a pennarello: ‘A Robin Hood… vaffanculo.
Parole. “Se viviamo, viviamo per calpestare dei re”.
Spot. Parma. Foto di Cettina Calabrò in mostra per tutto maggio da Feltrinelli. Le foto sono state scattate nel corso di una “Operazione Fahrenheit” e hanno dunque a che fare – per quel che ci pare di capire – con la conservazione della memoria in situazioni difficili. Comunque, se v’interessa parlatene direttamente con l’autrice.
Info: cettica@msn.com
Persone. Gianni, quarant’anni fa, era un ragazzo con i baffetti alla Clark Gable (fuori moda già allora) e una forte passione per la politica. Purtroppo, era socialdemocratico: Saragat, il centrosinistra, il rinnegato Kautsky e tutto il resto. Una volta che i fascisti assalirono l’università, si presentò a difenderla insieme a tutti gli altri compagni, ma armato di ombrello. A differenza di molti valenti rivoluzionari di allora, è rimasto fedele alle sue idee: socialdemocratico e antifascista era allora, socialdemocratico e antifascista è rimasto. Di solito a Roma l’ncontravo alle varie manifestazioni di sinistra a cui cercava sempre di non mancare venendo su dalla Sicilia. L’ultima volta che l’ho visto è stato appunto a una di queste, e naturalmente l’ho preso in giro per i suoi baffetti retrò e la sua socialdemocrazia, come sempre.
umberto pavoncello wrote:
Toto wrote:
Flavio wrote:
Enzo wrote:
giapagg wrote:
PAGARLA 1 euro?
Da quando è nata la FIAT è costato allo Stato italiano qualcosa come 200.000 miliardi di lire per avere in cambio auto di medio-bassa qualità ed il coltello in mano circa le sorti degli operari. Io direi che dovrebbero pagare per farla nazionalizzare…
Io direi che non se ne deve far nulla: il semplice fatto che l’abbia detto Cossiga mi fa pensare che ci sono, nascosti da qualche parte, maneggi da sottobosco segreto. Che non mi sembra il caso di avallare.