Lite fra il ministro Tremonti (che doveva intervenire) e il governatore Fazio (che doveva controllare). Tutt’e due si rinfacciano a vicenda le rispettive fellonie. Dei due, Tremonti è Tremonti (“per evitare l’inflazione, bastava stampare le banconote da un euro”) mentre Fazio è un cattolico-monarchico modello Action Francaise, (gruppo b, ecc.); come banchiere, è stato il primo a rompere la neutralità formale della Banca d’Italia schierandosi esplicitamente – a vacche grasse – col governo Berlusconi. Benissimo: a casa tutt’e due, e ricominciamo da capo. Ma stranamente, una parte del centrosinistra (“Repubblica“, per esempio) si batte per salvare il governatore, intervenendo nella lite fra i due marpioni invece di contrastarli tutt’e due. Come mai?
Tanzi durava da quindici anni. Tutta colpa di Berlusconi? Oppure di D’Alema, di Prodi, o prima ancora di Amato? Come mai di tanti governi diversi nessuno s’è mai accorto di niente? Come mai sui giornali non è uscito mai niente *per quindici anni*? Hanno corrotto tutti, ma proprio tutti, uno per uno? Oppure nel meccanismo c’è qualcosa che impedisce anche ai più onesti di vedere, di sentire e dunque d’informare? Davvero in Italia è possibile sottrarre un bel pezzo del Pil nazionale scannerando ricevute fasulle e stampandole come Totò?
La verità è che – un tempo affermava la legge – “il re non sbaglia mai”.
La legge, che vale per i sudditi, non vale – istituzionalmente – per il re: il quale è d’origine divina e dunque *non può* sbagliare. Neanche il funzionario più onesto, di fronte a questo principio, riesce a non trarsi indietro. Se il re mente o ruba, o fa addiritttura (Carlo V) bancarotta, lo fa per buone e nobili ragioni, che sfuggono a noi mortali. “Arcana imperii”: discutere le azioni del re è contro la religione.
Ed è la religione italiana dagli anni Ottanta. “L’impresa non sbaglia mai”, “ciò che è buono per la Fiat è buono per l’Italia”. Mani Pulite, da questo punto di vista, è stato solo un brevissimo e parziale squarcio sulla realtà italiana: interpretato, a sua volta, secondo il principio religioso secondo cui l’impresa è istituzionalmente sana, e dunque non potrà mai essere lei a corrompere i politici ma viceversa. Ma se provassimo a rileggere quelle carte da “atei”, senza pregiudizi religiosi, ne avremmo un quadro terrificante nella sua banalità: gli imprenditori italiani, da un certo momento in poi, si sono comprati ed hanno gestito tutta la politica. Altro che “crisi della prima repubblica” e “classe politica corrotta”. I politici erano corrotti sì, ma sempre stando al di sotto. Un tempo, il politico Fanfani contrattava con l’imprenditore Costa. Adesso l’imprenditore è Berlusconi e il politico Bondi. Gli equilibri si sono semplicemente polverizzati. In più, le imprese di una volta, separate fra loro e legate a una produzione, adesso si sono fuse in oligopoli (non più di otto o dieci in tutto), che tendono a occuparsi di tutto e si chiamano banche.
Stavolta dunque non grideremo ai ladroni. E’ proprio il sistema che non funziona. La banca controlla l’impresa, l’impresa finanzia l’informazione e l’informazione dà copertura alla banca. Questo circuito ormai è completamente autoreferenziale, non c’entra più niente nè con l’economia reale nè col Paese, e per bloccarlo non basterebbero cento dipietri a cavallo: qui ci vorrebbe proprio una sinistra. Che però, di fronte alla sacra persona, si ritrae balbettando: “Sacra Maestà, permesso…”.
Per fortuna c’è l’euro, grazie al quale potremo far pagare (in parte) i nostri arcaismi feudali a economie più moderne, ai tedeschi e ai francesi. Ciò ci darà qualche anno di respiro, ma non più di tanto. Ora come ora, la situazione è che per cercare di capirci qualcosa i magistrati sono costretti a convocare con gli economisti o i ministri ma un comico, Beppe Grillo.
La cosa più paradossale è stata, durante tangentopoli, il clima di esaltazione verso l’imprenditore e verso il dilettantismo portato a bandiera.
C’è chi ne ha approfittato, c’è chi lo ha seguito.
Repubblica segue sicuramente la regola per cui “il nemico del tuo nemico è tuo amico”, ma può essere anche, senza eccessiva dietrologia, che difenda semplicemente le regole e le istituzioni di garanzia e persegua quegli ideali di trasparenza e neutralità che erano mancati proprio a fazio.
Ciao Riccardo, io solitamente non ti leggo mai perche’ trovo che i tuoi articoli siano vagamente pallosi, pero’ do sempre un’occhiata all’incipit.
In questo caso leggo tra le righe che secondo te l’idea d’introdurre la banconota da un euro sia molto ridicola.
Io invece penso che se per tempo si fosse tolta dalla circolazione la banconota da mille lire, lasciata la sola monetina sempre da mille lire e stampata la banconota da un euro, il passaggio all’euro sarebbe stato molto meno traumatico e inflazionistico.
questo articolo sembra sia stato scritto da un bambino di 8 anni. su repubblica poi…. Caro Z ma leggi ancora le favole? ideali di trasparenza e neutralità…. bwaahahahahahahahahahahahahahaha