Anche la vittoria, tuttavia, ebbe un suo prezzo. Ne ottenne il pagamento, pare, uno dei tre membri del Caf, Giulio Andreotti. Non di una tangente, si trattava, ma di una sia pur limitata rinuncia, destinata a rendere meno sfacciato il predominio dell’asse Craxi–Berlusconi. Il prezzo era una nuova “piccola spartizione” della Mondadori. Si vide Carlo De Benedetti sempre più spesso in visita al Presidente del Consiglio, e persino oratore appassionato ai convegni della sua corrente. Nel frattempo prima gli arbitri e poi il tribunale avevano dato ragione alla Cir di De Benedetti. Berlusconi decadde da presidente della Mondadori la sera del 29 giugno 1990, dopo centocinquantasei giorni di comando. Toccò poi ad un inedito mediatore, Giuseppe Ciarrapico, definire e solennizzare la spartizione. Per qualche settimana l’uomo di Andreotti e della Fiuggi fu visto, in tutti i telegiornali, trasferirsi da un quartier generale all’altro, da un albergo all’altro, per incontrare i contendenti. Nelle sue mani, in quelle mani, era dunque una parte importante della libertà di stampa in questo Paese: a tanto si era spinta la situazione nell’era del Caf.
Alla fine, Berlusconi si tenne il grosso della Mondadori e del monopolio della carta stampata. Furono scorporati l’Espresso, Repubblica, i quotidiani locali della Finegil e parte della concessionaria di pubblicità Manzoni.
La vittoria strategica di Berlusconi sarebbe poi stata perfezionata nella fase dell’assegnazione delle frequenze. Un ingegnere della Fininvest, come denunciarono i delegati di molte tv minori, si installò permanentemente al ministero delle Poste, retto da Oscar Mammì, che aveva come segretario un certo Davide Giacalone (destinato, più tardi, a finire come consulente di lusso sui libri paga Fininvest). Il “piano frequenze” che ne risultò era sfacciatamente favorevole alle tre reti nazionali e alle tre “pay tv” di Berlusconi.
Alla conclusione della guerra dell’informazione Sua emittenza poteva dirsi soddisfatto: portava a casa, e stavolta con sanzione di legge, il più grande impero della comunicazione mai esistito in un Paese democratico. In più, continuava a godere dell’appoggio illimitato del Principe, destinato, anche col suo sostegno, a dominare per decenni l’Italia.
Eravamo agli inizi del 1992, alla vigilia delle elezioni politiche. Proprio in quei giorni un oscuro sostituto procuratore di Milano, Antonio Di Pietro, aveva arrestato un personaggio di medio livello del mondo politico milanese, un certo signor Mario Chiesa.
All’atto della stesura di questo libro, Silvio Berlusconi non risulta coinvolto personalmente in Tangentopoli, anche se i suoi collaboratori più stretti – da Letta a Galliani a Confalonieri – sono indagati dalla magistratura per vicende varie connesse all’attività della Fininvest e alla spartizione delle frequenze. Tutto sommato, e anche rispetto ad altri colossi industriali, il gruppo è stato solo sfiorato dallo scandalo. E tuttavia il capitolo politico-giudiziario della storia italiana che va sotto il nome di Tangentopoli è stato certamente il più nero per il signor Silvio Berlusconi. Il fatto è che sono venuti via via crollando – travolti dalle rivelazioni dei giudici e dalla presa di coscienza dell’opinione pubblica – tutti i referenti politici. Prima, è stato messo da parte Andreotti; poi è franato Martelli; poi ancora – colpo tremendo – è stato travolto Bettino Craxi. È toccato, infine, a Forlani. Persino il giovane e brillante Giacalone, così esperto e così amico, era indagato proprio perché sospettato di aver fatto inghippi nell’assegnazione delle frequenze. Dov’era più il Caf? Dove la calda cuccia protettiva degli amici politici che avevano assecondato per decenni le attività del Cavaliere?
Non si apriva solo il rischio che fossero riviste le norme sfacciatamente pro-Berlusconi della legge Mammì. Il problema, anzi il dramma, erano le banche. I debiti di bilancio, dichiarati, erano di oltre tremilacinquecentomiliardi; quelli reali, secondo stime non malevole del settimanale “Il Mondo“, si aggiravano attorno ai quattromilacinquecentomiliardi. A garanzia dei crediti ottenuti la Fininvest aveva dovuto impegnare il cinquanta-quattro per cento delle azioni ordinarie “Standa” (con la Cariplo) e il cinquantun per cento delle ordinarie Mondadori (con il Credito italiano). Che cosa sarebbe accaduto se le banche avessero preteso di vederci chiaro, e per intanto avessero cominciato a stringere i cordoni della borsa? A quali santi politici votarsi, in una eventualità del genere?
