ALTRO CHE BASI MILITARI STATUNITENSI PER DIFENDERCI DA PRESUNTI INVASORI…
Le basi americane. Un bel mattino i russi decidono che è arrivato il momento: carrarmati col motore sempre acceso, cosacchi coi cavalli sempre sellati, partenza dall’Ungheria o addirittura dalla Croazia ed eccoteli che prima di cena sono già in piazza San Pietro (dove, se vi ricordate, quei poveri cavalli dovevano finalmente trovar pace). I nostri, di fronte a un’azione tanto fulminea, neanche hanno fatto in tempo a mettersi braghe e stivali. Da donde l’idea di fare le basi americane: i cosacchi arrivano in carrarmato e a cavallo, ma giunti ad Aviano (o, se via mare, a Sigonella) ti trovano i marines già pronti e schierati e dunque se ne tornano indietro con le pive nel sacco. E questo, nelle grandi linee, è ciò che ci siamo sentiti ripetere per cinquant’anni. Senza gli ammericani ci avrebbero invaso i communisti cosacchi, e l’avrebbero anche fatto all’improvviso. Bene. Vediamo la situazione oggigiorno. Intanto, bisogna trovare qualcuno che faccia il communista invasore, sennò non funziona. I russi no, si sono davvero rotti le balle. Gli ungheresi nemmeno, preferiscono il gulash ora. I polacchi? Dio ce ne scansi rispondono, letteralmente. E così via fino agli Urali e oltre, fino alla Siberia.
Chirghisi, turcomanni, karabasci, avari, bulgari, cosacchi del Don e del Donez, siberiani, usbechi, peceneghi, variaghi: non ce n’è più uno che voglia fare il communista invasore manco a pagarlo. I cinesi? Ma pensano a fare i soldi. Non restano che i coreani. Va bene, meglio di niente. Allora, un giorno Pak-do-ik si sveglia, decide “Oggi, s’invade l’Occidente!”, monta in carrarmato e via. Eh, mica una gitarella! Cina, Mongolia, Iacuzia, Cita, Siberia Occidentale e Orientale, Russia, Bielorussia, Moldavia, Polonia, Cechia, Slovacchia, Slavonia, Slovenia, Croazia e finalmente, se tutto è andato bene, ancora manco siamo arrivati a Trieste (e ancora non si sa se c’è bora: ma mettiamo, per amor di discussione, che sia una bella giornata).
Insomma, in tutto questo frattempo c’è tutto l’agio di mobilitare esercito e carabinieri fino dalle tenenze più lontane. Così quando infine i communisti invasori arrivano – se dio vuole – al confine ti trovano tutta la forza allineata e coperta a baionettarm-crociatet-bugianen, e allora ti voglio vedere a fare l’invasione. È chiaro che in questo caso la base americana non serve a un cazzo, salvo che a dare un po’ di fastidio quando – ad esempio – i carabinieri di Trapani le debbono girare attorno per andare a posizionarsi a Trieste. Per cui, siccome anche immagino che gli americani in fondo non abbiano tutta questa gran voglia di farci i guardiani notturni a noi, la cosa migliore sarebbe di levare fili spinati e “Keep Away!”, piantarci un po’ di marijuana e usare finalmente Sigonella e Aviano a fini edonistici e produttivi.
Le obiezioni sostanzialmente sono due. La prima obiezione è che non ci sono più i communisti ma ci sono i poveri, che sono anche peggio. Curdi, africani, pachistani, ucraini, bengalesi, tutti lì pronti a invaderci da un momento all’altro. Al che tecnicamente rispondo che, siccome tutta questa gente non viene più a cavallo ma per mare, basta distribuire le corazzate lungo le coste e tirar giù a cannonate le bagnarole dei profughi, come un nostro ministro ha già d’altronde caldamente raccomandato. È vero che la nostra marina non ci fa una gran figura ma i marinai d’Italia, che una volta avevano i Luigi Rizzo e i Durand De La Penne, adesso non sembrano particolarmente vergognosi del loro nuovo ruolo di guardiani del supermercato. E dunque, obiezione superata.
