Un 18 va bene?

Insomma alla Sapienza si compravano e si vendevano esami. Sai che notizia. Chiunque abbia frequentato qualunque università italiana negli ultimi dieci anni sa che queste cose succedono, a Roma il prezzo era in euro, a Camerino in prestazioni sessuali, a Modena qualche anno fa era in pompini (sì, le belle ragazze sostenvano l’esame di Diritto Romano col professor X da sole, nel suo ufficio). Tutti scandalizzati adesso, naturalmente, ma anche tutti sommamente disinteressati. Qualche prof perderà la cattedra, qualche studente si accontenterà di comprare (legalmente) la laurea alla LUISS invece che comprarala (illegalmente) alla Sapienza e tutto continuerà come prima, il solito magna magna. Eppure il problema non sarebbe irrisolvibile; in Inghilterra per esempio gli esami sono tutti scritti ed il foglio è anonimo, c’è solo un numero, ci pensa il computer, a correzione avvenuta, ad associare studenti e compiti. Semplice, pulito, efficace. C’è qualcuno che ha proposto qualcosa di simile in Italia? Non mi pare. Diciamo la verità: la mafia universitaria esiste e prospera, e nessuno ha voglia di fare qualcosa, tutti sperano di cavarsela in qualche modo e di lasciare ad altri, ai prossimi, la gatta da pelare. Così ho fatto io ai miei tempi, così fanno tutti. Col risultato che la gatta non la pela mai nessuno e l’università italiana è, mediamente, un porcile. Peccato, perché il livello culturale raggiunto dallo studente medio italiano è assai più alto di quello che si raggiunge in altri paesi, e le lauree italiane meriterebbero qualche maggior riconoscimento a livello internazionale. Dubito che ci si possa impegnare a questo scopo, troppo occupati a intrallazzare nel buio delle biblioteche. Che tristezza.

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