TRASCINATE I CADAVERI DAVANTI AL SALOON, COSÌ QUESTO CAZZO DI PAESE SI ACCORGE CHE SONO MORTI DAVVERO
Notizia d’apertura. Sotto inchiesta per associazione mafiosa il vicepresidente dell’Assemblea regionale siciliana Vladimiro Crisafulli. Secondo i magistrati era in contatto col boss mafioso della provincia di Enna, Raffaele Bevilacqua. “Rapporti non occasionali – precisano gli inquirenti – Abbiamo intercettato telefonate in cui concordavano gli appalti”.
In Sicilia, i rapporti fra mafia e politica ormai sono pane quotidiano, esattamente come ai tempi di Ciancimino. A Messina, un assessore – regolarmente condannato per peculato – non solo si rifiuta categoricamente di dare le dimissioni, ma si dichiara anche perseguitato. A Catania, gli scandali degli ultimi tre anni non hanno interrotto la carriera di nessuno. A Palermo, c’è stato il caso di un assessore intercettato al telefono: “Sta’ attento a quegli sbirri di carabinieri!” che ancora fa politica regolarmente. Lo stesso presidente della regione è sotto inchiesta per rapporti con i mafiosi: non s’è affatto dimesso, ma s’è affidato alla protezione della Madonna e ha continuato a fare il presidente. Assente l’opinione pubblica: nell’isola c’è il monopolio di tv e giornali, e l’unico proprietario è un imprenditore amico a suo tempo dei famosi cavalieri catanesi.
E allora? Cos’ha di così scandaloso quest’ennesimo caso? Ecco: Crisafulli non è il solito democristiano riciclato o uomo nuovo forzista. Vladimiro Crisafulli è uno dei membri più autorevoli della sinistra siciliana, al punto di essere stato portato dai Ds al secondo incarico istituzionale dell’Assemblea. Naturalmente, non è affatto detto che sia colpevole: le garanzie valgono per tutti, e persino per lui. Sul piano civile ed etico, tuttavia, è ovvio che la sua carriera politica dovrebbe finire qui. Al momento in cui scrivo però non ho notizie di interventi adeguati da parte del suo partito.
Un paio d’anni fa, in una città del catanese ad alta densità mafiosa i Ds candidarono un noto imprenditore toscano, senza legame alcuno con quella zona. Costui, pochi mesi dopo, venne incriminato per voto di scambio mafioso, essendosi affrettato a cercare i voti agli “uomini d’onore” della circoscrizione. Il “caso Catania” (non quello del calcio: quello vero) dura ormai da diversi anni, mette in discussione il corretto funzionamento della Procura locale e coivolge imprenditori e politici di entrambi gli schieramenti: il ruolo della sinistra in esso (salvo la benemerita eccezione di Vendola del Prc) è stato di totale omertà, e in alcuni casi di complicità aperta. Un paio di mesi fa, alle ultime elezioni, l’Ulivo (e Rifondazione) hanno candidato a Palermo un ex sindacalista colpevole, secondo sentenze di tribunale, di essersi venduto gli scioperi per denaro. La candidatura era appoggiata dai cosiddetti “movimenti” che a Palermo, chissà perché, erano rappresentati da un barone universitario molto addentro al sistema di potere. In Sicilia, tutta l’informazione non di regime è stata messa a bavaglio, con la complicità della sinistra ufficiale. In Sicilia, i movimenti antimafiosi sono stati scaricati e mandati al diavolo dalla sinistra ufficiale. In Sicilia, alla fine Berlusconi ha stravinto, e questa vittoria è stata determinante per regalargli il governo della Nazione.
Io non ho paura di Forza Italia e della nuova Dc che avanza. Ne abbiamo viste di peggio. Abbiamo visto passare, storicamente parlando, il cadavere di Mussolini e quello di Ciancimino. Ricordiamo anni in cui la destra non solo comandava, ma anche ammazzava senz’altro chiunque s’opponesse. Fra comunisti, socialisti e dirigenti sindacali le vittime del regime mafioso, negli anni Quaranta e Cinquanta, sono state più di cento. Nessun’altra sinistra regionale, escluso il tempo della Resistenza, ha dato un tale contributo di sangue alla causa dei lavoratori. Negli anni Ottanta, con la ripresa dell’antimafia popolare, i comunisti furono ancora in prima fila: con Rosario di Salvo e Pio La Torre, ma anche con decine e decine di altri militanti, per lo più oscuri, che affrontarono rischi e sacrifici – e talvolta la morte – contrastando il potere mafioso. Tutte queste battaglie non sono rimaste isolate: per due volte la sinistra è diventata maggioranza in Sicilia o c’è arrivata vicino, una nel ’47 e l’altra nel ’93. Tutto questo per dire che la sinistra siciliana, anche nei momenti più difficili e di strapotere mafioso, ha sempre rappresentato per i siciliani un elemento di “non mollare” e di speranza.