Momento. Obiezione numero due: l’Italia fa parte dell’Occidente. Tutti i paesi dell’Occidente debbono avere delle basi militari. Sennò si fa malafigura coi vicini.
Uhm. Certo, il prestigio è prestigio. A pensarci bene, non possiamo fare a meno di avere una Sigonella e un Aviano con aerei carrarmati e tutto.
Però, che bisogno c’è che questi aerei e questi carrarmati siano proprio americani? Che ci azzecchiamo noi con l’America, a parte quel belin del sciur Colombo? Beh – risposta – l’America è grossa e tu sei piccina. Le basi ce le mettono quelli grossi, mica l’Italia e il Portogallo.
Giusto. Però, a pensarci bene, noi come Italia siamo un paese piccolo: ma come parte d’Europa non lo siamo affatto. E allora, in queste benedette basi, invece dell’America, perché non ci mettiamo l’Europa? Ad Aviano, una squadriglia anglo-tedesca. A Sigonella, la marina franco-italiana. In Friuli, higlanders e alpini. E così via. Tutta questa gente dovrebbe servire non a perseguitare i poveracci in mare ma semplicemente per ricordare all’Italia (o meglio, a questo punto, all’Europa) quant’è bello essere liberi e non dipendere da nessuno.
Esercito europeo, marina europea, e – in Europa – basi europee.
“Via le basi americane”? Non più: riappropriazione e riconsegna all’Europa. E fra vent’anni, se tutto va bene e nessuno fa lo stronzo (ma è difficile fare gli stronzi quando a poter fare gli stronzi siamo in due), trasformazione ulteriore in campi di marijuana. Ma prima, Sigonella e Aviano basi europee.
Scherzando scherzando, questo è un obiettivo possibile. Sano realismo, su cui – senza mai confessarselo – sarebbero tutti d’accordo da Agnoletto a Sciracche. Passando per tutti gli italiani-italiani (e non aitalians), compresi – orribile a dirsi – pure molti di destra. Sul “via le basi” ci divideremmo. Sul “nostre le basi” cominceremmo a fare un altro pezzo d’Europa. Questa potrebbe già essere una proposta per l’Ulivo.
Sindacato. Un italiano su dieci, bambini e imprenditori compresi, è iscritto alla Cgil. Il sindacato ha raggiunto i cinque milioni e mezzo di iscritti (in aumento giovani e donne) ed è diventato l’organizzazione più numerosa mai esistita in Italia dopo la Chiesa cattolica (che però è autorevolmente supportata in alto loco) e il partito fascista (che però era obbligatorio). La cosa è strana, poiché questi come sapete sono tempi di destra in cui – secondo la versione ufficiale – la ggente s’allontana dalla politica e si fa esclusivamente i cazzi sui.
Contemporaneamente, nessuno riesce più a sapere quanti sono gli iscritti ai Ds, che – dicono – sarebbero calati sotto i centomila. Insomma, gli eredi Di Vittorio si moltiplicano e quelli di Togliatti no. Che diavolo è successo? Un tempo, nel Regolamento generale stava scritto che “il sindacato è la cinghia di trasmissione del partito comunista”. Ma forse conveniva fare al contrario. E anche oggi, chissà…
George W. Bush:
“Macarò, m’hai provocato e mo’ io me te magno..”.
“Io so’ io e voi nun sete un cazzo”
“Ma allora io butto la bomba e sfascio tutto, sfascio…”.
