Attraversando a piedi tre quarti di Cinecittà per raggiungere l’accampamento mediatico del Grande Fratello tocca persino incrociare Christian De Sica vestito da carabiniere. Pare sia riuscito ad entrare anche lui nella casa, assieme a “Verissimo” e pochissime altre testate. Clarence è tra queste, ed è anche l’unica per quanto riguarda internet. Ancora ci chiediamo perché gli sia sfuggito di concederci i pass. Già, perché per arrivare alla casa sulla collinetta che dà su via Lamaro è necessario passare i controlli: voci allarmatissime ci avvertivano di “tre cordoni di guardie armate”. In realtà i tre cordoni sono composti in tutto da numero tre guardie giurate: una all’ingresso di Cinecittà, una all’ingresso di un fangosissimo sentiero a metà strada, l’ultima nel gabbiotto all’entrata degli studi, appena superato il set abbandonato di un vecchio western.
Stupisce quanto poco si aspettino incursioni: la casa e i prefabbricati attorno sono circondati da un telo verde trasparente. Si aspettano il Gabibbo, e non “Le Iene“, il che sta a rappresentare quanto siano sprovveduti, o troppo sicuri di sè, o semplicemente lontani dal vociare del mondo esterno provocato dalla trasmissione. Si ha quasi l’impressione che i veri reclusi siano gli autori, i cameramen che sonnecchiano nei corridoi oscuri all’interno della casa, quelli che ti guardano e sembrano chiedersi perché sei lì, perché sei così interessato, quando loro staccano alle otto di sera, è ancora mezzogiorno, e di cosa sta facendo Cristina non gliene può fregare di meno.
Eppure entrare nella casa è un’esperienza surreale: che te ne freghi o meno di Cristina e gli altri, varcare la porta che conduce al labirinto oscuro interno è indubbiamente affascinante. Tutti qui chiamano questi corridoi “l’acquario”, e in effetti sono pesci quelli che vedi, roba che non sembra vera perché non c’è una telecamera di mezzo, Barbie e Big Jim di gomma che nuotano in piscina e bevono il latte e si sforzano di essere veri in un set finto come quello di una sitcom.
L’abitazione in sè non è nulla di speciale. Cento e poco più metri quadri, costruiti con un sistema di intercapedini che permettono a tecnici e visitatori privilegiati di avere sott’occhio ogni singolo centimetro quadro di quello che accade. Telefonini spenti, macchine fotografiche assolutamente vietate e abbigliamento il più scuro possibile. Eccoci pronti per passeggiare nei lunghi corridoi interni alla casa, ricoperti di moquette nera e illuminati da poche luci ultraviolette. Quando apriamo la prima tenda, l’acquario si apre davanti ai nostri occhi: Pietro che prende il sole, Maria Antonietta a un centimetro da noi lava i panni, Sergio cucina la colazione. E’ il panopticon di Jeremy Bentham, un moderno acquario televisivo, in cui a nuotare non sono certo i pesci. Aldo Grasso ne è uscito entusiasta. Anche noi, bisogna ammetterlo.
La PR Cinzia sposta i teli neri che coprono gli specchi segreti e ci indica chi all’interno della casa si è già svegliato. Ad un certo punto ci chiama: “Venite, c’è Marina!”. Marina si sta preparando per la doccia: si spoglia e fa scorrere l’acqua. Tu ti senti un guardone. Dei peggiori. Anche perché – bisogna dirlo – non è affatto male. Ti aspetti assurdamente che ti chiudano il telo davanti per proteggerla da sguardi indiscreti, mentre vorresti fuggire per l’imbarazzo. E poi ti accorgi che ti senti così perché visto da lì, senza la mediazione delle lenti delle telecamere, il pesce nell’acquario è vero, e quasi ti fa pena quant’è indifeso da te che sei lì a un metro, e dagli occhi degli altri milioni di vouyeur da casa che di docce di Marina non se ne sono persa una.
Una volta usciti, parlare con gli autori dà la conferma di quanto quest’angolo di Cinecittà stia procedendo lungo un’altra dimensione: potresti girare le telecamere di 180 gradi senza che si noti la differenza tra carcerato e carceriere. Una settantina di persone qui si sta spartendo la vita di dieci ragazzi, assumendone gli orari, le abitudini, le manie, i modi di dire, con la differenza che lo fa costretta dallo stipendio, e non allettata dal premio finale. Il risultato è lo stesso: ad essere isolati dal mondo non sono solo i Pietro e le Cristine. Gli parli del fatto che due settimane fa “Panorama” ha speso tre pagine per dare a Marina della zoccola, ed entrano nel panico: non l’avevano letto. In ufficio stampa si danno da fare per recuperare il numero. Arriva Fosco Gasperi, il boss, per dire agli autori di isolare qualche minuto di riprese che possano far risultare simpatica Marina agli spettatori nel corso della mezz’ora quotidiana concessa da Canale 5 al “Grande Fratello“. “Perché il pubblico la odia e le danno della troia? Non l’ha mica data a nessuno” è la domanda che si pongono. Nella totale ingenuità non si accorgono neanche che tu sei lì, che li stai ascoltando, e che una cosa del genere significa in fondo pilotare la trasmissione. Non è neanche malafede: sono pervasi dalla preoccupazione e dall’istinto di protezione. “Questi ragazzi, quando usciranno, non hanno una vita di riserva”, ti dicono, oppressi dalla responsabilità di averli esclusi dalle dicerie e le malignità del mondo esterno. Ed è lì che ti accorgi che avevi ragione a pensarne male sin dall’inizio. Non tanto di loro, quanto del tanto celebrato carrozzone mediatico in sè, come idea.
Ma cosa e’ questo grande fratello di cui parli ??
BEATA TE CHE HAI INCONTRATO CHRISTIAN DE SICA VESTITO DA CARABINIERE!!!!!!!!!!!!!!
Chiara bresciana