La giustizia dell’aldiquà

Qualche mese fa la mia casella di posta elettronica è stata invasa da e-mail contenenti testi discriminanti e traboccanti odio verso atei, femministe, coppie conviventi, abortisti, omosessuali, islamici ed ebrei, che avevano come mittente un’associazione di genitori cattolici. Ho rispedito tutto indietro prendendo a prestito la frase conclusiva di un articolo di Michele Serra (firmato con lo pseudonimo “Mario Prete“) su Cuore dell’agosto 1991, e il fondatore ha sporto querela per ingiurie. Il tribunale ha decretato che avevo torto e mi ha inflitto una multa di 500 euro. Detto tra noi: i soldi meglio spesi da che ho il portafogli. Ora so quanto costa un vaffanculo in faccia ad un topo da confessionale con la vocazione da inquisitore e, credetemi, ne vale la pena. Serra, di articoli come quello, non ne scrive più. Andrebbe perseguito per aver occultato il cadavere di Mario Prete nel passato in cambio di un monolocale di carta su Repubblica. E per essersi intestardito ad indossare i panni del Peter Pan cresciuto che ha dimenticato illuminanti interventi come questo: “Autostrada, notte. La voce umana è così rara e attesa che qualunque stazione dalla quale qualcuno, alla buonora, parli, diventa la mia stazione. Uscendo da una galleria, finalmente, una voce. È la voce di un uomo adulto, con leggero accento padano, che risponde alle telefonate degli ascoltatori. È don Gabriele dai microfoni di Radio Maria. Resto in ascolto per un tempo lungo come tutta la Liguria. Don Gabriele è un esorcista. E fin qui, niente da dire, anzi: ho del Male una grande considerazione. Ci vivo insieme, insomma, come tutti. Ma il male, per don Gabriele, evidentemente non è un tema appassionante. A don Gabriele, insomma, del Male non gliene frega un cazzo, e tantomeno dei Malati. Gente triste e disgraziata, evidentemente indifesa di fronte al Sapere di questo mediconzolo dello spirito, recita al telefono una interminabile serie di sciagure, infelicità, tumori, disadattamento. Don Gabriele non ride e non piange, non sorride e non si commuove. Non gli viene mai, pietosamente, la voglia di prendere per il culo la massaia che implora l’intervento divino per guarire dalla gastrite. Don Gabriele sbriga pratiche e sistema il mondo con quattro Pater-Ave-Gloria. Spiritualità e mistero meno di zero: tutto è scritto, basta seguire scrupolosamente le istruzioni, come con l’aspirina, e la salvezza è assicurata. «Sono infelice e mio marito ha il cancro», «preghi ogni mattina», «grazie», «prego». Pare che mezzo milione di persone affidino a questo megafono dello schiavismo spirituale la soluzione delle proprie pene. Ho sentito con le mie orecchie, mesi fa, un drogato dire a Radio Maria che è uscito dall’eroina «restando sulle ginocchia per due settimane, fino a farle sanguinare». E nessuno, ovviamente, gli ha detto che forse c’è più dignità nell’eroina che in queste schifose forme di auto-odio, di umiliazione, di paura, in questa sporca istituzionalizzazione del senso di colpa. Quelli come don Gabriele sono più pericolosi delle sette dei pazzoidi, in qualche modo oggetto di controllo sociale, circondate da diffidenza e fastidio. Radio Maria no, don Gabriele no: loro agiscono con la copertura ufficiosa (temo, anche, ufficiale) di un’istituzione socialmente accettata e rispettata come la Chiesa cattolica. E diffondendo superstizione, ignoranza, impotenza tra i più deboli, i più ignoranti, quelli che davvero credono che le ricettine di don Gabriele allontanino il Male e i malanni. Non ho mai creduto alla famosa “giustizia dell’aldilà”. Ma l’altra notte è stata una delle (rarissime) volte che avrei voluto crederci: se Dio esistesse, a quelli come don Gabriele, farebbe fare il giro delle galassie a calci nel culo. Amen.”

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