“Sua Emittenza” – Biografia non autorizzata di Silvio Berlusconi /1

“…E quando ci domanderanno che cosa stiamo facendo, tu potrai rispondere loro: Noi ricordiamo. Ecco dove alla lunga avremo vinto noi. E verrà il giorno in cui saremo in grado di ricordare una tal quantità di cose che potremo costruire la più grande scavatrice meccanica della storia e scavare, in tal modo, la più grande fossa di tutti i tempi, nella quale sotterrare la guerra.”

Sono le ultime parole di “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury e quelle che aprono questo nuovo spazio su Macchianera: un ripassino – utile a tutti – della storia recente italiana. Nella speranza che la storia sopravviva alla riscrittura, non fosse altro che perché noi ricordiamo.

Dopo “Il caso Moro“, la Banca dati della Memoria di Macchianera si arricchisce con la pubblicazione – sempre un capitolo al giorno – del libro “Sua Emittenza – Biografia non autorizzata di Silvio Berlusconi, di Claudio Fracassi e Michele Gambino.

Sua Emittenza - Biografia non autorizzata di Silvio Berlusconi (di Claudio Fracassi e Michele Gambino)Sua Emittenza, il signor Tv, il Presidente, il Grande Fratello, il Cavaliere nero. Chi è realmente Silvio Berlusconi, l’uomo che, nel settore strategico della comunicazione, ha concentrato nelle sue mani un potere senza eguali in un moderno Paese dell’occidente? Per capire il personaggio è cosa utile ripercorrere la sua biografia, dalla scuola al cemento, dalle tv alla politica, così come hanno fatto Claudio Fracassi e Michele Gambino in questo agile libro. Forse, al termine della lettura, risulteranno più chiari anche la natura e gli esiti del “partito Berlusconi”.


Claudio Fracassi, è nato a Milano il primo Ottobre 1940. Nel 1961, come praticante volontario, inizia a lavorare per il quotidiano “Paese Sera“, divenendo presso la stessa testata, sette anni dopo, corrispondente speciale. Dal 1969 al 1974 è corrispondente a Mosca. Dal 1974 al 1975 è capo reporter dello stesso quotidiano. Dal 1977 al ’79 è direttore dei servizi economici di “Paese Sera“; torma ad essere corrispondente speciale dal 1979 al 1983, per poi divenire, nel 1983, vice direttore responsabile e, dal 1984 al 1989 direttore responsabile dello stesso quotidiano. Ha fondato e diretto la rivista di attualità politico – culturale “Avvenimenti“.
Michele Gambino, giornalista, ha iniziato l’attività nei primi anni ’80 con “I Siciliani” di Giuseppe Fava. Dal 1990 fino alla chiusura del giornale è inviato del settimanale “Avvenimenti“. Specializzato in inchieste su criminalità economica, mafia, politica interna ed estera, ha realizzato decine di reportage dai teatri di guerra di tutto il mondo. Ha collaborato come autore e inviato in diverse trasmissioni televisive della Rai e ha scritto libri-inchiesta e saggi su argomenti d’attualità. E’ uno degli insegnanti della “bottega di giornalismo” della scuola torinese “Holden” di Alessandro Baricco e vice-direttore di “Pippol“.
(Pubblicato da “Avvenimenti” l’8/12/1993)