È probabilmente nel fuoco tormentoso di questo dilemma che è maturata nel Cavaliere la decisione dell’ultima avventura, o meglio del rilancio alla roulette: l’ingresso diretto in politica, per assicurarsi, ad ogni costo, un potere amico.
«Intanto la disdico subito!». Era un Berlusconi sgrammaticato e infuriato quello che venerdì 26 novembre del 1993, davanti ai corrispondenti della stampa estera riuniti per una conferenza stampa, si difendeva dalle accuse di aver vissuto nel vecchio regime travolto da Tangentopoli come un topo nel formaggio. Pochi giorni prima Sua emittenza aveva dato l’annuncio della nascita del “partito di Berlusconi“ attraverso un’intervista ad “Epoca“, uno dei settimanali del gruppo. L’uomo era presentato così: «Silvio Berlusconi, cinquantasette anni, una fortuna costruita in una generazione inventando la tivvù commerciale italiana».
Sua emittenza dava una giustificazione poco credibile alla decisione, appena presa, di nominare (verosimilmente su pressione del mondo bancario) Franco Tatò, della Mondadori, amministratore delegato della Fininvest: «Da tempo anche i miei più stretti collaboratori insistevano perché diminuissi il ritmo del mio lavoro». Se la prendeva, poi, come al solito, con «tutti coloro che hanno fatto e fanno del catastrofismo». Infine veniva al dunque, utilizzando quasi alla lettera (ma spacciandoli per suoi) frasi e concetti di un intellettuale divenutogli amicissimo, il professor Giuliano Urbani. Frasi non particolarmente originali, in realtà. Ma che tendevano a delineare una prospettiva politica, o almeno una certa concezione della politica. Per esempio: «Dirò che abbiamo bisogno di un’amministrazione della “cosa pubblica” ispirata alla medesima cura che ciascuno di noi impiega nella gestione dei propri affari e della propria famiglia».
Ma la parte più succosa dell’intervista era quella propositiva. Berlusconi annunciava di voler “mettersi in politica” e dava notizia di un’attività organizzativa già in atto per costruire il partito di Sua emittenza. «Ho aderito all’idea di promuovere una ricerca, provincia per provincia, che tendesse a orientare verso l’impegno politico persone perbene, di buon senso, capaci, che abbiano già dato gli esami nelle imprese, nel lavoro, nelle professioni, nelle università». A tal fine – aggiungeva – era nata l’associazione “Forza Italia“, con tanto di stemma e di tessera, con l’obiettivo di svolgere, attraverso i suoi club, «attività di formazione culturale, giuridica, politica… I club terranno riunioni settimanali, saranno previste delle convention regionali e nazionali». Il tutto, con l’obiettivo di contrastare il rischio «della sopravvivenza culturale, o addirittura dell’egemonia politica, di una tradizione di pensiero che ha avuto come proprio modello il socialismo reale, in tutte le sue perverse applicazioni».
Furono dunque espressi in quell’intervista compiacente i propositi che, più rozzamente, sotto la spinta delle domande dei giornalisti, sarebbero poi stati ripetuti da Berlusconi, in novembre, all’inaugurazione di un ipermercato a Bologna e davanti alla stampa estera a Roma. Con in più, in questi casi, la non prevista esternazione sulla preferenza per il neofascista Gianfranco Fini, quale «campione del libero mercato» e «avversario delle sinistre e dei comunisti».
Ma chi dovevano essere, secondo il Cavaliere, i primi militanti, anzi i quadri del suo nuovo partito? La scelta cadde sui tremila agenti di “Programma Italia“, quelli che battono le città per suggerire investimenti e rastrellare risparmi. Per loro è stato scritto una sorta di libretto rosso (dal titolo “L’Italia che noi vogliamo”), accompagnato da un manuale organizzativo, che va dalla costituzione dei club al «vademecum della metodologia pratica di come impostare una campagna elettorale». È particolarmente consigliato il raggiungimento dell’«Effetto Coca-Cola», quello per cui «si crea nella gente la super-immagine di tutto». Nel capitolo sull’“amico del seggio” si spiega che «il movimento (…) dovrà individuare tra i votanti di ogni seggio elettorale cinque o dieci persone referenti del candidato, che «attivino e controllino» i voti. Il tutto, o in stretto contatto con la Struttura Selezione e Presenze Tv» (vedi appendice di seguito).
