Senza Cucina & Ironia, il blog di Cibitalia (che non conoscevo, ma così, su due piedi, pare un’Esperya in piccolo, quella di Tombolini, quella che non c’è più) non sarei mai venuto a conoscenza delle fasi del processo di produzione della gran parte degli olii di semi:
Curiosi di sapere come viene prodotto l’Olio di semi, quello, per intendersi, dove annegano quintali di patatine e fritture di pesce (rigorosamente congelate) che tanto piacciono ai nostri bambini?
Et voilà:
- Prima di tutto occorre un solvente che tiri via dai semi l’olio. Si usa la benzina, che presenta il trascurabile incoveniente di produrre sostanze tipo resine e gomme che andavano bene per la mummificazione dei faraoni ma che il nostro stomaco non sopporta tanto bene.
- Si aggiunge quindi un nonnulla di acido fosforico per spazzar via le gomme prodotte dalla benzina. A questo punto si è ottenuto un olio ottimo per tirare a lucido le padelle di rame e le cornici d’argento. Occorre quindi ridurne l’acidità.
- Ci soccorre la soda caustica, che trasforma il nostro lucidante in un eccellente bagnoschiuma per le pelli secche.
- Trattiamo il bagnoschiuma con acqua tecnologica (?) per eliminare la saponificazione e magicamente otteniamo un olio che per odore, densità e colore, assomiglia a quello appena tirato fuori dal motore di un trattore.
- Fase della decolorazione: si fa con terre attivate da acido cloridrico. Cioè acido muriatico. Si separano i fanghi colorati ed ecco che il nostro olio assume l’aspetto dell’olio alimentare. Odore e sapore però lasciano molto a desiderare.
- E quindi che si fa? Si mette il deodorante, è chiaro! Poi si aggiunge l’acido citrico per eliminare il sapore raccapricciante e gli eventuali residui di sapone. Questi precipitano sul fondo dando vita al miglior detersivo per piatti che abbiate mai sperimentato. Il resto è quello che finisce in bottiglia e poi in padella.
Fantahorror culinario? Terrorismo gastronomico? No. È il normale ciclo produttivo dell’Olio di Semi e dell’Olio di Sansa. Il tutto rigorosamente a norma delle leggi vigenti. Ad onor del vero, si può anche produrre un ottimo olio di semi senza scomodare la chimica ma per semplice pressione. Ma i macchinari adatti allo scopo sono costosissimi e l’olio che se ne ricava è ancora più caro dell’olio d’oliva.
…Che è un po’ come dire: cosa uso per togliere quella macchia di cioccolato dal divano? La Cocacola! E come tolgo la macchia di Cocacola? Con la benzina! E per far venire via la macchia di benzina? Ci butto su un po’ d’olio! E come faccio sparire la patacca d’unto? (ad libitum)
capisco che faccia un po’ impressione, ma vista con gli occhi di un chimico non è poi così impressionante. vi assicuro che i cibi sono più sicuri di quanto si creda di solito. il problema di questa lavorazione è che si perdono molti micronutrienti (vitamine, carotenoidi, etc.)
Eccerto che ci si rimane male…anzi fa addirittura schifo…è proprio vero che alle volte è meglio non sapere che si mangia…
E improvvisamente, mi tornano in mente due puntate di report, sull’olio d’oliva…
http://www.report.rai.it/2liv.asp?s=93
http://www.report.rai.it/2liv.asp?s=158
Purtroppo è risaputo. E, in parte, vale anche per l’olio di oliva. Ecco perchè l’olio di semi costa così poco. Semplicemente, andare in un supermercato NaturaSi (chi può) e comprare gli olii spremuti a freddo. Naturalmente quello che fa meglio è quello di Lino. Per friggere, comunque, quello più indicato è l’extravergine di oliva. Per chi se lo può permettere, obviously…
Forse visto dagli occhi di Al’ il Chimico questo processo potrebbe non essere così impressionante … Del resto se si perdono le vitamine i carotenoidi ect. ect. ect. che rimane se non la BENZINA – L’ACIDO FOSFORICO – SODA CAUSTICA – L’ACIDO MURIATICO …..
Looptrain!!!
