Milano è la città al primo posto in Italia per quantità di immondizia recuperata. Ebbene, in questo luogo da primato (41% di rifiuti riciclati, soffiato a Roma, a cui quest’anno, diversamente dal passato, è stato impedito di includere nel conteggio anche i parlamentari) capita che abbiano dimora anche zotici incivili come il sottoscritto, che conducono vita dissennata, con orari da fuso orario americano, che a malapena sanno dividere lavoro e vita privata e quindi figuriamoci se sono capaci di farlo con la carta, il vetro e la plastica. Concordo preventivamente con la maggior parte di voi: non c’è giustificazione per un atteggiamento tanto barbaro. Il punto, infatti, non è questo: l’inciviltà, quando scoperta, si sconta. Fin qui tutto regolare: la multa è arrivata, giustamente salata, ed è stata pagata. La domanda, invece, è: come cacchio hanno fatto a rintracciarmi da un sacchetto di rifiuti? Semplice: l’hanno aperto, hanno rovistato tra la mia spazzatura, hanno trovato alcune lettere indirizzate al sottoscritto e ne hanno ricavato nome, cognome, indirizzo, numero di telefono. Alla faccia della riservatezza dei dati hanno addirittura descritto la procedura nella causale della sanzione. Giuro che da oggi farò gioco di squadra perché Milano vinca anche la prossima edizione di questo “Giochi senza frontiere” del pattume; in cambio il Garante della Privacy potrebbe indagare sul motivo per cui in questo gioiello di civiltà fatto metropoli un qualsiasi spazzino sembra avere licenza di farsi i cazzi tuoi?
Mea grandissima culpa
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