Perché non possiamo non dirci newyorkesi

wtc93.jpgMentre il taxi infila il primo canyon di grattaceli, formuli in testa quello che tutti gli altri occidentali pensano la prima volta che vanno a New York: “io qui ci sono già stato”. Ed è così. La città più riprodotta del mondo ha avuto un film in ogni quartiere, una sit-com in ogni strada, più qualche evento epocale a livello comunale. Se sei stato spettatore assiduo, se hai condiviso emotivamente le vicende di questo particolare microcosmo occidentale, sei certamente in grado di ricostruire una tua personale pianta della città. E se poi la sovrapponi a quella di tutti gli altri fruitori della New York immaginaria/vera, puoi ottenere una guida della metropoli fatta esclusivamente di locations.
Io ci sono stato dieci anni fa, con l’aereo, il taxi e tutto il resto, ma avevo già una residenza lì. Con tutta la meraviglia e la partecipazione di un diciassettenne, avevo abitato la stagione cinematografica 1978-79, per l’esattezza il film “Manhattan” di Woody Allen. Ero studente fuori sede, di forma approssimativa, di spiccati caratteri provinciali e mi sforzavo di avere una vena malinconico-umoristica come un vero intellettuale yiddish di San Pietro in Casale. Per la verità mi bastava lo pensasse Graziella, la signorina che condivise con me una passione per quell’opera, e solo per quell’opera, per quanto mi sforzassi. Pieno di commozione acnèa, imperversavo su e giù per Bologna trasfigurando la Dotta-Rossa-Grassa ad uso della mia bella, e le Due Torri nostrane hanno impersonato quell’inverno, mi perdonino le antiche famiglie petroniane, il Chrysler Building e l’Empire State Building. Arrivai a disegnare una parodia della locandina del film, dove le lettere di “Bologna” creavano un profilo stilizzato di città, proprio come nella grafica originale.
Spero si noti lo sforzo: sto cercando di dire perchè anche al sottoscritto come a tanti, due anni fa come oggi è stato asportato qualcosa di profondamente “proprio”. E a volersi immergere nel pericoloso gioco degli anniversari, completo il lunario notando che, a due anni da Ground Zero, dieci dalla mia gita a NY, 25 dall’uscita della pellicola di Allen, mi ritrovo ancora con quella città in primo piano nei miei pensieri, ed ho esattamente l’età che in “Manhattan” aveva Isaac Davis, il personaggio di Woody, mentre allora avevo quella dell’indimenticata Mariel Hemingway.

Nella fotina: Lia Celi sotto il World Trade Center nel ’93, ripresa da me: “Sono degli enormi pacchetti di Sanagola.”

Da “Manhattan” di Woody Allen, scena ad un party di intellettuali, durante la vernice del museo di arte moderna.

manhattan78_thumb.gifIsaac Davis = Ehi, avete sentito che i nazisti faranno una marcia nel New Jersey? Dovremmo riunirci e andare là con mattoni e mazze da baseball e proprio.. schiarirgli le idee.
Scrittore 1 = C’era un articolo satirico che li distruggeva sulla prima pagina del Times, li distruggeva!
Isaac Davis = Beh un articolo satrico sul Times è una cosa, ma i mattoni e le mazze da golf sarebbero un gran bell’argomento!
Signora1 = Ma guardi, la satira veramente corrosiva è sempre meglio della forza fisica.
Isaac Davis = Eh, ma la forza fisica va sempre meglio con i nazisti, perchè è difficile satireggiare con un tizio con le svastiche addosso.

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1 Commento

  1. Io NON MI SENTO NEWYORKESE. Anche se sul fianco della mia Vespa c’è un adesivo (anni 80) con la scritta “MANHATTAN” fatta con il profilo della città. Preferirei avere quello con la scritta “BOLOGNA”.

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