La notizia nell’era della sua riproducibilità tecnica.

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Eravamo rimasti alla società dell’immagine, alla dittatura dell’immagine,  poi alla notizia sostituita dall’immagine, suprema Cassazione della realtà: ora siamo all’immagine che riesuma le notizie di cui non ce ne fregava niente. Annozero e la fiction su Marrazzo non c’entrano: era normale, ci si è inventati il video perché semplicemente non c’era e infatti è stato la parte più memorabile della trasmissione, mentre La Stampa titolava: «C’è un video di 13 minuti con Marrazzo» perché la semplice esistenza di un video ormai è una notizia eccitante, come a dire: preparatevi.

Ma vogliamo parlare del caso di Stefano Cucchi? La notizia era disponibile da giorni, snobbata dai più: ma spuntano le foto ed ecco che i grandi quotidiani si avventano allarmati su una notizia che già c’era: «Morto dopo l’arresto, diffuse le foto shock» ha titolato il Corriere, purché sia chiaro che la notizia ritenuta più interessante non era «Morto dopo l’arresto», ma «diffuse le foto shock», dunque le foto.

E il video napoletano stile Gomorra? Avete notato che qualcuno aveva le maniche corte? L’esecuzione, già nota, è dell’11 maggio scorso, e tuttavia Repubblica: «Adesso la città ci aiuti». E perché solo «adesso»? Ah già, perché c’è il video, già, che stupidi.

Non dobbiamo più chiederci che cosa accadrà domani, ma quali immagini troveremo oggi.   

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12 Commenti

  1. Senza l’immagine molti, moltissimi avrebbero dubitato della tragedia (era debilitato, era drogato…).
    L’immagine non lascia dubbi, tanto più se è la famiglia a diffonderle.
    Non mi sembra un punto di difficile comprensione.

  2. A me questo articolo sembra tautologico. E’ normale che l’attenzione su un fatto possa solo risaltare in presenza di immagini. Pensate ai tumulti in piazza Tiannanmen. Senza l’immagine di quello studente davanti ai carrarmati del regime socialista cinese il fatto sarebbe rimasto un racconto, un entità lontana, una “leggenda”. Questo vale anche per le torture di prigionieri ad Abu Ghraib. Come in questo caso: nessuno riuscirebbe credere in un eventuale comportamento criminale delle forze dell’ordine, considerando anche il fatto che negli ultimi tempi episodi del genere, poco chiari, non sono rari e che i tentativi di affossamento di alcune vicende altrettanto nebulose siano piuttosto frequenti nella storia dei misteri d’Italia. Per quanto riguarda il video a Napoli, la decisione di pubblicarlo è venuta proprio dalle forze dell’ordine, le cui indagini non hanno portato ad alcun risultato finora (cioè dalle “maniche corte” che Facci ritiene essere la pietra dello scandalo alle “maniche lunghe” di questa fine di ottobre). La pubblicazione di questo video non era rivolta in primo luogo ad eventuali aumenti di vendite per alcuni quotidiani o allo share televisivo, ma è un primo caso di appello alla cittadinanza a contribuire all’indagine. In tutta franchezza: ben venga la crudenzza dell’immagine e sia accolto con giubilo il peso e l’orrore di una verità (fino a prova contraria), specie in un paese dove le modalità di descrizione dei fatti è sempre così ambigua, mistificata, sfuggente (è esemplificativo per questo insano rapporto tra immagine e parola la vicenda Mesiano/Calzinturchese). Grazie.