E adesso, in Sicilia, la novità è che la sinistra è impazzita. Non è come la Dc o Forza Italia (ce ne vuole!) ma insomma fa del suo meglio per tenergli dietro. I mafiosi e i corrotti ancora, grazie a Dio, sono pochi. Ma gli omertosi e i tolleranti sono molti, e questo è il problema vero. Si sta sfacendo quell’etica dell’attenzione, dell’interesse comune, del tener duro, che aveva fatto della sinistra siciliana un fenomeno storico alto e commovente. I “communisti” di una volta vivevano poveramente ed erano pronti a tutto per il bene comune. I “centrosinistri” di ora campano fra tran-tran burocratico e carriera. Suppongo che in definitiva sia una questione di classe. “Ma insomma, con ‘stu communismu che vuliti fari? Diventari tutti signori?”. “Signori? No. Vulemu stari bonu. E vulemu ‘a dignità”.
Non servono più le aspirine, ci vuole la chirurgia. Bisogna che i leader del centrosinistra siciliana – Ds, Margherita, e Verdi e Rifondazione che hanno tenuto il sacco – si dimettano immediatamente, per questione morale. Bisogna che la base del centrosinistra abbia finalmente facoltà di discutere liberamente (la sinistra siciliana è lungi dall’essere democratica al proprio interno) il proprio passato e il proprio avvenire. Bisogna che per almeno sei mesi, contemporaneamente e parallelamente, i partiti della sinistra isolana vengano commissariati dai rispettivi centri; a suo tempo, Berlinguer ebbe il coraggio di fermare i giochi e di mandare Pio La Torre. Se no, la sinistra siciliana muore. Perderà la prossima elezione, e la prossima, e l’altra ancora. Vale a dire le europee, le amministrative, e soprattutto le politiche in cui la sessantina di deputati siciliani deciderà l’avvenire di tutto il Paese. E questo non si può consentire, per l’amore di nessuno.
Se io fossi un iscritto dei Ds, chiederei a Fassino di mandare commissario a Palermo, per almeno sei mesi e con pieni poteri, Tano Grasso. Se fossi di Rifondazione, chiederei a Bertinotti di mandare – nello stesso giorno, e con gli stessi poteri – Nichi Vendola. Se fossi della Margherita, chiederei Nando Dalla Chiesa. Subito, tutt’e tre insieme, in stretto contatto fra loro. Un comitato di salvezza pubblica, che salvi dai vip e dai corrotti l’antica e bella sinistra espressa in tanti anni di storia dalla parte civile del popolo siciliano.
Ritengo che di questo si debba cominciare a discutere, e non solo in Sicilia, finché una speranza di guarigione c’è ancora. Gli anni della politica sono contati. Fra uno, due anni al massimo, andremo all’armaggedon finale fra l’idea dello stato padre-padrone alla Berlusconi e l’idea della vecchia civile democrazia. Questa battaglia elettorale, che sarà decisiva e sarà una sola, non deve essere messa in pericolo per l’incapacità e la rozzezza di gente parassitaria e perdente che in Sicilia occupa posti non suoi.
Il presidente del Consiglio di prima, fino al 1980 era in contatto stretto e formale con i mafiosi. Il presidente del Consiglio di ora, manda i ministri a bloccare le indagini che i magistrati fanno su di lui. Il primo è libero perché l’associazione mafiosa all’epoca non era nel codice, e gli altri reati sono andati prescritti per il tempo trascorso. Il secondo è libero perché per alcuni reati è scattata la prescrizione e per gli altri s’è fatto fare un’apposita legge salva-se-stesso. “Giudicherà la storia”, dicono i giudici di Palermo. Sì, la storia giudica, ma intanto io pago.
Civiltà. “Sceriffo, li abbiamo beccati, finalmente!”. “Chi, i fratelli Dillinger?”. “Proprio loro! La taglia alla fine ha funzionato!”. “Ok. Adesso pigliate i cadaveri e trascinateli davanti al saloon. Così la gente di questo cazzo di paese si convince che sono morti davvero”.
Io, come cittadino italiano, avevo garantito un regolare processo al signor B.. Per me era importante sapere se un mio concittadino è una persona perbene o un lestofante. Naturalmente non posso fidarmi del mio giudizio per capirlo (evviva: così ognuno giudicherebbe a modo suo), così pago degli uomini esperti, che hanno fatto giustizia tutta la vita, e mi rimetto a quel che ne dicono loro. Dopo che loro decidono, e non prima, allora mi sento in diritto di togliere o non togliere il saluto a uno. Purtroppo con lui questo modo di fare non ha funzionato: non s’è fatto trovare, semplicemente. Come faccio a sapere se è degno o no di entrare a casa mia? Nell’incertezza, sono costretto a decidere di testa mia: il signor B., da questo momento, non può venire a cena da me, nè offrirmi il caffè al bar nè chiedermi da accendere quando ha dimenticato l’accendino. Teniamo le distanze.
