Senza parole

Perché questo è un intervento che va gustato piano piano, e a cui nulla si deve (o può) aggiungere. Basta solo ripubblicarlo così, com’è.

PICCOLA POSTA
di Adriano Sofri

Adriano Sofri visto da VincinoMi tocca dire che dell’ipotesi di dare a un mio omonimo la direzione di qualche giornale in pectore non ho mai sentito parlare prima di leggerla sui giornali. Lo dico perché il mondo in cui viviamo è tale che qualcuno potrebbe provare nuove malevolenze nei miei confronti, e non ne sento il bisogno. Né di invidie: di invidiabile ho una cella singola che, benché riconosciuta da tutti i miei coinquilini come la peggiore della casa, corrisponde bene al mio singolare stato d’animo. È l’unico posto che, immeritatamente, occupo: se si volesse rivaleggiare con me, la posta è questa. E anche se non fossi così alle strette, mi chiedo se accetterei ancora, non dico di dirigere qualcosa, ma di avere una responsabilità sia pure effimera sia pure di un’altra sola persona. Mi dico di sì, solo se si trattasse di portare sulla canna di una bicicletta in una strada fiancheggiata da eucalipti una ragazza consenziente coi capelli lisci e lunghi in un mezzogiorno di vento e di sole.

(tratto da Il Foglio del 10 aprile 2003)
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