Ci sono quei post che sono sempre lì lì per farsi scrivere, poi succede sempre che vien fuori qualcosa di più importante, coninvolgente, intrigante da commentare, e finiscono per ammuffire nel limbo degli interventi senza commenti e trackback. Oppure, più semplicemente, non hai voglia di scrivere / leggere / frequentare blog.
Quando qualcuno riesce a metterli nero su bianco ti senti inspiegabilmente sollevato: in qualche modo puoi saltare a piè pari alle conclusioni evitando la soporifera introduzione. Al limite, se proprio sei in buona, metti un link.
Ebbene, Massimo Mantellini ha finalmente scagliato la pietra, il che permette a me di commentare e di lasciare a lui l’onere della premessa: dice che i blog del gruppo Espresso (compresi quindi anche quelli di Kataweb e Repubblica) non funzionano. E ha ragione.
Dice che se non funzionano è perché sono blog senza link. Io dico: non solo. E aggiungo che è un peccato, perché “ZetaVu” dell’ottimo Zambardino o “Pecore Elettriche” di Staglianò, per originalità e ricchezza di contenuti potrebbero (e dovrebbero) avere sulla blogosfera lo stesso impatto di Wittgenstein.
Quelli dell’Espresso sono blog incarcagniti su sè stessi, in tutti i sensi: dai weblog hanno ereditato esclusivamente la struttura a calendario. Data – segue nome autore – segue articolo. All’Espresso devono essersi chiesti il perché di tutto questo clamore attorno al fenomeno, quando tutti i sistemi editoriali sono capaci da anni di fare le stesse cose. Beh, preparatevi alla Grande Verità: i blog non esistono. “Blog” è solo un nuovo modo di definire le paginette personali su internet. Con la differenza, rispetto a qualche tempo fa, che l’html sta sottocoperta e dunque qualsiasi incompetente (o, meglio, come va di moda oggi, “differentemente esperto”) può avere l’onore e l’onere di aggiornare il proprio sito come se stesse scrivendo su Word. Sia chiaro, è giusto così: la tecnologia buona migliora la vita di tutti, non solo quella degli smanettoni. Ma se i blog hanno significato qualcosa, è stata proprio la morte dei “sistemi editoriali”. Di quei cazzo di costosi, assurdi, macchinosi, inutili sistemi editoriali.
E allora uno si chiede perché all’Espresso abbiano deciso di rispolverarne uno e partecipare alla rivoluzione sbagliata ignorando il surplus di offerta compreso tra i 150 dollari richiesti da Movable Type per un’installazione commerciale, agli zero euro di Drupal, il software utilizzato (male, peraltro) da quella che – mica per niente – è la più grande comunità di weblog italiana.
A meno che, certo, non mi si dica che la mancanza di strumenti basilari come i feed e i permalink è voluta.
Mi si protrebbe obiettare: “sei troppo tecnico: all’utente-base non frega nulla di queste cose”. No, forse no.
Quel che probabilmente, invece, gli frega è non dover sacrificare il proprio tempo sull’altare del del defunto dio “portale” dovendo obbligatoriamente transitare dalla homepage di Repubblica quando, molto più semplicemente, intende visitare esclusivamente uno dei blog del giornale. E tutto questo perché un sistema editoriale di fattura “old new economy” (quella dei consulenti, per intenderci) ha deciso che il sito personale di uno dei giornalisti deve risiedere assolutamente presso un indirizzo impossibile da memorizzare come “blog.kataweb.it/kwblog/page/ZLVZ/blog/“ al posto di “blog.kataweb.it/zambardino/”. Poi – mi si dirà – uno può reiterare la parola “blog” in una url quanto gli pare: rafforza il concetto e comunque viviamo in un paese libero. Vero anche questo.
Una grande verità (“Blog” è solo un nuovo modo di definire le paginette personali su internet) che non ero mai riuscito a esprimere.
Però accompagnata da una caduta (dovendo [l’utente] obbligatoriamente transitare dalla homepage di Repubblica quando, molto più semplicemente, intende visitare esclusivamente uno dei blog del giornale): presumo che un utente, per quanto utonto, sia capace a crearsi un bookmark. O cambiano link tutti i giorni? :-)
Wittgenstein però non si può commentare, così come Labranca.co.uk, preferisco allora le pagine senza link ma con i commenti…
sottoscrivo. un blog non commentabile, pfui, non e’ un blog.