Beata ingenuità!!! :)
“Andare in un supermercato NaturaSi e comprare gli olii spremuti a freddo”… ma dai, non fidatevi dei prodotti bio. è la più grande truffa del settore alimentare: sono prodotti come tutti gli altri, con un packaging diverso e mooooolto più cari. se volete qualcosa di SANO evitate le catene della GD (grande distribuzione, tipo coop, auchan ecc)… L’olio io lo compro da un piccolo produttore qui sul garda. è sano, buono fess e non molto caro.
Cmq è inutile che vi lamentate di come si comportano le grandi catene dell’alimentare, se poi sempre lì andate a comprare!!
caro suonatore Jones, per fortuna la soda caustica e le altre schifezze non rimangono, piuttosto oltre ad avere poca fiducia nel bio ne ho di più nelle grandi catene che nei piccoli produttori, che sono di fatto fuori da parecchi controlli: non avete idea delle truffe sull’olio che circolano (la ferrero aveva difficoltà a reperire l’olio di nocciola per la nutella, che veniva usato per allungare l’olio di oliva)., ma il discorso per i piccoli ho paura sia facilmente estensibile
Beh, non so cara Catseye, se hai una dritta di dove comprare olio di semi di lino/sesamo/cartamo qui in zona Fiorentina direttamente dal produttore basta che mi fai un fischio. Per il resto di quegli olii di cui parlavo mi fido abbastanza, per il momento..
Sono anche io convinto che tutto sommato la preparazione, per quanto chimica, sia sicura e necessaria.
Mi fa riflettere di più un mio amico che quando lavorava alla Chiari & Forti a Silea ogni tanto prendeva il barchino a motore e con una pompa elettrica andava a recuperare l’olio di semi che ogni tanto finiva nel fiume Sile e che veniva riconvogliato nel processo di produzione e quindi venduto.
Io uso olio d’oliva che producono i genitori di un mio amico….
….ascolta Neri,io lavoro in una fabbrica di alimentari da 16 anni!!! Se vuoi ti posso spiegare come si possono candire le amarene trattate con anidride solforosa. Ti faccio notare ,fra l’altro,che la canditura è un metodo di conservazione che sfrutta la saturazione zuccherina per evitare che un prodotto ossidi (cioe’: mettere zucchero la’ dove c’e’ ossigeno (prima pero’la frutta viene mantenuta nell’anidride solforosa)). Per rispondere al fritto ,si possono intraprendere 2 strade: la prima: …siamo tutti di passaggio prima o poi dobbiamo lasciare il corpo (speriamo di non incarnarci in un seme di girasole); la seconda: per una buona frittura e’ necessario portare la T (°c) ad almeno 180° perche’ piu’ e’ alta la T (temperatura) piu’ il fritto cuoce rapidamente creando subito un crosticina impermeabile che impedisce l’assorbimento dell’olio stesso. Per cui in un certo senso e’ meglio un olio zozzo che mantenga le alte T,(e frigga bene)senza essere assorbito piuttosto che un extra vergine (che inzuppi e si cuocia lui stesso all’interno del fritto)che non mantiene la T di frittura. Solitamente la differenza e’ di circa 20-25 °C.N.B.la T cala nel momento in cui il fritto viene calato nella pozza d’olio, poco per volta e completamente immerso e’ il consiglio per una buona frittura. Il fritto credo che sia il prototipo dello stupefacente per eccellenza… vogliamogli bene !!! e impariamo a farlo come si deve!!!!(……????…..).Per concludere: penso che morire per le “patate” ne valga sempre la pena, e’ una bella morte!!!!!
Morire di patatine fritte….Non so a questo punto preferirei di Meringata e panna cotta. In ogni caso sulle patate c’è un altro argomento controverso (che immagino abbiate seguito):
http://www.newton.rcs.it/PrimoPiano/News/2003/06_Giugno/03/Patata.shtml
http://www.biospazio.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=483
http://www.centroconsumatori.it/43v377d12763.html
http://www.albanesi.it/risposte/risposta37.htm
etc etc etc
Caro Neri, grazie per esserti accorto di Cibitalia che, per tua info, nulla a che fare con Esperya o con Tombolini. Siamo online da 4 anni e crediamo, contrariamente agli amici blasonati, di restarci per molto, molto tempo…
Ups, ups, ups…
>
Non ha nulla che fare
Ups…
Caro Pasquale, so (meglio: ho letto) che Cibitalia non ha alcun collegamento con Esperya. Da profano, però, mi era sembrato di intravedere una certa assonanza con la vecchia impostazione del sito di Antonio Tombolini. Che non è un male, anzi…
Io francamente non mi spaventerei più di tanto, l’importante è che nell’olio risultante non ci siano tracce delle “porcherie” che si usano per pulirlo. Mi sembra un po’ come preoccuparsi di poter mangiare detersivo perchè si usa un piatto lavato in lavastoviglie, o pensare che una cosa sterilizzata con le radiazioni sia radioattiva..