PRIMI PASSI

Silvio Berlusconi nasce a Milano il 29 settembre del 1936. Il padre Luigi è impiegato di banca, la madre Rosa Bossi – nessuna parentela con l’Umberto – casalinga. Primi passi in uno stabile appena dignitoso in via Volturno, periferia, nebbia e cemento. A 12 armi collegio dai Salesiani. I successivi sette anni Silvio Berlusconi li trascorre tra le mura antiche e freddine del convitto di via Copernico, che ha una meritata fama di grande severità: sveglia alle 7, colazione a pane e latte, messa e lezioni. Alle 12 pranzo frugale, rosario e lezioni. Alle 9 a nanna, grandi stanzoni da 50 letti, sorveglianti che girano a turno cercando movimenti sospetti sotto le coperte. Un regime che, se non ti ammazza, ti prepara alla vita. Il giovane Silvio si adatta bene. I compagni lo chiamano Mandrake, come il mago dei fumetti famoso per astuzia e trucchi magici. b gioca male a pallone e a pallavolo, ma si fa rispettare quando c’è da fare a botte. «Durante le preghiere si distraeva – racconta un ex compagno di scuola, Giulio Colombomuoveva le labbra a vuoto e pensava ad altro».
L’intelligenza inquieta del Berlusconi giovane ha già altro a cui applicarsi: «Faceva i suoi compiti in fretta – ricorda Colomboe poi aiutava i compagni in cambio di caramelle e monete da 50 lire». Non manca – tra i segni premonitori – anche una esperienza nel campo della comunicazione: la domenica ai Salesiani si trasmette un film e il piccolo Berlusconi si propone – e viene scelto – come aiutante dell’operatore. Ed è sempre Berlusconi a presentare gli spettacolini del doposcuola.
Dopo la maturità, il giovanotto si iscrive a Giurisprudenza; – e nel frattempo trova impiego come rappresentante di aspirapolvere e fotografa matrimoni e funerali. Ma è solo l’inizio: a 21 anni viene assunto da una ditta di costruzioni, e nei mesi estivi si imbarca sulle navi della compagnia “Costa“: racconta barzellette ai passeggeri, canta motivi confidenziali, si fa accompagnare al piano da Fedele Confalonieri, il suo migliore amico, che lo seguirà nella scalata ai vertici dell’imprenditoria italiana.


