Ne parlo con notevole ritardo: sono finito in una di quelle polemiche che uno non va neanche a cercare. In sostanza, mi sono permesso di ribattere pubblicamente con un “ecchissenefrega” alla signora ritratta nella foto qui accanto. Si chiama Vivian Lamarque, di mestiere fa la poetessa e, nel caso in questione, aveva utilizzato la prima pagina dell’edizione milanese del Corriere della Sera per parlare della gabbia del proprio gatto, caduta dopo essere stata messa sul cestino della bicicletta. Il pezzo, per la cronaca, si può trovare qui.
Luca Sofri e Gaspar Torriero hanno espresso più che qualche perplessità. Su di me, intendiamoci, non sulla Lamarque.
Il primo: “Dai tempi di Cuore, la questione e la sensibilità si sono evolute (e dai tempi di Cuore – se Neri non si offende – la gag di E chissnefrega? è diventata anche un po’ abusata e noiosa. Soprattutto se adottata nei confronti di una innocua signora sconosciuta ai più): per due motivi, secondo me. Il primo, è che è stato sdoganato un modo di scrivere sui giornali più americano, più in prima persona. Il mio più ammirato direttore alcuni anni fa mi sgridava severamente quando mettevo una prima persona in un pezzo, anche se l’effetto aveva un senso: aveva un po’ ragione – perché l’ultimo arrivato deve garantire umiltà e senso della misura – e un po’ torto: perché qualche volta anche l’ultimo arrivato ha una storia da raccontare che diventa più bella se la racconta come l’ha scoperta lui. La seconda cosa che è un po’ cambiata e che oggi si scrive molto di più e molti di più: i weblog ne sono il primo e più cospicuo esempio”.
Il secondo: “Barking at the wrong tree. Spero non ti sia sfuggito il fatto che la Signora Lamarque fa parte della Giuria Nazionale di Diaristica, di cui ignoravo totalmente l’esistenza ma che mi sembra sufficiente per una investitura a ‘Blogger Honoris Causa’”.
Beh, sapete che vi dico? Che hanno ragione entrambi.
Che è vero: dai tempi di Cuore parecchie cose sono cambiate e la Lamarque è una simpatica, innocua signora sconosciuta ai più ma che ha fatto grandi cose. In più, la rubrica appariva in un riquadro ornamentale intitolato “Diario d’agosto” all’interno della cronaca locale del 27 agosto.
Concordo: i “chissenefrega” andrebbero forse spesi per questioni più importanti. Ed è pur vero che da quando il settimanale di resistenza umana ha chiuso, l’epressione è abusata (così come tante altre che fungevano da titolo alle rubriche del giornale: “Parla come mangi”, ad esempio, o “Braccia rubate all’agricoltura”). Cuore ha avuto il merito di inventare un linguaggio e di sdoganare come battute frasi di uso comune. Poi, in tanti (persino Panorama) han copiato, e se prima poteva far scandalo un giornale che titolava “Hanno la faccia come il culo” quando gli altri scrivevano cazzo con la “c” seguita da quattro puntini, ora, probabilmente, la cosa non fa più effetto.
Premesso tutto ciò, non sono d’accordo solo su una cosa. Ovvero non voler concedere alla Lamarque la libertà di poter dire (o aver detto) una cosa insignificante, inutile, così, solo per il gusto di dirla.
Io lo faccio, su questo blog, quasi tutti i giorni, e non sento il bisogno di giustificarmi. Mi va di farlo. Credo che alla Lamarque andasse di parlare di cestini di biciclette e fragili gabbie di gatti. E che l’abbia fatto comunque, ben sapendo che il “chissenefrega” era pronto in canna.
Francamente, non mi sono stupito o indignato per il fatto che una poetessa utilizzasse le pagine di un giornale per raccontare un insipido fatto personale. Mi ha infastidito molto di più che quel pezzo apparisse su un quotidiano che, pochi giorni prima, nell’edizione nazionale, aveva canzonato a piena pagina la giustificabilissima vacuità dei pensieri di alcuni adolescenti rei di avere aperto un blog e averlo utilizzato come una Smemoranda.
Io nutro molto rispetto per chi se ne frega dei “chissenefrega”.
Gianluca, il tuo fastidio era comprensibile e giustificato. Canzonando la Signora Lamarque hai sottolineato che tutto è canzonabile, se lo estrai dal suo contesto: esattamente quello che ha fatto il Corriere con i weblog. Gli sta bene!
io… ecco, io direi ecchissenefrega :-)
E’ lampante. Scrivi una cosa del genere su un blog e te la chiamano fuffa. Qualcuno sceglie di pubblicarla sul Corriere e diventa interessante scrittura diaristica e un modo per avvicinarsi al giornalismo anglosassone. A parte i giusti commenti e la dovuta nomina della signora in questione a blogger honoris causa, occorre comunque sottolineare che nella blogosfera e’ possibile trovare esempi di questo genere di scrittura migliori e piu’ significativi, nello stile come nei contenuti, del grazioso (lezioso) frammento in oggetto. Inoltre io penso con comprensione preoccupata alla povera Micòl e al disgraziatissimo gatto…
Minchia, però la poesia mi piace.
La versione pulp della storiella che la gentile signora non ha raccontato? La gabbia del micetto le è caduta dalla bici perchè lei era intenta a grattarsi aulicamente le emorroidi sanguinanti e purulente.