La pagina degli annunci sul Messaggero in una giornata qualunque:
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alessandro.paganini@iol.it wrote:
< La mia opinione sulla guerra deve molto a persone come Gino Strada, o mia nonna, che almeno sanno di quel che parlano, o forse alla mia sensibilità, e molto a internet. Bravo, va bene, ma ADESSO, che facciamo? Forse è una sparata, ma mi sembra molto bella – di Francesco Caruso: “Metto volentieri a repentaglio la mia incolumità e la mia fedina penale, se servirà a ritardare la morte di anche un solo essere umano”. Io non ho questo coraggio, ma faccio numero come posso tra quelli contro. Non esistono ricette semplici, io vedo davanti solo un lavoro decennale decentrato di anche piccole azioni sociali, controinformazione, tenace resistenza per (ri)costruire e difendere la cultura civile. E in ogni caso meglio Don Quijote che Ugo Fantozzi >
Lina wrote:
< Per quanto concerne la stampa di un altro quotidiano a Catania, lancio una piccola accusa anche agli intellettuali catanesi per aver assecondato e blandito un parvenù della comunicazione come Mario Ciancio che si è impadronito di tutti i mezzi di comunicazione ed impedisce qualsiasi forma di concorrenza sul mercato della stampa. Le basti pensare che anche gli uffici stampa della pubblica amministrazione sono pieni di giornalisti appartenenti al noto Ciancio il quale può stampare il suo fogliaccio risparmiando sugli stipendi dei suoi leccapiedi. Ho intenzione di fare un ricorso all’Autorità garante per la concorrenza. >
rosario wrote:
< Ma perché non si contatta – sarò ingenuo? – un Bocca, un Chiesa, altri di tal genere e facendo pubblicità sul sito non si vede, su abbonamento o adesione “concreta” cosa poter fare per far uscire 4 pagine di quelle toste, almeno settimanalmente, tipo I SICILIANI dell’ultimo periodo? Non potremmo farcela?
W la libertà d’informazione vera ma sapendo la differenza fra utopia e il nulla dell’esistere, giacchè un giornale deve servire anche ad avvolgere il pesce (o simile… Pintor) >
Gaio <sallustius@hist.unirm.it> wrote:
< Ma finito lo scontro, allora sì che vedevi quanta serietà e coraggio ci fossero stati fra le file dei ribelli. Ognuno, il posto difeso lottando, lo ricopriva adesso col proprio corpo. Al centro pochi, spazzati via dai mezzi pesanti, giacevano un po’ spostati; tutti però presi in fronte. Catilina lo ritrovarono più lontano, tra i corpi dei soldati, sempre rabbioso in faccia come da vivo. Di tutto quell’esercito non s’arrese nessuno, né in battaglia né dopo: nessuno risparmiò la sua vita, nè quella dei nemici. Non fu una vittoria facile, per i regolari: tutti i migliori, o uccisi in combattimento o feriti gravi. Molti, tornati a rivedere il terreno o a far bottino, rivoltando i morti trovavano chi qualche amico, chi un ospite e chi un parente; o anche, qualcuno, qualche nemico personale. Così lutto e orgoglio, gioia e amaro variamente si mescolavano fra i militari. >
AntonellaConsoli <libera@libera.it> wrote:
Astuta conoscenza primavera
< Astuta conoscenza
primavera
stavolta butti i veli
ma in quest’attesa di guerra
vedo solo di te
uno scheletro cucito di gramigna
e margherite >
Voglia di volare
< Voglia di volare
le onde furiose t’avvinghiano >
Dietro quella siepe di gelsomino
< L’agguato sarà lì
dietro quella siepe di gelsomino
Lì aspetta con occhio attento l’assassino
e noi che in battaglia
penseremo al nostro amore
ci avvicineremo per cogliere
il profumo antico.
Sarà lì che cadremo
l’ultimo sapore della vita
fra le mani. >
Complimenti! Campione mondiale di doppiopesismo…
Nello stesso articolo gioia e gaudio per aver visto il cadavere di Mussolini appeso in Piazzale Loreto e 30 righe dopo indignazione per i “poveri” Uday e Qusay…
La vera tristezza di questo Paese è che è popolato di milioni di imbecilli come questo qua. Che nella migliore delle ipotesi non sanno leggere, e nella peggiore leggono quello che gli pare. Per forza poi ci governa chi ci governa. Matteo, “storicamente parlando”, capisci? Qualcuno gli faccia un disegnino….