La laurea arriva nel 1961. 110 e lode con una tesi sugli aspetti giuridici della pubblicità. Vocazione? Sicuro, ma anche senso degli affari: la Manzoni, rinomata agenzia pubblicitaria, aveva infatti messo in palio un premio di 2 milioni di lire sull’argomento. Il laureando fa un figurone e intasca pure il premio.
A 25 anni Silvio Berlusconi ha una laurea in tasca e un mondo intero da scalare. Siamo negli Anni ’60, boom economico, edilizia in espansione. Quando Carlo Rasini, proprietario della Banca in cui lavora il padre, gli offre un posto da cassiere, Berlusconi junior ringrazia e svicola. Suo padre è stato per trent’anni un funzionario modello, uno che prima di dare agli impiegati una matita nuova si fa restituire il mozzicone della vecchia e quando esce fa il giro degli uffici per spegnere tutte le luci. E’ ricco di stima e considerazione, ma la famiglia vive ancora nell’anonima dignità di via Volturno, e a Silvio questo non sta bene. A Carlo Rasini il figlio del ragionier Berlusconi ha altro da chiedere: una fideiussione per l’acquisto di un terreno in via Alciati, in una zona di Milano dove la campagna sta cedendo spazio ai palazzoni degli immigrati. Nell’affare l’aspirante costruttore cerca di tirar dentro Pietro Canali, personaggio già conosciuto nel campo dell’edilizia. Insieme fondano la Cantieri riuniti milanesi; nella società Berlusconi mette dieci milioni (circa 170 milioni di oggi), in parte raccattati con le crociere e gli aspirapolvere, in parte regalatigli dal padre. Il terreno, costo 190 milioni, viene acquistato con la fideiussione della Banca Rasini. Racconterà lo stesso Berlusconi a Capital in una intervista del 1981: «Canali avrebbe voluto darmi una piccola partecipazione in questa società. Io però avevo trovato il terreno adatto, ottenuto le dilazioni di pagamento, curato la pratica per la licenza edilizia e conseguito la fideiussione. Mi sembrava giusto avere di più. Così un giorno mi armai di coraggio e andai da lui: “Per via Alciati mi sembrerebbe equo fare 50 e 50.” Canali mi guardò come se fossi matto e mi rispose che anche lui doveva essere matto a mettersi in società alla pari con un ragazzino. Ma aggiunse che se riuscivo a essere così sfrontato era probabile che ci sapessi davvero fare. E accettò».
Con questo episodio da nuova frontiera Silvio Berlusconi inizia la sua strabiliante carriera. Se in quegli anni ’60 il termine “yuppie” fosse già noto, lui lo calzerebbe alla perfezione: indossa giacche doppiopetto con bottoni dorati, scarpe inglesi, cravatte di seta. Arriva in cantiere sempre cinque minuti prima del guardiano, e ha la parlantina sciolta che serve a convincere gli acquirenti di case che per il momento sono solo nella sua fantasia. I soldi per costruire infatti non ci sono; per piazzare i primi mattoni la Cantieri riuniti milanesi deve vendere le case sulla carta e intascare gli anticipi. Vuole la leggenda che i primi soldi veri Berlusconi li incassi dalla madre del suo amico Fedele Confalonieri, a cui vende un pentavani con servizi e rivestimenti in ceramica. La cosa singolare è che Berlusconi in realtà non costruisce nulla, non avendo né mezzi né operai. L’edificazione vera e propria degli appartamenti viene subappaltata a imprese specializzate, che succhiano via gran parte del guadagno. Bene o male, comunque, l’impresa di via Alciati va in porto senza danni: Berlusconi e Canali vendono una ventina di appartamenti e riescono persino a guadagnarci qualcosa.
Certo però il giovane Silvio non diventa ricco con le case di via Alciati. Eppure poco tempo dopo, nel 1963, il volume dei suoi affari si allarga in maniera improvvisa e spropositata: lo troviamo, infatti, impegnato in una mega operazione edilizia, la costruzione a Brugherio, zona nord di Milano, di un complesso residenziale per 4 mila abitanti. Come abbia fatto il salto di qualità è un interrogativo mai sciolto. Di certo c’è solo che nell’affare ci sono ancora la Banca Rasini in veste di parziale garante dell’operazione, e Pietro Canali. Due costruttori veri, i fratelli Botta, sono incaricati della edificazione del mega-complesso. Ha raccontato uno dei due, Giovanni, a Mario Guarino e Giovanni Ruggeri, giornalisti e autori del libro Berlusconi. Inchiesta sul signor Tv”: «Per costruire Brugherio avevamo costituito una società, la Edilnord. Berlusconi ne era l’amministratore, io e mio fratello, come altri soci, mettevamo l’opera, tiravamo su le case. C’erano un po’ di finanziamenti della Banca Rasini e per il resto non so. Guardi, dei soldi è meglio non parlare. Non sta bene curiosare su chi c’è dietro le società. Berlusconi era giovanissimo, ma pareva nato nell’edilizia e si capiva che avrebbe fatto tanta strada. Si incaricava dei permessi, appaltava i lavori, chiamava i progettisti e diceva: “questa casa la voglio così”. E così doveva essere. Uno con le idee chiare, sempre in movimento di qua e di là, bravissimo nel trattare con tutti: autorità, operai, clienti.. Se ha guadagnato con Brugherio? Non fatemi queste domande. Non posso rispondere. Chiedete a lui, e vedrete come si arrabbia. Oh, lo conosco bene Silvio Berlusconi. Ho lavorato con lui un paio d’anni, finché abbiamo finito Brugherio, e ho continuato a vederlo anche dopo… Sono convinto che prima o poi arriverà al Quirinale. Sicuro, quello diventerà presidente della Repubblica».
Dimostra di aver naso Giovanni Botta quando, nel 1986, predice l’avvento di Silvio Berlusconi al Quirinale. All’epoca, infatti, nessuno poteva immaginare che Sua emittenza un giorno si sarebbe messo in politica. Anche l’ex socio d’affari, invece, mostra di non voler ficcare il naso nelle origini della fortuna economica di Silvio Berlusconi. Le indagini giornalistiche svolte finora hanno appurato soltanto che quelle ignote fortune vengono dalla Svizzera. Della Edilnord, la società dell’affare di Brugherio, Berlusconi è infatti soltanto un socio d’opera, vale a dire quello che nell’impresa mette tempo e cervello. Socio accomodante, alias finanziatore, è la Finanzierungesellschaft fur residenzen Ag di Lugano dell’avvocato Renzo Rezzonico. Ma il professionista è probabilmente soltanto un fiduciario dei veri finanziatori, che restano protetti dalla ermetica discrezione del sistema finanziario svizzero. Chi ci sia dietro quella sigla dal nome impronunciabile, da dove vengono i soldi che permettono il grande balzo di Silvio Berlusconi nell’edilizia, è ancora oggi un segreto ben custodito. E’ grazie a quei finanziatori, comunque, che dopo l’impresa di Brugherio Silvio Berlusconi può dire addio ai vari Rasini, Canali, Botta e mettersi in proprio. Lui ha iniziato a pensare in grande. Più in grande di tutti.

