Fuori tempo massimo

Un articolo del buon vecchio Alessandro Robecchi dal Manifesto di domenica scorsa:

NOI, LE CAVIE
di Alessandro Robecchi
Forse avremo una targa, un riconoscimento, una medaglia. Può essere che ci intestino una via, o che ci diano una di quelle belle pergamene con medaglia che attestano il nostro contributo alla crescita dell’economia nazionale, per non dire della nostra attiva partecipazione alla ricerca scientifica. Perché siamo cavie, dopo tutto, soggetti di sperimentazione. Già: che l’elettrodotto che ci passa sulla testa (con diabolica preferenza per scuole e ospedali) ci faccia male, e anche molto male, è quasi sicuro. Però non è accertato oltre ogni ragionevole dubbio. E, nel dubbio, dovremmo tenercelo a penzolare sulla capoccia, anche se la nebbiolina fluorescente non ci dice niente di buono, anche se in certe zone le leucemie infantili si impennano, anche se il cancro fa il suo sporco lavoro. Non sono cose che si vedono subito. Forse tra quindici, vent’anni riceveremo una raccomandata dal nostro operatore di zona dell’elettricità, insieme alla bolletta: «Perbacco, gentile utente, aveva ragione lei, l’elettrosmog uccide. Chi avrebbe potuto dirlo vent’anni fa?». Beh, pensa l’utente, io avrei potuto dirlo, e anzi lo dissi, ma ricordo che fui trattato come un pazzo, un luddista antielettrico, un allarmista, addirittura un cinico senza scrupoli che, additando qualche caso di leucemia, attaccava il progresso nazionale. Tutto questo succede oggi (non tra vent’anni) e oggi bisogna decidere se fare ancora le cavie oppure dire no alla libertà di elettrodotto selvaggio, è un caso di “voto utile”, nel senso che a qualcuno potrebbe anche salvare la vita. Naturalmente l’elettrosmog non è l’unico caso di testacoda nel campo della salute pubblica. Dal punto di vista razionale, è meglio fare una cosa quando si è accertato che non fa male e, nel dubbio, non farla. Sembra banale, ma è il motivo per cui non mangiamo arsenico a colazione e non mettiamo in padella un fungo sconosciuto. Nel dubbio astenersi, sembra così semplice. Purtroppo questa saggezza atavica, che spinge intere popolazioni del mondo a non bere la candeggina, non fa breccia presso i fornitori di servizi elettrici, elettronici, presso gli stregoni dei cibi geneticamente modificati e presso altre centinaia di operatori dell’economia che producono oggi cose che faranno male domani. Sempre appellandosi a quel nebuloso “non è accertato”, le antenne dei telefonini possono sorgere ovunque (grazie al serial-cancer Maurizio Gasparri), il mais trangenico non si può distinguere sui mercati mondiali da quello naturale e gli elettrodotti sfiorano quartieri residenziali. Del resto, il nostro stato di cittadini-cavie non è nuovo. I nostri genitori e i nostri nonni hanno fatto da cavie per altri prodotti, dall’amianto al mercurio. Immaginate qualcuno che, negli anni Cinquanta, avesse sollevato qualche dubbio relativo all’amianto. Sarebbe stato guardato con sospetto e accusato di allarmismo. Insomma, molte lezioni ci sono costate molte vite e, come si vede, la tecnica funziona alla grande anche oggi. Generalmente si presentano come immediati i vantaggi e si sminuiscono i danni futuri, che restano sempre ipotetici. Come è successo con l’amianto, il mercurio, il tabacco, vedremo tra non molto avvocati e associazioni e parenti delle vittime cercare di quantificare il valore della vita umana. Di farlo prima anziché dopo sembra non venire in mente a nessuno, mentre sarebbe un calcolo addirittura elementare. Prendete il costo di un elettrodotto interrato (quasi totalmente sicuro), sottraete il costo di un elettrodotto che passa sopra i giardinetti. Il risultato della sottrazione, dividetelo per i morti di leucemia, cancro, forforescenze varie, disturbi, neuroni finiti in frittata. Il risultato della divisione è il prezzo unitario della vita umana: tutto risparmio per gli operatori dell’energia. È il mercato bellezza. Sì e No: oggi puoi metterci una crocetta sopra.
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5 Commenti

  1. ok, immaginatevelo letto come in “piovono pietre”: mettete in sottofondo un po’ di radio gracchio, un po’ di interferenze di radiomaria e ci sarà la vera nostalgia di un qualcosa che non sarà più lo stesso. sarà migliore forse (fra un po’), sarà peggiore (già più probabile), ma non sarà comunque mai più lo stesso.
    Momento lacrimuccia, Auro

  2. A proposito dei funghi sconosciuti in padella. Qui da me, al mio paese, i funghi sconosiuti si mangiano ancora. Esiste un esercito composto da migliaia di “funghisti della domenica” che si ritengono super-esperti micologici solo per il fatto di alzarsi un’unica domenica all’anno alle 5 del mattino per recarsi sulle Murge in cerca di strani esseri spongiformi. Nell’incertezza della non-velenosità dei funghi rimane il triste quanto empirico procedimento di cottura con monetina in nikel. Pare che l’ossidazione della stessa e l’oscuramento dell’acqua di cottura siano indice di velenosità del prodotto. Se i fenomeni non si verificano si procede con l’assunzione dei funghi auto-raccolti, che “se il fungo è velenoso si vede. Non è la prima volta che li raccolgo. Qui da noi sulle Murge non ce ne sono mica di velenosi!” Ai distratti ricordo che siamo nel 2003.

  3. e no! parlare per parlare non ha senso. omogenizzare OGM eletrodotti e telefonini accennando a un sottointeso principio di precauzione e’ demagogia. Diciamo che e’ un diritto del cittadino decidere se qualcosa che puo’ fargli male possa passare sulla sua scuola o sul suo giardino ma non diciamo che noi la candeggina non la beviamo ma gli altri ce la farebbero bere perche’ il paragone non ha senso. Piuttosto diciamo che io posso decidere di comprarmi o no il telefonino anche se ci sono dubbi sulla sua innoquita’ (e la maggioranza lo compra perche’ il vantaggio che ci da e’ superiore al rischio non ben quantificato) perche’ ho il diritto di scelta. Ma evitiamo il solito schema paura dell’ignoto/ sfruttamento del popolino/abbasso chi fa soldi. Perche’ tutti nel singolo agiamo bilanciando rischi e benefici e i rischi che non sono sicuri come bere la candeggina li prendiamo allegramente per goderne i benefici. Siamo tutti utilitaristi anche quelli che si spacciano per ideologi di una natura sacra e pura (che mi piacerebbe definissero). per concludere al referendum avrei votato si (ma sono all estero) perche’ e’ diritto di un cittadino scegliere anche se la scelta puo’ avere un costo sulla bolletta ma certo non perche’ le aziende mi usano come cavia, perche cavie lo siamo comunque anche se non ci fossero multinazionali che fanno profitto…

  4. caro Matos, è vero che puoi decidere o meno di comprarti un telefonino, ma è anche vero che un bambino non può decidere di non far passare un elettrodotto sulla sua scuola. Quanto alle cavie, certamente esistitono da molto tempo, solo che il loro utlizzo di massa coincide con l’avvento delle multinazionali

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