È la dura legge del gol

Diamine, è successo di nuovo: qualcuno “rema contro” e non lascia governare Silvio Berlusconi. L’ormai scarsa originalità dell’accusa poteva essere controbilanciata dalla scelta di una causa più singolare: il ventaglio delle opzioni più credibili comprendeva l’estremismo islamico, le sette religiose, i monsoni, le piogge acide, la deriva dei continenti, la quinta malattia, l’NSA, il cedimento strutturale, Pietro Valpreda, Marilyn Manson. E invece, ancora una volta, la colpa è della sinistra, «di una squadra che invece di giocare insieme a noi per fare i gol nell’interesse del Paese, gioca contro e ci impedisce di fare quei gol che servirebbero all’Italia». Parole che confermano quanto l’assurdità di una situazione in cui permane un preoccupante problema di conflitto di interessi stia sì creando confusione nell’intero paese, ma soprattutto nella mente dello stesso premier, a cui, nelle vesti di Presidente del Consiglio, escono dichiarazioni da Presidente del Milan. Berlusconi incalza: «Nel contratto con gli italiani ci siamo impegnati a creare un milione e mezzo di posti di lavoro. In pochi mesi siamo già arrivati a quasi 400 mila. Se potessimo fare le riforme senza incontrare le resistenze delle forze di conservazione, come è successo sull’articolo 18, potremo raggiungere obiettivi ancora più alti». Insomma, cribbio: la vuol piantare questa benedetta sinistra di fare la sinistra? Le incrollabili certezze del Rockerduck nostrano fanno tenerezza, e nutrono una flebile speranza: che la sinistra davvero esista. Di questo, del resto, è convinto più lui di noi, anche se afferma che «il pendolo, andato in passato verso sinistra, è ormai orientato sempre di più verso il centrodestra». Nell’immaginario Berlusconiano, insomma, è un po’ come se l’Europa si stesse aggiustando il pisello.

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