“Sua emittenza” – Biografia non autorizzata di Silvio Berlusconi /3

IL SIGNOR TV

Sua Emittenza - Biografia non autorizzata di Silvio Berlusconi (di Claudio Fracassi e Michele Gambino)Cominciò quasi per gioco, con una tv via cavo che trasmetteva ricette di cucina per le giovani mogli dei manager rampanti di Milano 2. Era il 24 settembre del 1974. Una graziosa annunciatrice, scelta tra le centraliniste della Edilnord, annunciò agli abitanti del complesso residenziale di Segrate la nascita di Telemilano cavo. Un notiziario di piccole informazioni utili per i condomini alle 19; la sera, a volte, un film. Quattro anni dopo, nel maggio del 78, la tv di Berlusconi lascia il cavo per l’antenna, come a dire la carretta per l’automobile. Il colpo di genio Berlusconi lo imbrocca nel giugno del ’79. Sono tempi cupi, l’Italia è stretta tra una malavita sempre più audace e le brigate rosse, la gente si chiude in casa. Berlusconi compra dalla Titanus trecento film mai trasmessi in televisione per due miliardi e mezzo. Poi li rivende ad altre emittenti locali sparse per l’Italia. Altri, per la verità, hanno avuto la stessa idea, ma Berlusconi rispetto ad essi ha una liquidità maggiore, e forse anche più coraggio, visto che il mercato televisivo è ancora tutto da inventare. Alle emittenti che entrano nel suo circuito Berlusconi offre film a prezzi ridottissimi. In cambio, esse si impegnano a trasmettere la pubblicità fornita dalla neonata Publitalia, la concessionaria pubblicitaria del gruppo di Segrate.
Berlusconi è ormai pronto al grande salto: è ai primi posti nell’elenco dei contribuenti milanesi, nel ’77 è stato nominato cavaliere del lavoro insieme a Gianni Agnelli, Leopoldo Pirelli, Gaetano Caltagirone. Roberto Gervaso, scrittore iscritto alla P2, lo descrive così: «E’ una specie di magnete, caricato a dinamite, esplosivo in ogni direzione… troppo modesto per parlare di sé in terza persona ma non abbastanza per rinunciare al plurale maiestatico… Ama celiare su tutto, soprattutto su se stesso, ma sotto sotto, non dubita di essere il più capace, il più indefesso, il più lungimirante. Niente gli sfugge e deve sfuggirgli».
I tempi sono maturi, insomma, perché il 12 novembre 1979 venga registrata la società Canale 5 Music srl, venti milioni di capitale, amministratore unico il solito illustre sconosciuto, tale Giovannino Ciusa da Macomer. Spiegherà, Berlusconi, che quel 5 significa che lui punta a piazzarsi dietro le tre reti Rai e Telemontecarlo. Le cose, come sappiamo, gli andranno in effetti molto meglio.


Creato il contenitore, Berlusconi inizia ad occuparsi del contenuto. Una sera, verso la fine del ’79, gli spettatori di Canale 5 vedono apparire a sorpresa sullo schermo il volto-Rai per eccellenza, quello di Mike Bongiorno, che presenta un gioco dal titolo “I sogni nel cassetto”. La campagna acquisti continua con Corrado e poi con Gigi Sabani e Claudio Cecchetto. Ma il primo colpo davvero serio allo strapotere Rai, Berlusconi lo piazza nel 1980. Per un milione di dollari si aggiudica infatti il diritto a trasmettere il Mundialito, torneo di calcio a quattro tra Italia, Brasile, Germania e Argentina. Roba da dieci milioni di spettatori, quindi da venti milioni di occhi per gli inserti pubblicitari che Publitalia piazza tra un gol e un dribbling di Maradona. Nasce lo slogan “Torna a casa in tutta fretta, c’è Canale 5 che ti aspetta”. E nasce anche il mito nazional popolare di “Dallas”, il serial televisivo che inchioda sulla tv berlusconiana milioni di persone ogni sera. Berlusconi compra pronta cassa i programmi americani, bruciando sul tempo il pachiderma Rai. Il suo impero si gonfia. Berlusconi raccatta quello che può. Intorno a mezzanotte, sui suoi schermi, vanno in onda persino gli spot sulle casse da morto.
Se tutto questo riempia anche i forzieri della Fininvest non si sa. Nell’ottobre ’81 l’agenzia di stampa Aipe scrive che «Silvio Berlusconi ha perduto secchi quest’anno 60 miliardi, bruciati dalle sue megalomani imprese televisive». D’altra parte anche il mercato del mattone, altro fronte su cui è impegnato il cavaliere, attraversa un momento di crisi. Per recuperare denaro liquido Berlusconi entra nel mercato del risparmio alternativo. Offre cioè ai risparmiatori di associarsi a una iniziativa economica e di condividere con lui guadagni e perdite in proporzione all’impegno sottoscritto. Una operazione da manuale è quella che scaturisce dall’acquisto di Italia Uno, l’emittente creata dall’editore Edilio Rusconi. Berlusconi la compra per trenta miliardi, e la fonde con Rete 10, una sigla creata di fresco e ricca soprattutto della firma prestigiosa di Indro Montanelli.
A questo punto – scrive su “La Repubblica” del 30 settembre 1983 Giuseppe TuraniBerlusconi decide che Rete 10 con dentro Italia Uno vale 100 miliardi «e mette in vendita porta a porta queste poche cose per la modica cifra di 100 miliardi, cioè circa tre volte tanto la cifra spesa per comprare l’intero pacchetto da Rusconi».
Ma Berlusconi sa che per contare davvero, rispetto al palazzo della politica deve avere anche un giornale: sempre in quel 1983, tenta così la scalata al “Corriere della Sera“, in società col costruttore Giuseppe Cabassi e col siciliano Mario Rendo, uno dei “quattro cavalieri dell’apocalisse” catanesi di cui parla a quel tempo su “I Siciliani” il giornalista Giuseppe Fava, ucciso un anno dopo dalla mafia. Va male col “Corriere“, e Berlusconi ripiega sul neonato “Giornale” di Indro Montanelli. Ma il colpo grosso, nel settore della carta stampata, é l’acquisto di Tv Sorrisi e canzoni, settimanale popolare che nel 1983 era finito nell’orbita di influenza di una società estera del Banco Ambrosiano. Proprio sul Banco Ambrosiano scoppia una polemica tra sua emittenza e il direttore del “GiornaleMontanelli. Il popolare giornalista, infatti, protesta contro il suo editore, che avrebbe fatto pressioni perché non venissero pubblicati una serie di articoli contro il presidente dell’Ambrosiano, il piduista Roberto Calvi.

