Erano così educati e studiosi, tutti e tre, che nessuno avrebbe mai detto
sarebbero stati capaci di fottersi 10 miliardi di euro. Questo, grosso modo,
il tema ed il tenore dell’articolo più importante del Resto del Carlino di
oggi. Parla dei fratelli Tanzi e della giovane Francesca (peraltro
scopabilissima non trovate?) anche lei coinvolta nei magheggi finanziari della
famiglia. Il giovane Stefano per ora ne esce pulito: era così scemo che nessuno
nemmeno si sognava di metterlo a parte delle operazioni riservate, e neanche di
quelle non riservate, con ogni probabilità. Ne esce un quadretto familiare
devastante: imprenditore emiliano travolto dall’ebbrezza del potere e del danaro
si tuffa nel gorgo della finanza creativa, probabilmente illuso da consiglieri
interessati, e la famiglia lo segue senza batter ciglio. Vergogna per
l’imprenditore, compatimento per la famiglia.
Bene, visto che quel mondo, quello degli imprenditori emiliani di prima
generazione, lo conosco meglio di Beppe Grillo vi do una dritta: di famiglie
Tanzi tra Piacenza e Rimini ce n’è almeno un migliaio. Di potenziali casi
Parmalat (fatte le debite proporzioni) almeno una ventina. La fortuna (per i
risparmiatori) è che si tratta normalmente di aziende molto più piccole della
Parmalat, aziende che si situano tra i 50 ed i 200 milioni di euro di fatturato.
Aziende i cui proprietari/fondatori si affidano a Deutsche Bank o Credit Suisse
per creare fondi neri mediante l’iscrizione di false perdite a bilancio e che
poi spediscono questi soldi a Madera o nelle Cayman a società fantasma che
fanno investimenti "sbagliati" facendo sparire il gruzzolo il quale
poi surprise! ricompare completamente ripulito sui conti privati
dell’imprenditore a Bahama o a Berna.
E’ uno schema noto, credo anche alla Guardia di Finanza, che serve in pratica
a raddoppiare gli introiti dell’imprenditore dimezzando il prelievo fiscale (i
soldi finiscono a bilancio come perdite su prestiti alle controllate caymanesi/maderesi,
se fossero pagati come dividendi lo Stato ne vorrebbe il 53%).
Quello che volevo sottolineare, al di là del mezzo tecnico (immagino ve ne
siano dei ben più raffinati a me ignoti), è il fatto umano: di emiliani come i
Tanzi, animati dalla più sfrenata smania di ricchezza e potere, ce ne sono in
quantità. Molti li ho conosciuti di persona: sono quelli che appena possono si
comprano l’elicottero, che non vedono l’ora di mettere le mani su una squadra di
calcio, che si circondano di una corte di yes men che trascorrono le
giornate lucidando il loro ego smisurato, pronti a scommettere su qualunque
bond-spazzatura per il miraggio di un profitto, animati dal più grande
disprezzo per l’azienda che conducono (benché spesso l’abbiano fondata) e per
coloro che vi lavorano. Sono persone a cui interessa fondamentalmente solo di se
stessi e (in misura minore) della propria famiglia (sono italiani, dopo tutto).
Ma fare l’imprenditore è altro.
Fare l’imprenditore è essere innamorati della propria creatura, è anteporre
il suo bene, il suo futuro, la sua salute, alla propria. E’ prendere per sé
quel che l’azienda può dare (spesso comunque moltissimo) ed investire il resto
nel suo futuro. E’ credere in quello che si fa prima che in quello che si
ha.
A fottere i Tanzi, i Preziosi, i V., i P. è la loro stessa sfrenata, stupida
ambizione. Non sto cercando di difendere la categoria della quale faccio parte,
non concluderò dicendo che si tratta di poche mele marce, è vero semmai il
contrario: si tratta della maggior parte. La maggior parte della gente è
disonesta ed ambiziosa e messa nella posizione di farlo si comporterà in
maniera abietta. Non ho detto la maggior parte degli imprenditori, sia
chiaro. Ho detto la maggior parte della gente e lo ripeto: la maggior
parte della gente è cattiva, per questo il comunismo non ha funzionato, per
questo il capitalismo crea enormi disparità e molto meno benessere di quanto
potrebbe.
Ecco, solo questo volevo dire.
