Dopo decenni di incontrastata supremazia, la Walt Disney per la prima volta è minacciata da un avversario che può metterla al tappeto. La più grande azienda di intrattenimento per bambini, la forgiatrice dell’immaginario infantile di almeno quattro generazioni, la firma più prestigiosa nel campo del cinema d’animazione, oggi ha un terribile nemico: se stessa. In quasi un secolo di attività, essa non ha mai realmente temuto di essere seconda a nessuno, in quello che meglio sapeva fare: creare personaggi memorabili e farli vivere in storie di celluloide capaci di creare affezione anche nelle più sperdute contrade del nostro pianeta. La forza della Disney, anche in periodi di difficile navigazione economica, è sempre stata la consapevolezza di possedere un’identità universalmente rispettata, dovuta alla qualità dei gioielli del proprio scrigno. I mitici lungometraggi a cartoni animati, quelli che un tempo riapparivano nelle sale cinematografiche una volta ogni quattro-cinque anni, venivano trattati come membri di una famiglia reale: esposti ai devoti sudditi, adorati, e riposti nelle segrete stanze. Le effigi di Topolino o Biancaneve venivano difese ferocemente dagli avvocati più implacabili, oppure concesse per fini commerciali dietro strettissima sorveglianza. Oggi, ovviamente, il VHS e il DVD hanno appannato la mitologia. Potremmo dire, irrispettosamente, che la “Carica dei 101” o “la Sirenetta” hanno la stessa funzione di un potente tranquillante farmaceutico: una dose al giorno (ma a volte, ahimè, ben di più) fanno cadere il minore in uno stato di catalessi con mandibola pendula davanti alla tv. Potremmo persino comprendere la triste gestione genitoriale di tali piccoli capolavori di fantasia. Ok, via l’aura magica, via il rito della sala buia a Natale, eccetera. Ma come possiamo accettare che la Walt Disney stessa, in un accesso di furore iconoclasta, produca “Cenerentola 2“? Ma come, come può esistere qualcosa dopo “e vissero felici e contenti”? Il principe e la ragazza, radiosi, salutano e stop, titoli di coda, musica celestiale. Quello che viene dopo è pornografia dell’immaginario collettivo. Non è più fiaba, e non è più “pezzo unico”. È la tristezza della serialità… Ed infatti, questi prodotti sono pensati e realizzati per le poche pretese del mercato televisivo. Tremate: gli zombi spaventosi di “Peter Pan 2“, “Dumbo 2“, “Il Libro della Jungla 2” eccetera, stanno strisciando verso di noi, si ciberanno dei nostri ricordi di piccoli spettatori cresciuti, e mangeranno anche quelli freschi freschi dei nostri bimbi. Giustamente, la Disney si misura col mercato: i maggiori introiti vengono dalla tv e dalla vendita delle cassette. Ma la multinazionale non può non considerare che, cannibalizzando senza pietà la propria produzione migliore, fa vacillare il proprio prestigio mondiale. Unica consolazione degli attuali dirigenti può risiedere nel fatto che, cattivi come sono, andranno all’inferno, che è sorte migliore di quella che toccherebbe loro se invece incontrassero, in paradiso, un certo incazzatissimo Walt.
Serial Tales
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