UN DECRETO TUTTO SUO

Ma altri problemi stanno per addensarsi sulla testa di Berlusconi: il 17 luglio del 1981 la Corte Costituzionale ha stabilito che soltanto la Rai Tv ha il diritto di trasmettere su tutto il territorio nazionale, e invita il parlamento a regolamentare il far west dell’etere. Nell’82 la Rai denuncia Canale 5 «per la contemporaneità delle trasmissioni non via etere, ma a mezzo di videocassette su varie emittenti, intaccando così il privilegio monopolistico». Le schermaglie legali si trascinano a lungo, mentre il parlamento evita accuratamente di intervenire fino all’ottobre del 1984, due mesi dopo l’acquisizione, da parte di Berlusconi, di una terza rete televisiva, Rete Quattro, fondata dal gruppo Mondadori e caduta in un profondo coma finanziario.
Il caso esplode a causa dell’intervento di tre pretori di Torino, Roma e Pescara, che con un blitz chiudono le frequenze delle reti berlusconiane. Il reato ipotizzato è la violazione dell’articolo 215 del codice postale, che limita all’ambito locale le trasmissione delle tv private. Il provvedimento è del 16 ottobre. Il 20 di quel mese, con le sue tv oscurate, Berlusconi vola a Roma, a Palazzo Chigi. Poche ore dopo, un decreto del presidente del Consiglio Craxi azzera il provvedimento dei pretori e riaccende le luci alle reti Fininvest. Un mese dopo il decreto di Craxi verrà respinto dal parlamento perché anticostituzionale, ma intanto, in mancanza di leggi, Berlusconi continua a trasmettere. Lo farà fin quando, nel 1990, una discussa legge, passata col nome del ministro delle Poste Mammì, non ratificherà la situazione di monopolio della Tv privata costituito nel frattempo da Sua emittenza.

(di Claudio Fracassi e Michele Gambino)

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5 Commenti

  1. Tralasciando il COME ci sia riuscito, quell’articolo 215 sul limite di trasmissione in ambito locale per le TV private era una grande stronzata.

    Ricordo un altro caso, quando impedivano alle reti private di mandare trasmissioni in diretta, e Canale 5 risolse il tutto trasmettendo le partite con un ritardo di un paio di minuti. 2 minuti non erano diretta, ma differita.
    Erano furbi, ed il sorpasso alla RAI se lo sono meritati sul campo.

  2. si… furbi… verissimo.
    mi sembra l’aggettivo migliore.
    mi pare anche che nel tempo abbiano mantenuto quella caratteristica : gran pregio la furbizia!

  3. vae victis
    la scarsa qualità della tv italiana si abbasserebbe ancora di più senza un concorrente competitivo per la tv di stato come lo è la fininvest.
    Peccato che in Italia è costume mettere i bastoni nelle ruote dell’avversario piuttosto che tentare di migliorarsi,si vede che di meglio non si puo’fare…

  4. infatti quando c’era solo la rai i tg facevano schifo perchè erano solo dc, ma i programmi erano molto meglio…

  5. Hmmmmm interesting

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