E che dire di quello che ancora non sappiamo, ma che possiamo immaginare, d’altre famiglie “allegre & sceme” come questa?
Brrrrr… che freddo a Piazza Affari!
Io ne conosco uno, incredibilmente innamorato dell’azienda(do you know mr. Vichi “Mivar”?):
e’ un esempio estremo, ma non mi pare che le cose migliorino molto, almeno dal punto di vista “umano”.
Più che di amore per le cose, ci vorrebbe rispetto per la vita delle altre persone e la consapevolezza dell’equilibrio tra doveri, diritti e regole.
Concordo con te sul fatto che la maggior parte della “ggente” è avida e cattiva e se potesse farebbe peggio di chi oggi “fa”.
Una consolazione di questo stato di cose è che la democrazia rappresentativa in Italia funziona: nessun governo meglio dell’attuale potrebbe rappresentare così bene lo squallore etico, politico e culturale del nostro paese.
Siamo un popolo che vive di facciate, e di facce, false & rifatte.
Buffo: tu sembri poco scopabile, non trovate ?
Sì Bouvard? Altre osservazioni intelligenti? No? Bene.
Ho vissuto in Emilia per 6 anni. Per 6 anni a diverso titolo ho conosciuto da vicino l’imprenditoria emiliana. Alla fine di questi 6 anni posso dire di aver conosciuto un solo imprenditore al quale affiderei i miei risparmi.
A me quello che è successo alla Parmalat ha fatto effetto solo per le proporzioni, non per il fatto in sé.
Allora voglio fare la polemica e domandare: visto che la gente è cattiva (vero), e che l’imprenditore medio è così accecato dalla fame di denaro e ricchezze da dimenticare di fare persino il bene della creatura che le produce queste ricchezze, come diavolo qualcuno può ancora avere il coraggio di dire che di questa gente ci dobbiamo fidare, mettendo nelle loro mani strumenti come i contratti “presa per il culo” (ah, no scusate, si chiamano Formazione, Co.Co.Co., etc. etc.) e l’abolizione dell’articolo 18?
Non so, la licenza di uccidere non gliela vogliamo dare?
Scusami tanto sublime maestro, avevo ripreso solo una tua perla di saggezza, fammi ricontrollare… mmh, si mi sa proprio che era tua…
ricordatevi sempre che c’è chi è messo peggio. io per esempio, non affido i miei risparmi all’imprenitoria emiliana però affido le mie parcelle a berlusconi. e vi assicuro che è mooooolto peggio.
mah, de gustibus. per me la tipa non è affatto scopabile. eppoi scommetto che c’ha il suv.
Da anni sento fiorire leggende attorno alla figura di Vichi (mr. Mivar, quello dei televisori). Uno che – si dice – lavora ancora oggi tutti i giorni insieme con gli operai, al suo banchetto. Però poi leggo che gli operai hanno mille e una ragione per lamentarsi e che contestano la conduzione “dittatoriale” dell’azienda e il mancato rispetto delle rappresentanze sindacali. Così, a titolo di (parziale) informazione.
sì sì, c’ha un suv, un Touareg mi è parso. Bouvard mi spiace aver espresso un giudizio estetico che tu disapprovi (nella sostanza? nella forma? mah), molti d’altronde disapprovano quello espresso da te, dunque il pluralismo è salvo. che tu abbia trovato qualcosa da dire solo su quel passaggio, invece, non fa onore al tuo cervello. ma perdiana, chi lo ha detto che il cervello vada onorato?
sooshee: lo dicono le statistiche. ed anche il fatto che *non esiste* una autonomia nazionale nel campo delle scelte di politica del lavoro. se si adottano politiche più restrittive di quelle adottate dagli altri paesi si viene sacrificati sull’altare della concorrenza. ci vogliono più controlli, non meno libertà. imho, come al solito.
ragazzi, in realtà lo sapete tutti che il crack della parmalat è stato solo una sporca manovra messa in piedi dalla granarolo. e dalla mucca Lola in particolare:
P.S= la Lola è la mucca che fa il latte Alta Qualità.
Tra l’altro, le cose tipo Parmalat, succedono anche perchè quelli “se ne intendono” (di economia e finanza) sono messi proprio male, come spiega Bernard Maris nel suo bel libro “Lettera aperta agli economisti che ci prendono per imbecilli”.
E’ una lettura molto utile, che consiglio a tutti.