Con la battaglia per il raggiungimento dell’Effetto Coca Cola si è così definita un’altra tappa – la più singolare e nello stesso tempo disperata – nell’avventura di Silvio Berlusconi: ne esce delineata, con qualche approssimazione, una società in cui la promozione sostituisce la politica, lo spot prende il posto del pensiero, il venditore diventa attore primo della battaglia democratica. È questa l’Italia che ci aspetta?
(Manuale politico distribuito dalla Fininvest ai venditori di “Programma Italia”)
«A titolo esemplificativo si ricordano le seguenti attività. Propaganda orale, distribuzione di materiale, prenotazione locali pubblici per riunioni, attacchinaggio, organizzazione banchetti per raccolta firme, accordi con commercianti per vetrine e ospitalità merchandising, distribuzione materiale merchandising, servizio telefonico, contatti con la burocrazia locale, servizio d’ordine, mansioni d’ufficio (segreteria, archivio, fotocopiatura, corrispondenza, varie, statistiche, propaganda telefonica ecc.), commissioni varie.
L’organizzazione dei singoli Club sarà conforme alle disposizioni dello Statuto.
- La sede: non necessariamente i Club dovranno avere sede fissa. Per il reperimento dei locali si suggerisce il rivolgersi a simpatizzanti liberi professionisti (avvocati, medici, notai) oppure ad albergatori, ristoratori, imprenditori, commercianti o artigiani che potrebbero inizialmente mettere a disposizione spazio e telefono.
- Il reclutamento dei volontari si baserà anche sulla condivisione dei principi. Si suggerisce che si formi un primo nucleo di simpatizzanti molto convinti che tengano riunioni periodiche di aggiornamento al quale affidare a catena il reclutamento successivo. Le graduali acquisizioni dei volontari andranno documentate in un archivio sistematico in base alla modulistica che verrà preparata. L’attività dei volontari coprirà sia la fase preelettorale che quella elettorale.
ATTIVITÀ
- Riunione di formazione politica e discussione degli «atti».
- Ricerca di aderenti e volontari per supporto campagne e candidati. (Telefonisti, distributori materiale propagandistico, responsabili servizio d’ordine, raccolta firme per presentazione candidature, attività di affissione).
- Invio di lettere alla stampa e alla televisione (briefs). Scrivono ai giornali per esprimere la necessità di un radicale cambiamento della politica.
- Individuano persone «comuni» che possano ben figurare intervenendo a trasmissioni televisive, in stretto contatto con la struttura Selezione Presenze Tv.
- Partecipazione alle conventions dei Candidati.
- Organizzano conferenze e dibattiti anche per la presentazione dei materiali inviati dal Centro. Per esempio: videocassette o documenti su determinati argomenti (fare elenco dei temi e delle possibili iniziative).
N.B. Risvolti organizzativi, traffico di informazioni e materiali col Centro molto rilevanti.
E pensare che c’è ancora chi afferma questo : http://cheval.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=164631
Mhà… che tristezza.
vabbè non avete scoperto l’acqua calda.. il problema rimane per ora i sondaggi nei suoi confronti sono peggiorativi.. ma fino a quando??
Beh, spero sia ormai chiaro a tutti che “homo ridens” Sua Emittenza é in politica solo per farsi gli affari propri, visto che dopo Tangentopoli non aveva più l’amato protettore Bettino!!! Alle prossime elezioni europee votiamo tutti per l’Ulivo: una prima, significativa piccola “botta” possiamo darla allo strapotere di Silvio. Poi, alle politiche, gli diamo il resto!
Votate Ulivo!!!
Vorrei sapere se esiste una E-mail del Cav. Berlusconi, o di tremonti visto che mio padre ha avuto una bella sorpresa nella pensione, una diminuzione, e sto parlando di una pensione di 800 € mese
saluti
Certo Franz,hai assolutamente ragione.Non mancherò.
Come possso fare per inviare un allegato al Berlusca o alla sede del suo partito????
Dato che lui puo spedirci le sue cartoline, lettere, etc. etc.. chissà se quando sarà ci manderà copia anche del suo testamento……
Siete sempre forti….
Saluti a tutti da Antonino Morabito