UNA CITTA’ DA BERE

C’era una volta una distesa di erba e radi alberi, circondata da fabbriche e annegata nella nebbia per buona parte dell’anno. La distesa stava dalle parti di Segrate, e non aveva nome perché a nessuno era mai venuto in mente di chiamarla in qualche modo. Un giorno capitò da quelle parti un signore ben vestito e sorridente, diede un’occhiata in giro, e decise che avrebbe fatto di quella landa desolata un luogo di sogno. Stava per nascere Milano 2
Le cose non andarono così, ma quasi. Quell’area, 712 mila metri quadrati, apparteneva al conte Leonardo Bonzi, che il 26 settembre del 1968 rivendette tutto alle Edilnord Sas di Berlusconi e dei suoi anonimi finanziatori svizzeri al prezzo di oltre 3 miliardi di lire dell’epoca. Il 12 maggio del 1969 il comune di Segrate concesse la prima licenza edilizia. Ma le cose, a partire da quel momento, si complicarono per via degli ostacoli posti al progetto da una serie di organi tecnici di controllo, i quali si accorsero che il piano di lottizzazione non era conforme al programma di fabbricazione varato dalla Regione. Solo il 29 marzo del 1972 la Edilnord poté dare il via alla costruzione di Milano 2, che sarà completata sette anni dopo. Ma oltre che un affare edilizio, Milano 2 è una sorta di anticipazione del berlusconismo come stile di vita: una piccola città fuori dalla città, completamente autosufficiente, con spazi verdi e asili, scuole, campi da tennis, parchi gioco. Anonimo e lontano da Milano come i quartieri dormitorio, ma più costoso e confortevole; ritagliato apposta attorno alle esigenze di giovani manager in ascesa e delle loro famigliole. Insomma, l’embrione di una “città da bere”, come reciterà, qualche anno dopo, uno slogan pubblicitario poi affossato dall’era di tangentopoli.
Anche nel sogno di Milano 2 entrarono in gioco i famosi e provvidenziali capitali svizzeri. Seguendo una prassi in voga tra i costruttori dei ruggenti anni ’60, Berlusconi cambia spesso denominazione alle sue società, e cambiano anche i soci visibili. Ma non muta la provenienza del denaro: la Svizzera. Nel 1968 la Edilnord Sas viene sciolta. Prende il suo posto la Edilnord centri residenziali, protagonista dell’operazione Milano 2. Intestataria della nuova sigla è Lidia Borsani, una cugina di Berlusconi. Il socio che versa i capitali è ancora una volta una immobiliare svizzera di cui è fiduciario il solito avvocato Rezzonico. Nel ’73 anche questa seconda Edilnord sparisce per lasciare il posto alla Italcantieri srl, iscritta presso il registro societario del tribunale di Milano il 2 febbraio. Il gioco delle scatole cinesi si fa con la Italcantieri sempre più complicato: la nuova società appartiene formalmente a Renato Pironi, un giovane aspirante notaio, e a una casalinga, Elda Brovelli. Il giovanotto rappresenta la Cofigen sa di Lugano; la massaia è il referente italiano della Eti ag Holding di Chiasso. «Il capitale sociale – scrivono nel loro libro Guarino e Ruggeriè interamente svizzero».
Altri finanziamenti all’impresa berlusconiana arrivano dalla Immobiliare S. Martino di Roma, di cui è amministratore unico uno dei principali collaboratori di Sua emittenza, il palermitano Marcello Dell’Utri, futuro amministratore di Publitalia, la concessionaria di pubblicità del gruppo Fininvest. Ma attenzione: soci fondatori della S. Martino sono due società della Banca Nazionale del Lavoro. Berlusconi, infatti, ha già trovato la chiave magica che gli permette di accedere ai generosi finanziamenti bancari che sono la carta decisiva della sua incredibile ascesa. Nel settembre del 1977 la Milano 2 SpA, nata sulle ceneri della S. Martino, ha utili per 16 milioni ed esposizioni bancarie per 6 miliardi e 400 milioni. E il volume di mutui e iscrizioni ipotecarie è destinato a crescere sempre di più. Fino ai vertiginosi quattromilacinquecento miliardi di debiti di cui parlano i giornali del 1993.
Persino nella capofila Fininvest, che nasce a Roma 1’8 giugno del 1978, con 20 milioni di capitale, i soldi sono delle banche. I soci fondatori sono infatti gli stessi della S. Martino: la Servizio Italia e la Società azionaria fiduciaria. Ed entrambe – come documenta il settimanale “Il Mondo” del 20 novembre 1981 – appartengono alla Banca Nazionale del Lavoro. D’altra parte è proprio la Bnl, insieme al Monte dei Paschi di Siena, l’istituto di credito che mostra di avere la più salda fiducia nelle iniziative del giovane Berlusconi.
Proprio queste due banche – è impossibile non notarlo – sono quelle maggiormente inquinate, in quegli anni, dalla P2, loggia massonica coperta alla quale Berlusconi si è iscritto nel 1978. Scrive infatti la commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia di Gelli nella sua relazione finale: «alcuni operatori (Genghini, Fabbri, Berlusconi) trovano appoggi e finanziamenti al di là di ogni merito creditizio».
Secondo “Il Mondo” del 2 dicembre 1984, per costruire Milano 2 Berlusconi gode di «un rapporto preferenziale tra il suo gruppo e il Monte dei Paschi di Siena. Con Giovanni Cresti, provveditore e padre padrone dell’istituto di credito, l’imprenditore milanese proprio in quel periodo stabilisce una solida amicizia. Cresti aveva piena fiducia nelle iniziative di Berlusconi e la sua banca in quasi dieci anni (dal 1970 al 1979) eroga mutui fondiari per un totale di 70 miliardi al tasso del 9 – 9,5 per cento».
Giovanni Cresti, direttore generale del Monte Paschi, è iscritto alla P2 come pure il vicepresidente dell’Istituto, Loris Scricciolo. L’altra banca amica di Berlusconi, la Bnl, è in assoluto la più inquinata, all’epoca, dal potere parallelo di Licio Gelli: risultano iscritti infatti il direttore generale Alberto Ferrari e gli alti funzionari Vittorio Azzari, Luigi Bertoni, Mario Diana, Gustavo De Bae, Bruno Lipari, Claudio Sabatini e Franco Capari.
Certo, non è automatico che le agevolazioni di cui Berlusconi ha goduto discendano dalla appartenenza massonica, come dimostra il fatto che i finanziamenti iniziano prima dell’iscrizione dell’imprenditore alla P2. Ma è anche vero che l’atteggiamento di Berlusconi, che ha sempre minimizzato e ridicolizzato la vicenda della sua appartenenza alla loggia coperta di Gelli, non ha contribuito a fare chiarezza su questo delicato punto: «Ma cosa volete che m’importi della massoneria – disse una volta Sua emittenza in pubblico – in America io mi sono iscritto anche all’associazione per la protezione dell’alce selvatico».
Che cosa abbia fatto Silvio Berlusconi in difesa dell’alce selvatico non è dato sapere. Si sa invece cosa risponde Berlusconi a chi gli chiede di Gelli: «Anch’io, come cinquanta milioni di italiani, sono sempre in curiosa attesa di conoscere quali fatti o misfatti siano effettivamente addebitati a Licio Gelli. Anni di inchieste sono serviti solamente ad offrire alle varie fazioni politiche un terreno di lotta e di calunnie facile quanto strumentale».