Esteri. Il presidente degli Use Chirac ha ribadito la posizione del governo europeo rispetto alle recenti minacce di guerra provenienti da alcuni leader del Medio Occidente. “Ci auguriamo che i governanti del Texas, del Maine, dell’Arkansas e degli altri Stati coinvolti – ha dichiarato il Presidente – possano riconsiderare le loro posizioni e adoperarsi responsabilmente per aprire una trattativa in sede Onu. In ogni caso gli Use non permetteranno che la pace nel mondo venga sconvolta da iniziative sconsiderate, ispirate da integralismi di qualsiasi specie”. Fonti diplomatiche commentano che l’amministrazione degli Stati Uniti d’Europa intenderebbe far pressione sui regimi mediooccidentali anche mediante iniziative drastiche quali l’imposizione del camembert in tutti i mcdonald’s d’Europa. E, in un secondo momento, anche l’embargo della coca-cola.
Informazione. Vita di un uomo. “Un uomo senza fissa dimora è deceduto in piazza Cavour ieri pomeriggio davanti al cinema adriano. L’autopsia dovrà chiarire la causa della morte”. Ventitrè parole, 122 caratteri spazi esclusi e 144 spazi inclusi, quattro righe e mezza in cronaca di Roma.
Cronaca. Gioiosa Jonica. Colpi di pistola contro don Giuseppe Campisano, esponente locale del comitato antiusura calabrese fondato dal vescovo di Locri.
Armando wrote:
Oggi è morto Albertone. Faccio il vigile urbano a Roma e sono andato davanti alla sua casa a rendergli omaggio. Un pezzo di storia e un pezzetto del mio cuore che… Ricordo che lui è stato il solo ad aver fatto la multa ad un sindaco.
Rosario wrote:
Il Sordi più bravo era quello che recitava una “commedia all’italiana” scritta laicamente e criticamente da sceneggiatori che quest’Italia trasformista e furba non la amavano. Mentre non passerà alla storia l’Albertone populista, tassinaro, cocchiere o ingegnere delle ferrovie e insomma l’ultimo Sordi, dai contenuti e persino dalla recitazione banale, quasi un’imitazione di se stesso. Ma dobbiamo a questo romanaccio, nella vita assai conservatore ed anche “segreto”, le migliori macchiette che hanno permesso di catalizzare la critica d’una certa società italiana sempre pronta al compromesso, un’antropologia da “borghesi piccoli piccoli”, dal Sordi–Cerami al “Contesto” di Sciascia. Dunque riconoscenza a Sordi ma soprattutto al suo paradosso.
La cosa migliore su Sordi purtroppo l’ha detta Storace. Dopo una battuta rozza ma orgogliosa su Sordi eroe “della Capitale” (a’ Bossi, becchete questa!), ha ricordato che Sordi “avrebbe potuto vendere la sua professionalità al mondo pubblicitario, ma non l’ha mai fatto”. Esattamente: Sordi poteva essere qualunquista e magari conservatore, ma aveva un senso popolaresco e antico della dignità del suo mestiere, da Tiberio Fiorilli in poi. E quindi pubblicità non ne faceva. L’ultimo *attore* prima dell’intrattenimento di massa, e padronale. Benigni, che poteva eguagliarlo, è troppo ossequioso quando incontra signori; e altri non ce n’è.
iudeca@libero.it wrote:
“Non ci sarebbe nulla di male a prendere Benetton da Treviso e metterlo a Caltanissetta…”. Caro Riccardo, spiacente ma debbo smentirti: purtroppo la Benetton c’è già a Caltanissetta, o meglio c’era: a Riesi, per la precisione. Qualche anno fa un illustre concittadino che aveva fatto fortuna nel nord-est con l’indotto Benetton ha pensato di sfruttare le agevolazioni per le imprese delle zone depresse e ha aperto nel suo paese natale (già terra orgogliosa di minatori “surfarara” e contadini “viddrani”) una fabbrichetta con circa 300 operai. Prova a chiedere che cosa ne è rimasto oggi. Nessuna garanzia sindacale, stipendi bloccati da più di sei mesi, promessa di interventi salva-crisi, blocchi stradali, accuse, minacce, smentite, mutui-casa abortiti, spettro-Termini-Imerese (in proporzione, anche peggio). Una storia che non può fregare a nessuno, di una terra nata sotto il segno dello sfruttamento più nero: prima le paludi, la colonia penale, le miniere, la mafia, le fabbriche… E ora devo proprio andare, magari continuo un’altra volta.
viviana wrote:
Mi chiedo in nome di cosa dovremmo pagare questo canone rai e subire questa mediaset. Nemmeno se ci pagassero loro per guardare la loro pubblicità e la loro propaganda, sarebbero tollerabili.