[ah, ma che e’ sta cosa delle censure ai commenti? eddai.]
Il massimo è stato raggiunto da Federico Rampini, in un post del 23 gennaio scorso ha spiegato al mondo che cercando “miserable failure” si ottiene la biografia di Bush.
Un blog è anche percepito come qualcosa esterna a qualsiasi cornice. Se poi questa cornice è pesante come l’ombra de L’Espresso o di La Repubblica, il blog stesso perde la sua energia prescindendo dai suoi contenuti.
Un blog è uguale a se stesso e basta
su pecore elettriche, che non conoscevo, qualche link esiste, riguardo l’impatto di Wittgenstein, non concordo, ma sono del resto questioni di gusto personale.
Sono in totale disaccordo con il giudizio su “Pecore elettriche” di Staglianò. Le potenzialità c’erano ma è decisamente deludente, un fallimento sia per i contenuti, che per la frequentazione. Su un tema del genere si poteva davvero fare molto di più.
Credo che si siano fatti sviare dall’opzione commenti, per cui molto spesso si sono trasformati in forum a tema, con un rapporto molto verticale: sopra l’Autore, sotto centinaia di anonimi che fanno un po’ quel che gli pare.
Caro Gianluca, che non vi piacciano – i blog di Repubblica – ci sta. Ma faccio fatica a capire la perentorietà dell’assunto iniziale (“Non funzionano”). A me sembra la rifrittura (con lo stesso olio) dell’inutile polemica blogger doc vs giornalisti che tanto ha appassionato per mesi. Inutile perché ho sempre pensato che i blog fossero una rivoluzione perché ognuno li fa come crede, ognuno li legge come e quando gli va, ognuno può criticarli come gli pare, fermo restando che hanno tutti dignità di esistere (persino quelli dei giornalisti). Sono d’accordo con te: i blog non esistono. Ma perché allora si continua a cercare di definirli?
Mah! Anche su Wittgenstein non si puo’ commentare idem su altri Camillo Leonardo (insomma il foglio & c. srl) e poi … La Pizia … Dagospia …anche Selvaggia ha tolto i commenti … non so che dire, sin dall’inizio ho esposto il mio parere sul tema (sul mio sito) laddove manca l’interazione penso che ci sia poco di Blog .. ma si deve parlare + di sito che altro e quindi addio novita’ del Blog … torniamo al sito e tutto finisce li’.
Sui Blogs di Repubblica i commenti ci sono ed anche numerosi … non so che abbiate letto Voi boh! L’unico vero limite di questi puo’ essere quello di non avere la TrackBack ma i commenti ci sono, scarsa invece l’interazione tra gestore del blog e commentatore … ma questo avviene anche su blogs apert ai commenti in cui il gestore a volte sembra dio disceso in terra a miracolo mostrare e i commenti se “li fila” ben poco!!
Altri invece hanno attenzione per i commenti e c’e’ interazione un es. per tutti Networks Games.
Circa i Blogs di Repubblica alcuni sono validi come per es. quello di Rampini e non capisco proprio perche’ dar loro addosso!! Paura della concorrenza? Bah bah bah! C’e’ posto per tutti!! La rete e’ grande!! A prostata!
P.s. nei vostri blos o siti fate che sia possibile sempre commentare!! Sempre!!!
Probabilmente il blog associato a una testata giornalistica assume una patina di “elite” che Splinder, ad esempio, non ha. Su Splinder chiunque si può fare casetta senza per forza avere come vicino di casa Cotroneo.
Quanto alla questione commenti, personalmente mi sono spostata da Blogger a Splinder proprio per averli. Il feedback della comunità, il visitarsi a vicenda, anche il rito della compilazione del serpentone dei preferiti, sono tutti aspetti essenziali della vita da blogger. In assenza di questi rituali, la vita comunitaria va a farsi benedire e ognuno sta solo sul cuor del suo bloggo, amen.
Spezzo una lancia per quelli de L’Espresso: in fondo loro non vogliono essere out, ci sono i girotondi e loro girotondano, e sempre stato così se bisogna spinellarsi si spinellano, denudarsi e si mettono in topless, bloggare ed ecco i Blogs…
Vedete se quelli di Panorama ci provano ad imitare i Blog, loro al massimo ci danno sempre delle belle tette e dei bei culi.
Propongo Neri Direttore de L’Espresso, dove che si vota?