(di Claudio Fracassi e Michele Gambino)

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12 Commenti

  1. “Primi passi in uno stabile appena dignitoso in via Volturno”.
    A parte che è meno periferia di via Gluck, comincio a capire perché vogliono farla diventare un asse di scorrimento veloce.

  2. e quindi?

    non crederete mica che giocando a quei livelli ci si possa permettere il lusso di rimanere puliti come poppanti?

    a prescindere da p2 o non p2 sta di fatto che il piccolo silvio si sia sbattuto parecchio per arrivare dove è arrivato e sia riuscito a trovare gli agganci giusti (che poi siano illeciti è tutto da dimostrare).

    quindi grazie.

    grazie perchè mi è piaciuto molto leggere questa storia una storia che è uguale a 1000 altre a tutti i livelli di imprenditoria (con le dovute proporzioni di capitali) solo che il buon silvio ha fatto troppa strada e vi rode.

  3. questo libro è uscito in tempi non sospetti(mooolto prima della discesa in campo). l’ho letto anni fa e se qualcuno mi governa PRETENDO che sia pulito. fracassi è stato denunciato per calunnia poco tempo fa, dopo il proposito da parte della difesa di chiamare come testimoni mangano, gelli e i vari “protagonisti” la denuncia è stata ritirata prontamente.

  4. Un’idea buttata lì… gli episodi della “Banca Dati della Memoria”, quelli già postati interamente (tipo il rapimento Moro adesso) disponibili in un documento unico, magari un pdf? Faciliterebbe l’archiviazione e la (ri)lettura…

  5. .Mau. ti assicuro che a quei tempi l’Isola era peggio che periferia. Quando sono nato io, non molto lontano, qui c’erano solo campi e palazzi in costruzione. E – raccontano i parrucchieri di piazzale Istria, ovvero la memoria storica del quartiere – dove abitiamo tu ed io passava persino un fiume.

