Vita da zingaro. Sarà il sonno oppure il caldo, ma il cervello è messo a dura prova. Adesso sto nell’isola di Cipro, ma mica per vacanza. Ho passato sì la giornata in mare ma con il ministro Scajola e dunque mai a distrarsi. Ormai siamo abituati. Era già capitato nel volo di ritorno dalla Spagna. Tutto tranquillo, poi sopra Genova la battuta: «Al G8 avevo ordinato di sparare». Successivi distinguo («solo nel caso avessero occupato la zona rossa») ma intanto la frase era quella. Più o meno a Limassol succede lo stesso. Stiamo parlando delle lettere-denuncia del professor Biagi. Prima Scajola si chiede: «perché sono uscite proprio adesso?», interrogativo fin qui politicamente corretto. Poi fra i denti sibila (eravamo in tre di giornalisti): «Ma sapete poi che vi dico? Altro che elemento centrale, quel Biagi era un rompicoglioni (testuale) che aveva una paura matta di perdere il contratto di consulenza. Chiedete a Maroni». Apriti cielo. La differenza fra i due “incidenti” a mio avviso c’è. Nel caso di Genova abbiamo avuto tutti la netta impressione che la frase sia stata detta volutamente (perché, non lo so), qui a Cipro invece è stato un peccato di carattere. Scajola, infatti, a conoscerlo bene, dietro l’apparente immagine tutta d’un pezzo, nasconde uno spiritaccio bollente. Pensare che stavamo con lui quando Berlusconi lo ha chiamato (due volte) al telefonino per raccomandargli presumibilmente cautela sulla vicenda (paradossale dopo la Bulgaria). Certo ha giocato anche stavolta l’idea che all’estero… l’Italia sia così lontana. Strano, comunque. Perché Scajola resta un rarissimo politico “professionista”. Uno, per capirci, della prima repubblica.
Scaiola: «Quel rompicoglioni di Biagi»
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