Donatella, una lettrice di “Quarantadue” ci fa correttamente notare che Adriano Sofri in questo momento non è affatto seduto su una “confortevole poltrona”. Ha ragione: il carcere resta carcere. E poco conta che la cella sia occupata da un colpevole o un innocente (e dio ci scampi, in queste poche righe, da una disquisizione sulla veridicità delle dichiarazioni di Marino o sull’estraneità di Sofri alla vicenda Calabresi). Assodato che in carcere di comode poltrone non vi è traccia, è anche vero che, in passato, le natiche di Sofri qualche confortevole imbottitura l’hanno pur provata. Il vero problema di Sofri (qualcuno glielo dovrà pur dire prima o poi) sono gli amici che lo difendono, quelli che aveva o si è trovato lungo la strada. E se sei innocente, la peggiore sfiga che ti può capitare è avere dalla tua in tribunale un parterre di tifosi occupato da Giuliano Ferrara, Gianni De Michelis, Carlo Panella, Claudio Martelli, Marco Boato, Vittorio Feltri e Giorgio Bocca. Ci perdoni Adriano Sofri (la cui posizione al riguardo del resto non può essere altro che “questo passa il convento”), e ci perdonino i tanti che invece, senza macchia, hanno preso le sue parti. Ci è solo sembrato che, dopo tanto carcere e quasi trent’anni di pressioni, avere imposta l’amicizia di cotanti personaggi rappresenti esclusivamente un’ulteriore violenza gratuita.
La colpa è dei tifosi
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