Diego wrote:
Perchè non ho visto (almeno nella mia zona, provincia Ovest di Milano) nemmeno una bandiera della pace fuori da una Chiesa, un oratorio, una parrocchia ? Che ci sia qualche motivazione politica che mi sfugge?
Mah. A volte, su questioni come la pace, va a finire che i laici chiudono gli occhi e i preti li tengono aperti. “La religione è l’occhio dei popoli”.
Rinforzi. È arrivato il compagno Ettore, strilla come un dannato e quasi nessuno capisce (meno sua mamma, Alessandra) che in realtà ci sta dando la Giusta Linea por combatir los patrones y render meravilloso el mundo. Per ora è impegnato a farsi cambiare i pannolini, ma dategli un po’ di tempo e vedrete cosa combina.
Libro di lettura (ad uso dei piccoli siciliani, e anche neri, marrocchini, africani, brasiliani e rumeni e di tutti gli altri Paesi). Il re della Sicilia era un ragazzo e si chiamava Corradino. I suoi nemici lo presero e gli tagliarono la testa. Ma prima lui prese un guanto e lo buttò nella piazza. Esso fu raccolto da un uomo che si chiamava Giovanni da Procida e questi decise di aiutare i siciliani a vendicare questo re. Egli si mise a girare il mondo per convincere tutti i re del mondo a liberare la Sicilia. Ma nessuno lo fece. Ma un giorno i siciliani si ribellarono da soli e così si ripresero la libertà.
La tamburina
Sette medaglie luccicanti ha avuto
in premio dalla vita, la tamburina.
La prima, Dormi-in-terra, con la vecchia
brandina da campeggio nella stanza
dove poi lui, quand’è giorno, lavora.
La seconda che ha, è la medaglia dei Gatti:
ce n’era tanti, ricordi, laggiù in via Garibaldi,
e anche vicine perbene, che le parlavano dietro.
E da lì se ne andarono siper una storia di cesso.
Terza fu la medaglia della casa-In-Comune:
senza nemmeno accorgersene, innocentemente
si può stritolare la gente. Toccò a lei.
E quarta, la medaglia del trentatrè:
era il bus della sera, carico di soldati,
e poi la strada buia e la casa paurosa.
Non ebbero mai fortuna coi gabinetti,
questo si può dire di loro. Durò un anno.
Prendi la quinta medaglia, il Torna-a-casa!
Al circolo del paese, tuo padre sbatte la carta
rabbiosamente sul tavolo: i paesani stanno pensando
alla figlia “disonorata”, e lui lo sa.
Torna a casa feroce e senza una parola.
La sesta delle medaglie è a forma d’un biscotto
timidamente rubato, fra i silenzi e le botte,
nella casa-galera: e lo porta al suo amore
perché stasera, almeno, non abbia fame.
La settima medaglia è di carta stagnola:
l’apri con gratitudine, spezzi in due il cioccolato
e ne dai mezzo, complice, all’altra metà di te.
La mano nella mano, cercando di non pensare alla paura,
vai con lui al macdonald, se ha duemila lire
per una birra in due e un quarto d’ora a tavolino
come due ariani qualunque, col diritto a campare.
E Mahler, Leopardi, Mozart, sempre più da lontano
che la chiamano fiochi: e com’è lontano stasera
il Posto dei gabbiani! E già sta passando la corriera
per riportarla dentro. Stanotte la tamburina
svegliandosi cercherà disperatamente
di ricordare com’era il sole, com’era non essere sola.