Caro Neri ti ringrazio e ti rimando, per un commento più profondo, a “Cucina & Ironia”.
Saluti
Pasquale
Scusa ZEPHYR ma secondo la tua teoria sarebbe anche giusto sedersi al tavolo di un ristorante e mangiare un bel piatto di spaghetti conditi con cacca di capra e piscio di gallina, lavati con le suddette “porcherie” per eliminare le tracce di “AMMONIACA” e immersi nel sugo. L’importante è che non vi siano tracce visibili del condimento usato, giusto?
Io mi sono fatto spiegare la cosa da un amico tecnologo di quelli “sani” (mi fido, e se me lo dice lui…):
Si, a grandi linee è tutto vero. Ma la benzina non è certo quella del
distributore (sempre idrocarburi derivati dal petrolio, occhio!) e dovrebbe
sparire completamente dal prodotto finale a seguito di distillazione sotto
vuoto e trattamento con forti getti di vapore surriscaldato; l’acido
fosforico uno se lo beve nella cocacola e nel chinò, la soda caustica si
usa anche per le olive verdi e le prugne secche, l’acido cloridrico abbonda
nello stomaco e il deodorante non è sicuramente l’arbre magique o il
malizia, ma (carbone) deodorante. Ultima cosa, i fanghetti
gommoso-bagnoschiumosi saranno anche schifenti, ma chi se li mangia?
Quello che rimane è sicuramente un olio povero di nutrienti, però andiamoci
piano con i sensazionalismi. Uno che mi parla di “densità” intendendo
sicuramente “viscosità” non dovrebbe occuparsi di tecnologie alimentari.
Io mi sono fatto spiegare la cosa da un amico tecnologo di quelli “sani” (mi fido, e se me lo dice lui…):
Si, a grandi linee è tutto vero. Ma la benzina non è certo quella del
distributore (sempre idrocarburi derivati dal petrolio, occhio!) e dovrebbe
sparire completamente dal prodotto finale a seguito di distillazione sotto
vuoto e trattamento con forti getti di vapore surriscaldato; l’acido
fosforico uno se lo beve nella cocacola e nel chinò, la soda caustica si
usa anche per le olive verdi e le prugne secche, l’acido cloridrico abbonda
nello stomaco e il deodorante non è sicuramente l’arbre magique o il
malizia, ma (carbone) deodorante. Ultima cosa, i fanghetti
gommoso-bagnoschiumosi saranno anche schifenti, ma chi se li mangia?
Quello che rimane è sicuramente un olio povero di nutrienti, però andiamoci
piano con i sensazionalismi. Uno che mi parla di “densità” intendendo
sicuramente “viscosità” non dovrebbe occuparsi di tecnologie alimentari.
A parte il fatto che non ho intenzione alcuna di occuparmi di tecnologie alimentari, volevo, senza presunzione, solo rendere partecipi i consumatori sulle pratiche di estrazione di olio, da semi vari. La decisione di consumare tali prodotti o meno è sempre e comunque personale (degustibus). Resta, tuttavia, il fatto che si ricorre agli idrocarburi per ottenere un qualcosa che poi è destinato all’alimentazione umana. Detto questo, ti espongo le differenze tra “densità e viscosità, alla luce della implicita e tendenziosa asserzione che riporto di seguito: “Uno che mi parla di “densità” intendendo sicuramente “viscosità” non dovrebbe occuparsi di tecnologie alimentari. ”
Dicesi Viscosità: resistenza che le particelle d’un liquido incontrano nel loro scorrere le une sulle altre o lungo le pareti di un condotto.
Dicesi Densità: il rapporto tra la massa di un corpo e il suo volume (Assoluta)
Dicesi Densità Relativa: il rapporto tra la massa di un corpo e la massa di un volume uguale di una sostanza presa come riferimento (p.e. l’acqua per i solidi e i liquidi, l’aria per i gas)
I do not fear computers. I fear lack of them.
Questo post non mi ha fatto bene….