  3. Toller, i tumulti di piazza Tienanmen si conoscono grazie a testimonianze coraggiose, rapporti, reportage, fughe, latitanze, migliaia di dettagli che sottostanno a una foto che diviene carica simbolica al di là della verità: tu lo sapevi che il ragazzo del carroarmato non era neanche un ragazzo, e neppure uno studente? Tu hai scritto che «E’ normale che l’attenzione su un fatto possa “solo” (!!) risaltare in presenza di immagini», e che «Senza l’immagine il fatto sarebbe rimasto un racconto, un entità lontana, una “leggenda”». La storiografia pre-immagine allora è una leggenda? E da quando abbiamo scoperto che la celebre foto di Robert Capa è un falso allora che dovremmo fare? L’immagine è la più manipolabile delle verità, oggi. Ma non è questo il punto in discussione. Il connubio no immagine=no notizia è pericolosissimo, soprattutto se i giornali sono cinici come quelli nostrani che usano sempre la notizia e il contesto come contorno che giustifichi l’immagine, non il contrario.
    Anni fa mi chiese una nota rivista: «Abbiamo le foto di Pamela Anderson e dobbiamo riempire gli spazi intorno: vuoi scrivere qualcosa?». Bene, è un po’ la stessa salsa. Ma all’associazione Antigone, che anni si batte per le ingiustizie tipo quella patita da Stefano Cucchi, e scava, documenta, che cosa dovremmo dire? Che tutto il loro snobbatissimo lavoro vale meno di una foto usata da chi l’indomani seguiterà a fregarsene? Tu non dici sciocchezze, hai ragione e dire «ben venga», ma la so la faccenda dell’appello eccetera, ma il problema è il rapporto equivoco realtà-immagine-utenza che sta venendosi a creare. MI ricorda un altro grande equivoco della generazione internettiana: il credere che ciò che non sia in rete, semplicemente, non sia.

  4. dove sta’ la notizia ?
    “l’immagine vale piu’ di mille parole ” ?
    ammazza che considerazione originale !

    sarebbe bello poter associare
    un’immagine di un ladro che ci entra in casa e ci ruba il portafoglio
    alla legge sullo scudo fiscale

  5. I giornalisti non sono credibili, le immagini, a volte, un po di più.
    La colpa è dei giornalisti come facci, se il video fosse uscito 2 gorni dopo l’esecuzione si saraebbero chiesti come si fa con il corpo ancora caldo a diffondere certa roba.
    Dopo il tempo delle indagini, dicono come si fa a diffondere certa roba a mesi di distanza.
    Siete incapaci di descrivere la verità, e ve la prendete con ciò che lo puo fare.Ribadite ciò che siete.

  6. La riflessione sul ruolo della fotografia nell’informazione, e più in generale su quale sia il valore documentale dell’immagine fotografica, ha una bibliografia voluminosa. Ma è meglio lasciarla perdere, se siamo ancora al punto in cui è necessario ribadire (come giustamente fa FF) che una foto non è una prova della realtà, ma (e questo FF non lo dice) un frammento di argomentazione del testo che correda: e come tale può essere vero, falso, surrettizio, fazioso, superfluo ecc.

    E per quel che riguarda la morte di Stefano Cucchi le foto non mi sembrano un’argomento accessorio. Se alcuni ministri hanno il riflesso pavloviano di schierarsi dalla parte delle forze dell ordine, e parte dell’opinione pubblica è ben disposta a farsi rassicurare che le istituzioni dello Stato non ospitano oasi dove la barbarie è tollerata, be’, allora quelle foto sono necessarie.

    Dire che la notizia senza foto doveva bastare, è giocare alle anime belle. Ci sono angoli in cui non vogliamo guardare, e che qualcuno ce li mostri è bene, quali che siano le sue motivazioni.

    (Piccola nota, per un’ecologia delle immagini: se l’oggetto di questo post è un meccanismo dell’informazione, e non la morte di Stefano Cucchi, perché quella foto?)

  7. @toller
    Mi spieghi cosa ci vedi di tautologico? Se per assurdo “notizia” e “immagine” fossero sinonimi, allora sì, “c’è la notizia solo quando c’è l’immagine” sarebbe un’ovvietà.
    Ma siccome sinonimi non sono…

  8. mingo, io non ho detto che la notizia senza foto doveva bastare, ho detto che non se l’era filata nessuno o quasi.

  9. Concordo su tutto anch’io e anzi trovo l’intuizione di Filippo molto acuta: ieri, commentando sul blog di Mantellini, mi interrogavo sul perché fatti precedenti e analoghi a questo (la morte di Aldo Bianzino, ad esempio: http://www.youtube.com/watch?v=-N3cNZCBDr4) fossero passati praticamente sotto silenzio sui media tradizionali, e una spiegazione l’avevo individuata nel fatto che la famiglia di Stefano, a differenza degli altri, ha potuto pagarsi una difesa legale di propria scelta e più energica. Non avevo pensato a questo aspetto del problema, che invece mi pare altrettanto determinante.

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