  6. beh, non che adesso il fiume non passi ancora una volta o due l’anno, non appena ci sta un po’ di pioggia più del normale. Però ero convinto che la parte centrale dell’Isola fosse di inizio novecento…

  7. Ueee l’e’ ariva’ ches’ chii! Primo… Secondo… Terzo… mo chi l’è, l’Uniputènt sul Sinei? Ve’ terùn d’un terùn, che con quel coniome non sei di sicuro dei nostri, il Silvio te non lo sai mica chi è. A te la t’e’ sciupada la camera grigia la’ in bassa terònia dove sei sbucato, signor “Russo”. Il Silvio l’è nostro, s’è fatto quel che l’è assieme a noi e non voialtri servacci, che el paesello tuo Berlusconi faceva tempo a morire di nedia, con lo spirito di niziativa da mafiosi che ci avete. E tal dighi mi, ovvero quello che lo aspetavo con la macchina blu all’ “albero” di Milano Due. Il Silvio ci ride su voialtri servacci che lo adorate e quando si stuferà vi lascerà nella merda dove siete stati sempre e se ne andrà a godersi i suoi meritati dane’. L’è arivaà il Seminara, a dire chi l’e’ Berlusconi te capiì? Ma vaa da via e’ cu’.

  8. Questo dimostra che l’idiota è chi lo considera un idiota.
    Mi spiego:
    Non mi piace Berlusconi, non mi piace il suo modo di operare , sempre a
    cercare la gabola , la legge precisa per risolvere una situazione ecc.
    Ma non si puo’ negare che sia una persona estremamente intelligente , si
    sospetta intorno ai 250/300 Q.I.. E il modo in cui si fa passare presso il
    suo elettorato ma soprattutto presso l’opposizione ne è la dimostrazione.
    Per anni abbiamo pensato che fosse un idiota con tutti quegli interventi
    a sproposito (Nazista al deputato tedesco in europarlamento,.Islamici
    inferiori agli occidentali, gravi offese alle comunita’ degli omosessuali e
    dei sieropositivi, ecc.) ma non abbiamo capito che tutto fa parte di un
    disegno preciso. La sottovalutazione. Esatto , lo abbiamo sottovalutato e
    abbiamo fatto il suo gioco. L’opposizione nel 2001 non si è preoccupato di
    proporre un programma degno di una campagna elettorale ma di demolire
    Berlusconi. Fateci caso: ogni volta che Vespa o un altro conduttore
    rivolgeva una domanda a Rutelli questo non proponeva una soluzione “Made in
    Sinistra” ma faceva la critica della “presunta soluzione adottabile” da
    parte di Silvio. Berlusconi dal canto suo non ha spiegato il proprio
    programma ma ha semplicemente detto “+pensioni -tasse” e lo slogan ha
    funzionato sicuramente meglio della campagna di diffamazione organizzata
    dalla sinistra. “Lamentarsi è da perdenti” ==> “noi comunisti o presunti
    tali siamo perdenti”. Anche Luttazzi e Santoro hanno palesemente sbagliato a
    criticarlo in modo cosi’ pesante perchè l’hanno fatto passare per il martire
    ,la vittima , l’uomo a cui non è concesso di spiegare le sue reali
    intenzioni.
    Dobbiamo ricordarci che stiamo parlando di un esperto di mediatica con alle
    spalle la piu grande azienda televisiva e pubblicitaria italiana e ,va da se
    , un team di esperti di comunicazione che sanno come si vende un prodotto
    cazzo , altroche se lo sanno!!! Per vendere un prodotto e utilizzare con
    profitto la “Programmazione Neurolinguistica” però , bisogna essere
    convinti della bontà del prodotto. E non ho dubbi che quest’uomo , con tutte
    le sue manie di grandezza , sia convinto di essere il miglior governante che
    l’Italia abbia mai avuto la fortuna di avere. Enzo Biagi una volta ha detto:
    “Se il cavaliere avesse due tettine appena accennate , caccierebbe la
    Folliero e la Golia per presentare lui stesso i programmi delle proprie
    reti”.
    Lui non ha preso per il culo la meta’ di elettori che lo ha votato ma anche
    l’altra meta’ , ivi compresi anche chi non l’ha votato.

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