Rincoglioniti Un Tempo Stimabili

Devo ammetterlo, inutile cincischiare: sto affrontando un periodo in cui riesco a stento a stare al passo con le uscite quotidiane di questa rubrica. Succede spesso, purtroppo, che il tempo da dedicare a queste poche ma terapeutiche righe, a questo necessario drenaggio notturno di tutto il pensato e non detto, venga sottratto da obblighi non procastinabili: mangiare, dormire, la famiglia, il lavoro, le repliche di Star Trek, in ordine crescente di importanza. Mi sono interrogato per giorni, vi confesso, su come poter riempire questo spazio. Avevo bisogno un’escamotage, di un qualcosa che servisse ad arrivare a fine pagina. Mi serviva lo scoop. È così che gli elementi dello stratagemma a cui ricorrere si sono assemblati alla perfezione nella mia mente come mattoncini di Lego. Altro che le liste di Gelli sequestrate a Castiglion Fibocchi: avrei pubblicato il segretissimo elenco di una delle organizzazioni occulte che da anni operano clandestinamente sul suolo italiano, più pericolosa di Gladio, un po’ meno dei salesiani: i R.U.T.S., i Rincoglioniti Un Tempo Stimabili. In senso artistico, s’intende. Sto rischiando, è vero, ma sono compiti di cui, in un paese civile, qualcuno si deve fare carico. Ecco quindi in esclusiva il registro dei membri, riportati in ordine sparso, senza distinzione tra quelli che hanno fatto domanda d’iscrizione, e quelli che l’hanno ottenuta ad honorem: Stefano Benni (perché se in Italia esistesse un editore serio, impedirebbe ad uno che ha scritto “Terra” e “Comici spaventati guerrieri” di propinarci “Baol” e “La Compagnia dei Celestini”); Michele Serra (da ben prima che Cuore chiudesse, e comunque quando si dilunga oltre la cartella); Serena Dandini (da quando ha iniziato a ritenersi una conduttrice, piuttosto che un’ottima autrice e spalla); Fabio Fazio (che ricordiamo quasi con commozione animare i pianobar di Vittorio Bonetti, mentre oggi ci tocca vederlo ciondolare attorno al piano a coda di Claudio Baglioni); Vauro (dal giorno in cui, per puro caso, la sua vignetta sul manifesto risultò uguale a quella di Forattini su Repubblica); Vincino (da quando ha assunto l’aspetto di uno che non ha più bisogno della legge Bacchelli); Stefano Disegni (dal giorno in cui, per risparmiare tempo, ha scoperto che, cambiando la battuta, poteva disegnare i box delle strip tutti uguali); Gregorio Paolini (da quando è passato alla Rai pensando che Target si potesse rifare anche senza le riprese dall’alto di Gaia De Laurentiis, e perché, comunque, qualcuno deve pur pagare per un programma come Convescion); Michele Santoro (da subito dopo Samarcanda, escluse alcune memorabili puntate di Sciuscià in cui non appariva in video); Piero Chiambretti (da quando ha abbandonato la domenica pomeriggio di RaiTre); Bruno Voglino (che quella rete l’ha inventata, per non essersi accorto che c’è uno con la stessa faccia che fa il preside della scuola di Saranno Famosi); Lello Arena (da quando ha abbandonato la smorfia: sia quella della faccia, sia il gruppo di cabaret); Teo Teocoli (per essersi ritenuto in grado di scrivere i propri testi; per l’insistenza con cui propone un improbabile sdoganamento di Massimo Boldi; e perché non se ne può più, francamente, della macchietta di turno che si mette a ballare); Paolo Rossi (da quando ha preso a sopravvalutarsi e credersi Dario Fo); Dario Fo (da quando ha cominciato a sminuirsi e credersi Paolo Rossi); Sabrina Ferilli (per essere stata grande una sola volta, ne “La bella vita” di Virzì, l’unico film in cui non recitava in romanesco, e qualcosa vorrà pur dire); Francesco Nuti (per aver scelto di sopravvivere artisticamente allo scioglimento dei “Giancattivi”); Carlo Verdone (perché nella vita si è un sacco belli una volta sola, poi si cresce); Gabriele Salvatores (non saprei dire se già prima di “Mediterraneo” o dopo “Sud”); Diego Abatantuono (non saprei dire se dopo “Eccezzziunale Veramente” o prima di “Mediterraneo”); Paolo Villaggio (quando non si presenta nei panni di Fantozzi, credendosi Paolo Villaggio); Edoardo Bennato (a partire da “Ok Italia”, ma forse anche prima); Jovanotti (per aver insegnato a tutti che la nascita di un figlio ti cambia, ma mica sempre in meglio); Francesco Baccini (che, dal momento che in giro non si sente più il suo, ha smesso di fare altri nomi e cognomi); Francesco De Gregori (da “Catcher in the sky”, il primo dei 6 album live – spesso doppi, qualche volta tripli – che ha pubblicato); Eugenio Finardi (da “Dolce Italia” compreso, perché uno che cantava “Musica Ribelle” non può permettersi di scrivere versi come “Mia dolcissima piccola fragola / vorrei raccontarti una favola…”); Antonello Venditti (da sempre). In più permettetemi con ben poca modestia, in considerazione dei personaggi che popolano la lista, di aggiungere me stesso, da quando ho iniziato a scrivere cose per tappare i buchi.

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1 Commento

  1. per allungare la lista direi anche: bisteccone galeazzi, maurizio mosca e aldo biscardi (da sempre) cosi’ come franco lauro; andrea de adamich (una vola non era cosi’ ma forse ero troppo piccolo e non me ne accorgevo) e ugualmente claudia peroni, vuoi poi non mettere ligabue?

    bel post!

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